ARTUSI LIBRO 3
152. FRITTATA COLLA PIETRA DI VITELLA DI LATTE
Prendete una pietra (rognone) di vitella di latte,
apritela dal lato della sua lunghezza e lasciatele tutto il suo grasso.
Conditela con olio, pepe e sale, cuocetela in gratella e tagliatela a fettine
sottili per traverso. Sbattete delle uova in proporzione della pietra, condite
anche queste con sale e pepe e mescolate fra le medesime un pizzico di
prezzemolo tritato e un poco di parmigiano.
Gettate la pietra nelle uova, mescolate e fatene una
frittata cotta nel burro, che, quando la parte disotto è assodata, ripiegherete
per metà onde resti tenera.
PASTE E PASTELLE
153. PASTA MATTA
Si chiama matta non perché sia capace di
qualche pazzia, ma per la semplicità colla quale si presta a far la parte di
stival che manca in diversi piatti, come vedrete. Spegnete farina con acqua e
sale in proporzione e formate un pane da potersi tirare a sfoglia col
matterello.
154. PASTA SFOGLIA
La bellezza di questa pasta è che, gonfiando, sfogli
bene e riesca leggiera, quindi è di difficile fattura per chi non vi ha molta
pratica. Bisognerebbe vederla fare da un maestro capace; ma nonostante mi
proverò di insegnarvela alla meglio, se mi riesce.
Farina fine o d'Ungheria, grammi 200.
Burro, grammi 150.
Oppure:
Farina, grammi 300.
Burro, grammi 200.
Spegnete d'inverno la farina con acqua calda, ma non bollente; sale quanto basta, una cucchiaiata di acquavite e burro quanto una noce, levandolo dai suddetti 150 o 200 grammi.
Formato che ne avrete un pane non troppo sodo né
troppo tenero, lavoratelo moltissimo, mezz'ora almeno, prima colle mani, poi
gettandolo con forza contro la spianatoia. Fatene un pane rettangolare,
involtatelo in un canovaccio e lasciatelo un poco in riposo. Frattanto lavorate
il burro, se è sodo, con una mano bagnata nell'acqua, sopra la spianatoia per
renderlo pastoso e tenero tutto ugualmente; poi formatene un pane come quello
della farina e gettatelo in una catinella d'acqua fresca. Quando la pasta sarà
riposata, levate il burro dall'acqua, asciugatelo con un pannolino e infarinatelo
tutto per bene.
Spianate la pasta col matterello soltanto quanto è
necessario per rinchiudervi dentro il pane di burro. Questo si pone nel mezzo e
gli si tirano sopra i lembi della pasta unendoli insieme colle dita e
procurando che aderisca al burro in tutte le parti onde non resti aria
framezzo. Cominciate ora a spianarla prima colle mani, poi col matterello
assottigliandola la prima volta più che potete, avvertendo che il burro non
isbuzzi. Se questo avviene gettate subito, dove il burro apparisce, un po' di
farina, e di farina spolverizzare pure spesso la spianatoia e il matterello a
ciò che la pasta scorra e si distenda sotto al medesimo. Eseguita la prima
spianatura, ripiegate la pasta in tre, come sarebbero tre sfoglie soprammesse e
di nuovo spianatela a una discreta grossezza. Questa operazione ripetetela per
sei volte in tutto, lasciando di tratto in tratto riposare la pasta per dieci
minuti. All'ultima, che sarebbe la settima, ripiegatela in due e riducetela
alla grossezza che occorre, cioè qualcosa meno di un centimetro. Eccettuata
quest'ultima piegatura, procurate di dare alla pasta, ogni volta che la tirate,
la forma rettangolare, tre volte più lunga che larga, e se apparissero delle
gallozze, per aria rimasta, bucatele con uno spillo.
Meglio della spianatoia comune, servirebbe una tavola
di marmo che è più fredda e più levigata. Nell'estate è necessario il ghiaccio,
tanto per assodare il burro prima di adoperarlo, quanto per tirar meglio la
pasta, il che si ottiene passando il ghiaccio, quando occorra, sopra la pasta
stessa entro a un canovaccio ben fitto o, meglio, messa fra due piatti coperti
di ghiaccio.
Con la pasta sfoglia si fanno, come sapete, i vol-au-vent,
i pasticcini con marmellata o conserve, e torte ripiene di marzapane. Se volete
servirvi dei pasticcini per tramesso, allora riempiteli con un battuto delicato
di carne, fegatini e animelle; ma in tutte le maniere queste paste vanno dorate
col rosso d'uovo alla superficie ma non sugli orli per non impedire il
rigonfiamento.
Se servono per dolce, spolverizzatele calde con
zucchero a velo.
155. PASTA SFOGLIA A METÀ
Metà burro del peso della farina e di più un pezzetto
dentro la pasta. Pel resto vedi il numero precedente.
156. PASTELLA PER LE FRITTURE
Farina, grammi 100.
Olio fine, una cucchiaiata.
Acquavite, una cucchiaiata.
Uova, n. l.
Sale, quanto occorre.
Acqua diaccia, quanto basta.
Spegnete la farina col rosso d'uovo e cogli altri
ingredienti, versando l'acqua a poco per volta per farne una pasta non troppo
liquida. Lavoratela bene col mestolo, per intriderla, e lasciatela in riposo
per diverse ore. Quando siete per adoperarla aggiungete la chiara montata.
Questa pastella può servire per molti fritti e specialmente per quelli di
frutta ed erbaggio.
157. PASTELLA PER FRITTI DI CARNE
Stemperate tre cucchiaini colmi di farina con due
cucchiaini d'olio, aggiungete due uova, una presa di sale e mescolate bene.
Questo composto prenderà l'aspetto di una crema scorrevole
e servirà per dorare i fritti di cervello, schienali, animelle, granelli,
testicciuole d'agnello, testa di vitella di latte e simili. Queste cose, quali
più, quali meno, secondo la natura loro, scottatele tutte, compresi il cervello
e gli schienali che bollendo assodano; salate l'acqua e aggiungete un pizzico
di sale e una presa di pepe quando le ritirate dall'acqua. I granelli
tagliateli a filetti nella loro lunghezza; gli schienali teneteli lunghi mezzo
dito all'incirca; le animelle, se sono d'agnello, lasciatele intere; i cervelli
fateli a tocchetti grossi quanto una noce, e tenetevi per le teste a un volume
alquanto maggiore. Gettate i pezzi nella pastella dopo averli infarinati e
friggeteli nello strutto vergine o nell'olio.
Questi fritti bianchi si uniscono spesso a fegato o a cotolette
di vitella di latte. Il fegato tagliatelo a fette sottilissime, le
cotolette battetele colla costola del coltello o
tritate la carne con la lunetta per riunirla dopo a forma elegante; tanto l'uno
che le altre li condirete con sale e pepe, li metterete in infusione nell'uovo
frullato e dopo qualche ora, prima di friggerli, li involterete nel pangrattato
fine, ripetendo l'operazione anche due volte se occorre. Accompagnate sempre
questi fritti con spicchi di limone.
158. PASTA PER PASTICCI DIACCI DI CARNE
Farina, grammi 250.
Burro, grammi 70.
Sale, un pizzico generoso.
Latte, quanto basta per intriderla e ridurla di giusta
consistenza.
Non occorre lavorarla soverchiamente: formatene
un pane e lasciatelo in riposo per circa mezz'ora involtato in un
panno umido e infarinato.
Questa dose potrà bastare per un pasticcio anche più
grande di quello di cacciagione descritto alla ricetta n. 370.
159. PASTA PER PASTICCI DI CACCIAGIONE
Per questa pasta vedi il Pasticcio di lepre descritto
al n. 372.
RIPIENI
160. RIPIENO PEI POLLI
Magro di vitella di latte, grammi 100 all'incirca, un
pezzetto di poppa di vitella e le rigaglie dello stesso pollo. Alla vitella di latte
e alla poppa si può sostituire magro di maiale, petto di tacchino o
semplicemente vitella.
Cuocete questa carne insieme con un piccolo battuto di
scalogno o cipolla, prezzemolo, sedano, carota e burro; conditela
con sale, pepe e spezie, bagnandola con brodo. Levatela asciutta dal fuoco,
togliete al ventriglio il tenerume, aggiungete alcuni pezzetti di funghi secchi
rammolliti, una fettina di prosciutto grasso e magro e tritate ogni cosa ben
fine colla lunetta. Nell'intinto rimasto della cottura della carne gettate una
midolla di pane per fare una cucchiaiata di pappa soda
Mescolatela al composto, aggiungete un buon pizzico di
parmigiano e due uova, e con tutto questo riempite il pollo e cucitelo. Potrete
cuocerlo a lesso o in umido. Se lo cuocete lesso sentirete un brodo eccellente;
ma ponete attenzione a scalcarlo per estrarre il ripieno tutto in un pezzo che
poi taglierete a fette.
Un altro ripieno pei polli è quello del pollo arrosto
n. 539.
161. RIPIENO DI CARNE PER PASTICCINI DI PASTA SFOGLIA
Si può fare questo ripieno o con vitella di latte
stracottata, o con fegatini di pollo, o con animelle. Io preferirei le animelle
come cosa più delicata d'ogni altra; ma comunque sia non mancherei di dare a
questo ripieno l'odore de' tartufi alla loro stagione. Se trattasi di animelle
mettetele al fuoco con un pezzetto di burro, conditele con sale e pepe, e
quando avran preso colore finite di cuocerle col sugo n. 4, poi tagliatele alla
grossezza di un cece o meno. Alle medesime unite un cucchiaio o due di balsamella
n. 137, un po' di lingua salata, oppure un poco di prosciutto grasso e
magro tagliato a piccoli dadi, un pizzico di parmigiano e una presa di noce
moscata, procurando che gli ingredienti sieno in dose tale da rendere il
composto di grato e delicato sapore. Lasciatelo ghiacciare bene che così assoda
e si adopra meglio.
Per chiuderlo nella pasta sfoglia n. 154 ci sono due
modi, potendovi servire in ambedue dello stampo delle offelle di marmellata n.
614, od anche di uno stampo ovale. Il primo sarebbe di cuocere la pasta col
composto framezzo, il secondo di riempirla dopo cotta. Nel primo caso ponete il
composto in mezzo al disco, inumiditene l'orlo con un dito bagnato, copritelo
con altro disco simile e cuoceteli. Nel secondo caso, che riesce più comodo per
chi, avendo un pranzo da allestire, può cuocere la pasta sfoglia un giorno
avanti, si uniscono i due dischi insieme senza il composto; ma nel disco di
sopra, prima di sovrapporlo, s'incide con un cerchietto di latta un tondo della
grandezza di una moneta da 10 centesimi. Il pasticcino cuocendo rigonfia
naturalmente e lascia un vuoto nell'interno; sollevando poi colla punta di un
coltello il cerchietto inciso di sopra, che ha la forma di un piccolo
coperchio, potete alquanto ampliare, volendo, il vuoto stesso, riempirlo e
riporvi il suo coperchio. In tal modo, per mandarli in tavola, basta scaldarli;
ma la pasta sfoglia prima di esser cotta va sempre dorata coi rosso d'uovo,
solo alla superficie.
Se si trattasse di riempire un vol-au-vent va
tirato invece un intingolo con rigaglie di pollo ed animelle, il tutto tagliato
a pezzi grossi.
FRITTI
162. FRITTO DI PASTA RIPIENA
Prendete la pasta n. 212 oppure la pasta sfoglia n.
154, distendetela alla grossezza di uno scudo, tagliatela a dischi smerlati
della grandezza all'incirca di quello qui segnato, ponete nei medesimi il
ripieno del numero antecedente, copriteli con altrettanti dischi della stessa
pasta, bagnandoli all'ingiro affinché si attacchino insieme, friggeteli e
serviteli caldi.
163. FRITTO DI RICOTTA
Ricotta, grammi 200.
Farina, grammi 40.
Uova, n. 2.
Zucchero, due cucchiaini scarsi.
Odore di scorza di limone.
Sale, un pizzico e due cucchiaiate d'acquavite.
Ogni qualità di ricotta è buona purché non abbia preso il forte; ma adoperando quelle di Roma e di Maremma, che sono eccellenti, sarete sicuri di farvene onore.
Lasciate il composto in riposo per parecchie ore prima
di friggerlo. Colle dosi suddette il composto riescirà sodettino e questo è
bene onde il fritto prenda la forma di bombe della grandezza di una noce
all'incirca. Spolverizzatele di zucchero a velo e servitele calde per contorno
a un fritto di carne. Dello zucchero dentro, come vedete, ce ne va poco, perché
esso brucia e il fritto non prenderebbe allora un bel giallo dorato.
Per dare a queste e simili bombe la forma
possibilmente rotonda, va preso su il composto con un cucchiaio unto col
liquido bollente della padella, dandogli la forma coll'estremità di un coltello
da tavola, intinto esso pure nell'unto medesimo.
164. FRITTO RIPIENO DI MOSTARDA
Questo fritto si può fare in Romagna ove d'inverno è
messa in commercio la mostarda di Savignano o fatta all'uso di quel paese, che
una volta era molto apprezzata; ma non saprei dirvi se siasi mantenuta in
credito.
Mancandovi questa, potete servirvi di quella fatta in
casa, descritta al n. 788.
Formate una pasta piuttosto tenera coi seguenti
ingredienti, lavorandola molto colle mani sulla spianatoia.
Farina, grammi 220.
Burro, grammi 30.
Sale, un pizzico.
Latte, quanto basta per intriderla.
Lasciatela in riposo mezz'ora, poi tiratela col matterello alla grossezza di uno scudo scarso.
Tagliatene tanti dischi con lo stampino del n. 162, ed
ammesso che ne riuscissero 80, ponete sopra a 40 un po' di mostarda e cogli
altri 40 copriteli bagnandone prima gli orli con un dito intinto nell'acqua per
appiccicarli insieme.
Friggeteli e spolverizzateli di zucchero avanti di
mandarli in tavola.
165. FRITTO DI MELE
Prendete mele grosse, di buona qualità, non troppo
mature; levatene il torsolo col cannello di latta fatto a quest'uso, che lascia
il buco in mezzo, sbucciatele e tagliatele a fette grosse poco meno di un
centimetro. Mettetele nella pastella n. 156 quando siete per friggerle e se non
vi dispiace l'odor degli anaci, che qui sta bene, mettetene un pizzico.
Spolverizzatele di zucchero a velo e servitele calde.
166. FRITTO DI CARDONI
Dopo aver tolto i filamenti ai cardoni, lessateli in
acqua salata, tagliateli a pezzetti e fateli soffriggere nel burro salandoli
ancora un poco. Poi infarinateli, poneteli nella pastella n. 156 e friggeteli.
Possono far comodo per contorno a un fritto di carne o a un umido.
167. FRITTO DI FINOCCHI
Tagliateli a spicchi, nettateli dalle foglie più dure
e lessateli in acqua salata. Prima di metterli nella pastella n.156 asciugateli
e infarinateli.
168. CAROTE FRITTE
Queste carote possono servire di contorno a un fritto,
quando non ci sono più gli zucchini.
Senza sbucciarle tagliatele a filetti sottili lunghi
un dito, salatele e dopo qualche ora, prese su così umide, passatele nella
farina e, scosse da questa, mettetele nell'uovo, rivoltatele nel medesimo e,
presi con le dita i filetti a uno a uno, gettateli in padella.
169. FRITTO DI PESCHE
Prendete pesche burrone non tanto mature, tagliatele a
spicchi non troppo grossi e, come le mele e i finocchi, avvolgetele nella
pastella n. 156 e spolverizzatele di zucchero dopo cotte. Non è necessario
sbucciarle.
170. FRITTO DI SEMOLINO
Semolino di grana fine, grammi 70 a 80.
Latte, decilitri 3.
Uova, n. l.
Zucchero, tre cucchiaini.
Burro, quanto una noce.
Sale, un pizzico.
Odore di scorza di limone.
Ponete il latte al fuoco col burro e lo zucchero e quando comincia a bollire versate il semolino a poco a poco, girando in pari tempo il mestolo. Salatelo e scocciategli dentro l'uovo; mescolate e quando l'uovo si è incorporato levate il semolino dal fuoco e distendetelo sopra a un vassoio unto col burro o sulla spianatoia infarinata, all'altezza di un dito. Tagliatelo a mandorle e mettetelo prima nell'uovo sbattuto poi nel pangrattato fine e friggetelo. Spolverizzatelo di zucchero a velo, se lo desiderate più dolce, e servitelo solo o, meglio, per contorno a un fritto di carne.
171. PALLOTTOLE DI SEMOLINO
A me sembra che questo fritto riesca assai bene e che
compensi la fatica che si fa a pestarlo.
Semolino, grammi 120.
Burro, grammi 15.
Farina di patate, una cucchiaiata colma, pari a gr.
25.
Uova, uno intero e due rossi.
Zucchero, un cucchiaino colmo.
Odore di scorza di limone.
Latte, decilitri 4.
Cuocete bene il semolino nel latte col detto zucchero, aggiungendo il burro, l'odore e una presa di sale, quando lo ritirate dal fuoco. Quando sarà ben diaccio pestatelo nel mortaio con le uova, prima i rossi uno alla volta poi l'uovo intero. Versate per ultima la farina di patate, lavorando molto col pestello il composto. Versatelo poi in un piatto e gettatelo in padella a cucchiaini per ottener le pallottole alquanto più grosse delle noci, che servirete spolverizzate di zucchero a velo quando avranno perduto il forte calore.
È un fritto leggiero, delicato e di bell'aspetto.
172. FRITTELLE DI POLENTA ALLA LODIGIANA
Latte, mezzo litro.
Farina gialla, grammi 100.
Fatene una polenta e, prima di ritirarla dal fuoco,
salatela; così a bollore versatela sulla spianatoia e con un coltello da tavola
intinto nell'acqua distendetela alla grossezza di mezzo dito scarso. Diaccia
che sia, servendovi dello stampino della ricetta n. 182, o di altro consimile,
tagliatene tanti dischi che riusciranno 30 o 32 se vi aggiungete i ritagli
impastandoli e stiacciandoli con le mani. Questi dischi appaiateli, mettendovi
in mezzo una fettina di gruiera, per ottenere così da 15 a 16 frittelle.
Frullate ora due uova, ché tante occorrono per poterle
dorare con queste e col pangrattato, e friggetele nello strutto o nell'olio.
Servitele calde per contorno a un arrosto.
173. FEGATO DI MAIALE FRITTO
Gli animali superiori sono forniti di una glandola
biancastra (il pancreas) che, collocata fra il fegato e la milza, sbocca
col suo condotto escretore nel duodeno. L'umor pancreatico, di natura alcalina,
vischioso come l'albumina, contribuisce con la bile, a sciogliere le sostanze
alimentari; ma la sua azione è più specialmente rivolta a convertire le
sostanze grasse in una emulsione che le rende più digeribili. Codeste
secrezioni, i succhi gastrici e la saliva contribuiscono poi tutti insieme a
compiere una digestione perfetta. Per la sua somiglianza alle glandole salivari
(le comuni animelle) e pel suo delicato sapore, il pancreas è conosciuto
da molti col nome di animella del fegato; in Toscana, quello del maiale,
vien chiamato stomachino.
A mio parere, per sentire il vero gusto del fegato di
maiale bisogna friggerlo naturale, a fette sottili, nel lardo vergine e
mescolato collo stomachino a pezzetti. In questa maniera va levato dalla
padella con un poco del suo unto, condito con sale e pepe e mentre è ancora
bollente gli va strizzato sopra un limone, il cui agro serve a smorzare il
grassume. Le fette sottili di fegato si possono anche infarinare prima di
friggerle.
174. GRANELLI FRITTI
Ho sentito dire che quando nella Maremma toscana viene
il giorno della castratura dei puledri, s'invitano gli amici ad un pranzo ove
il piatto che fa i primi onori è un magnifico fritto di granelli. Del sapore di
quelli non posso dir nulla non avendoli assaggiati, benché del cavallo, ed
anche dell'asino, chi sa quante volte, senza saperlo, voi ed io ne avremo
mangiato.
Vi parlerò bensì di quelli di montone che per bontà
non devono valer di meno, perché offrono un gusto come di animelle, ma più
gentile ancora.
Lessateli in acqua salata, poi fate loro un'incisione
superficiale per il lungo onde togliere l'involucro esteriore che è composto,
come dicono i fisiologi, della tunica e dell'epididimo.
Tagliateli a filetti sottili, salateli ancora un poco,
infarinateli bene, passateli nell'uovo sbattuto e friggeteli.
175. FRITTO COMPOSTO ALLA BOLOGNESE
A questo fritto si potrebbe più propriamente dare il
nome di crocchette fini. Prendete un pezzo di magro di vitella di latte
stracottata, un piccolo cervello lessato o cotto nel sugo, e una fettina di
prosciutto grasso e magro. Tritate ogni cosa colla lunetta e poi pestatela ben
fine nel mortaio. Dopo aggiungete un rosso d'uovo o un uovo intero, secondo la
quantità, e un poco di balsamella n. 137. Mettete il composto al fuoco e
rimestando sempre lasciate che l'uovo si cuocia.
Aggiungete per ultimo parmigiano grattato, l'odore
della noce moscata, dei tartufi tritati finissimi e versatelo in un piatto.
Quando sarà ben diaccio fatene tante pallottole rotonde della grossezza di una
piccola noce e infarinatele. Poi mettetele nell'uovo e dopo nel pangrattato
finissimo, ripetendo per due volte l'operazione e friggetele.
176. FRITTO ALLA ROMANA I
Mettete al fuoco un battutino di cipolla e burro, e
quando sarà ben colorito cuoceteci un pezzo di magro di vitella di latte
condendolo con sale e pepe. Allorché la carne sarà rosolata bagnatela con
marsala per tirarla a cottura. Pestatela nel mortaio e per rammorbidirla
alquanto servitevi dell'intinto rimasto, e se questo non basta aggiungete un
gocciolo di brodo e per ultimo un rosso d'uovo; ma badate che il composto deve
rimaner sodettino.
Ora prendete delle cialde, ossia ostie, non troppo
sottili, e tagliatele a quadretti consimili a quelli che usano i farmacisti per
le presine.
Frullate un uovo e la chiara rimasta; poi prendete su
con le dita un'ostia, intingetela nell'uovo e posatela sopra uno strato di
pangrattato; sulla medesima ponete tanto composto quanto una piccola noce,
intingete nell'uovo un'altra ostia, fatela toccare il pangrattato da una sola
parte, cioè da quella che deve rimanere all'esterno, e con essa coprite il
composto appiccicandola all'ostia sottostante, panatela ancora, se occorre, e
mettete il pezzo da parte, ripetendo l'operazione fino a roba finita.
Friggetelo nell'olio o nel lardo e servite questo
fritto come piatto di tramesso. Con grammi 200 di carne senz'osso, otterrete
una ventina di questi bocconi.
177. FRITTO ALLA ROMANA II
Questo fritto potrete farlo quando avrete d'occasione
un petto di pollo arrostito e, per una quantità all'incirca eguale
all'antecedente, eccovi le proporzioni:
Petto di pollo, grammi 50.
Lingua salata, grammi 40.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Parmigiano, una cucchiaiata.
Un piccolo tartufo o, mancando questo, odore di noce
moscata.
Al pollo levate la pelle e tagliatelo a piccolissimi dadi e così pure la lingua e il prosciutto; il tartufo a fettine.
Fate una balsamella con:
Latte, decilitri 2;
Burro, grammi 30;
Farina, grammi 30.
Quando questa sarà cotta versateci gl'ingredienti
suddetti e lasciatela diacciar bene per servirvene usando le ostie come nel
precedente.
178. FRITTELLE DI RISO I
Latte, mezzo litro.
Riso, grammi 100.
Farina, grammi 100.
Uva sultanina, grammi 50.
Pinoli tritati alla grossezza del riso, grammi 15.
Uova, tre rossi e una chiara.
Burro, quanto una noce.
Zucchero, due piccoli cucchiaini.
Rhum, una cucchiaiata.
Odore di scorza di limone.
Lievito di birra, grammi 30.
Un pizzico di sale.
Preparate il lievito di birra come pei Krapfen n. 182,
intridendolo con grammi 40 della detta farina.
Cuocete il riso nel latte in modo che riesca sodo e
però lasciate da parte alquanto latte per aggiungerlo se occorre; ma per
evitare che si attacchi, rimestate spesso e ritirate la cazzaruola sopra un
angolo del fornello.
Tolto dal fuoco e tiepido che sia versateci il lievito
già rigonfiato, le uova, il resto della farina, cioè i 60 grammi rimasti, i
pinoli, il rhum, e un altro po' di latte se occorre; dopo averlo lavorato
alquanto, uniteci l'uva e rimettete la cazzaruola vicino al fuoco onde lieviti
a moderatissimo calore tutto il composto. Quando avrà rigonfiato, gettatelo in
padella a cucchiaiate per formar frittelle che riusciranno grosse e leggiere.
Spolverizzatele di zucchero a velo quando avranno perduto il primo bollore e
servitele calde.
179. FRITTELLE DI RISO II
Queste sono più semplici delle descritte al numero
precedente e riescono anch'esse buone e leggiere.
Cuocete molto, o meglio moltissimo, in mezzo litro
circa di latte, grammi 100 di riso dandogli sapore e grazia con burro quanto
una noce, poco sale, un cucchiaino scarso di zucchero e l'odore della scorza di
limone. Diaccio che sia aggiungete una cucchiaiata di rhum, tre rossi d'uovo e
grammi 50 di farina. Mescolate bene e lasciate riposare il composto per diverse
ore. Allorché sarete per friggerlo montate le chiare quanto più potete,
aggiungetele mescolando adagio e gettatelo in padella a cucchiaiate.
Spolverizzatele al solito di zucchero a velo e servitele calde.
180. FRITTELLE DI SEMOLINO
Latte, mezzo litro.
Semolino, grammi 130.
Burro, quanto una noce.
Rhum, una cucchiaiata.
Odore di scorza di limone.
Sale, quanto basta.
Uova, n. 3.
Cuocete il semolino nel latte, salatelo quando è cotto e, diaccio che sia, aggiungete le uova e il rhum. Friggetele nell'olio o nel lardo e mandatele in tavola spolverizzate di zucchero a velo.
Questa quantità può bastare per quattro o cinque
persone.
181. FRITTELLE DI TONDONE
Se non sapete cosa sia un tondone, chiedetelo a Stenterello che ne mangia spesso perché gli piace.
Farina, grammi 250.
Uova, n. 6.
Acqua, decilitri 3.
Un pizzico di sale.
Odore di scorza di limone.
Stemperate la farina con la detta acqua versata a poco
per volta e salatela. Gettate questo intriso in padella per cuocerlo in bianco
con burro, olio o lardo e quando è assodato da una parte voltatelo con un
piatto dall'altra, ed eccovi il tondone.
Ora pestatelo nel mortaio con l'odore suddetto e
rammorbiditelo con le uova: due a un tratto, le altre quattro una alla volta
con le chiare montate, lavorando molto il composto. Friggetelo a cucchiaiate
per ottener le frittelle che, gonfiando molto, prendono l'aspetto di bombe.
Spolverizzatele di zucchero a velo.
Al composto potete unire, piacendovi, grammi 100 di
uva malaga, ma allora questa tenetela prima in molle per ventiquattr'ore
nell'acqua fresca e dopo toglietele i semi. Potranno bastare per sei persone, o
per quattro se fate la metà della dose.
182. KRAPFEN I
Proviamoci di descrivere il piatto che porta questo
nome di tedescheria ed andiamo pure in cerca del buono e del bello in
qualunque luogo si trovino; ma per decoro di noi stessi e della patria nostra
non imitiamo mai ciecamente le altre nazioni per solo spirito di stranieromania.
Farina d'Ungheria, grammi 150.
Burro, grammi 40.
Lievito di birra, quanto una grossa noce.
Uova, uno intero e un rosso.
Zucchero, un cucchiaino.
Sale, una buona presa.
Prendete un pugno della detta farina, ponetela sulla
spianatoia e, fattale una buca in mezzo, stemperateci dentro il lievito di
birra con latte tiepido e formatene un pane di giusta sodezza, sul quale
inciderete un taglio in croce per poi conoscer meglio se ha rigonfiato. Ponete
questo pane in un tegamino o in una cazzarolina nel cui fondo sia un
sottilissimo strato di latte, copritela e lasciatela vicino al fuoco onde il
pane lieviti a moderatissimo calore: vedrete che basterà una ventina di minuti.
Lievitato che sia mettetelo in mezzo alla farina rimasta ed intridetela colle
uova, col burro liquefatto, collo zucchero e col sale. Se questo pastone riesce
troppo morbido, aggiungete tanta farina da ridurlo in modo che si possa
distendere col matterello alla grossezza di mezzo dito. Così avrete una
stiacciata dalla quale con un cerchio di latta taglierete tanti dischi della
grandezza di quello soprassegnato.
Ammesso che ne facciate 24, prendete un uovo o altro
arnese di forma consimile e colla punta del medesimo pigiate nel mezzo di
ognuno dei dischi per imprimergli una buca. In 12 di detti dischi ponete un
cucchiaino di un battutino tirato col sugo e la balsamella, composto di
fegatini, animelle, prosciutto, lingua salata, odore di tartufi o di funghi, il
tutto tagliato a piccoli dadi.
Bagnate i dischi all'intorno con un dito intinto
nell'acqua e sopra ciascuno sovrapponete un altro disco dei 12 rimasti vuoti;
quando saranno tutti coperti premete sopra ai medesimi un altro cerchio di
latta di dimensione eguale a quello qui delineato, onde si formi un'incisione
tutto all'ingiro.
Ora che avete questi 12 pasticcini ripieni bisogna
lievitarli, ma a lieve calore, e ciò otterrete facilmente ponendoli vicino al
fuoco, o dentro a una stufa. Quando saranno rigonfiati bene friggeteli nel
lardo o nell'olio in modo che sieno ricoperti dall'unto e serviteli caldi come
fritto o piatto di tramesso, il quale, per la sua apparenza e bontà sarà
giudicato piatto di cucina fine.
Se volete che servano per dolce non avrete altro a fare
che riempirli di una crema alquanto soda o di conserva di frutta,
spolverizzandoli, dopo cotti, di zucchero a velo.
Per un'altra ricetta di questi Krapfen, vedi il
n. 562.
183. BOMBE E PASTA SIRINGA
Questa ricetta che può servire ugualmente bene per le
bombe e per la pasta siringa, è un po' faticosa, ma non è di difficile
esecuzione.
Acqua, grammi 150.
Farina d'Ungheria o finissima, grammi 100.
Burro, quanto una noce.
Sale, una presa.
Odore di scorza di limone.
Uova, n. 2 e un rosso.
Mettete al fuoco l'acqua col burro e il sale e
quando bolle versate la farina tutta a un tratto e rimestatela forte. Tenete la
pasta sul fuoco fino a che la farina sia ben cotta (10 minuti) rimovendola
sempre; poi levatela dalla cazzaruola e stiacciatela alla grossezza di un dito
perché si diacci bene.
Cominciate a lavorarla per tempo da prima con un rosso
d'uovo e quando l'ha incorporato aggiungete una chiara ben montata, poi un
altro rosso e, lavorandola sempre col mestolo, un'altra chiara montata e così
di seguito se la dose fosse doppia o tripla della presente. A forza di
lavorarlo il composto deve riuscire in ultimo fine come un unguento. Se si
tratta di bombe gettatelo in padella a cucchiaini dandogli la forma rotonda; se
desiderate la pasta siringa fatelo passare per la canna a traverso a un disco
stellato, come la figura riportata qui sopra, e tagliatelo via via alla
lunghezza di 9 a 10 centimetri. Quando avrà perduto il primo bollore
spolverizzatela di zucchero a velo. Il doppio di questa dose potrà bastare per
otto o dieci persone.
Queste bombe possono anche servire come fritto
composto praticandovi una piccola incisione quando son cotte per introdur
nell'interno un poco di battuto delicato di carne; ma allora non vanno
spolverizzare di zucchero.
184. BOMBE COMPOSTE
Queste bombe devono essere scoppiate la prima volta a Bologna. La carica che contengono di cacio e mortadella me lo fanno supporre. Comunque sia, aggraditele perché fanno onore all'inventore.
Acqua, grammi 180.
Farina, grammi 120.
Formaggio gruiera, grammi 30.
Burro, quanto una noce.
Mortadella di Bologna, grammi 30.
Uova, n. 3.
Un pizzico di sale.
Mettete l'acqua al fuoco col burro e col sale e quando
comincia a bollire gettate in essa il formaggio a pezzettini e subito la farina
tutta in un tratto rimestando forte. Tenete la pasta al fuoco 10 minuti circa
rimuovendola sempre, poi lasciatela diacciare. Lavoratela moltissimo ed a
riprese col mestolo gettandovi un uovo per volta, prima il rosso poi la chiara
montata, e quando sarete per friggerla aggiungete la mortadella a dadi larghi
un centimetro e grossettini. Qualora l'impasto riuscisse un po' troppo sodo per
la qualità della farina, o perché le uova erano piccole, aggiungetene un altro
e ne otterrete tante che basteranno per sei persone. Se queste bombe sono
venute bene, le vedrete gonfiare e rimaner vuote dentro, ma ci vuol forza in
chi le lavora.
Servitele calde per contorno a un fritto di carne o di
fegato, oppure miste a qualunque altro fritto.
185. BOMBE DI SEMOLINO
Latte, 3 decilitri, pari a grammi 300.
Semolino di grana fine, grammi 130.
Burro, quanto una noce.
Zucchero, un cucchiaino.
Sale, quanto basta.
Odore di scorza di limone.
Uova, n. 3.
Mettete al fuoco il latte col burro e lo zucchero e quando comincia a bollire versate il semolino a poco a poco onde non abbia a far bozzoli. Tenetelo sul fuoco fino a che non sia ben sodo, agitandolo sempre col mestolo perché non si attacchi al fondo. Ritiratelo dal fuoco, salatelo e subito scocciategli dentro il primo uovo, poi quando sarete per friggerlo, gli altri due, uno alla volta, montando le chiare e lavorandolo sempre molto col mestolo. Quando lo gettate in padella dategli la forma di pallottole le quali rigonfieranno per divenir bombe leggerissime che vanno spolverizzare di zucchero a velo, perduto che abbiano il forte calore. Usate fuoco leggiero e dimenate la padella.
186. CARCIOFI FRITTI
Questo è un fritto molto semplice; ma pure, pare incredibile,
non tutti lo sanno. fare. In alcuni paesi lessano i carciofi prima di
friggerli, il che non va bene: in altri li avvolgono in una pastella la quale
non solo non è necessaria, ma leva al frutto il suo gusto naturale. Eccovi il
metodo usato in Toscana che è il migliore. Colà, facendosi grande uso ed abuso
di legumi ed erbaggi, si cucinano meglio che altrove.
Prendete, per esempio, due carciofi, nettateli dalle
foglie coriacee, spuntateli, mondatene il gambo e tagliateli in due parti; poi
questi mezzi carciofi tagliateli a spicchi o per meglio dire a fette da cavarne
8 o 10 per carciofo anche se non è molto grosso. Di mano in mano che li
tagliate, gettateli nell'acqua fresca e quando si saranno ben rinfrescati,
levateli ed asciugateli così all'ingrosso o spremeteli soltanto, gettandoli
subito nella farina perché vi resti bene attaccata.
Montate a mezzo la chiara di un uovo, ché uno solo
basta per due carciofi, poi nella chiara mescolate il torlo e salatelo. Mettete
i carciofi in un vagliettino per scuoterne la farina superflua e dopo passateli
nell'uovo, mescolate e lasciateceli qualche poco onde l'uovo s'incorpori.
Gettate i pezzi a uno a uno in padella con l'unto a bollore e quando avranno
preso un bel colore dorato levateli e mandateli in tavola con spicchi di limone
perché, come ognun sa, l'agro sui fritti che non sono dolci dà sempre grazia ed
eccitamento al buon bere.
Se desiderate che i carciofi restino bianchi, è meglio
friggerli nell'olio e strizzare mezzo limone nell'acqua quando li mettete in molle.
187. COTOLETTE DI CARCIOFI
Certe signore si dolevano di non trovare nel mio libro
questo fritto, ed eccole appagate.
Prendete due carciofi grossi, nettateli dalle foglie
dure e raschiatene il gambo, poi lessateli, ma non troppo, e così bollenti tagliateli
per il lungo in cinque fette ciascuno, lasciandoci un po' di gambo, e conditeli
con sale e pepe.
Fate una balsamella così:
Farina, grammi 30.
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Latte, decilitri 2.
Tolta dal fuoco mescolateci un rosso d'uovo, il
parmigiano e una presa di sale, e prese su ad una ad una pel gambo le fette dei
carciofi immergetele nella balsamella, distendetele su un vassoio e, con
un cucchiaio, ricopritele con la balsamella rimasta. Dopo diverse ore, quando
saranno ben diacce, doratele con un uovo frullato, impanatele e friggetele
nell'olio o nello strutto.
188. ZUCCHINI FRITTI I
Gli zucchini fritti bene piacciono generalmente a
tutti e si prestano a meraviglia per rifiorire o contornare un altro fritto
qualunque.
Prendete zucchini di forma allungata della dimensione
di un dito e più; lavateli e tagliateli a filetti larghi un centimetro o meno,
levate loro una parte del midollo e salateli non troppo. Dopo un'ora o due da
questa preparazione scolateli dall'acquosità che hanno gettata e, senza
asciugarli punto, buttateli nella farina e da questa nel vagliettino,
scuotendoli bene dalla farina superflua; subito dopo gettateli in padella ove
l'unto, olio o lardo che sia, si trovi in abbondanza e bollente. Da principio non
li toccate per non romperli e solo quando si sono assodati rimuoveteli colla
mestola forata e levateli quando cominciano a prendere colore.
Si possono anche cucinare come i carciofi in teglia
del n. 246, ma allora bisogna tagliarli a fette rotonde e prepararli come
quelli da friggere.
189. ZUCCHINI FRITTI II
Questi riusciranno migliori e più appariscenti di
quelli della ricetta antecedente. Prendete zucchini grandi e grossi da non
potersi abbrancare con una mano. Sbucciateli per rendere il fritto più bello,
apriteli in due parti per il lungo e levate loro il midollo in quella parte che
mostrano i semi. Poi tagliateli a strisce lunghe e sottili, larghe un dito
buono e poneteli col sale a far l'acqua lasciandoveli per qualche ora. Quando
sarete per friggerli prendeteli su con ambedue le mani e stringeteli forte per
ispremerne l'acqua che ancora contengono, poi gettateli nella farina
sciogliendoli colle dita, indi nel vagliettino e buttateli subito in padella
con molto unto.
190. CIAMBELLINE
Anche questo piatto, se non si vede manipolare, è
difficile che riesca bene; mi proverò a descriverlo, ma non garantisco di farmi
capire. A me queste ciambelline furono insegnate col nome di beignets;
ma la loro forma mi suggerisce quello più proprio di ciambellíne, e
per tali ve le offro.
Mettete al fuoco in una cazzaruola grammi 180 di
acqua, un pezzetto di burro quanto una grossa noce, due cucchiaini di zucchero
e un pizzico di sale. Quando il liquido bolle, stemperateci grammi 120 di
farina gettandola tutta a un tratto onde non si formino bozzoli e dimenate
subito col mestolo. Levatela presto dal fuoco e mentre è così a bollore
scocciate nella medesima un uovo e mescolate forte finché sia bene incorporato;
poi ad intervalli, quando il composto è diaccio, aggiungete altre due uova
lavorando sempre e molto col mestolo finché sia ben mantecato; e ciò si conosce
dall'azione del mestolo stesso, il quale, nei vuoti che lascia, si tira dietro
un sottil velo di pasta. Datele l'odore di vainiglia e preparate sulla
spianatoia una certa quantità di farina sulla quale verserete la detta pasta.
Allora cominciate a palparla colle mani imbrattate nella stessa farina e
avvoltolatevela entro in modo che della farina se ne appropri tanta da rendersi
maneggevole, ma però morbida alquanto.
Dividete questo pastone in 16 o 18 parti, formando
tante pallottole che riusciranno grosse poco più di una noce: ad ognuna di
queste pallottole fate un buco in mezzo premendole colla punta di un dito
contro la spianatoia e girandole sopra sé stesse; rivoltatele e fate
altrettanto dalla parte opposta onde il buco diventi largo ed aggraziato; così
queste pallottole prenderanno la forma di ciambelline. Ora mettete al fuoco un
vaso d'acqua di bocca larga, e quando l'acqua sarà ben calda, ma non bollente,
gettatevi le ciambelline a tre o quattro per volta. Se si attaccano al fondo
sollevatele leggermente colla mestola forata, voltatele ed allorché vengono a
galla levatele asciutte e ponetele sopra un pannolino, poi colla punta di un
coltello, fate ad ognuna giro giro, tanto dalla parte esterna che interna,
un'incisione od anche due a una certa distanza, perché possan rigonfiar meglio.
In questo stato potrete lasciarle anche per delle ore
se vi fa comodo. Friggetele con molto unto, lardo od olio che sia, a fuoco
lento, dimenando spesso la padella; se saranno venute bene le vedrete crescere
a un volume straordinario, restando asciutte. Calde ancora, ma non bollenti,
spolverizzatele di zucchero a velo e servitele, augurandosi lo scrivente che
esse, per la loro bontà ed eleganza di forma, siano gustate da bocche gentili e
da belle e giovani signore; e così sia.
191. DONZELLINE
Farina, grammi 100.
Burro, quanto una noce.
Latte, quanto basta.
Un pizzico di sale.
Formatene un intriso né troppo sodo, né troppo morbido, lavoratelo molto colle mani sulla spianatoia e tiratene una sfoglia della grossezza di uno scudo. Tagliatela a piccole mandorle, friggetela nel lardo o nell'olio, e la vedrete gonfiare, riuscendo tenera e delicata al gusto.
Così avrete le donzelline, che vanno spolverizzare con
zucchero a velo quando non saranno più bollenti.
192. FRITTO DI CHIFELS
È un fritto di poco conto, ma per contorno a un fritto di carne può servire da pane.
Chifels, n. 2.
Latte, decilitri 2.
Zucchero, grammi 20.
Levate le punte ai chifels e tagliateli a rotelline
grosse un centimetro che collocherete sopra un vassoio. Ponete il latte al
fuoco col detto zucchero e quando sarà a bollore versatelo sulle medesime per
inzupparle non molto. Diacce che sieno bagnatele in due uova frullate, panatele
e friggetele. Per signore facili a contentarsi possono servire come piatto
dolce, se date loro l'odore della vainiglia spolverizzandole, dopo cotte, di
zucchero a velo.
193. AMARETTI FRITTI
Prendete 20 amaretti piccoli, bagnateli leggermente,
onde non rammolliscano troppo, di rhum o di cognac, involtateli nella pastella
del n. 156, che è dose bastante, e friggeteli nello strutto, nel burro o
nell'olio. Spolverizzateli leggermente di zucchero a velo e serviteli caldi.
Non è fritto da fargli le furie e da andarlo a
cercare; ma può servir di compenso quando capiti il caso.
194. CRESCENTE
Che linguaggio strano si parla nella dotta Bologna!
I tappeti (da terra) li chiamano i panni; i
fiaschi, i fiaschetti (di vino), zucche, zucchette; le animelle, i
latti. Dicono zigàre per piangere, e ad una donna malsana, brutta ed
uggiosa, che si direbbe una calía o una scamonea, danno il nome di sagoma. Nelle
trattorie poi trovate la trifola, la costata alla fiorentina ed
altre siffatte cose da spiritare i cani. Fu là, io credo, che s'inventarono le batterie
per significare le corse di gara a baroccino o a sediolo e dove si era
trovato il vocabolo zona per indicare una corsa in tranvai. Quando
sentii la prima volta nominare la crescente, credei si parlasse della
luna; si trattava invece della schiacciata, o focaccia, o pasta fritta comune
che tutti conoscono e tutti sanno fare, con la sola differenza che i Bolognesi,
per renderla più tenera e digeribile, nell'intridere la farina coll'acqua
diaccia e il sale, aggiungono un poco di lardo.
Pare che la stiacciata gonfi meglio se la gettate in
padella coll'unto a bollore, fuori del fuoco.
Sono per altro i Bolognesi gente attiva, industriosa,
affabile e cordiale e però, tanto con gli uomini che con le donne, si parla
volentieri, perché piace la loro franca conversazione. Codesta, se io avessi a
giudicare, è la vera educazione e civiltà di un popolo, non quella di certe
città i cui abitanti son di un carattere del tutto diverso.
Il Boccaccio in una delle sue novelle, parlando delle
donne bolognesi, esclama:
“O singolar dolcezza del sangue bolognese! quanto se'
tu sempre stata da commendare in così fatti casi! (casi d'amore) mai di
lagrime né di sospir fosti vaga; e continuamente a' prieghi pieghevole e agli
amorosi desiderio arrendevol fosti; se io avesse degne lodi da commendarti, mai
sazia non se ne vedrebbe la voce mia”.
195. CRESCIONI
Perché si chiamino crescioni e non
tortelli di spinaci vattel'a pesca. So che si lessano degli spinaci secondo
l'uso comune, cioè senz'acqua e, spremuti bene, si mettono, tagliati
all'ingrosso, in umido con un soffritto di olio, aglio, prezzemolo, sale e
pepe; poi si aggraziano con un po' di sapa e con uva secca, a cui siano stati
levati gli acini. In mancanza della sapa e dell'uva secca si supplisce con lo
zucchero e l'uva passolina.
Poi questi spinaci, così conditi, si chiudono nella
pasta matta n. 153 intrisa con qualche goccia d'olio, tirata a sfoglia sottile
e tagliata con un disco all'incirca di quello segnato in questa pagina. Questi
dischi si piegano in due per far prender loro la forma di mezza luna, si
stringe bene la piegatura e si friggono nell'olio. Servono come piatto di
tramesso.
196. CROCCHETTE
Si possono fare con ogni sorta di carne avanzata e si
preparano come le polpette del n. 314, senza però l'uva passolina e i pinoli.
Invece si può dar loro, piacendo, l'odore dell'aglio unendovi anche qualche
foglia di prezzemolo. A queste crocchette convien meglio dare la forma a
rocchetti e generalmente si mangiano soltanto fritte.
197. CROCCHETTE DI ANIMELLE
Prendete grammi 150 di animelle, cuocetele nel sugo
oppure con un battutino di cipolla e burro, e conditele con sale, pepe e
l'odore della noce moscata. Poi tagliatele a piccoli dadi e mescolatele a due
cucchiaiate di balsamella piuttosto soda aggiungendo un rosso d'uovo e
un buon pizzico di parmigiano. Prendete su il composto a piccole cucchiaiate,
versatelo nel pangrattato dandogli la forma bislunga ad uso rocchetto. Dopo
immergetele nell'uovo sbattuto, poi un'altra volta nel pangrattato e
friggetele. Potrete renderle di gusto più grato se nel composto aggiungete
prosciutto grasso e magro, lingua salata a piccoli dadi e se, invece della noce
moscata, date loro l'odore dei tartufi a pezzettini.
Col suddetto quantitativo di animelle otterrete dieci
o dodici crocchette le quali potete unire ad altra qualità di fritto per fare
un piatto di fritto misto.
198. CROCCHETTE DI RISO SEMPLICI
Latte, mezzo litro.
Riso, grammi 100.
Burro, grammi 20.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Uova, n. 2.
Cuocete molto sodo il riso nel latte, e a mezza cottura aggiungete il burro e salatelo.
Levatelo dal fuoco, versateci il parmigiano e così a bollore scocciateci dentro un uovo mescolando subito per incorporarlo. Quando sarà ben diaccio prendetelo su a cucchiaiate ed involtatelo nel pangrattato dandogli forma cilindrica; con questa dose otterrete dodici crocchette. Frullate l'uovo rimasto, gettateci dentro le crocchette a una a una, involtatele di nuovo nel pangrattato e friggetele.
Si possono servir sole; ma meglio accompagnate con
altra qualità di fritto.
199. CROCCHETTE DI RISO COMPOSTE
Servitevi della ricetta antecedente e mescolate
framezzo al riso, quando sarà cotto e dosato, le rigaglie di un pollo tirate a
cottura con burro e sugo, e se questo vi manca, supplite con un battutino di
cipolla.
Le rigaglie tagliatele dopo cotte alla grossezza di un
cece.
200. CROCCHETTE DI PATATE
Patate, grammi 300.
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Rossi d'uovo, n. 2.
Zucchero, un cucchiaino.
Odore di noce moscata.
Le patate sbucciatele e se sono grosse tagliatele in quattro parti e mettetele a bollire in acqua salata per passarle dallo staccio asciutte quando saranno cotte ed ancora bollenti. Al passato aggiungete il burro, sciolto d'inverno, e tutto il resto, mescolando.
Lasciate che il composto diacci bene, dividetelo in
dieci o dodici parti e, sopra uno strato leggiero di farina, date loro la forma
di rocchetto per ottener le crocchette. Frullate un uovo e nel medesimo
immergetele ad una ad una, panatele e friggetele in olio o lardo onde servirle
per contorno a un fritto di carne o ad un arrosto.
201. PALLOTTOLE DI PATATE RIPIENE
Patate, grammi 300.
Parmigiano, due cucchiaiate ben colme.
Uova, n. 2.
Odore di noce moscata.
Farina, quanto basta.
Lessate le patate, sbucciatele e passatele calde dallo staccio sopra a un velo di farina. Fate una buca sul monte delle patate, salatele, date loro l'odore della noce moscata e versateci le uova e il parmigiano. Poi, con meno farina che potete, formatene un pastone morbido e lungo che dividerete in 18 parti e ad ognuna di queste, con le dita infarinate, fate una piccola buca per riempirla con un battuto di carne. Tirateci sopra i lembi per coprirlo e, con le mani infarinate, formate palle rotonde che friggerete nello strutto o nell'olio, mandandole in tavola per contorno a un fritto di carne.
È un piatto appariscente, buono e di poca spesa perché
il ripieno potete formarlo anche con le rigaglie di una sola gallina, quando vi
capita, se vi comprenderete la cresta, il ventriglio lessato prima e le uova
non nate tirate a cottura con un piccolo battutino di cipolla e burro, unendovi
dopo una fettina di prosciutto grasso e magro tagliato a dadini e tutto il
resto tritato.
Se non avete la gallina formate il ripieno in altra
maniera.
202. PERINE DI RISO
Riso, grammi 100.
Latte, mezzo litro.
Burro, poco più di una noce.
Parmigiano, un buon pizzico.
Uova, n. l.
Cuocete il riso ben sodo nel latte aggiungendovi il burro e, quando è cotto,
salatelo ed aspettate che abbia perduto il forte calore per scocciarvi l'uovo e
mettervi il parmigiano. Tirate poi a cottura due fegatini di pollo e due
animelle di agnello, facendone un umidino delicato, e dategli l'odore della
noce moscata; tagliatelo a pezzetti grossi meno di una nocciuola e uniteci dei
pezzetti di prosciutto, di tartufi o di funghi che gli donano molta grazia.
Per dare a questo riso ripieno la forma di perette
fatevi fare un imbutino di latta del quale vi disegnerei la forma e la
grandezza, se ne fossi capace, ma non conoscendo il disegno contentatevi del
cerchio già delineato che ne rappresenta la bocca, la parte opposta della quale
termina col suo cannoncino che ha due centimetri di lunghezza. Ungetelo col
burro liquido e spolverizzatelo di pangrattato fine, poi riempitelo per metà di
riso, poneteci due o tre pezzetti dell'umido descritto e finite di riempirlo con
altro riso. Formata la pera, per estrarla soffiate dal cannoncino, ripetendo
l'operazione finché avrete roba. Già s'intende che per friggerle queste perette
bisogna dorarle con uova e pangrattato.
203. FRITTO NEGLI STECCHINI
Fegatini grossi di pollo, n. 2.
Lingua salata, grammi 40.
Gruiera, grammi 40.
I fegatini cuoceteli nel burro e conditeli con sale e
pepe. Dopo cotti tagliateli in 12 pezzetti e lo stesso fate del gruiera e della
lingua. Prendete 12 stecchini da denti ed infilate nei medesimi i suddetti 36
pezzi; prima la lingua, in mezzo il gruiera e in cima il fegatino a una certa
distanza tra loro. Poi, servendovi della balsamella del n. 220
intonacate con la medesima i tre pezzetti in modo che restino ben coperti; indi
passateli nell'uovo frullato, panateli e friggeteli.
Potete ai detti ingredienti aggiungere, volendo,
pezzetti di animelle cotte come i fegatini e pezzetti di tartufi crudi.
204. AGNELLO IN FRITTATA
Spezzettate una lombata d'agnello, che è la parte che meglio si presta per questo piatto, e friggetela nel lardo vergine; poco basta, perché in quel posto la carne è piuttosto grassa. A mezza cottura condite l'agnello con sale e pepe e quando sarà totalmente cotto versateci quattro o cinque uova frullate e leggermente condite anch'esse con sale e pepe. Mescolate, badando che le uova assodino poco.
205. POLLO DORATO I
Prendete un pollastro giovane, vuotatelo, levategli la
testa e le zampe, lavatelo bene e tenetelo nell'acqua bollente per un minuto.
Poi tagliatelo a pezzi nelle sue giunture, infarinatelo, conditelo con sale e
pepe e versategli sopra due uova frullate. Dopo mezz'ora almeno di infusione
involtate i pezzi nel pangrattato, ripetendo per due volte l'operazione se
occorre e cuoceteli a brace in questa maniera: prendete una sauté o una
teglia di rame stagnata, ponete in essa olio, o meglio lardo vergine, e quando
comincia a grillettare buttate giù i pezzi del pollo facendoli rosolare da
ambedue le parti a moderato calore onde la cottura penetri nell'interno.
Serviteli bollenti con spicchi di limone. L'ala di tacchino, che lessa è la
parte più delicata, si presta egualmente bene per essere tagliata a pezzetti e
così cucinata.
La punta del petto e le zampe dei polli, compreso il tacchino, possono darvi una norma della tenerezza delle loro carni perché, quando invecchiano, la punta del petto indurisce e non cede alla pressione delle dita, e le zampe, da nere che erano, si fanno giallastre.
206. POLLO DORATO II
Dopo averlo trattato come il precedente, tagliatelo a
pezzi più piccoli, infarinatelo, immergetelo in due uova frullate e salate a
buona misura; friggetelo in padella, conditelo ancora un poco con sale e pepe,
e servitelo con spicchi di limone.
207. PETTI DI POLLO ALLA SCARLATTA
Da un petto di cappone o di una grossa pollastra
potrete cavare sei fette sottili, che in un pranzo basteranno per quattro o
cinque persone. Cuocetele col burro e conditele con sale e pepe.
Fate una balsamella con: burro, grammi 20;
farina, grammi 40; latte, decilitri 2.
Quando è cotta uniteci grammi 50 di lingua salata
tritata fine con la lunetta e, diaccia che sia, spalmate con la medesima i
petti di pollo da tutte le parti. Tuffateli poi nell'uovo frullato, un solo
uovo sarà sufficiente, panateli e rosolateli nel burro o nel lardo alla sauté,
e serviteli con spicchi di limone
208. POLLO ALLA CACCIATORA
Trinciate una grossa cipolla e tenetela per più di
mezz'ora nell'acqua fresca, indi asciugatela e gettatela in padella con olio o
lardo. Quando è cotta mettetela da parte. Spezzettate un pollastro, friggetelo
nell'unto che resta e, rosolato che sia, uniteci la detta cipolla, conditelo
con sale e pepe e annaffiatelo con mezzo bicchiere di San Giovese od altro vino
rosso del migliore e alquanto sugo di pomodoro e, dopo cinque minuti di
bollitura, servitelo. Vi avverto che non è piatto per gli stomachi deboli.
209. POLLO FRITTO COI POMODORI
Ogni popolo usa per friggere quell'unto che si produce
migliore nel proprio paese. In Toscana si dà la preferenza all'olio, in
Lombardia al burro, e nell'Emilia al lardo che vi si prepara eccellente, cioè
bianchissimo, sodo e con un odorino di alloro che consola annusandolo. Da ciò
la strage inaudita, in quella regione, di giovani pollastri fritti nel lardo,
coi pomodori.
Nelle fritture di grasso io preferisco il lardo perché
mi sembra dia un gusto più grato e più saporito dell'olio. Il pollo si taglia a
piccoli pezzi, si mette in padella così naturale con sufficiente quantità di
lardo, condendolo con sale e pepe. Quando è cotto si scola dall'unto superfluo
e vi si gettano i pomodori a pezzetti dopo averne tolti i semi. Si rimesta
continuamente finché i pomodori siensi quasi strutti e si manda in tavola.
210. FEGATO COL VINO BIANCO
Il vino, come condimento, non è molto nelle
mie grazie, ammenoché non si tratti di vino da bottiglia e di certi piatti in
cui è necessario pel carattere loro speciale. Ma poiché i gusti sono tanti
diversi, che quel che non piace ad uno potrebbe piacere ad altri, eccovi un
piatto col vino.
Tagliate il fegato a fette
sottili e così naturale friggetelo in padella con olio e burro. Frullate in un
pentolino un cucchiaio di farina con vino bianco ottimo ed asciutto, per
formare un intriso molto liquido; quando il fegato sarà a due terzi di cottura versateglielo
sopra. Finite di cuocerlo e conditelo con sale e pepe.
211. FEGATO ALLA CACCIATORA
Se il fegato fosse grammi 300 circa,
trinciate tre grosse cipolle e tenetele in molle nell'acqua fresca per un'ora o
due. Sgrondata dall'acqua, gettate la cipolla in padella per asciugarla;
asciutta che sia versateci il lardo per friggerla, e quando avrà preso il color
marrone uniteci il fegato tagliato a fette sottili. Lasciatelo soffriggere
alquanto, frammisto alla cipolla; versate poi nella padella poco meno di mezzo
bicchiere di vino rosso buono e dopo cinque minuti, movendolo sempre, servitelo
condito con sale e pepe. Non è piatto per gli stomachi delicati.
212. CASTAGNOLE I
Questo piatto particolare alle Romagne,
specialmente di carnevale, è, a dir vero, di genere non troppo fine, ma può
piacere.
Intridete sulla spianatoia una pasta soda
con farina, due uova, una cucchiaiata di fumetto, odore di scorza di limone e
sale quanto basta. Lavoratela molto e con forza colle mani come fareste del
pane comune, facendole a poco per volta assorbire una cucchiaiata di olio fine.
Per ultimo tiratela a bastoncini, tagliateli a pezzetti del volume di una noce
e gettateli subito in padella a lento fuoco dimenandola continuamente. Cotte
che sieno le castagnole, spolverizzatele di zucchero a velo e servitele
diaccie; ché sono migliori che calde.
Se invece di fumetto vi servirete di
cognac o di acquavite, il che sembra lo stesso, vi prevengo che non otterrete
il medesimo effetto e che rigonfieranno poco.
213. CASTAGNOLE II
Eccovi una seconda ricetta di castagnole.
Provatele tutt'e due ed attenetevi a quella che più vi garba.
Uova, n. 2.
Acqua, due cucchiaiate.
Fumetto, due cucchiaiate.
Burro, grammi 20.
Zucchero, grammi 20.
Un pizzico di sale.
Mettete in un vaso i rossi d'uovo, lo
zucchero, il fumetto, l'acqua e il sale. Mescolate, montate le chiare e con
questi ingredienti e il burro intridete tanta farina sulla spianatoia da
formare un pastone che si possa lavorar colle mani. Dimenatelo molto perché si
affini, poi fatene delle pallottole grosse quanto una piccola noce e friggetele
come le antecedenti a fuoco lento e in molto unto.
214. CREMA FRITTA I
Amido, grammi 100.
Zucchero, grammi 30.
Burro, grammi 20.
Latte, decilitri 4.
Uova, due intere.
Odore di scorza di limone.
Sale, una presa.
Lavorate le uova collo zucchero, poi
aggiungete l'amido ridotto in polvere, la scorza di limone grattata, il latte
versato a poco per volta e il burro. Mettete il composto al fuoco rimestando continuamente
come fareste per una crema comune e quando sarà condensato da non crescer più,
gettate la presa di sale e versatelo in un vassoio o sopra un'asse,
distendendolo alla grossezza di un dito.
Tagliatelo a mandorle quando sarà ben
diaccio, doratelo coll'uovo e pangrattato, friggetelo nel lardo o nell'olio e
servitelo caldo per contorno ad altro fritto.
215. CREMA FRITTA II
Farina, grammi 100.
Zucchero, grammi 20.
Uova intere, n. 2.
Latte, decilitri 5.
Odore di vainiglia o di scorza di limone.
Per la cottura tenetela sul fuoco finché
la farina non abbia perduto il crudo. In quanto al resto regolatevi come quella
del numero precedente. Metà dose, mista ad altro fritto, potrà bastare per
quattro o cinque persone.
216. TESTICCIUOLA D’AGNELLO
La testicciuola d'agnello, quando non si
voglia mangiar lessa, io non conosco che due modi di cucinarla; fritta e in
umido (vedi n. 321). Per friggerla tanto sola che col cervello, vedi la Pastella
per fritti di carne, n. 157.
217. CORATELLA D’AGNELLO ALLA BOLOGNESE
Tagliate il fegato a fettine e il pasto a
pezzetti e così naturali buttateli in padella con del lardo. Quando la
coratella sarà quasi cotta scolatela da tutto l'unto e gettatevi dentro un
pezzetto di burro; continuate a friggere e poco dopo versate in padella sugo di
pomodoro o conserva sciolta nell'acqua o nel brodo. Conditela con sale e pepe,
mandatela in tavola con questa sua salsa, e state sicuri che sarà lodata.
218. FRITTO D’AGNELLO ALLA BOLOGNESE
Il meglio posto dell'agnello per friggere
è la lombata: ma può servire benissimo anche la spalla, compreso il collo.
Spezzettatelo e friggetelo come la coratella del numero precedente.
219. CONIGLIO FRITTO
La ripugnanza che molti in Italia sentono
pel coniglio (Lepus cuniculus) non mi sembra giustificata. È una carne
di non molta sostanza e di poco sapore al che si può supplire coi condimenti;
ma è tutt'altro che cattiva e non ha odore disgustoso, anzi è sana e non
indigesta come quella d'agnello. Si offre poi opportuna per chi non avendo
mezzi sufficienti a procurarsi carne di manzo, è costretto a cibarsi di legumi
ed erbaggi. Il miglior modo è di friggerlo come la coratella del n. 217.
Dicono poi che il coniglio lesso fa un
brodo eccellente.
La domesticità del coniglio rimonta ad
un'epoca assai antica, giacché Confucio, 500 anni avanti l'era cristiana, parla
di questi animali, come degni di essere immolati agli Dei, e della loro
propagazione.
220. COTOLETTE IMBOTTITE
Formate delle cotolette di vitella
di latte oppure di petti di pollo o di tacchino, tagliate sottili e, se tenete
a dar loro una forma elegante, tritatele e riunitele dopo, schiacciandole. Se
trattasi di vitella di latte basteranno grammi 170 di magro senz'osso, per
ottenerne 6 o 7. Soffriggetele, così a nudo, nel burro, salatele e mettetele da
parte.
Fate una balsamella con grammi 70
di farina, 20 di burro e 2 decilitri di latte e appena tolta dal fuoco,
salatela, gettateci una cucchiaiata di parmigiano e un rosso d'uovo mescolando
bene. Quando sarà diaccia spalmate con questa le cotolette da ambedue le
parti alla grossezza di uno scudo pareggiandola colla lama di un coltello da
tavola intinto nell'olio, poi immergetele nell'uovo frullato, panatele e
rosolatele friggendole nell'olio o nello strutto.
Servitele con spicchi di limone.
221. BRACIOLINE DI VITELLA DI LATTE
ALL’UCCELLETTO
Prendete carne magra di vitella di latte,
tagliatela a bracioline sottili e battetele bene con la costola del coltello.
Ponete al fuoco in una cazzaruola o nella sauté olio e burro in
proporzione con alcune foglie intere di salvia e quando queste avranno
soffritto un poco gettateci le bracioline, conditele con sale e pepe e quando
avranno bollito a fuoco vivo per cinque o sei minuti spremeteci del limone e
mandatele in tavola.
È un piatto da servire per colazione.
222. SALTIMBOCCA ALLA ROMANA
Li ho mangiati a Roma, alla trattoria Le
Venete, e perciò posso descriverli con esattezza.
Sono bracioline di vitella di latte, condite
leggermente con sale e pepe, sopra ognuna delle quali si pone mezza foglia di
salvia (una intera sarebbe di troppo) e sulla salvia una fettina di prosciutto
grasso e magro. Per tenere unite insieme queste tre cose s'infilzano con uno
stecchino da denti e si cuociono col burro alla sauté; ma vanno
lasciate poco sul fuoco dalla parte del prosciutto perché questo non indurisca.
Come vedete è un piatto semplice e sano.
Con 300 grammi di magro ne otterrete 11 o
12 e potranno bastare per tre o quattro persone.
Le bracioline tenetele alla grossezza di
mezzo dito, e prima di prepararle bagnatele e spianatele.
Potete servirle con un contorno
qualunque.
223. BOCCONI DI PANE RIPIENI
Se scrivessi in francese, seguendo lo
stile ampolloso di quella lingua, potrei chiamare questi bocconi: bouchées
de dames; e allora forse avrebbero maggior pregio che col loro modesto
nome.
Prendete un fegatino o due, di pollo,
qualche animella e, se lo avete, un ventriglio di pollo o di tacchino, che non
guastano; ma quest'ultimi, che sono duri, lessateli prima a metà e levatene il
tenerume. Tritate il tutto colla lunetta, mettetelo al fuoco con un battutino
di cipolla, prosciutto, un pezzetto di burro e conditelo con poco sale, pepe, e
odore di noce moscata o di spezie. Quando comincia a grillettare versate un
cucchiaino scarso di farina, mescolate perché s'incorpori e poi bagnatelo con
sugo di carne o col brodo. Fate bollire e quindi versateci dentro a poco per
volta un uovo frullato e, rimestando sempre, lasciate che il composto assodi.
Ritiratelo dal fuoco, aggiungete un pizzico di parmigiano e versatelo in un
piatto.
Ora prendete una pagnotta di pane
raffermo, tagliatela a fette grosse un centimetro scarso, levatene la corteccia
e fatene dei dadi larghi come un pezzo da 10 centesimi o poco più. Mettete
abbondantemente il composto sopra ai medesimi da una sola parte, e questa,
mezz'ora prima di friggere, infarinatela, e distendete i pezzetti di pane sopra
un vassoio. Versate loro sopra dell'uovo frullato in abbondanza onde il pane
s'inzuppi e il composto resti coperto e ben dorato: gettateli in padella dalla
parte del composto stesso.
Vi prevengo che questo fritto fa molta
comparita, talché colle rigaglie di un pollo, e due o tre animelle di agnello,
potrete ottenere una ventina di bocconi i quali misti a un fritto di cervello o
d'altro piaceranno molto. Si può fare anche a meno delle animelle; l'odore dei
tartufi, se li avete, non potrà far che bene.
224. FRITTO ALLA GARISENDA
Signore che vi dilettate alla cucina non
mettete questo fritto nel dimenticatoio, perché piacerà ai vostri sposi e, per
gl'ingredienti che contiene, forse sarete da essi rimeritate. Prendete pane
raffermo, non troppo spugnoso, levategli la corteccia e tagliatelo a mandorle o
a quadretti di quattro centimetri circa per ogni lato, tutti di un'eguale
misura. Distendete sopra ad ognuno prima una fetta di prosciutto grasso e
magro, poi fettine di tartufi e sopra a questi una fetta di cacio gruiera.
Coprite il ripieno con altrettanti pezzetti di pane che combacino premendoli
insieme perché stieno uniti; ma tagliate ogni cosa sottile onde i pezzi del
fritto non riescano troppo grossolani.
Ora che lo avete preparato, bagnatelo
leggermente col latte diaccio e quando lo avrà assorbito tuffate ogni pezzo
nell'uovo frullato indi nel pangrattato ripetendo due volte l'operazione onde
anche gli orli restino dorati e chiusi. Friggetelo nel lardo o nell'olio e
servitelo solo o misto a qualche altro fritto.
225. CERVELLO, ANIMELLE, SCHIENALI,
TESTICCIUOLA, ECC.
Per questi fritti, vedi la Pastella
per fritti di carne, n. 157.
LESSO
226. POLLO LESSO
Il pollame lesso, specialmente i capponi
e le pollastre ingrassate, riusciranno più bianchi e più puliti senza che la sostanza
del brodo ne soffra, se li cuocete entro a un pannolino sottile e legato.
Pei lessi rifatti vedi i numeri 355, 356
e 357.
TRAMESSI
Sono gli entremets dei Francesi;
piatti di minor conto, che si servono tra una portata e l'altra.
227. CRESCENTINE
Se l'aglio è un vermifugo, come si reputa
generalmente, questo è un cibo semplice e appetitoso pei bambini. Arrostite
delle fette di pane da ambedue le parti e così calde strofinatele con uno
spicchio d'aglio. Poi conditele con sale, olio, aceto e zucchero.
228. DONZELLINE RIPIENE DI ACCIUGHE
SALATE
Farina, grammi 220.
Burro, grammi 30.
Latte, quanto basta.
Sale, un pizzico.
Acciughe salate, n. 4.
Intridete la farina col burro, il latte e
il sale formandone un pane di giusta consistenza, lavorandolo moltissimo se
volete che la pasta rigonfi in padella.
Lasciatelo un poco in riposo, tagliatelo
a metà ed allargate alquanto le due parti.
Nettate le acciughe, dividetele a metà
per il lungo, levate loro la spina e tagliatele a pezzetti quadri e questi
collocateli distesi sopra una delle dette porzioni di pasta, copritela con
quell'altra per appiccicarle insieme e così unite tiratele col matterello a
sfoglia sottile che taglierete a mandorle per friggerle nell'olio. Questa dose
basterà per sei persone e potrà servire per principio in una colazione o per
contorno a un fritto di pesce.
229. DONZELLINE AROMATICHE
Farina, grammi 180 circa.
Olio, due cucchiaiate.
Vino bianco o marsala, due cucchiaiate.
Salvia, cinque o sei foglie.
Un uovo.
Sale, quanto basta.
La salvia tritatela con la lunetta e poi
intridete la farina con tutti gl'ingredienti lavorandola bene e procurando che
la pasta resti piuttosto morbida. Poi tiratela col matterello alla grossezza di
uno scudo spolverizzandola con farina, se occorre, e tagliata a mandorle
friggetela nell'olio o nel lardo. Sento dire che qualcuno le mangia insieme ai
fichi e al prosciutto.
Ritengo questa quantità sufficiente per
quattro persone.
230. GNOCCHI DI SEMOLINO
Latte, decilitri 4.
Semolino, grammi 120.
Burro, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova, n. 2.
Sale, quanto basta.
Cuocete il semolino nel latte e quando
siete per ritirarlo dal fuoco salatelo e versatevi metà del burro e metà del parmigiano.
Poi, quando è ancora ben caldo, aggiungete le uova e mescolate, indi versatelo
sulla spianatoia, o sopra un vassoio, distendetelo alla grossezza di un dito e
mezzo e lasciate che diacci per tagliarlo a mandorle. Eccovi gli gnocchi che
collocherete uno sopra l'altro in bella mostra entro un vassoio proporzionato,
intramezzandoli col resto del burro a pezzetti e spolverizzandoli, suolo per
suolo, ma non alla superficie, col resto del parmigiano. Per ultimo, rosolateli
al forno da campagna e serviteli caldi o soli o per contorno ad un piatto di
carne stracottata o fatta in altra maniera.
231. GNOCCHI ALLA ROMANA
Questi gnocchi, che io ho modificato e
dosati nella seguente maniera, spero vi piaceranno come sono piaciuti a quelli
cui li ho imbanditi. Se ciò avviene fate un brindisi alla mia salute se sarò
vivo, o mandatemi un requiescat se sarò andato a rincalzare i cavoli.
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 50.
Cacio gruiera, grammi 40.
Parmigiano, grammi 20.
Latte, mezzo litro.
Uova, n. 2.
Si dice che a tavola non si dovrebbe
essere in meno del numero delle Grazie, né in più del numero delle Muse. Se vi
aggirate intorno al numero delle Muse, raddoppiate la dose.
Intridete la farina colle uova e col
latte versato a poco per volta entro una cazzaruola, aggiungete il cacio
gruiera a pezzettini e mettete l'intriso al fuoco mescolando continuamente.
Quando sarà assodato per la cottura della farina, salatelo e aggiungete la metà
del detto burro. Lasciate che il composto diacci e poi, nella stessa guisa degli
gnocchi di farina gialla, mettetelo a tocchetti in un vassoio che regga al
fuoco e conditeli via via col resto del burro a pezzetti e col parmigiano
suddetto grattato; ma non alla superficie, perché il parmigiano col fuoco sopra
prende l'amaro. Rosolateli sotto a un coperchio di ferro o nel forno da
campagna e serviteli caldi.
232. POLENTA DI FARINA GIALLA COLLE
SALSICCE
Fate una polenta piuttosto tenera di
farina di granturco, distendetela sulla spianatoia alla grossezza di un dito e
tagliatela a mandorle.
Ponete in un tegamino diverse salsicce
intere con un gocciolo d'acqua e quando saranno cotte spellatele, sbriciolatele
ed aggiungete sugo o conserva di pomodoro. Collocate la polenta in una teglia o
in un vassoio che regga al fuoco, conditela a suoli col parmigiano, queste
salsicce e qualche pezzetto di burro sparso qua e là, poi mettetela fra due
fuochi e quando sarà ben calda servitela, specialmente per primo piatto di una
colazione alla forchetta. La detta polenta si può fare anche dura per tagliarla
a fette.
233. POLENTA PASTICCIATA
Fate una polenta soda di farina di
granturco cotta nel latte. Salatela quando siete per ritirarla dal fuoco e
versatela sopra la spianatoia, alta due dita circa. Diaccia che sia, tagliatela
a mandorle grosse mezzo centimetro, che disporrete nella seguente maniera in un
vassoio di metallo o di porcellana che regga al fuoco. Fate un intingolo come
quello per condire i maccheroni alla bolognese n. 87 o consimile, e fate un
poco di balsamella n. 137, spolverizzare il fondo del vassoio con
parmigiano grattato e distendete un suolo di polenta; conditela con parmigiano,
l'intingolo e la balsamella; poi sopra a questo ponete un altro suolo di
polenta e conditela egualmente; e così di seguito finché avrete roba. Anche
qualche pezzettino di burro qua e là non ci farà male: però mettetene poco se
non volete che stucchi per soverchio condimento.
Preparato così il vassoio colla sua
colma, ponetelo nel forno da campagna per rosolare la polenta e servitela calda
per tramesso in un pranzo durante l'autunno e l'inverno. Se viene bene sarà
lodata per la sua delicatezza. Nel tempo della cacciagione un abile cuoco può
metterla in forma riempiendola di uccelletti cotti in umido.
234. MACCHERONI COLLA BALSAMELLA
Prendete maccheroni lunghi alla
napoletana e cuoceteli per due terzi nell'acqua salata. Levateli asciutti e
rimetteteli al fuoco con un pezzetto di burro e quando l'avranno assorbito
aggiungete tanto latte che finisca di cuocerli a moderato calore. Preparate
intanto una balsamella come al n. 137 e quando non sarà più a bollore
legatela con un rosso d'uovo e poi versatela sui maccheroni insieme con
parmigiano grattato in proporzione. Maccheroni così preparati sono molto
opportuni per contorno a un pezzo di stracotto o a un pezzo di vitella di latte
in fricandò. Potete in questo caso prendere un vassoio che regga al fuoco,
collocarvi una forma di latta in mezzo e i maccheroni all'ingiro.
Ponete il vassoio nel forno da campagna o
sotto a un coperchio di ferro col fuoco sopra, e quando i maccheroni saranno
leggermente rosolati, ritirateli dal fuoco e, levata la forma di latta, ponete
nel suo posto la carne e serviteli. Potete anche mandarli in tavola separati,
ma sempre leggermente rosolati al di sopra per più bellezza; badate che restino
sugosi.
235. MACCHERONI COL PANGRATTATO
Se è vero, come dice Alessandro Dumas
padre, che gli Inglesi non vivono che di roast-beef e di budino; gli
olandesi di carne cotta in forno, di patate e di formaggio; i Tedeschi di sauer-kraut
e di lardone affumicato; gli Spagnuoli di ceci, di cioccolata e di lardone
rancido; gl'ltaliani di maccheroni, non ci sarà da fare le meraviglie se io
ritorno spesso e volentieri sopra ai medesimi, anche perché mi sono sempre
piaciuti; anzi poco mancò che per essi non mi acquistassi il bel titolo di Mangia
maccheroni, e vi dirò in che modo.
Mi trovavo nella trattoria dei Tre Re a
Bologna, nel 1850 in compagnia di diversi studenti e di Felice Orsini amico
d'uno di loro. Erano tempi nei quali in Romagna si discorreva sempre di
politica e di cospirazioni; e l'Orsini, che pareva proprio nato per queste, ne
parlava da entusiasta e con calore si affannava a dimostrarci come fosse
prossima una sommossa, alla testa della quale, egli e qualche altro capo che
nominava, avrebbero corsa Bologna armata mano. Io nel sentir trattare con sì
poca prudenza e in un luogo pubblico di un argomento tanto compromettente e di
un'impresa che mi pareva da pazzi, rimasi freddo a' suoi discorsi e
tranquillamente badavo a mangiare un piatto di maccheroni che avevo davanti.
Questo contegno fu una puntura all'amor proprio dell'Orsini, il quale, rimasto
mortificato, ogni volta che poi si ricordava di me, domandava agli amici: -
Come sta Mangia maccheroni? -
Mi par di vederlo ora quel giovane
simpatico, di statura mezzana, snello della persona, viso pallido rotondo,
lineamenti delicati, occhi nerissimi, capelli crespi, un po' bleso nella
pronunzia. Un'altra volta, molti anni dopo, lo combinai in un caffè a Meldola
nel momento che fremente d'ira contro un tale che, abusando della sua fiducia,
l'aveva offeso nell'onore, invitava un giovane a seguirlo a Firenze, per
aiutarlo, diceva egli, a compiere una vendetta esemplare.
Una sequela di fatti e di vicende, una
più strana dell'altra, lo trassero dopo a quella tragica fine che tutti
conoscono e tutti deplorano, ma che fu forse una spinta a Napoleone III per
calare in Italia.
Ritorniamo a bomba.
Maccheroni lunghi e che reggano bene alla
cottura, grammi 300.
Farina, grammi 15.
Burro, grammi 60.
Formaggio gruiera, grammi 60.
Parmigiano, grammi 40.
Latte, decilitri 6.
Pangrattato, quanto basta.
Se vi piacessero più saporiti aumentate
la dose del condimento.
Ai maccheroni date mezza cottura, salateli
e versateli sullo staccio a scolare. Mettete al fuoco in una cazzaruola metà
del burro e la farina, mescolando continuamente; quando questa comincia a
prender colore versate il latte a poco per volta e fatelo bollire per una
diecina di minuti; indi gettate in questa balsamella i maccheroni e il
gruiera grattato o a pezzettini e ritirate la cazzaruola sull'orlo del fornello
onde, bollendo adagino, ritirino il latte. Allora aggiungete il resto del burro
e il parmigiano grattato; versateli poi in un vassoio che regga al fuoco e su
cui faccian la colma e copriteli tutti di pangrattato.
Preparati in questa maniera metteteli nel
forno da campagna o sotto un coperchio di ferro col fuoco sopra e quando
saranno rosolati serviteli caldi per tramesso o, meglio, accompagnati da un
piatto di carne.
236. COSTOLETTE D’AGNELLO VESTITE
Prendete costolette d'agnello di carne
fina, denudate l'osso della costola, stiacciatele, pareggiatele, cuocetele,
così naturali, alla sauté col burro, conditele calde con sale e pepe e
mettetele da parte.
Fate una balsamella sodettina e
nella medesima gettate prosciutto e lingua salata a piccolissimi dadi, un
pizzico di parmigiano, una presa di noce moscata e un tartufo a fettine oppure
funghi secchi rammolliti e tritati, e mettete anche questo composto da parte
perché diacci bene.
Fate una pasta sfoglia, n. 154,
proporzionata alla quantità delle costolette e colla medesima avvolgetele una
per una, lasciando fuori l'osso della costola, ma prima spalmatele da una parte
e dall'altra abbondantemente col detto composto. Quando le avrete chiuse
doratele col rosso d'uovo, collocatele ritte intorno all'orlo di una teglia,
cuocetele nel forno da campagna e servitele calde. Saranno generalmente
aggradite e tenute in conto di piatto fine.
La pasta sfoglia potrete tagliarla con un
modellino di carta, che così l'involucro vi verrà più preciso; per più pulizia
ed eleganza, prima di mandarle in tavola, fasciate l'estremità di ogni costola
con carta bianca smerlata.
Queste costolette, che i Francesi
chiamano côtelettes en papillote, si possono condizionare nella seguente
maniera che è la più semplice e da non disprezzarsi. Prendete costolette di
vitella di latte, denudate l'osso della costola, levandone la carne, cuocetele
nel burro alla sauté e conditele con sale e pepe. Fate un composto
proporzionato di prosciutto grasso e magro e prezzemolo, tritatelo fine,
aggiungete burro e midolla di pangrattato per tenerlo unito e con questo
spalmate da ambedue le parti le costolette, poi rifioritele con fettine di
tartufi crudi. Tagliate a modello della carta bianca grossettina per quante
sono le costolette, ungetela col burro o coll'olio da ambedue le parti e con
essa involtatele strette con l'osso della costola fuori. Ora ponetele in
gratella a fuoco leggero avvertendo che la carta non bruci e mandatele in
tavola, per più pulizia, con l'estremità della costola fasciata di carta bianca
smerlata. Possono servire a quest'uso anche le costolette d'agnello se sono
grandi.
238. SALAMI DAL SUGO DI FERRARA
I salami dal sugo di Ferrara sono una
specialità di quel paese. Hanno la forma di bondiole del peso di grammi
500 circa e sono di sapore piccante e appetitoso. A differenza degli altri
salumi della loro specie migliorano invecchiando ed ordinariamente questi si
mangiano quando quelli hanno fatto la loro stagione. Allorché vorrete
servirvene lavateli diverse volte con acqua tiepida per nettarli da quella
patina untuosa che li ricopre e metteteli al fuoco in acqua diaccia abbondante
per farli bollire lentamente un'ora e mezzo soltanto, chiusi stretti in un
pannolino onde evitare che la pelle schianti. Serviteli caldi con contorno come
i coteghini; ma il sugo di cui si vantano talvolta non apparisce, o se pure,
non è molto copioso.
239. PAGNOTTELLE RIPIENE
Nelle grandi città un bravo cuoco è, a
male agguagliare, come un generale d'armata in un vasto campo ben trincerato
con numerose ed agguerrite legioni ove può far valere tutte le sue prodezze. Le
grandi città oltre all'esser sempre ben provvedute d'ogni grazia di Dio, hanno
chi pensa a fornirvi anche le più piccole cose, le quali, benché di poca
importanza, contribuiscono alla varietà, all'eleganza e alla precisione de'
vostri lavori. Così, come vi si trovano bastoncini di pane che, tagliati a
fette, s'infilano nello spiedo cogli uccelli, vi si fabbricano pagnottelle
della grandezza di una mela comune per farle ripiene.
Raspatene leggermente la corteccia colla grattugia
e fate in mezzo ad ognuna un tassello rotondo della dimensione di una moneta da
10 centesimi. Vuotatele del midollo lasciando le pareti all'intorno alquanto
grossette. Bagnatele dentro e fuori con latte bollente e quando saranno
discretamente inzuppate chiudetele col loro tassello, inzuppato anch'esso,
immergetele nell'uovo per dorarle e friggetele nel lardo o nell'olio, ma
buttatele in padella dalla parte del coperchio perché vi resti aderente.
Distaccate dopo, colla punta di un temperino, il tassello, riempitele di un
battuto di carne delicato e ben caldo, richiudetele e mandatele in tavola. Se
le fate accuratamente possono benissimo figurare in qualunque pranzo.
Il battuto di carne, a pezzetti grossi
quanto i ceci, sarà bene farlo con fegatini, petti di pollo, animelle e cose
simili tirate col sugo di carne e legate con una presa di farina; ma ciò che
sarebbe indispensabile, per rendere il composto più grato, sono i tartufi.
240. MIGLIACCIO DI FARINA DOLCE
VOLGARMENTE DETTO CASTAGNACCIO
Anche qui non posso frenarmi dal
declamare contro la poca inclinazione che abbiamo noi Italiani all'industria.
In alcune province d'Italia non si conosce per nulla la farina di castagne e
credo che nessuno abbia mai tentato d'introdurne l'uso; eppure pel popolo, e
per chi non ha paura della ventosità, è un alimento poco costoso, sano e
nutriente. Interrogai in proposito una rivendugliola in Romagna descrivendole
questo migliaccio e le dimandai perché non tentava di guadagnare qualche soldo
con questo commercio. - Che vuole, mi rispose, è roba troppo dolce, non la
mangerebbe nessuno. - o le cottarone che voi vendete non sono dolci?
eppure hanno dello smercio, diss' io. Provatevi, almeno, soggiunsi; da
principio volgetevi ai ragazzi, datene loro qualche pezzo in regalo per vedere
se cominciassero a gustarlo, e poi dietro ad essi è probabile che a poco a poco
si accostino i grandi. Ebbi un bel dire; fu lo stesso che parlare al muro.
Le cottarone, per chi non lo sa,
sono mele o pere, per lo più cascaticce, cotte in forno entro una pentola nella
quale si versa un gocciolo d'acqua, coprendone la bocca con un cencio bagnato.
Veniamo ora alla semplicissima fattura di questo migliaccio.
Prendete grammi 500 di farina di castagne
e siccome questa farina si appasta facilmente passatela dal setaccio prima di
adoperarla per renderla soffice; poi mettetela in un recipiente e conditela con
uno scarso pizzico di sale. Fatto questo, intridetela con 8 decilitri di acqua
diaccia versata a poco per volta onde ridurla una liquida farinata, in cui
getterete un pugno di pinoli interi. Alcuni aggiungono ai pinoli delle noci a
pezzetti, altri anche dell'uva secca e, sopra, qualche fogliolina di ramerino.
Ora prendete una teglia ove il migliaccio
venga grosso un dito e mezzo all'incirca, copritene il fondo con un leggiero
strato d'olio, ed altr' olio, due cucchiaiate, spargetelo sulla farinata quando
è nella teglia. Cuocetelo in forno o anche in casa fra due fuochi e sformatelo
caldo.
Con questa farinata si possono fare anche
delle frittelle.
241. MIGLIACCIO DI FARINA GIALLA I
Questo è un piatto de' più ordinari, ma
non è disgradevole a quelli cui la farina di granturco piace, e non produce
acidi allo stomaco. I bambini poi salteranno dall'allegrezza se qualche volta
la mamma lo darà loro caldo caldo per colazione nell'inverno.
La farina gialla è sempre bene che sia
macinata piuttosto grossa.
Ponete in un recipiente qualunque quella
quantità di farina di cui volete servirvi, salatela bene ed intridetela soda
con acqua bollente; quando sarà mescolata in modo che in fondo al vaso non
resti farina asciutta, unitevi uva secca o zibibbo in giusta dose; l'uva secca
nostrale è preferibile, in certi casi, allo zibibbo perché conserva un acidetto
che le dà grazia. Prendete una teglia di rame e mettetela al fuoco con lardo
vergine in abbondanza e, quando questo comincia a grillettare, versate
l'impasto, il quale, per averlo intriso consistente, fa d'uopo distendere e
pareggiare col mestolo. Poi spalmatene la superficie con un altro poco di lardo
e rifioritelo con ciocchettine di ramerino fresco. Cuocetelo al forno o tra due
fuochi, fate che rosoli alquanto e sformatelo. Col detto impasto potete anche
far frittelle, ma senza ramerino. La miglior farina gialla che io abbia sentito
è quella d'Arezzo, ove il granturco viene curato molto e seccato in forno.
242. MIGLIACCIO DI FARINA GIALLA II
Questo piatto è più signorile del
precedente.
Farina di granturco, grammi 300.
Zibibbo o uva secca, grammi 100.
Strutto, grammi 40.
Pinoli, grammi 30.
Zucchero, tre cucchiaini.
All'uva levate i semi, i pinoli
tagliateli in due parti per traverso. La teglia ungetela collo strutto e
infarinatela. Pel resto regolatevi come per l'antecedente.
243. SALSICCIA COLLE UOVA
Le uova e la salsiccia messe insieme pare
non si trovino in cattiva compagnia, come non vi si trova la carnesecca
tagliata a dadi; se le prime sono sciocche, le seconde sono saporite e si forma
una lega che piace a molti, benché si tratti di piatti ordinari.
Se la salsiccia è fresca spaccatela in
due parti per il lungo e mettetela a cuocere in un tegame senz'unto né
condimento, perché ne contiene di per sé stessa; se è stagionata tagliatela a
fette e levatene la pelle. Appena la salsiccia sarà cotta, scocciate le uova e
servitela quando queste saranno rapprese. Per ogni rocchio comune di salsiccia,
basta un solo uovo o al più due.
Se le salsicce fossero troppo magre sarà
bene cuocerle con un po' di burro o di lardo. Se invece di salsiccia si tratta
di carnesecca, aggiungete un pezzettino di burro e le uova versatele dopo
averle frullate a parte.
244. SALSICCIA COLL’UVA
È un piatto triviale e comune, ma lo noto
perché la salsiccia, con quel dolce acidetto dell'uva, potrebbe dar nel gusto a
qualcuno.
Bucate le salsicce colla punta di una
forchetta e mettetele in tegame così intere con un poco di lardo o burro.
Quando saranno cotte unite l'uva, non in quantità, a chicchi interi e fatela
bollire finché si strugga a metà. La salsiccia sola poi, oltreché in gratella,
può cuocersi intera in un tegame, con un gocciolo d'acqua.
245. RISO PER CONTORNO
Quando avrete per lesso una pollastra o
un cappone mandateli in tavola con un contorno di riso che vi sta bene. Per non
consumar tanto brodo imbiancate il riso nell'acqua e terminate di
cuocerlo col brodo dei detti polli. Tiratelo sodo e, quando è quasi cotto,
dategli sapore con burro e parmigiano in poca quantità; posto che il riso sia
grammi 200, quando lo ritirate dal fuoco legatelo con un uovo o, meglio, con
due rossi.
Se il riso, invece che al lesso di pollo
dovesse servire di contorno a uno stracotto di vitella di latte o a bracioline,
aggiungete agl'ingredienti sopra indicati due o tre cucchiaiate di spinaci
lessati e passati per istaccio. Avrete allora un riso verde e più delicato.
Si può dare migliore aspetto a questi
contorni restringendo il riso a bagno-maria entro a uno stampo; ma badate non
indurisca troppo, che sarebbe un grave difetto.
246. CARCIOFI IN TEGLIA
Anche questo è un piatto di uso
famigliare in Toscana, di poca spesa e relativamente buono. Potendo servire da
colazione, per principio o per tramesso in un desinare di famiglia, non so
comprendere come non sia conosciuto in altri luoghi d'Italia.
Preparate i carciofi nel modo descritto al
n. 186, e dopo averli scossi dalla farina superflua, distendeteli in una teglia
ove abbia cominciato a grillettare olio buono e in quantità sufficiente. Quando
le fette dei carciofi saranno rosolate da ambe le parti, versate sulle medesime
delle uova sbattute, ma avvertite di non cuocerle troppo. Il condimento di sale
e pepe spargetelo parte sui carciofi e parte nelle uova prima di versarle.
Invece della teglia potete servirvi della
padella; ma allora otterrete una frittata il cui gusto riuscirà alquanto
diverso e inferiore.