ARTUSI LIBRO 9

 

 

621. CIALDONI

 

Ponete in un pentolo:

 

Farina, grammi 80.

Zucchero biondo, grammi 30.

Lardo vergine e appena tiepido, grammi 20.

Acqua diaccia, sette cucchiaiate.

 

Sciogliete prima, coll'acqua, la farina e lo zucchero, poi aggiungete il lardo.

Ponete sopra un fornello ardente il ferro da cialde e quando è ben caldo apritelo e versatevi sopra ogni volta mezza cucchiaiata della detta pastella; stringete le due parti del ferro insieme, passatelo sul fuoco da una parte e dall'altra, levate le sbavature con un coltello ed apritelo quando conoscerete che la cialda ha preso il color nocciuola. Allora distaccatela alquanto da una parte col coltello e subito così calda sopra il ferro medesimo o sopra a un canovaccio disteso sul focolare arrotolatela con un bocciuolo di canna o semplicemente colle mani. Quest'ultima operazione bisogna farla molto svelti perché se la cialda si diaccia non potrete più avvolgerla su sé stessa. Se le cialde restassero attaccate al ferro ungetelo a quando a quando col lardo, e se non venissero tutte unite, aggiungete un po' di farina.

Sapete già che i cialdoni si possono servir soli; ma è meglio accompagnarli con la panna o con la crema montata ed anche col latte brûlé o col latte alla portoghese.

 

 

622. FAVE ALLA ROMANA O DEI MORTI

 

Queste pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana, ossia d'orto, che si usa in questa occasione cotta nell'acqua coll'osso di prosciutto. Tale usanza deve avere la sua radice nell'antichità più remota poiché la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si astenevano dal mangiarne, non la seminavano, né la toccavano colle mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume stimandolo cosa immonda. Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell'inferno.

Nelle feste Lemurali si sputavano fave nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli antenati, i Lemuri e gli Dei dell'inferno.

Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre e l'uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto si dice, per cui Pitagora ordinò a' suoi discepoli di astenersene; un'altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni.

Varie sono le maniere di fare le fave dolci; v'indicherò le seguenti: le due prime ricette sono da famiglia, la terza è più fine.

 

 

PRIMA RICETTA

Farina, grammi 200.

Zucchero, grammi 100.

Mandorle dolci, grammi 100.

Burro, grammi 30.

Uova, n. l.

Odore di scorza di limone, oppure di cannella, o d'acqua di fior d'arancio.

 

SECONDA RICETTA

Mandorle dolci, grammi 200.

Farina, grammi 100.

Zucchero, grammi 100.

Burro, grammi 30.

Uova, n. l.

Odore, come sopra.

 

TERZA RICETTA

Mandorle dolci, grammi 200.

Zucchero a velo, grammi 200.

Chiare d'uovo, n. 2.

Odore di scorza di limone o d'altro.

 

Per le due prime sbucciate le mandorle e pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo chicco di riso. Mettetele in mezzo alla farina insieme cogli altri ingredienti e formatene una pasta alquanto morbida con quel tanto di rosolio o d'acquavite che occorre. Poi riducetela a piccole pastine, in forma di una grossa fava, che risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. Disponetele in una teglia di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina; doratele coll'uovo. Cuocetele al forno o al forno da campagna, osservando che, essendo piccole, cuociono presto. Per la terza seccate le mandorle al sole o al fuoco e pestatele fini nel mortaio con le chiare d'uovo versate a poco per volta. Aggiungete per ultimo lo zucchero e mescolando con una mano impastatele. Dopo versate la pasta sulla spianatoia sopra a un velo sottilissimo di farina per poggiarla a guisa di un bastone rotondo, che dividerete in 40 parti o più per dar loro la forma di fave che cuocerete come le antecedenti.

 

 

623. COTOGNATA

 

Mele cotogne, chilogrammi 3.

Zucchero bianco fine, chilogrammi 2.

 

Mettete al fuoco le mele coperte d'acqua e quando cominciano a screpolare, levatele, sbucciatele e grattatele alla meglio per levarne tutta la polpa che passerete poi dallo staccio. Rimettetela al fuoco collo zucchero e rimestatela sempre onde non si attacchi. Sette od otto minuti di bollitura basteranno; ma poi, se presa su col mestolo comincia a cadere a stracci, levatela. Se la mettete in vasi potrà servirvi come conserva e fatta in tal modo resterà più bianca di quella che vi descriverò al n. 741, ma con meno fragranza, perché una parte dell'odore particolare a questo frutto si sperde nell'acqua.

Per ridurla a cotognata distendetela sopra un'asse alla grossezza poco più di uno scudo ed asciugatela al sole coperta di un velo perché le mosche e le vespi ne sono ghiottissime. Quando è asciutta di sopra tagliatela in forma di tavolette di cioccolata e passandole sotto un coltello per distaccarla dall'asse, rivoltatela dalla parte opposta.

Se poi vi piacesse di darle forme bizzarre procuratevi degli stampini di latta vuoti dalle due parti, riempiteli, lisciateli e distaccando la marmellata dagli orli con delicatezza, ponetela ugualmente sull'asse ed asciugatela nella stessa maniera.

Potete anche crostarla, volendo, e allora mettete a struggere grammi 100 di zucchero bianco con due cucchiaiate d'acqua e quando avrà bollito tanto da fare il filo (presane una goccia fra due dita) spalmate ogni pezzo con un pennello. Se lo zucchero vi si rappiglia durante l'operazione (che è bene fare in una giornata non umida) rimettetelo al fuoco con un altro gocciolo d'acqua e fatelo bollire di nuovo. Quando lo zucchero è asciutto da una parte e sugli orli, spalmate la parte opposta.

 

 

624. TORTELLI DI CECI

 

Eccovi un piatto che si usa fare in quaresima.

 

Ceci secchi (dico secchi perché in Toscana si vendono rammolliti nell'acqua del baccalà), grammi 300.

 

Metteteli in molle la sera nell'acqua fresca e la mattina unite ai medesimi 7 o 8 marroni secchi e poneteli al fuoco con acqua ugualmente fresca entro a una pentola di terra con grammi 3 di carbonato di soda legato in una pezzettina. Questo il popolo lo chiama il segreto e serve a facilitare la cottura dei ceci. Invece del carbonato di soda si può usare la rannata. La sera avanti mettete i ceci in un vaso qualunque, copritene la bocca con un canovaccio ove abbiate messo una palettata di cenere; fate passare attraverso la medesima dell'acqua bollente fino a che i ceci restino coperti e la mattina, levati dalla rannata, prima di metterli al fuoco lavateli bene coll'acqua fresca. Cotti che siano, levateli asciutti e passateli per istaccio caldi, bollenti, insieme coi marroni; e se, nonostante il segreto o la rannata, fossero rimasti duri per la qualità dell'acqua, pestateli nel mortaio. Quando li avrete passati, conditeli ed aggraziateli con un pizzico di sale, con sapa nella quantità necessaria a rendere il composto alquanto morbido, mezzo vasetto di mostarda di Savignano, o di quella descritta al n. 788, grammi 40 di candito a piccoli pezzettini, un poco di zucchero, se la sapa non li avesse indolciti abbastanza, e due cucchiaini di cannella pesta.

In difetto di cavalli, si cerca di far trottare gli asini, si va alla busca di compensi; e in questo caso, se vi mancassero la sapa e la mostarda (la migliore al mio gusto è quella di Savignano in Romagna), si supplisce alla prima con grammi 80 di zucchero e alla seconda con grammi 7 di senapa in polvere sciolta nell'acqua calda degli stessi ceci. Ora passiamo alla pasta per chiuderli, in merito alla quale potete servirvi di quella de' Cenci n. 595, metà dose di detta ricetta, oppure della seguente:

 

Farina, grammi 270.

Burro, grammi 20.

Zucchero, grammi 15.

Uova, n. l.

Vino bianco, o marsala, cucchiaiate n. 3 circa.

Sale, un pizzico.

 

Tiratene una sfoglia della grossezza di mezzo scudo all'incirca e tagliatela collo stampo rotondo smerlato del n. 614. Fate che nei dischi il ripieno abbondi ed avrete, riunendone i lembi, i tortelli in forma di un quarto di luna. Friggeteli nel lardo o nell'olio e quando non sono più a bollore spolverizzateli di zucchero a velo.

Colla broda de' ceci potete fare una zuppa o cuocervi, come si usa in Toscana, le strisce di pasta comperata.

Questi tortelli riescono così buoni che nessuno saprà indovinare se sono di ceci.

 

 

625. FOCACCIA ALLA PORTOGHESE

 

Questo ve lo do per un dolce assai delicato e gentile.

 

Mandorle dolci, grammi 150.

Zucchero, grammi 150.

Farina di patate, grammi 50.

Uova, n. 3.

Aranci. n. 1½

 

Lavorate dapprima i rossi d'uovo collo zucchero, aggiungete la farina, poi le mandorle sbucciate e pestate fini con una cucchiaiata del detto zucchero, e dopo il sugo passato dagli aranci e la buccia superficiale raschiata di un solo arancio. Per ultimo unite al composto le chiare montate, versatelo in una scatola di carta unta di burro, alla grossezza di un dito e mezzo e cuocetelo al forno a moderatissimo calore. Dopo cotta, copritela di una crosta bianca come al n. 789.

 

 

626. AMARETTI I

 

Zucchero bianco in polvere, grammi 250.

Mandorle dolci, grammi 100.

Mandorle amare, grammi 50.

Chiare d'uovo, n. 2.

 

Le mandorle spellatele e seccatele al sole o al fuoco, poi tritatele finissime con la lunetta. Lavorate col mestolo lo zucchero e le chiare per mezz'ora almeno, e aggiungete le mandorle per formarne una pasta soda in modo da farne delle pallottole grosse quanto una piccola noce; se riuscisse troppo morbida aggiungete altro zucchero e se troppo dura un'altra po' di chiara, questa volta montata. Se vi piacesse dare agli amaretti un colore tendente al bruno, mescolate nel composto un po' di zucchero bruciato.

Via via che formate le dette pallottole, che stiaccerete alla grossezza di un centimetro, ponetele sopra le ostie, o sopra pezzetti di carta, oppure in una teglia unta col burro e spolverizzata di metà farina e metà zucchero a velo; ma a una discreta distanza l'una dall'altra perché si allargano molto e gonfiano, restando vuote all'interno. Cuocetele in forno a moderato calore.

 

 

627. AMARETTI II

 

Eccovi un'altra ricetta di amaretti che giudico migliori dei precedenti e di più facile esecuzione.

 

Zucchero bianco a velo, grammi 300.

Mandorle dolci, grammi 180.

Mandorle amare, grammi 20.

Chiare d'uovo, n. 2.

 

Le mandorle spellatele e seccatele al sole o al fuoco; poi pestatele fini nel mortaio con una chiara versata in più volte. Fatto questo mescolateci la metà dello zucchero, mantrugiando il composto con una mano. Dopo versatelo in un vaso e, mantrugiando sempre perché s'incorpori, aggiungete una mezza chiara, poi l'altra metà dello zucchero e appresso l'ultima mezza chiara.

Otterrete, così lavorato, un impasto omogeneo e di giusta consistenza che potrete foggiare a bastone per tagliarlo a pezzetti tutti eguali. Prendeteli su a uno a uno con le mani bagnate alquanto per formarne delle pallottole grosse come le noci. Stiacciatele alla grossezza di un centimetro e pel resto regolatevi come per i precedenti, ma spolverizzateli leggermente di zucchero a velo prima di metterli in forno a calore ardente, e dico forno perché il forno da campagna non sarebbe al caso per questa pasta. Con questa dose otterrete una trentina di amaretti.

 

 

628. PASTICCINI DI MARZAPANE

 

Fate una pasta frolla colla ricetta C del n. 589.

Fate un marzapane come quello del n. 579 nelle seguenti proporzioni:

 

Mandorle dolci con tre amare, sbucciate, grammi 180.

Zucchero, grammi 150.

Burro, grammi 25.

Arancio candito, grammi 25.

Un rosso d'uovo.

Diverse cucchiaiate d'acqua.

 

Servitevi degli stampini da brioches o alquanto più piccoli, che sarebbe meglio; ungeteli col burro, foderateli di pasta frolla sottile quanto uno scudo, riponeteci il marzapane, ripiegategli sopra i lembi della pasta, bagnate l'orlo coll'acqua, copriteli colla stessa pasta frolla, dorateli alla superficie, cuoceteli in forno o nel forno da campagna e dopo spolverizzateli di zucchero a velo.

Con questa dose potrete farne da 16 a 18.

 

 

629. PASTICCINI DI SEMOLINO

 

Semolino, grammi 180.

Zucchero, grammi 100.

Pinoli, grammi 50.

Burro, grammi 20.

Latte, decilitri 8.

Uova, n. 4.

Sale, una presa.

Odore di scorza di limone.

 

Cuocete il semolino nel latte e quando comincia a stringere versate i pinoli pestati nel mortaio insieme con lo zucchero; poi il burro e il resto, meno le uova, che serberete per ultimo quando il composto sarà diaccio. Pel resto regolatevi come i pasticcini di riso del n. 630.

Con questa dose ne farete da 18 a 20.

Prima di servirli spolverizzateli di zucchero a velo.

 

 

630. PASTICCINI DI RISO

 

Riso, grammi 150.

Zucchero, grammi 70.

Burro, grammi 30.

Candito, grammi 30.

Latte, decilitri 8.

Uova, n. 3

Rhum, cucchiaiate n. 2.

Sale, una presa.

 

Cuocete moltissimo il riso rimuovendolo spesso col mestolo perché non si attacchi. A due terzi di cottura versate lo zucchero, il burro, il sale e il candito tagliato a pezzettini. Quando sarà cotto e diaccio aggiungete il rhum, i rossi d'uovo prima e le chiare montate dopo.

Prendete gli stampini da brioches, ungeteli bene col burro, spolverizzateli di pangrattato, riempiteli e cuoceteli al forno da campagna. Sono migliori caldi che diacci.

Con questa dose ne farete 12 o 14.

 

 

631. PASTICCINI DI PASTA BEIGNET

 

Acqua, grammi 150.

Farina, grammi 100,

Burro, grammi 10.

Uova, n. 3 e un rosso.

Sale, quanto basta.

 

Quando bolle l'acqua versate la farina tutta a un tratto e, rimestando subito, aggiungete il burro e tenetela sul fuoco per 10 minuti, seguitando sempre a rimestaria. Deve riuscire una pasta dura che distenderete alla grossezza di un dito e pesterete nel mortaio insieme con un uovo per rammorbidirla alquanto. Ciò ottenuto, mettetela in una catinella per lavorarla col mestolo, aggiungendo le altre uova uno per volta, montando le chiare. Non vi stancate di lavorarla finché non sia ridotta come un unguento; lasciatela in riposo per qualche ora, e quindi mettetela a cucchiaiate (le quali riusciranno dieci o dodici) in una teglia, unta col burro. Frullate un rosso d'uovo con un po' di chiara per renderlo più sciolto, dorateli e lisciateli con un pennellino (ma questo supplemento non è necessario), poi metteteli in un forno che sia ben caldo. Quando sono cotti fate loro col temperino un'incisione da una parte, o in forma di mezzo cerchio nella parte di sotto, per riempirli di crema o di conserve di frutta, spolverizzateli di zucchero a velo e serviteli.

Vi avverto che quando lavorate paste che devono rigonfiare, il mestolo invece di girarlo in tondo è meglio muoverlo dal sotto in su.

 

 

632. BRIGIDINI

 

È un dolce o meglio un trastullo speciale alla Toscana ove trovasi a tutte le fiere e feste di campagna e lo si vede cuocere in pubblico nelle forme da cialde.

 

Uova, n. 2.

Zucchero, grammi 120.

Anaci, grammi 10.

Sale, una presa.

Farina, quanto basta.

 

Fatene una pasta piuttosto soda, lavoratela colle mani sulla spianatoia e formatene delle pallottole grosse quanto una piccola noce. Ponetele alla stiaccia nel ferro da cialde a una debita distanza l'una dall'altra e, voltando di qua e di là il ferro sopra il fornello ardente con fiamma di legna, levatele quando avranno preso colore.

 

 

633. DOLCE DI CHIARE D’UOVO

 

Se avete d'occasione delle chiare d'uovo, che non sappiate come consumare, potreste fare un dolce nel seguente modo, che riesce buono.

 

Chiare d'uovo, n. 8 o 9.

Farina d'Ungheria, grammi 300.

Zucchero a velo, grammi 150.

Burro, grammi 150.

Uva sultanina, grammi 100.

Cremor di tartaro, grammi 10.

Bicarbonato di soda, grammi 5.

Odore di zucchero vanigliato.

 

Montate le chiare e versate nelle medesime la farina e lo zucchero; mescolate e poi aggiungete il burro liquefatto. Quando il composto sarà tutto unito aggiungete le polveri e per ultimo l'uva. Versate il composto in una teglia unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, ove il dolce riesca alto almeno due dita, cuocetelo al forno o al forno da campagna e servitelo diaccio.

 

 

634. PASTINE PEL THE

 

Mistress Wood, un'amabile signora inglese, avendomi offerto un the con pastine fatte con le sue proprie mani, ebbe la cortesia, rara nei cuochi pretenzionosi, di darmi la ricetta che vi descrivo, dopo averla messa alla prova.

 

Farina d'Ungheria o finissima, grammi 440.

Farina di patate, grammi 160.

Zucchero a velo, grammi 160

Burro, grammi 160.

Due chiare d'uovo.

Latte tiepido, quanto basta.

 

Formate un monticello sulla spianatoia con le due farine e lo zucchero mescolati insieme. Fategli una buca in mezzo, collocateci le chiare e il burro a pezzetti e, colla lama di un coltello prima e con le mani dopo, servendovi del latte, intridetelo e lavoratelo mezz'ora circa per ottenere un pastone piuttosto tenero. Tiratelo col matterello in una sfoglia della grossezza di uno scudo, tagliatela a dischi rotondi, come quello del n. 7, bucherellateli con le punte di una forchetta e cuoceteli al forno o al forno da campagna in una teglia unta col burro. Con sola mezza dose della ricetta se ne ottengono assai.

 

 

635. LINGUE DI GATTO

 

Sono pastine pel the, tolte da una ricetta venuta da Parigi.

 

Burro, grammi 100.

Zucchero bianco a velo, grammi 100.

Farina d'Ungheria, grammi 100.

Una chiara d'uovo.

 

Ponete in un vaso il burro così naturale e cominciate a dimenarlo col mestolo; poi versateci lo zucchero, indi la farina e per ultimo la chiara d'uovo, lavorando sempre il composto per ridurlo una pasta omogenea. Ponetela nella siringa con un disco di buco rotondo o quadro della grandezza di circa un centimetro, e spingetela in una teglia, unta leggermente col burro, in forma di pezzetti lunghi un dito, tenendoli radi perché, squagliandosi, allargano. Cuoceteli al forno da campagna a moderato calore. Con questa dose ne otterrete una cinquantina.

 

 

636. PANE DI SABBIA

 

Anche il pane di sabbia è un dolce tedesco, così chiamato perché si sfarina in bocca come la sabbia e però si usa servirlo col the che lo rende più piacevole al gusto. Non vi spaventate nel sentire che per manipolarlo occorrono due ore di lavorazione non interrotta in luogo riparato da correnti d'aria, girando il mestolo sempre per un verso. Le signore, che sono di natura pazienti e quelle particolarmente che si dilettano d'improvvisare dolci, non si sgomenteranno per questo, se si procurano l'aiuto di due braccia robuste.

 

Burro fresco, grammi 185.

Zucchero a velo, grammi 185.

Farina di riso, grammi 125.

Farina d'amido, grammi 125.

Farina di patate, grammi 60.

Uova, n. 4.

L'agro di un quarto di limone.

Cognac, una cucchiaiate.

Bicarbonato di soda, un cucchiaino.

Odore di vainiglia.

 

La farina d'amido non è altro che l'amido comune di buona qualità ridotto in polvere fine.

Lavorate prima il burro da solo, poi aggiungete i rossi ad uno ad uno, girando il mestolo sempre per un verso; indi versate lo zucchero, poi il cognac e l'agro di limone; dopo le farine e, per ultimo, il bicarbonato di soda e le chiare montate; ma di quest'ultime versatene prima due cucchiaiate per rammorbidire il composto, e mescolate adagio il restante. Versate il composto in una teglia proporzionata, unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, e cuocetelo in forno o nel forno da campagna, a moderato calore. Un'ora di cottura potrà bastare.

 

 

 

TORTE E DOLCI AL CUCCHIAIO

 

 

 

Non per farmene bello, ma per divertire il lettore ed appagare il desiderio di un incognito, che si firma un ammiratore, pubblico la seguente lettera giuntami il 14 luglio 1906, da Portoferraio, mentre stavo correggendo in questo punto le bozze di stampa della decima edizione.

 

Stimat.mo Sig. Artusi,

 

Un poeta mi regala un esemplare del suo bel libro La scienza in cucina, aggiungendovi alcuni versi, che le trascrivo, perché possano servirle in caso di una nuova ristampa, che le auguro prossima.

Ecco i versi:

 

Della salute è questo il breviario,

L'apoteosi è qui della papilla:

L'uom mercè sua può viver centenario

Centellando la vita a stilla a stilla.

Il solo gaudio uman (gli altri son giuochi)

Dio lo commise alla virtù de' cuochi;

Onde sé stesso ogni infelice accusi

Che non ha in casa il libro dell'Artusi;

E dieci volte un asino si chiami

Se a mente non ne sa tutti i dettami.

 

 

UN AMMIRATORE

 

 

637. TORTA DI NOCI

 

Noci sgusciate, grammi 140.

Zucchero in polvere, grammi 140.

Cioccolata in polvere o grattata, grammi 140.

Cedro candito, grammi 20.

Uova, n. 4.

Odore di zucchero vanigliato.

 

Pestate fini in un mortaio le noci insieme collo zucchero, poi versatele in un vaso per aggiungervi la cioccolata, l'odore della vainiglia, le uova, ponendo prima i rossi e poi le chiare montate, e per ultimo il candito tritato minutissimo.

Prendete una teglia ove il dolce non riesca più alto di due dita, imburratela e cospargetela di pangrattato per cuocerla al forno o al forno da campagna a moderato calore. Dai miei commensali questo è stato giudicato un dolce squisito.

 

 

638. TORTA DI RISO

 

Latte, un litro.

Riso, grammi 200.

Zucchero, grammi 150.

Mandorle dolci con 4 amare, grammi 100.

Cedro candito, grammi 30.

Uova intere, n. 3.

Rossi d'uovo, n. 5.

Odore di scorza di limone.

Una presa di sale.

 

Le mandorle sbucciatele e pestatele nel mortaio con due cucchiaiate del detto zucchero.

Il candito tagliatelo a piccolissimi dadi.

Cuocete il riso ben sodo nel latte, versateci dopo il condimento e, quando sarà diaccio, le uova. Mettete il composto in una teglia unta col burro e spolverizzata di pangrattato, assodatelo al forno o tra due fuochi, il giorno appresso tagliate la torta a mandorle e solo quando la mandate in tavola spolverizzatela di zucchero a velo.

 

 

639. TORTA DI RICOTTA

 

Questa torta riesce di gusto consimile al Budino di ricotta n. 663, ma più delicata ed è il dolce che si imbandisce di preferenza alle nozze dei contadini in Romagna e che, per merito, può dar molti punti a tanti dolci raffazzonati dai pasticcieri.

 

Ricotta, grammi 500.

Zucchero, grammi 150.

Mandorle dolci, grammi 150.

Dette amare, n. 4 o 5.

Uova intere, n. 4; rossi, n. 4.

Odore di vainiglia.

 

Si prepara come il detto Budino n. 663; ma le mandorle, dopo pestate con una chiara d'uovo, è bene passarle per istaccio. Ungete abbondantemente una teglia col lardo e rivestitela di una sfoglia di pasta matta, n. 153, e sopra alla medesima versate il composto alla grossezza di un dito e mezzo all'incirca, cuocendolo fra due fuochi o nel forno. Raccomando il calore moderatissimo e la precauzione di un foglio sopra unto col burro, perché la bellezza di questa torta è che sia cotta in bianco. Quando sarà ben diaccia tagliatela a mandorle in modo che ogni pezzo abbia la sua pasta matta sotto, la quale si mangia o no secondo il piacer d'ognuno, essendosi essa usata al solo scopo di ornamento e di pulizia.

Potrà bastare per dodici o più persone.

 

 

640. TORTA DI ZUCCA GIALLA

 

Questa torta si fa d'autunno o d'inverno, quando la zucca gialla si trova in vendita dagli ortolani.

 

Zucca, chilogrammi l.

Mandorle dolci, grammi 100'.

Zucchero, grammi 100.

Burro, grammi 30.

Pangrattato, grammi 30.

Latte, mezzo litro.

Uova, n. 3.

Una presa di sale.

Odore di cannella in polvere.

 

Sbucciate la zucca, pulitela dai filamenti superficiali e grattatela sopra un canovaccio. Prendete le quattro punte di questo per raccoglierla insieme e strizzatela in modo da toglierle buona parte dell'acquosità che contiene. Il chilogrammo si ridurrà a circa 300 grammi. Mettetela allora a bollire nel latte fino a cottura, che si può ottenere dai 25 ai 40 minuti, secondo la qualità della zucca. Pestate frattanto le mandorle, già sbucciate, insieme collo zucchero, in un mortaio, riducendole finissime, e quando la zucca è cotta uniteci tutti gl'ingredienti meno le uova, che aggiungerete quando il composto è diaccio. Pel resto regolatevi come per la Torta di ricotta del numero precedente.

 

 

641. TORTA DI PATATE

 

Trattandosi di patate, non ridete del nome ampolloso perché come vedrete alla prova, non è demeritato. Se i vostri commensali non distinguono al gusto l'origine plebea di questa torta, occultatela loro, perché la deprezzerebbero.

Molta gente mangia più con la fantasia che col palato e però guardatevi sempre dal nominare, almeno finché non siano già mangiati e digeriti, que' cibi che sono in generale tenuti a vile per la sola ragione che costano poco o racchiudono in sé un'idea che può destar ripugnanza; ma che poi, ben cucinati o in qualche maniera manipolati, riescono buoni e gustosi. A questo proposito vi racconterò che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: “Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino tre qualità di arrosto: vitella di latte, pollo e coniglio”. Alla parola coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti, ed uno di essi, intimo della famiglia, volgendo lo sguardo con orrore sul proprio piatto, rispose: “Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito”.

A un'altra tavola essendo caduto per caso il discorso sulla porchetta (un maiale di 50 a 60 chilogrammi, sparato, ripieno di aromi e cotto intero nel forno), una signora esclamò: “Se io avessi a mangiare di quella porcheria non sarebbe possibile”. il padrone di casa piccato dell'offesa che si faceva a un cibo che nel suo paese era molto stimato, convitò la signora per un'altra volta e le imbandì un bel pezzo di magro di quella vivanda. Essa non solo la mangiò, ma credendola fosse vitella di latte, trovava quell'arrosto di un gusto eccellente. Molti altri casi consimili potrei narrare; ma non voglio tacere di un signore che giudicando molto delicata una torta, ne mangiò per due giorni; saputo poi ch'ella era composta di zucca gialla non ne mangiò più non solo, ma la guardava bieco come se avesse ricevuto da lei una grave offesa.

Eccovi la ricetta:

 

Patate grosse e farinacee, grammi 700.

Zucchero, grammi 150.

Mandorle dolci con tre amare, grammi 70.

Uova, n. 5.

Burro, grammi 30.

Una presa di sale.

Odore di scorza di limone.

 

Lessate le patate (meglio cotte a vapore), sbucciatele e passatele dallo staccio quando sono ancora ben calde. Sbucciate e pestate finissime, insieme collo zucchero, le mandorle, versatele nelle patate cogli altri ingredienti, lavorando il tutto con un mestolo per un ora intera e aggiungendo le uova una alla volta e il burro sciolto.

Versate il composto in una teglia unta di lardo o burro ed aspersa di pangrattato, cuocetela in forno e servitela diaccia.

 

 

642. TORTA MILANESE

 

Per la stranezza della sua composizione sono stato a lungo incerto se dovevo farvi conoscere questa torta, la quale non ha bastanti meriti per figurare in una tavola signorile e per piatto di famiglia è alquanto costoso. Non è per altro da disprezzarsi, e siccome potrebbe anche piacere, come so che piace a una famiglia di mia conoscenza, che la fa spesse volte, ve la descrivo.

 

Carne tutta magra lessa o arrosto, di manzo o di vitella, netta da pelletiche o tenerume, grammi 200.

Cioccolata, grammi 100.

Zucchero, grammi 100.

Burro, grammi 50.

Pinoli, grammi 50.

Uva sultanina, grammi 50.

Cedro candito a pezzettini, grammi 25.

 

La carne tritatela finissima con la lunetta.

I pinoli tostateli.

L'uva tenetela alquanto in molle nella marsala e levatela asciutta prima di usarla.

Mettete la carne a soffriggere nel detto burro, rimestandola continuamente onde non si attacchi, e quando avrà preso un colore alquanto rossiccio levatela dal fuoco per lasciarla diacciare.

Sciogliete al fuoco la detta cioccolata, grattata o a pezzetti, in tre cucchiaiate d'acqua, e sciolta che sia uniteci lo zucchero e poi versatela nella carne, aggiungendovi i pinoli, l'uva e il candito e mescolando il tutto.

Ora formate una pasta frolla per rinchiudervi la torta come appresso:

 

Farina di grano, grammi 170.

Farina di granturco, grammi 80.

Zucchero a velo, grammi 80.

Burro, grammi 70.

Lardo vergine, grammi 25.

Un uovo.

Vino bianco o marsala, quanto basta per poterla intridere.

 

Prendete una teglia proporzionata ove il composto non riesca più alto di un dito, ungetela col burro o col lardo, e con una sfoglia sotto ed un'altra sopra, quest'ultima tirata col matterello rigato, chiudetelo in mezzo.

Dorate la superficie col rosso d'uovo, cuocetela al forno o al forno da campagna e servitela diaccia.

 

 

643. TORTA DI SEMOLINO

 

Latte, un litro.

Semolino di grana fine, grammi 130.

Zucchero, grammi 130.

Mandorle dolci con tre amare, grammi 100.

Burro, grammi 20.

Uova, n. 4.

Raschiatura di un limone.

Una presa di sale.

Sbucciate le mandorle nell'acqua calda e pestatele finissime in un mortaio con tutto lo zucchero, che metterete a una cucchiaiata per volta.

Cuocete il semolino nel latte e prima di ritirarlo dal fuoco aggiungete il burro e le mandorle, le quali, per essere mescolate allo zucchero, si sciolgono facilmente. Poi salatelo ed aspettate che sia tiepido per unirvi le uova frullate a parte. Versate il composto in una teglia unta di burro, aspersa di pangrattato e di grandezza tale che la torta risulti alta un dito e mezzo o al più due. Mettetela in forno o nel forno da campagna, sformatela diaccia e servitela tutta intera o tagliata a mandorle.

 

 

644. TORTA DI PANE BRUNO ALLA TEDESCA

 

Una torta che merita e vi consiglio a provarla.

 

Mandorle dolci, grammi 125.

Zucchero, grammi 125.

Cognac, cucchiaiate n. 4.

Corteccia di pane di segala grattato, cucchiaiate colme n. 3.

Uova, n. 5.

 

Prima lavorate lo zucchero con due delle dette uova intere, poi aggiungete le mandorle sbucciate e pestate fini con una cucchiaiata del detto zucchero; tornate a lavorare il composto, indi versate il pangrattato e tre rossi, in ultimo il cognac. Montate le tre chiare rimaste ed unitele. Preparate una teglia proporzionata, ungetela col burro e aspergetela di zucchero a velo e farina. Dopo averla cotta al forno o al forno da campagna copritela con una crosta tenera come quella del n. 645, oppure con un intonaco di cioccolata in questa maniera:

Mettete al fuoco grammi 30 di burro e grammi 100 di cioccolata a pezzetti e quando sarà bene sciolta aggiungete grammi 30 di zucchero a velo e distendete il composto sul dolce quando non sarà più a bollore.

Se non temessi di seccare il lettore, qui verrebbe opportuna un'altra digressione sulla cucina tedesca.

Mi resterà memorabile finché vivo il trattamento della tavola rotonda di un grande albergo ai bagni di Levico. Cominciando dal fritto o dal lesso fino all'arrosto inclusivo tutti i piatti nuotavano in un abbondante sugo sempre eguale, dello stesso gusto e sapore, con qual delizia dello stomaco potete immaginarlo e, come se ciò fosse poco al suo tormento, quei piatti spesso spesso venivano in tavola accompagnati da un timballo di capellini, - di capellini, capite! - che in questo modo devono sottostare a doppia e lunga cottura: un vero impiastro.

Quanta differenza dal gusto nostro! Ai capellini in brodo il mio cuoco ha l'ordine di far alzare appena il bollore, ed io li prevengo aspettandoli in tavola.

La cucina italiana, che può rivaleggiare con la francese, e in qualche punto la supera, per la grande affluenza oggigiorno di forestieri in Italia che, si vuole, vi lascino da trecento milioni all'anno e, secondo calcoli approssimativi, con un crescendo eccezionale di altri duecento milioni in oro nell'anno santo 1900, va a perdere, a poco a poco, in questo miscuglio turbinoso di popoli viaggianti, il suo carattere particolare e questa modificazione nel vitto già è cominciata a manifestarsi più specialmente nelle grandi città e nei luoghi più battuti dai forestieri. Ebbi a persuadermene di recente a Pompei, ove, entrato con un mio compagno di viaggio in un ristoratore in cui ci aveva preceduto una comitiva di tedeschi, uomini e donne, ci fu servito il medesimo trattamento di loro. Venuto poi il padrone a chiederci gentilmente se noi eravamo rimasti contenti, io mi permisi di fargli qualche osservazione, sullo sbrodolo nauseoso dei condimenti ed ei mi rispose: “Bisogna bene che la nostra cucina appaghi il gusto di questi signori forestieri, essendo quelli che ci danno il guadagno”. Forse per la stessa ragione, sento dire che la cucina bolognese ha subíto delle variazioni e non è più quella famosa di una volta.

 

 

645. TORTA TEDESCA

 

Eccovi un'altra torta della stessa nazione e buona anche questa, anzi eccellente.

Raccontavano i nostri nonni che quando, sullo scorcio del XVIII secolo, i Tedeschi invasero l'Italia, avevano nei loro costumi qualche cosa del bruto; e facevano inorridire a vederli preparare, ad esempio, un brodo colle candele di sego che tuffavano in una pentola d'acqua a bollore, strizzandone i lucignoli; ma quando nel 1849 sfortunatamente ci ricascarono addosso, furono trovati assai rinciviliti e il sego non era visibile che ne' grandi baffi delle milizie croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto dicono i viaggiatori, una predilezione al sego predomina ancora nella loro cucina, la quale dagl'Italiani è trovata di pessimo gusto e nauseabonda per untumi di grasso d'ogni specie e per certe minestre sbrodolone che non sanno di nulla. Al contrario tutti convengono che i dolci in Germania si sanno fare squisiti e voi stessi potrete, così alto alto, giudicare del vero, da questo che vi descrivo e dagli altri del presente trattato che portano il battesimo di quella nazione.

 

Zucchero, grammi 250.

Farina, grammi 125.

Mandorle dolci, grammi 125.

Burro, grammi 100.

Cremor di tartaro, grammi 15.

Bicarbonato di soda, grammi 5.

Rossi d'uovo, n. 8.

Chiare, n. 5.

Odore di vainiglia.

 

Le mandorle sbucciatele, asciugatele bene al sole o al fuoco e pestatele finissime in un mortaio con una delle dette chiare. Lavorate prima il burro da solo con un mestolo, rammorbidendolo un poco d'inverno a bagnomaria, aggiungete i rossi ad uno ad uno, indi lo zucchero e lavorate queste cose insieme almeno mezz'ora. Unite al composto le mandorle e rimestate ancora, poi le quattro chiare montate e la farina fatta cadere da un vagliettino, mescolando adagio. Per ultimo versate le polveri che servono per rendere il dolce più soffice e più leggiero e cuocetelo al forno in una teglia, non troppo piena, unta col burro diaccio e spolverizzata di zucchero a velo e di farina.

Per isciogliere bene le mandorle nel composto non vi è altro mezzo che versare una porzione di questo sopra le medesime, macinandole col pestello.

Ora che è fatta la cappa bisogna pensare al cappuccio, che è una crosta tenera che le si distende al disopra. Occorre per la medesima:

 

Burro, grammi 100.

Zucchero a velo, grammi 100.

Caffè in polvere, grammi 30.

 

Fate bollire la detta polvere in pochissima acqua per ottenere due o tre cucchiaiate soltanto di caffè chiaro, ma potentissimo. Lavorate il burro per circa mezz'ora, rammorbidito d'inverno a bagno-maria, girando il mestolo sempre per un verso; aggiungete lo zucchero e lavoratelo ancora molto, per ultimo il caffè a mezzi cucchiaini per volta arrestandovi quando sentite che il gusto del caffè è ben pronunziato. Versate il composto sopra la torta quando sarà diaccia e distendetelo pari pari con un coltello da tavola; ma per averlo bene eguale ed unito passategli sopra a poca distanza una paletta infocata.

A vostra norma, questa crosta di gusto delicatissimo, deve avere il colore del caffè latte. Al caffè, volendo, si può sostituire la cioccolata infusa, come quella descritta nella torta precedente, di pane bruno alla tedesca.

 

 

646. TORTA DI MANDORLE E CIOCCOLATA

 

Per chi ama la cioccolata, questa, se non m'inganno, è una torta squisita.

 

Mandorle, grammi 150.

Zucchero, grammi 150.

Cioccolata, grammi 100.

Farina di patate, grammi 60.

Burro, grammi 50.

Latte, decilitri 3.

Uova, n. 4.

Odore di vainiglia.

 

Le mandorle sbucciatele, asciugatele bene al sole o al fuoco e pestatele finissime nel mortaio insieme con un terzo del detto zucchero. Fate un intriso al fuoco col detto burro, la farina di patate e il latte versato a poco per volta. Quando sarà giunto a consistenza versate la cioccolata grattata, lo zucchero rimasto e, dopo essersi sciolti bene l'uno e l'altra, aggiungete le mandorle pestate, rimestando continuamente. Quando il composto sarà bene amalgamato dategli l'odore collo zucchero vanigliato e lasciatelo diacciare per unirvi le uova frullate a parte.

Con grammi 100 di farina fate la pasta matta del n. 153 e con la medesima, regolandovi come nella Torta di ricotta n. 639, versatela in una teglia ove riesca della grossezza di oltre un dito, per cuocerla nel forno da campagna. Va tagliata a mandorle come quella, quando sarà ben diaccia.

 

 

647. PASTICCINI DI PASTA BEIGNET COPERTI DI CIOCCOLATA

 

Servitevi della ricetta n. 631, ma teneteli più piccoli onde ottenerne da 20 a 23. Riempiteli con crema, o panna montata, o conserva di frutte.

Frullate nella cioccolatiera sul fuoco questo composto:

 

Cioccolata, grammi 120.

Zucchero in polvere, grammi 50.

Acqua, decilitri l.

 

Quando sarà ben frullato, come la cioccolata che si serve in tazza, versatelo così a bollore sui pasticcini a suolo per suolo che disporrete in bella mostra sopra un vassoio ove facciano la colma.

È un piatto che è bene farlo il giorno stesso che deve esser servito, perché altrimenti indurisce.

Questa dose potrà bastare per sei persone.

 

 

648. DOLCE ROMA

 

Un signore, che non ho il bene di conoscere, ebbe la gentilezza di mandarmi da Roma questa ricetta, della quale gli sono grato sì perché trattasi di un dolce di aspetto e di gusto signorile e sì perché era descritto in maniera da farmi poco impazzire alla prova. C'era però una lacuna da riempire, e cioè di dargli un nome, ché non ne aveva; ed io, vista la nobile sua provenienza, ho creduto mio dovere metterlo in compagnia del Dolce Torino e del Dolce Firenze, dandogli il nome della città che un giorno riempirà di fama il mondo come in antico. Scegliete mele di qualità fine, non troppo mature e di media grossezza. Pesatene 600 grammi, che non potranno essere più di cinque o sei di numero; levate loro il torsolo col cannello di latta e sbucciatele. Poi mettetele a cuocere con decilitri due di vino bianco alcoolico e gr. 130 di zucchero, avvertendo che non si rompano bollendo e voltandole, e che non passino troppo di cottura. Levatele asciutte, collocatele col foro verticale in un vaso decente da potersi portare in tavola e che regga al fuoco, e versatevi sopra una crema fatta con:

 

Latte, decilitri n. 4.

Rossi d'uovo, n. 3.

Zucchero, grammi 70.

Farina, grammi 20.

Odore di zucchero vanigliato.

 

Ora montate con la frusta le tre chiare rimaste, quando saranno ben sode uniteci grammi 20 di zucchero a velo e con queste coprite la crema; indi ponete il dolce nel forno da campagna, o soltanto sul fornello del focolare col solo coperchio del medesimo, con fuoco sopra e poco sotto per rosolare la superficie, e prima di mandarlo in tavola spalmatelo mediante un pennello col sciroppo ristretto rimasto dalla cottura delle mele.

Potrà bastare per sette od otto persone.

 

 

649. DOLCE TORINO

 

Formate questo dolce sopra un vassoio o sopra un piatto e dategli la forma quadra.

 

Savoiardi, grammi 100.

Cioccolata, grammi 100.

Burro fresco, grammi 100.

Zucchero a velo, grammi 70.

Un rosso d'uovo.

Latte, cucchiaiate n. 2.

Odore di zucchero vanigliato.

 

Tagliate i savoiardi in due parti per il lungo e bagnateli col rosolio, oppure, il che sarebbe meglio, metà col rosolio e metà con l'alkermes, per poterli alternare onde facciano più bella mostra. Lavorate dapprima il burro con lo zucchero e il rosso d'uovo; ponete al fuoco la cioccolata, grattata o a pezzetti, col latte, e quando sarà bene sciolta versatela calda nel burro lavorato, uniteci l'odore e formate così una poltiglia mescolando bene.

Disponete sul vassoio un primo strato dei detti savoiardi e spalmateli leggermente con la detta poltiglia; indi sovrapponete un altro strato di savoiardi, poi un terzo strato ancora, spalmandoli sempre leggermente. Il resto della poltiglia versatelo tutto sopra ed ai lati pareggiandolo meglio che potete. Il giorno dopo, prima di servirlo, lisciatelo tutto alla superficie con la lama di un coltello scaldata al fuoco, e in pari tempo, piacendovi, ornatelo con una fioritura di pistacchi oppure di nocciuole leggermente tostate, gli uni e le altre tritate finissime. Grammi 40 di nocciuole pesate col guscio o grammi 15 di pistacchi potranno bastare. Già saprete che questi semi vanno sbucciati coll'acqua calda.

È una dose per sei o sette persone.

 

 

650. DOLCE FIRENZE

 

Avendolo trovato nell'antica e bella città dei fiori senza che alcuno siasi curato di dargli un nome, azzarderò chiamarlo dolce Firenze; e se, per la sua modesta natura, esso non farà troppo onore alla illustre città, può scusarsi col dire: Accoglietemi come piatto da famiglia e perché posso indolcirvi la bocca con poca spesa.

 

Zucchero, grammi 100.

Pane sopraffino, grammi 60.

Uva sultanina, grammi 40.

Uova, n. 3.

Burro, quanto basta.

Latte, mezzo litro.

Odore di scorza di limone.

 

Il pane tagliatelo a fette sottili, arrostitele leggermente, imburratele calde da ambedue le parti e collocatele in un vaso concavo e decente da potersi portare in tavola. Sopra le fette del pane spargete l'uva e la buccia grattata del limone. Frullate bene le uova in un pentolo con lo zucchero, poi uniteci il latte e questo miscuglio versatelo nel vaso sopra gl'ingredienti postivi, senza toccarli. Per cuocerlo posate il vaso sopra un fornello del focolare con poco fuoco, copritelo col coperchio del forno da campagna col fuoco sopra, e servitelo caldo.

Potrà bastare per cinque persone.

 

 

651. SFORMATO COGLI AMARETTI COPERTO DI ZABAIONE

 

Amaretti, grammi 100.

Zucchero, grammi 100.

Farina di patate, grammi 80.

Latte, mezzo litro.

Uova, n. 3.

 

Ponete lo zucchero e la farina di patate in una cazzaruola e versateci il latte diaccio a poco per volta, mescolando.

Pestate gli amaretti nel mortaio per ridurli in polvere, e se per la loro qualità ciò non avviene, bagnateli con un gocciolo di latte, passateli dallo staccio e indi uniteli al composto che metterete al fuoco per assodarlo. Tolto dal fuoco, quando sarà tiepido versateci le uova, prima i rossi, poi le chiare montate. Ungete col burro diaccio uno stampo col buco in mezzo e versateci il composto per cuocerlo nel forno da campagna; cotto che sia riempitelo e copritelo con lo zabaione del n. 684 e mandatelo in tavola.

 

 

652. SFORMATO DI FARINA DOLCE

 

Un signore di Barga di onorevole casato, che non ho il piacere di conoscere personalmente, invaghito (com'egli dice), per bontà sua, di questo mio libro, ha voluto gratificarsi meco, mandandomi la presente ricetta che credo meritevole di essere pubblicata ed anche lodata.

 

Farina dolce, ossia di castagne, grammi 200.

Cioccolata, grammi 50.

Zucchero, grammi 30.

Burro, grammi 25.

Cedro candito, grammi 20.

Mandorle dolci, n. 12 e qualche pistacchio

Latte, mezzo litro.

Uova, n. 3.

Panna montata coll'odore di vainiglia, grammi 150.

 

Prima sbucciate le mandorle e i pistacchi; questi tagliateli a metà, quelle a filetti o a pezzetti e tostatele. Anche il candito foggiatelo a pezzettini.

Sciogliete al fuoco la cioccolata in un decilitro del detto latte, poi uniteci lo zucchero e il burro e lasciatela da parte.

Ponete la farina in un tegame e versateci il resto del latte a poco per volta, mescolando bene onde non si formino bozzoli; poi unitela alla cioccolata e mettete il composto al fuoco per cuocerlo.

Cotto che sia lasciatelo freddare per aggiungere le uova, prima i rossi, poi le chiare montate, e per ultimo le mandorle, i pistacchi e il candito.

Ora prendete uno stampo col buco in mezzo, ungetelo col burro diaccio e versateci il composto per assodarlo a bagno-maria. Prima di sformarlo contornatelo tutto di ghiaccio trito frammisto a sale per gelarlo, e mandatelo in tavola col ripieno della panna surricordata.

Potrà bastare per sette od otto persone.

 

 

653. DOLCE DI MARRONI CON PANNA MONTATA

 

Marroni sani e grossi una trentina circa, grammi 500.

Zucchero a velo, grammi 130.

Cioccolata, grammi 60.

Rosolio di cedro, cucchiaiate n. 3.

 

Cuocete i marroni nell'acqua come fareste per le ballotte, sbucciateli e passateli caldi. La cioccolata riducetela in polvere e poi con tutti gl'ingredienti formate un impasto. Prendete un piatto grande, tondo e decente, collocateci in mezzo un piattino da caffè rovesciato e con lo staccio di crine sopra passate tutto il composto girando via via il piatto onde venga distribuito egualmente. Compita l'operazione, levate in bel, modo, nettandolo, il piattino da caffè ed il vuoto che resta in mezzo riempitelo con grammi 300 di panna montata.

È tanto da poter bastare ad otto persone.

 

 

654. BISCOTTINI PUERPERALI

 

Il sesso che, a buon diritto, porta il titolo di gentile, non tanto per la gentilezza delle maniere quanto per quel delicato senso morale che lo rende naturalmente proclive a tutto ciò che può recare un vantaggio, un conforto all'umanità, ha molto contribuito a che l'elenco delle mie ricette riuscisse più copioso e svariato.

Una signora di Conegliano mi scrive, quasi meravigliandosi, che non ha trovato nel mio libro la pinza dell'Epifania e (non ridete) i biscottini puerperali; due cose, secondo lei, di non poca importanza. Racconta la detta signora che la sera della vigilia di quella festa, in tutte le colline e la pianura della bella Conegliano, i componenti di ogni famiglia di contadini, dopo aver fatto fuochi e grandi baldorie nell'aia del podere e recitate orazioni per invocare dal Cielo ubertoso il futuro raccolto, si ritirano in casa, tutti felici e contenti, ove li aspetta la pinza sotto il camin annaffiata con del buon vin.

Mentre quei buoni contadini mangiano la pinza, - che per essere, più che ad altri, dicevole a quelle genti e a quel clima, io non descrivo, - secondo i dettami della signora rivolgerò le mie cure ai biscottini puerperali, perché essa li giudica nutrienti e delicati, opportuni a riparare la spossatezza di chi ha dato alla luce un figliuolo.

 

Rossi d'uovo, n. 8.

Zucchero a velo, grammi 150.

Cacao in polvere, grammi 40.

Burro, grammi 40.

Odore di vainiglia mediante zucchero vanigliato.

 

Ponete questi ingredienti in un vaso e, con un mestolo, lavorateli per oltre un quarto d'ora; poi versate il composto in quattro scatole di carta, lunghe otto e larghe sei centimetri circa. Collocate le medesime in una teglia di rame coperta, posatela sopra un fornello con pochissimo fuoco sotto e sopra onde il composto assodi alquanto senza fare la crosticina perché si deve prender su a cucchiaini: quindi è affatto improprio il nome di biscottini.

 

 

655. RIBES ALL’INGLESE

 

Ribes, grammi 300.

Zucchero, grammi 120,

Acqua, decilitri 2.

 

Nettate il ribes dai gambi, mettetelo al fuoco colla detta acqua e quando avrà alzato il bollore versate lo zucchero. Due minuti di bollitura bastano, dovendo il ribes restare intero. Versatelo in una compostiera e servitelo diaccio come frutta cotta. I semi, se non si vogliono inghiottire, si succhiano e si sputano. Nella stessa guisa si possono condizionare le ciliege marasche senza levare il nocciolo e facendole bollire con un pezzetto di cannella.

 

 

656. PRUGNE GIULEBBATE

 

Prendete prugne secche di Bosnia che sono grosse, lunghe e polpute a differenza delle prugne di Marsiglia piccole, tonde, magre, coperte da quel velo bianco che a Firenze chiamasi fiore, le quali non farebbero al caso. Per una quantità di grammi 500, dopo averle lavate e tenute in molle per due ore nell'acqua fresca, levatele asciutte e mettetele al fuoco con:

 

Vino rosso buono, decilitri 4.

Acqua, decilitri 2.

Marsala, un bicchierino.

Zucchero bianco, grammi 100.

Un pezzetto di cannella.

 

Fatele bollire adagio per mezz'ora a cazzaruola coperta, che può bastare, ma prima di toglierle dal fuoco accertatevi che siansi rammorbidite abbastanza, perché il più o il meno di cottura può dipendere dalla qualità della frutta.

Levatele asciutte collocandole nel vaso dove volete servirle, e lo sciroppo che resta fatelo restringere al fuoco per otto o dieci minuti a cazzaruola scoperta e poi versatelo anch'esso nel vaso sopra le prugne. All'odore della cannella, che mi sembra quello che più si addice, potete sostituire la vainiglia o la scorza di cedro o di arancio.

È un dolce che si conserva a lungo e di gusto delicato, aggradito specialmente dalle signore. Non vorrei passare per il sior Todero Brontolon se anche qui tocco il tasto dell'industria nazionale nel vedere che si potrebbe coltivare in Italia la specie di susina che si presta meglio ad essere seccata e messa in commercio a quest'uso.

 

 

657. BUDINO DI SEMOLINO

 

Dosi precise:

Latte, decilitri 8.

Semolino, grammi 150.

Zucchero, grammi 100.

Uva passolina, grammi 100.

Burro, grammi 20.

Uova, n. 4.

Rhum, 3 cucchiaiate.

Sale, una presa.

Odore di scorza di limone.

 

Alcuni aggiungono pezzetti di candito, ma il troppo condimento talvolta guasta. Dopo averlo preparato e tolto dal fuoco cuocetelo in uno stampo liscio o lavorato, unto prima col burro e spolverizzato di pangrattato. Mancando il forno comune o da campagna, i budini possono cuocersi bene anche in un fornello del focolare. Questo budino servitelo caldo.

 

 

658. BUDINO DI SEMOLINO E CONSERVE

 

Latte, mezzo litro.

Semolino, grammi 130.

Zucchero, grammi 70.

Burro, grammi 15.

Uova, n. 2.

Una presa di sale.

Odore di scorza di limone.

Diverse conserve di frutta.

 

Cuocete il semolino nel latte; aggiungete lo zucchero e il burro quando è bollente; l'odore e il sale quando lo ritirate dal fuoco; scocciate le uova quando è ancora caldo e mescolate ben bene. Preparate uno stampo da budino, liscio o lavorato, unto col burro e cosparso di pangrattato, e versateci a poco per volta il composto diaccio, rifiorendolo via via di conserve a pezzetti o a cucchiaini secondo che esse sieno liquide o sode; però avvertite che non vadano a toccare le pareti dello stampo, perché vi si attaccherebbero, e che non sieno troppo in abbondanza, ché stuccherebbero. Servitelo caldo dopo averlo cotto nel fornello.

Le conserve che, a mio gusto, più si prestano per questo dolce sono quelle di lampone e di cotogne; ma possono andare anche quelle di albicocche, di ribes e di pesche.

Per otto o dieci persone raddoppiate la dose.

 

 

659. BUDINO DI FARINA DI RISO

 

Questo dolce nella sua semplicità è, a mio parere, di un sapore assai delicato e, benché cognito forse ad ognuno, non dispiacerà di sentirne stabilite le dosi nelle seguenti proporzioni, che io credo non abbisognino di essere né aumentate né diminuite.

 

Latte, litri 1.

Farina di riso, grammi 200.

Zucchero, grammi 120.

Burro, grammi 20.

Uova, n. 6.

Una presa di sale.

Odore di vainiglia.

 

Sciogliete prima la farina con la quarta parte del latte diaccio, aggiungetene un poco del caldo quando è a bollore e versatela nel resto del latte quando bolle; così impedirete che si formino bozzoli. Quando è cotta aggiungete lo zucchero, il burro e il sale; ritiratela dal fuoco e aspettate che sia tiepida per mescolarvi entro le uova e l'odore. Cuocete questo budino come l'antecedente.

La composizione di questo dolce, il quale probabilmente non è di data molto antica, mi fa riflettere che le pietanze pur anche vanno soggette alla moda e come il gusto de' sensi varia seguendo il progresso e la civiltà. Ora si apprezza una cucina leggiera, delicata e di bell'apparenza e verrà forse un giorno che parecchi di questi piatti da me indicati per buoni, saranno sostituiti da altri assai migliori. I vini sdolcinati di una volta hanno lasciato libero il passo a quelli generosi ed asciutti, e l'oca cotta in forno col ripieno d'aglio e di mele cotogne, giudicato piatto squisito nel 1300, ha ceduto il posto al tacchino ingrassato in casa, ripieno di tartufi, e al cappone in galantina. In antico, nelle grandi solennità, si usava servire in tavola un pavone lesso o arrosto con tutte le sue penne, spellato prima di cuocerlo e rivestito dopo, contornato di gelatine a figure colorate con polveri minerali nocive alla salute, e pei condimenti odorosi si ricorreva al comino e al bucchero che più avanti vi dirò cos'era.

Le paste dolci si mantennero in Firenze di una semplicità e rozzezza primitiva fin verso la fine del secolo XVI, nel qual tempo arrivò una compagnia di Lombardi, che si diede a fare pasticci, offelle, sfogliate ed altre paste composte d'uova, burro, latte, zucchero o miele; ma prima d'allora nelle memorie antiche sembra che sieno ricordati soltanto i pasticci ripieni di carne d'asino che il Malatesta regalò agli amici nel tempo dell'assedio di Firenze quando la carestia, specialmente di companatico, era grande.

Ora, tornando al bucchero, vi fu un tempo che, come ora la Francia, era la Spagna che dava il tòno alle mode, e però ad imitazione del gusto suo, al declinare del secolo XVII e al principio del XVIII, vennero in gran voga i profumi e le essenze odorose. Fra gli odori, il bucchero infanatichiva e tanto se ne estese l'uso che perfino gli speziali e i credenzieri, come si farebbe oggi della vainiglia, lo cacciavano nelle pasticche e nelle vivande. Donde si estraeva questo famoso odore e di che sapeva? Stupite in udirlo e giudicate della stravaganza dei gusti e degli uomini! Era polvere di cocci rotti e il suo profumo rassomigliava a quello che la pioggia d'estate fa esalare dal terreno riarso dal sole; odor di terra, infine, che tramandavano certi vasi detti buccheri, sottili e fragili, senza vernice, dai quali forse ha preso nome il color rosso cupo; ma i più apprezzati erano di un nero lucente. Codesti vasi furono portati in Europa dall'America meridionale la prima volta dai Portoghesi e servivano per bervi entro e per farvi bollir profumi e acque odorose, poi se ne utilizzavano i frantumi nel modo descritto.

Nell'Odíssea d'Omero, traduzione d'Ippolito Pindemonte, Antinoo dice:

 

... Nobili Proci,

Sentite un pensier mio. Di que'ventrigli

Di capre, che di sangue e grasso empiuti

Sul fuoco stan per la futura cena,

Scelga qual più vorrà chi vince, e quindi

D'ogni nostro convito a parte sia.

Nel Tom. 6° dell'Osservatore Fiorentino si trova la descrizione di una cena, la quale, per la sua singolarità, merita di riferirne alcuni passi:

“Tra i piatti di maggior solennità si contava ancora il pavone, cotto a lesso con le penne, e la gelatina, formata e colorita a figure. Un certo senese, trattando a cena un Cortigiano di Pio II (alla metà del 1400 all'incirca) per nome Goro, fu sí mal consigliato in preparar questi due piatti, che si fece dar la baia per tutta Siena; tantopiù che non avendo potuto trovar pavoni, sostituì oche salvatiche, levato loro i piedi ed il becco.

“Venuti in tavola i pavoni senza becco e ordinato uno che tagliasse; il quale non essendo più pratico a simile uffizio, gran pezzo si affaticò a pelare, e non poté far sì destro, che non empiesse la sala e tutta la tavola di penne, e gli occhi e la bocca, e il naso e gli orecchi a Messer Goro e a tutti...

“Levata poi questa maledizione di tavola, vennero molti arrosti pure con assai comino; non pertanto tutto si sarebbe perdonato, ma il padrone della casa, co' suoi consiglieri, per onorare più costoro, aveva ordinato un piatto di gelatina a lor modo, e vollero farvi dentro, come si fa alle volte a Firenze e altrove, l'arme del Papa, e di Messer Goro con certe divise, e tolsero orpimento, biacca, cinabro, verderame, ed altre pazzie, e fu posta innanzi a Messer Goro per festa e cosa nuova, e Messer Goro ne mangiò volentieri e tutti i suoi compagni per ristorare il gusto degli amari sapori del comino, e delle strane vivande.

“E per poco mancò poi la notte, che non distendessero le gambe alcun di loro, e massime Messer Goro ebbe assai travaglio di testa e di stomaco, e rigettò forse la piumata delle penne selvatiche. Dopo questa vivanda diabolica o pestifera vennero assai confetti, e fornissi la cena”.

 

 

660. BUDINO ALLA TEDESCA

 

Midolla di pane sopraffine, grammi 140.

Burro, grammi 100.

Zucchero, grammi 80.

Uova, n. 4.

Odore di scorza di limone.

Una presa di sale.

 

Se trovate del pane in forma, uso inglese, servitevi di questo che è meglio d'ogni altro. La midolla sminuzzatela o tagliatela a fette e bagnatela con latte diaccio. Quando sarà bene inzuppata strizzatela da un canovaccio e passatela dallo staccio. Il burro, d'inverno, struggetelo a bagnomaria e lavoratelo con un mestolo insieme coi rossi d'uovo finché l'uno e gli altri siansi incorporati; aggiungete le chiare, la midolla e lo zucchero e rimestate ancora. Versate il composto in uno stampo unto col burro e spolverizzato di pangrattato e cuocetelo come gli altri budini; cioè nel fornello. Se lo fate con attenzione vi riescirà di bell'aspetto e di gusto delicato. Si serve caldo.

 

 

661. BUDINO DI PATATE

 

La patata è il tubero di una pianta della famiglia delle solanacee originaria dell'America meridionale d'onde fu introdotta in Europa verso la fine del secolo XVI; ma non si cominciò a coltivarla in grande che al principio del XVIII a motivo della ostinatissima opposizione del volgo sempre alieno alle novità.

A poco per volta venne poi bene accetta nel desco del povero come alla mensa del ricco perocché, buona al gusto e saziante la fame, essa si presta ad essere cucinata in tante mai maniere; però ha lo stesso difetto del riso: di essere cioè un alimento che ingrassa e gonfia lo stomaco, ma nutre pochissimo.

Sono cibi che non danno albumina, né grasso fosforato al cervello, né fibrina ai muscoli.

 

Patate grosse farinacee, grammi 700.

Zucchero, grammi 150.

Burro, grammi 40.

Farina, grammi 20.

Latte, decilitri 2.

Uova, n. 6.

Una presa di sale.

Odore di cannella o di scorza di limone.

 

Cuocete le patate nell'acqua o a vapore, sbucciatele e passatele calde dallo staccio. Rimettetele al fuoco col burro, la farina e il latte, versato a poco per volta, lavorandole bene col mestolo; indi aggiungete lo zucchero, il sale e l'odore e lasciatele stare tanto che s'incorporino bene insieme tutte queste cose.

Ritirate dal fuoco, quando saranno tiepide o diacce, gettateci i rossi e poi le chiare montate.

Cuocetelo come tutti gli altri budini; cioè nel fornello o nel forno e servitelo caldo.

 

 

662. BUDINO DI RISO

 

Latte, un litro.

Riso, grammi 160.

Zucchero, grammi 100.

Uva di Corinto (sultanina), grammi 80.

Candito, grammi 30.

Uova, due intere e due rossi.

Rhum o cognac, un bicchierino.

Odore della vainiglia.

 

Cuocete bene il riso nel latte e a mezza cottura gettate dentro al medesimo lo zucchero, l'uva, il candito a pezzetti piccolissimi, una presa di sale, e burro quanto un uovo scarso. Cotto che sia, ritiratelo dal fuoco e ancora caldo, ma non bollente, aggiungete le uova, il rhum e la vainiglia, mescolando bene ogni cosa. Poi versatelo in uno stampo da budino unto bene col burro e spolverizzato di pangrattato; cuocetelo al forno o in casa e servitelo caldo.

Lasciate indietro un terzo del latte per aggiungerlo, occorrendo, via via che il riso assoda.

Basterà per otto persone.

 

 

663. BUDINO DI RICOTTA

 

Ricotta, grammi 300.

Zucchero in polvere, grammi 100.

Mandorle dolci, grammi 100 e tre o quattro amare.

Uova, n. 5.

Odore di scorza di limone.

 

Sbucciate le mandorle nell'acqua calda e pestatele finissime nel mortaio con una delle chiare delle uova suddette. Mescolatele bene colla ricotta, passando prima questa dallo staccio se fosse troppo dura o bozzoluta Aggiungete lo zucchero e le uova dopo averle frullate a parte e versate il composto in uno stampo da budino che avrete prima unto col burro e cosparso di pangrattato. Cuocetelo in forno o tra due fuochi in un fornello e servitelo freddo.

Può bastare per sei o sette persone.

 

 

664. BUDINO ALLA NAPOLETANA

 

Cuocete del semolino in tre bicchieri di latte, badando che non riesca troppo sodo. Ritirato dal fuoco dosatelo con zucchero, una presa di sale e l'odore della scorza di limone; quando non sarà più bollente, aggiungete tre rossi d'uovo e due chiare, mescolando il tutto ben bene. Prendete una teglia di rame di mezzana grandezza, ungetela col burro o col lardo, e rivestitela di una sfoglia di pasta frolla grossa uno scudo (metà dose del n. 589 ricetta A può bastare). Versate nella teglia un terzo del semolino e spargete sopra il medesimo, a qualche distanza l'uno dall'altro dei pezzetti, o cucchiaini di conserve di frutta diverse, quali sarebbero lampone, cotogne, albicocche, ecc.; sopra questo primo strato ponetene un secondo ed un terzo, sempre rifiorendoli delle dette conserve.

Ricoprite il disopra del budino con una sfoglia della stessa pasta e inumidite gli orli con un dito intinto nell'acqua perché si attacchino fra loro. Fategli qualche ornato, doratelo con rosso d'uovo e cuocetelo al forno. Quando lo sformate, spolverizzatelo di zucchero a velo e servitelo freddo.

Alle conserve si può sostituire uva sultanina e candito a pezzetti.

 

 

665. BUDINO NERO

 

Questo budino si fa talvolta per consumare le chiare d'uovo, e non è da disprezzarsi.

Chiare d'uovo, n. 6.

Mandorle dolci, grammi 170.

Zucchero in polvere, grammi 170.

 

Sbucciate le mandorle, asciugatele bene al sole o al fuoco, tritatele colla lunetta e mettetele al fuoco in una cazzaruola quando sarà sciolto lo zucchero. Dopo che il miscuglio avrà preso il colore del croccante, ossia della buccia di mandorla, versatelo in un mortaio e, diaccio che sia, riducetelo in polvere. Mescolate questa polvere alle sei chiare montate, mettete il composto in uno stampo unto con solo burro diaccio e cuocetelo a bagno-maria per servirlo freddo.

 

 

666. BUDINO DI LIMONE

 

Un grosso limone di giardino.

Zucchero, grammi 170.

Mandorle dolci con tre amare, grammi 170.

Uova, n. 6.

Un cucchiaino di rhum o cognac.

 

Cuocete il limone nell'acqua, per il che saranno sufficienti due ore; levatelo asciutto e passatelo per istaccio. Però prima di passarlo assaggiatelo, ché se sapesse troppo di amaro bisognerebbe tenerlo nell'acqua fresca finché non avesse perduto quell'ingrato sapore. Aggiungete ad esso lo zucchero, le mandorle sbucciate e pestate finissime, i sei rossi delle uova e il rhum. Mescolate bene il tutto, montate le sei chiare ed unitele al composto che verserete in uno stampo per cuocerlo nel fornello o nel forno. Si può servire tanto caldo che diaccio.

 

 

667. BUDINO DI CIOCCOLATA

 

Latte, decilitri 8.

Zucchero, grammi 80.

Cioccolata, grammi 60.

Savoiardi, grammi 60.

Uova, n. 3.

Odore di vainiglia.

 

Grattate la cioccolata, mettetela nel latte e quando questo comincia a bollire gettateci lo zucchero e i savoiardi, sminuzzandoli colle dita. Mescolate di quando in quando, onde il composto non si attacchi al fondo e dopo mezz'ora di bollitura passatelo per istaccio. Quando è diaccio aggiungete le uova frullate e la vainiglia, versatelo in uno stampo liscio, il cui fondo avrete prima ricoperto di un velo di zucchero liquefatto, e cuocetelo a bagnomaria.

Grammi 50 di zucchero bastano per ricoprire il fondo dello stampo. Si serve freddo.

 

 

668. DOLCE DI CIOCCOLATA

 

Pane di Spagna, grammi 100.

Cioccolata, grammi 100.

Burro, grammi 50.

Zucchero, grammi 30.

Rosolio, quanto basta.

 

Tagliate a fettine il pan di Spagna. Grattate la cioccolata.

Fate liquefare il burro a bagno-maria e nel medesimo versate lo zucchero e la cioccolata, lavorando il composto con un mestolo finché non lo avrete ridotto ben fine. Con questo e il pan di Spagna intinto nel rosolio riempite a strati uno stampo che avrete prima bagnato con lo stesso rosolio per poter meglio sformare il dolce. D'estate tenete lo stampo nel ghiaccio onde si assodi il composto.

Questa dose potrà bastare per sei persone.

 

 

669. BUDINO DI MANDORLE TOSTATE

 

Latte, decilitri 8, pari a grammi 800.

Zucchero, grammi 100.

Savoiardi, grammi 60.

Mandorle dolci, grammi 60.

Uova, n. 3.

 

Prima preparate le mandorle, cioè sbucciatele nell'acqua calda e abbrustolitele al fuoco sopra una lastra di pietra o di ferro; poscia pestatele riducendole quasi impalpabili e, messo il composto al fuoco senza le uova, aggiungeteci le mandorle e dopo poca cottura passatelo dallo staccio. Ora uniteci le uova frullate e assodatelo a bagno-maria con un velo di zucchero fuso in fondo allo stampo. Non occorre nessun odore. La tostatura delle mandorle farà prendere a questo budino il color cenerino e gli darà un sapore così grato da meritarsi il plauso degli uomini e più quello delle donne di gusto delicato. Tanto questo che il budino di cioccolata si possono mettere in gelo prima di servirli, come pure, per dar loro più bell'apparenza, si possono coprire con una crema fiorita di confetti a colori, oppure con panna montata.

 

 

670. BUDINO GABINETTO

 

Questo è un budino che sa di diplomazia; il nome lo indica e lo indicano altresì la composizione sua e il suo sapor multiforme; lo dedico perciò al più grande dei diplomatici, all'idolo del giorno. Il mondo, già si sa, vuole sempre un idolo da adorare; se non l'ha se lo forma, esagerandone i meriti all'infinito; ma io che sono incredulo per natura, e un poco anche per esperienza, dico come diceva colui: Dammelo morto e poi ne ragioneremo. Quanti ne abbiamo visti nell'età nostra degl'idoli o astri di grande splendore, che poi tramontarono presto o caddero ignominiosamente! Quando scrissi questo articolo ne brillava uno ammirato da tutti, ora scomparso dall'orizzonte.

 

DOSE PER DIECI PERSONE

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 100.

Savoiardi, grammi 100.

Uva malaga, grammi 80.

Uva sultanina, grammi 50.

Conserva di albicocche, grammi 50.

Detta di cotogne, grammi 50.

Candito, grammi 20.

Kirsch, mezzo decilitro.

Rossi d'uovo, n. 6.

Chiare d'uovo, n. 4.

 

Fate bollire il latte per mezz'ora collo zucchero dentro.

All'uva malaga levate i semi; il candito tagliatelo a piccoli dadi e così le conserve, se fossero sode, il che, in questo caso, sarebbe meglio.

Bruciate le uve e il candito col rhum come nel Biscotto alla sultana n. 574.

Dopo che il latte avrà bollito, lasciatelo diacciare e poi aggiungeteci le uova frullate e il kirsch. Prendete uno stampo liscio a cilindro, ungetelo tutto col burro diaccio e riempitelo nel seguente modo: copritene il fondo con uno strato di detta frutta e sopra distendete un suolo di savoiardi, poi altra frutta e conserve, poi altri savoiardi e così di seguito finché avrete roba. Per ultimo versate adagio adagio il latte preparato nel modo anzidetto, cuocete il dolce a bagno-maria e servitelo caldo.

Qualcuno dice che questo budino, se non vuol defraudare il suo titolo di gabinetto, deve comparire in tavola tutto chiuso, cioè tener nascosto, il ripieno come si tengono occulti i segreti della politica. Se lo fate in questa maniera prendete grammi 140 di savoiardi, dovendosi con essi coprire il fondo, cingere lo stampo all'intorno e intramezzare, con quelli che restano, le frutta all'interno.

Vi avverto poi che quando il latte entra nella composizione di un piatto, malamente si possono dare indicazioni precise; esso è di natura tale che spesso e volentieri forma la disperazione dei cuochi.

 

 

671. PUDDING CESARINO

 

Ve lo do per un buon ragazzo, questo Cesarino, e ve lo vendo col nome strano con cui lo comprai da una giovane e piuttosto bella signora, religiosa ed onesta, uno di quei tipi che, senza volerlo, sono capaci, per leggerezza, di compromettere le persone che li avvicinano.

 

Midolla di pane fine, grammi 200.

Zucchero, grammi 250.

Altro zucchero per lo stampo, circa grammi 100.

Uva malaga, grammi 125.

Uva sultanina, grammi 125,

Latte, mezzo litro.

Marsala e rhum, in tutto tre cucchiaiate.

Uova, n. 5.

 

Tagliate la midolla di pane a fette sottili e gettatela nel latte. Aspettando che questa inzuppi, nettate l'uva, levate i semi alla malaga e preparate la forma per cuocerlo, che sarà quella pei budini, di rame lavorata. Disfate al fuoco in una cazzaruola i suddetti grammi 100 circa di zucchero e preso che abbia il color nocciuola, versatelo nello stampo per intonacarlo tutto; quando poi sarà diaccio ungete l'intonaco dello zucchero con burro fresco.

Alla midolla inzuppata unite i detti grammi 250 di zucchero, i rossi delle uova e i liquori, rimestando bene ogni cosa. Per ultimo aggiungete l'uva e le chiare montate. Cuocetelo a bagno-maria per tre ore intere, ponendovi il fuoco sopra soltanto nell'ultima ora. Servitelo caldo e in fiamme e perciò annaffiatelo abbondantemente di rhum e dategli fuoco con una cucchiaiata di spirito acceso.

Potrà bastare per dieci o dodici persone.

 

 

672. PLUM-PUDDING

 

Parola inglese che vorrebbe dire budino di prugne, benché queste non c'entrino affatto. Fate un composto nel quale, per ogni uovo che serve a legarlo, entri la quantità dei seguenti ingredienti:

Zucchero in polvere, grammi 30.

Zibibbo, grammi 30.

Uva sultanina, grammi 30.

Midolla di pane fine, grammi 30.

Grasso d'arnione di castrato, grammi 30.

Cedro candito, grammi 15.

Arancio candito, grammi 15,

Rhum, una cucchiaiata.

 

Allo zibibbo levate i semi. I frutti canditi tagliateli a filetti corti e sottili. Il grasso d'arnione, se non potete averlo di castrato, prendetelo di vitella, e tanto questo che la midolla di pane tagliateli a dadini minutissimi, levando al grasso le pellicole.

Fate un miscuglio d'ogni cosa, avendo frullate prima le uova a parte, e lasciatelo in riposo per qualche ora; poi mettetelo in un tovagliuolo e legatelo bene stretto con uno spago per formare una palla. Ponete al fuoco una pentola d'acqua e quando bolle immergetelo nella medesima, in modo che non tocchi il fondo del vaso, lasciandolo bollire adagio tante ore quante sono le uova. Levatelo dal tovagliuolo con riguardo, fategli al disopra una pozzetta e, versato in essa un bicchierino o due di cognac o di rhum che si spanda per tutto il dolce, dategli fuoco e così caldo e in fiamme mandatelo in tavola per esser tagliato a fette e mangiato quando la fiamma è estinta. Tre uova basteranno per sei persone.

 

 

673. PLUM-CAKE

 

È un dolce della stessa famiglia del precedente, mentitore anch'egli del nome suo.

 

Zucchero, grammi 250.

Burro, grammi 250.

Farina finissima, grammi 250.

Candito, grammi 80.

Uva malaga, grammi 80.

Detta sultanina, grammi 80.

Detta passolina, grammi 80.

Uova intere, n. 5.

Rossi d'uovo, n. 4.

Rhum, un decilitro scarso, ossia cinque cucchiaiate.

Odore di scorza di limone o vainiglia.

 

Il candito tagliatelo a filetti sottili e levate i semi all'uva malaga. Lavorate prima il burro da solo con un mestolo, rammorbidendolo al fuoco se occorre, aggiungete lo zucchero e seguitate a lavorarlo finché sia divenuto bianco. Scocciate le uova una alla volta mescolando, poi la farina e per ultimo il rimanente. Versate il composto in uno stampo liscio che sia stato prima foderato di carta unta col burro dalla parte interna e cuocetelo al forno.

Potete servirlo caldo spolverizzato di zucchero a velo, ed anche freddo, che è buono egualmente.

La carta serve per impedire che le uve si attacchino allo stampo. Questa dose basterà per dodici persone.

 

 

674. BAVARESE LOMBARDA

 

Questo dolce, a cui danno diversi nomi, si potrebbe chiamare il piatto dolce del giorno visto che è bene accetto ed usato spesso in molte famiglie.

 

Burro di buona qualità e ben fresco, grammi 180.

Zucchero a velo, grammi 180.

Savoiardi lunghi o pan di Spagna, circa grammi 150.

Rossi d'uovo assodati, n. 6.

Zucchero vanigliato, quanto basta per dargli l'odore.

Rosolio, quanto occorre per intingere leggermente i savoiardi.

 

Fate bollire le uova per soli sette minuti, e levatine i rossi, stemperateli nel burro, poi passateli dal setaccio, indi aggiungete lo zucchero a velo e il vanigliato, e lavorate molto il composto col mestolo per mantecarlo. Prendete uno stampo, possibilmente a costole, bagnatelo col rosolio, tagliate a metà, per il lungo, i savoiardi, intingeteli leggermente nel rosolio, oppure metà nel rosolio e metà nell'alkermes e con questi foderate lo stampo alternando i due colori. Poi versate nel mezzo il composto, copritelo con altri savoiardi intinti anche questi, lasciatelo per tre ore almeno nel ghiaccio e servitelo. La composizione, se tornasse comodo, può farsi un giorno per l'altro e questa quantità basta per otto persone. È un dolce molto fine.

 

 

675. ZUPPA INGLESE

 

In Toscana - ove, per ragione del clima ed anche perché colà hanno avvezzato così lo stomaco, a tutte le vivande si dà il carattere della leggerezza e l'impronta, dov'è possibile, della liquidità - la crema si fa molto sciolta, senza amido né farina e si usa servirla nelle tazze da caffè. Fatta in questo modo riesce, è vero, più delicata, ma non si presta per una zuppa inglese nello stampo e non fa bellezza.

Eccovi le dosi della crema pasticcera, così chiamata dai cuochi per distinguerla da quella fatta senza farina.

 

Latte, decilitri 5.

Zucchero, grammi 85.

Farina o, meglio, amido in polvere, grammi 40.

Rossi d'uovo, n. 4.

Odore di vainiglia.

 

Lavorate prima lo zucchero coi rossi d'uovo, aggiungete la farina e per ultimo il latte a poco per volta. Potete metterla a fuoco ardente girando il mestolo di continuo; ma quando la vedrete fumare coprite la brace con una palettata di cenere o ritirate la cazzaruola sull'angolo del fornello se non volete che si formino bozzoli. Quando s'è già ristretta continuate a tenerla sul fuoco otto o dieci minuti e poi lasciatela diacciare.

Prendete una forma scannellata, ungetela bene con burro freddo e cominciate a riempirla nel seguente modo: se avete una buona conserva di frutta, come sarebbe di albicocche, di pesche od anche di cotogne, gettate questa, per la prima, in fondo alla forma e poi uno strato di crema ed uno di savoiardi intinti in un rosolio bianco. Se, per esempio, le scannellature della forma fossero diciotto, intingete nove savoiardi nell'alkermes e nove nel rosolio bianco e coi medesimi riempite i vuoti, alternandoli. Versate dell'altra crema e sovrapponete alla medesima degli altri savoiardi intinti nel rosolio e ripetete l'operazione fino a riempirne lo stampo.

I savoiardi badate di non inzupparli troppo nel rosolio perché lo rigetterebbero; se il liquore fosse troppo dolce, correggetelo col rhum o col cognac. Se il tempo avesse indurita la conserva di frutta (della quale in questo dolce si può fare anche a meno), rammorbiditela al fuoco con qualche cucchiaiata di acqua, ma nello stampo versatela diaccia.

Questa dose può bastare per sette od otto persone.

Nell'estate potete tenerla nel ghiaccio e per isformarla immergete per un momento lo stampo nell'acqua calda onde il burro si sciolga.

Saranno sufficienti grammi 120 a 130 di savoiardi.

 

 

676. ZUPPA TARTARA

 

Prendete grammi 200 di ricotta, rammorbiditela alquanto col latte e aggraziatela con grammi 30 di zucchero a velo e due prese di cannella in polvere, mescolando bene.

Prendete uno stampo lavorato e bagnatene le pareti interne con rosolio oppure ungetele col burro; intingete nel rosolio o nell'alkermes de' savoiardi e, cominciando da questi, o da una conserva di frutta non troppo liquida, coprite il fondo dello stampo. Poi riempitelo, alternando a suoli, con la ricotta, i savoiardi e la conserva, che può essere di albicocche o di pesche. Sformatela dopo qualche ora e, se l'avrete disposta con garbo, oltre al gusto resteranno anche appagati gli occhi de' commensali. La ricotta si può rammorbidire col rosolio di cedro, invece del latte, e allora non occorre la cannella.

È un dolce da piacer molto.

 

 

677. DOLCE DI CILIEGE

 

Come dolce da famiglia è assai buono e merita di occuparsene.

Ciliege more, crude, intere e senza gambo, grammi 200.

Zucchero a velo, grammi 100.

Pangrattato di segala, grammi 50.

Mandorle dolci, grammi 40.

Uova, n. 4.

Rosolio, cucchiaiate n. 2.

Odore di vainiglia o scorza di limone.

 

Mancando il pane di segala servitevi del pane comune. Le mandorle sbucciatele, asciugatele e tritatele minutamente per ridurle a metà circa di un chicco di riso.

Lavorate prima i rossi d'uovo con lo zucchero finché sieno divenuti spumosi, aggiungete il pangrattato, il rosolio, l'odore e continuate a lavorare ancora un poco il composto. Uniteci le chiare ben montate, mescolando adagio e versatelo in uno stampo liscio che avrete prima ben unto con burro freddo e cosperso tutto, e più nel fondo, con le dette mandorle. Infine buttateci le ciliege, ma per evitare che queste pel loro peso calino a fondo, mescolate fra il composto le mandorle che vi restano. Cuocetelo al forno o al forno da campagna e servitelo caldo o freddo a quattro o cinque persone.

 

 

678. ZUPPA DI VISCIOLE

 

Questa zuppa si può fare con lettine sottili di pane fine arrostito, oppure con pan di Spagna o con savoiardi. Levate il nocciolo a quella quantità di ciliege visciole che credereste sufficienti e mettetele al fuoco con pochissima acqua e un pezzetto di cannella che poi getterete via. Quando cominciano a bollire aggiungete zucchero quanto basta, mescolate adagino per non guastarle e allorché cominciano a siroppare assaggiatele se hanno zucchero a sufficienza e levatele dal fuoco quando le vedrete aggrinzite ed avranno perduto il crudo. Dopo che avrete leggermente intinto le fette del pane o i savoiardi nel rosolio, collocateli suolo per suolo, insieme con le ciliege, in un piatto o in un vassoio in modo che facciano la colma. Potete anche dare a questa zuppa la forma più regolare in uno stampo liscio, e tenerlo in ghiaccio avanti di sformarla, giacché nella stagione delle ciliege si cominciano a gradire i cibi refrigeranti. Un terzo di zucchero del peso lordo delle ciliege è sufficiente.

 

 

679. ZUPPA DI LIMONE

 

Questo dolce, che dalla sua provenienza giudicherei di origine francese, non è molto nelle mie grazie; nonostante ve lo descrivo nel caso non aveste di meglio a fare e vi trovaste le chiare a disposizione.

 

Zucchero, grammi 135.

Rossi d'uovo, n. 2.

Chiare d'uovo, n. 5.

Sugo di un grosso limone.

Acqua, mezzo bicchiere.

Farina, un cucchiaio scarso.

 

Stemperate la farina coll'acqua frullandola bene, versatela in una cazzaruola ed aggiungete il resto. Rimestate ogni cosa e ponete il composto al fuoco rimuovendo continuamente il mestolo come si fa per la crema. Quando sarà condensato passatelo dallo staccio, se occorre, poi versatene parte in un vassoio, distendeteci sopra dei savoiardi o del pan di Spagna, e col resto del composto copritelo. Servitela fredda..

Può bastare per quattro o cinque persone.

 

 

680. SFORMATO DI CONSERVE

 

Prendete uno stampo da budino a costole o scannellato, ungetelo bene con burro freddo e riempitelo di savoiardi o di pan di Spagna intinti nel rosolio e di conserve di frutta, regolandovi in tutto come al n. 675, senza alcun uso di crema. Dopo alcune ore, le quali occorrono perché il composto si compenetri, sformatelo, immergendo prima, per un istante, lo stampo nell'acqua bollente, onde il burro si sciolga.

 

 

681. BIANCO MANGIARE

 

Mandorle dolci con tre amare, grammi 150.

Zucchero in polvere, grammi 150.

Colla di pesce in fogli, grammi 20.

Panna, o fior di latte, mezzo bicchiere a buona misura.

Acqua, un bicchiere e mezzo.

Acqua di fior d'arancio, due cucchiaiate.

 

Prima preparate la colla di pesce ed è cosa semplice; pigiatela colle dita in fondo a un bicchiere, e coperta di acqua, lasciatela stare onde abbia tempo di rammollire, e quando ve ne servirete, gettate via l'acqua e lavatela. Sbucciate e pestate le mandorle in un mortaio, bagnandole di quando in quando con un cucchiaino d'acqua, e quando le avrete ridotte finissime, diluitele con l'acqua suddetta e passatele da un canovaccio forte e rado, procurando di estrarne tutta la sostanza. A tal punto, preparate uno stampo qualunque della capacità conveniente; poi mettete al fuoco in una cazzaruola il latte delle mandorle, la panna, lo zucchero, la colla, l'acqua di fior di arancio; mescolate il tutto e fatelo bollire per qualche minuto. Ritiratelo dal fuoco e quando avrà perduto il calore, versatelo nello stampo immerso nell'acqua fresca o nel ghiaccio. Per isformarlo basta passare attorno allo stampo un cencio bagnato nell'acqua bollente.

La bollitura è necessaria onde la colla di pesce si incorpori col resto; altrimenti c'è il caso di vederla precipitare in fondo allo stampo.

 

 

682. SGONFIOTTO DI FARINA GIALLA

 

Questo piatto

 

I francesi lo chiaman soufflet

E lo notano come entremet,

Io sgonfiotto, se date il permesso,

Che servire potrà di tramesso.

 

Latte, mezzo litro.

Farina di granturco, grammi 170.

Zucchero, grammi 30.

Burro, grammi 30.

Uova: chiare n. 6; rossi n. 3.

Un pizzico di sale.

 

Fate una farinata, cioè versate la farina nel latte quando questo bolle o, meglio, se volete preservarla dai bozzoli, stemperate prima la farina con un poco di latte freddo e versatela nel latte bollente mescolandola bene. Fatela bollir poco, e quando la ritirate dal fuoco, aggiungete il burro, lo zucchero e il sale. Allorché sarà diaccia disfate nella medesima i rossi d'uovo e per ultimo versate le chiare montate ben sode; mescolate con garbo e versate il composto in uno stampo liscio o in una cazzaruola che avrete unta col burro e spolverizzata di farina di grano. Cuocetelo in un fornello con fuoco sotto e sopra e quando avrà montato, servitelo subito onde, se è possibile, resti ben soffice e non s'acquatti. Meglio è, a mio avviso, far questo piatto in un vassoio che regga al fuoco e portarlo in tavola senza muoverlo.

Questa dose basterà per sei persone.

 

 

683. BISCOTTO DA SERVIRSI CON LO ZABAIONE

 

Farina di patate, grammi 50.

Detta di grano, grammi 20.

Zucchero in polvere, grammi 90.

Uova, n. 3. Odore di scorza di limone.

 

Lavorate prima per quasi mezz'ora i rossi d'uovo collo zucchero, aggiungete le chiare montate ben sode e fate cadere la farina da un vagliettino mescolando il tutto in bel modo onde il composto rimanga soffice. Versatelo in uno stampo col buco in mezzo che avrete prima unto col burro e spolverizzato di farina e di zucchero a velo. Mettetelo subito in forno o nel forno da campagna per cuocerlo, e sformato diaccio versate nel buco del medesimo lo zabaione del n. 684 e mandatelo subito in tavola.

È una dose che può bastare per cinque o sei persone.