ARTUSI LIBRO 2
61. ZUPPA DI LENTICCHIE
Se
Esaù vendé la primogenitura per un piatto di lenticchie, bisogna dire che il
loro uso, come alimento, è antichissimo, e che egli o n'era ghiotto all'eccesso
o soffriva di bulimia. A me sembra che il sapore delle lenticchie sia più
delicato di quello de' fagiuoli in genere, e che, quanto a minaccia di bombardite,
esse sieno meno pericolose dei fagiuoli comuni ed eguali a quelli
dall'occhio.
Questa
zuppa potete farla nella stessa guisa della zuppa di fagiuoli; però la broda
delle lenticchie e dei fagiuoli dall'occhio si presta bene anche per una
minestra di riso, che si prepara e si condisce nello stesso modo; soltanto
bisogna tener la broda più sciolta perché il riso ne tira molta. Per regolarvi
meglio circa alla densità, aspettate che il riso sia cotto per aggiungere nella
broda la quantità che occorre di lenticchie passate.
62. ZUPPA DI MAGRO COLLE TELLINE
Regolatevi
come per il risotto colle telline n. 72.
Due
spicchi d'aglio e il quarto di una cipolla potranno bastare se trattasi di una
quantità sufficiente a sette od otto persone, e senza bisogno di ricorrere a
burro e parmigiano sentirete una zuppa eccellente, se saprete tirar bene il
soffritto. Il pane arrostitelo a fette che taglierete a dadi. Anche qui ci sta
bene qualche pezzetto di funghi secchi.
63. SPAGHETTI CON LE TELLINE
Poiché
si sentono ricordare spesso, come minestra asciutta di magro, anche gli
spaghetti con le telline, mi converrà indicarveli, sebbene, a gusto mio, sia da
preferirsi il riso. Se vi piace provarli, tritateli minuti per poterli portare
alla bocca col cucchiaio e servitevi della ricetta n. 72 cuocendoli nell'acqua
dove sono state schiuse le telline. Scolate l'acqua superflua, conditeli con
quell'intingolo unito ad alquanto burro e parmigiano.
64. ZUPPA DI RANOCCHI
Certi
usi del mercato di Firenze non mi vanno. Quando vi nettano i ranocchi, se non
ci badate, gettano via le uova che sono le migliori. Le anguille si spellano.
Le coscie e le lombate di castrato si vogliono vendere intere. Delle interiora
del maiale si serba il fegato e la rete; di quelle della vitella di latte, il
fegato e le animelle; il resto, compreso il polmone che, essendo tenero
potrebbe servire, come in altri paesi, a fritto misto, si cede ai frattagliai
che ordinariamente vendono queste frattaglie ai brodai. Forse in mano loro
cascherà anche la così detta trippa di vitella di latte non avendola mai vista
su quel mercato; ma essa in Romagna si dà per giunta, e al tempo dei piselli,
messa arrosto morto con un pezzo di lombata, riesce tanto buona da preferirsi a
questa.
Avanti di descrivervi
la zuppa di ranocchi voglio dirvi qualche cosa di questo anfibio dell'ordine
de' batraci (rana esculenta), perché, veramente, merita di essere notata
la metamorfosi ch'esso subisce. Nel primo periodo della loro esistenza si
vedono i ranocchi guizzare nelle acque in figura di un pesciolino tutto testa e
coda che gli zoologi chiamano girino. Come i pesci, respira per branchie prima
esterne, in forma di due pennacchietti, poscia interne, e nutrendosi in questo
stato di vegetali ha l'intestino come quello di tutti gli erbivori,
comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A un certo punto del suo
sviluppo, circa a due mesi dalla nascita, perde, per riassorbimento, la coda,
sostituisce alle branchie i polmoni e mandando fuori gli arti, cioè le quattro
zampe che prima non apparivano, si trasforma completamente e diventa una rana.
Nutrendosi allora di sostanze animali, ossia di insetti, l'intestino si
accorcia per adattarsi a questa sorta di cibo. È dunque erronea l'opinione
volgare che i ranocchi siano più grassi nel mese di maggio perché mangiano il
grano.
Gli
anfibi tutti, i rospi compresi, sono a torto perseguitati dal volgo essendo
essi di grande utilità all'agricoltura, agli orti e ai giardini in ispecie, per
la distruzione de' vermi, delle lumache e de' tanti insetti di cui si cibano.
La pelle del rospo e della salamandra trasuda, è vero, un umore acre e
velenoso; ma in sì piccola dose rispetto alla mucosità a cui si unisce, che non
può recare nessun nocumento. Ed è appunto per questa mucosità, che la
salamandra secerne in gran copia, che la medesima, potendo reggere per qualche
istante all'ardore del fuoco, diede origine alla favola che tale anfibio sia
dotato della virtù di restare incolume in mezzo alle fiamme.
Il
brodo dei ranocchi essendo rinfrescante e dolcificante viene raccomandato nelle
malattie di petto, nelle infiammazioni lente degl'intestini ed è opportunamente
usato sul finire delle malattie infiammatorie e in tutti quei casi in cui
l'infermo ha bisogno di un nutrimento non stimolante.
Le
carni bianche, come quelle dei ranocchi, agnelli, capretti, pollastri, fagiani,
ecc., essendo povere di fibrina e ricche di albumina, convengono alle persone
di apparecchio digestivo delicato e molto impressionabili e a chi non affatica
i muscoli col lavoro materiale.
Ma
veniamo alla zuppa di ranocchi: due dozzine di ranocchi, se sono grossi,
potrebbero forse bastare per quattro o cinque persone, ma meglio è abbondare.
Levate
loro le coscie e mettetele da parte. Fate un battuto abbondante con due spicchi
d'aglio, prezzemolo, carota, sedano e basilico se vi piace: se avete in orrore
l'aglio, servitevi di cipolla. Mettetelo al fuoco con sale, pepe e olio a buona
misura e quando l'aglio comincia a prender colore gettate giù i ranocchi.
Rimoveteli di quando in quando onde non s'attacchino, e, tirato che abbiano
buona parte dell'umido, buttate dentro pomodori a pezzi o, mancando questi,
conserva allungata coll'acqua. Fate bollire ancora, e per ultima versate
l'acqua occorrente per bagnare la zuppa, tenendo il tutto sul fuoco fin tanto
che i ranocchi sieno cotti e disfatti. Allora passate ogni cosa dal lo staccio,
premendo bene onde non restino che le ossicine. Mettete a bollire le coscie,
lasciate addietro, in un poco di questo brodo passato e disossatele quando
saranno cotte per mescolarle nella zuppa insieme con pezzetti di funghi secchi
fatti rammollire. Il pane arrostitelo a fette che taglierete a dadi piuttosto grossi.
65. ZUPPA COL BRODO DI MUGGINE
Uno
dei pesci che meglio si presta per ottenere un buon brodo è il muggine che
nell'Adriatico comincia ad essere bello e grasso nell'agosto e raggiunge colà
il peso di oltre due chilogrammi. In mancanza di questo può servire l'ombrina,
il ragno ed il rospo le cui carni, se non daranno il brodo saporito del
muggine, saranno in compenso di qualità più fine e più digeribile.
Se
trattasi di una zuppa per sette od otto persone prendete un muggine, ossia una baldigara
(come chiamasi in alcuni paesi di mare), del peso di un chilogrammo almeno,
raschiategli via le squame, vuotatelo e lessatelo con acqua in proporzione.
Fate
un battuto alquanto generoso con cipolla, aglio, prezzemolo, carota, sedano e
mettetelo al fuoco con olio, sale e pepe. Quando avrà preso colore fermatelo
con sugo di pomodoro e fatelo bollire col brodo del pesce.
Poi
questo brodo colatelo e con un po’ del medesimo cuocete una piccola quantità di
sedano, carota e funghi secchi, che servono per dare odore, il tutto tagliato a
pezzetti.
Il pane per la zuppa
arrostitelo e tagliatelo a dadi, poi mettetelo nella zuppiera e versateci sopra
il brodo bollente insieme coi detti odori, servendola in tavola con parmigiano
a parte.
La
famiglia delle mugginidee ha lo stomaco a forti pareti muscolari a simiglianza
del ventriglio degli uccelli, e il rospo di mare, Lofus pescatorius, della
famiglia delle lofidee, con una pinna inargentata e movibile del capo attira i
piccoli pesci per divorarli. Chiamasi in alcuni luoghi volgarmente grattale ed
è anch'esso in pregio pel brodo da bagnare la zuppa.
66.
ZUPPA ALLA CERTOSINA
Grammi 500 di pesce minuto
di diverse specie potranno bastare per una zuppa da servirsi a quattro o cinque
persone.
Fate
un battuto con un quarto di cipolla, prezzemolo e sedano; mettetelo al
fuoco con olio, e colorito che sia, versateci il pesce, bagnandolo quando è
asciutto con acqua, sugo di pomodoro o conserva; sale e pepe per condimento.
Lasciatelo cuocer bene e poi versate l'acqua occorrente per la zuppa: un litro
o poco più fra prima e dopo potrà bastare. Passate il tutto dallo staccio o da
un colino, strizzando bene, e rimettetelo al fuoco per fargli alzare il bollore
e per versarlo adagio adagio nella zuppiera, ove avrete disfatte avanti due
uova con tre cucchiaiate di parmigiano. Prima di mandare la zuppa in tavola,
gettateci il pane, il quale, a piccoli dadi, può essere soltanto arrostito,
oppure fritto nell'unto che più vi aggrada: burro, olio o lardo. Le uova col
parmigiano, se non vi dispiace di vederle rapprese a stracci, si possono anche
frullare a parte e versarle nella pentola, mescolandole fortemente, quando il
brodo è a bollore.
Si
dice che il Granduca di Toscana, avendo trovata eccellente questa zuppa in un
convento di frati, mandò colà il suo cuoco ad impararla; ma il cuoco, benché
molto abile fosse, non riusciva a farla buona come quella dei frati, perché
questi non volevano far sapere al Granduca che usavano il brodo di cappone
invece dell'acqua.
67. PASTINE O CAPELLINI SUL BRODO DI OMBRINA
L'ombrina,
per essere un pesce de' più fini, lessata naturalmente, cioè senza odori di
sorta, vi somministra un brodo che, quasi come quello di carne, si presta per
una minestra leggiera di magro.
Le
seguenti dosi saranno sufficienti per tre persone e forse anche per quattro.
Ombrina,
grammi 500.
Pastine
o capellini, grammi 120.
Burro,
grammi 30.
Acqua,
un litro.
Mettete al fuoco l'ombrina
nella detta acqua diaccia, e salatela. Quando è cotta passate il brodo dal
colino ed in esso cuocete la minestra aggraziandola col sugo di pomodoro per
occultare il puzzo del pesce; indi versatela nella zuppiera ove avrete
collocato il pezzo del burro. Servitela con parmigiano a parte come si usa per
le minestre di grasso.
68. ZUPPA DI PURÈ DI PISELLI
SECCHI
Dato che i piselli siano
mezzo litro metteteli al fuoco in due litri d'acqua e frattanto fate un
soffritto con mezza cipolla, una carota, due pezzi di sedano lunghi un dito e
qualche gambo di aneto, se lo avete, e, tritato il tutto, mettetelo al fuoco
con un pezzo di burro e fategli prendere il rosso. Versate allora i piselli
mezzo cotti e scolati dall'acqua conditeli con sale e pepe e fate loro suzzare
tutto il soffritto, poi versate sugo di pomodoro e l'acqua degli stessi piselli
per tirarli a cottura. Passate ogni cosa per istaccio e, se il purè riescisse
troppo denso, aggiungete acqua calda; assaggiatelo per aggiungere un altro
pezzetto di burro che probabilmente occorre. Il pane tagliatelo a quadrettini e
friggetelo nel burro.
Se vi porrete attenzione sentirete una minestra che
sembra fatta sul brodo.
Questa dose potrà servire per dieci o dodici persone.
69. TAGLIATELLE COL PROSCIUTTO
Le chiamo tagliatelle, perché dovendo esser cotte
nell'acqua e condite asciutte, va tirata la sfoglia alquanto più grossa e
tagliata a striscie più larghe dei taglierini. Si tratta sempre di un impasto
d'uova e farina, senza punta acqua se le desiderate ben sode e buone.
Tagliate a piccoli dadi una fetta grossa di prosciutto
grasso e magro: tritate bene sedano e carota in tal quantità che ambedue
facciano il volume del prosciutto all'incirca. Ponete al fuoco queste tre cose
insieme, con un pezzo di burro proporzionato al condimento delle tagliatelle.
Quando il battuto avrà preso colore, aggiungete sugo di pomodoro oppure
conserva, ma con questa occorre un ramaiolino di brodo o, mancando questo, di
acqua.
Le tagliatelle cuocetele poco e salatele pochissimo a
motivo del prosciutto: levatele asciutte, conditele col detto intingolo e con
parmigiano.
Al tempo delle salsicce potete sostituirle, bene
sminuzzate al prosciutto, trattandole nella stessa guisa.
Chi ama il gusto del burro crudo ne serbi la metà per
metterlo nell'intingolo quando lo ritira dal fuoco.
Anche gli spaghetti sono buoni conditi con le salsicce
nella stessa maniera.
70. TAGLIATELLE VERDI
Si usano per minestra asciutta e sono più leggiere e
più digeribili di quelle intrise di tutte uova. Per dar loro il color verde
cuocete spinaci lessi, strizzateli bene e tritateli colla lunetta. Con due uova
e un pugno di questi spinaci intridete sulla spianatoia quanta farina potete
per ottenere una pasta ben soda che lavorerete molto colle mani. Poi, col
matterello, tiratela a sfoglia sottile e quando dà cenno d'appiccicarsi, a
motivo dell'erba che produce viscosità, spruzzatela leggermente di farina.
Avvolgete la sfoglia in un canovaccio, e quando sarà asciutta tagliatela
alquanto più larga de' taglierini da brodo, avvertendo che il bello di tali
paste è la loro lunghezza il che indica l'abilità di chi le fece. Appena alzato
il bollore levatele asciutte e conditele come gli spaghetti alla rustica n.
104, oppure come i maccheroni o le tagliatelle dei n. 87 e 69; o semplicemente
con cacio e burro.
Questa dose potrà bastare per quattro o cinque
persone.
71. TAGLIATELLE ALL’USO DI ROMAGNA
Conti corti e tagliatelle lunghe, dicono i Bolognesi, e dicono bene, perché i conti
lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l'imperizia
di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina; perciò non
approvo l'uso invalso, per uniformarsi al gusto degli stranieri, di triturare
minutissimi nel brodo i capellini, i taglierini, e minestre consimili le quali
per essere speciali all'Italia, debbono serbare il carattere della nazione.
Fate la sfoglia e tagliatela come quella del n. 69.
Cuocetele poco, scolatele bene dall'acqua e mettetele in una cazzaruola sopra
al fuoco per un momento, onde far loro prendere il condimento che è quello
degli spaghetti alla rustica n. 104; più un pezzo di burro proporzionato alla
quantità della minestra. Mescolate adagino e servitele. A parer mio questa è
una minestra molto gustosa, ma per ben digerirla ci vuole un'aria come quella
di Romagna. Mi ricordo che viaggiai una volta con certi Fiorentini (un
vecchietto sdentato, un uomo di mezza età e un giovine avvocato) che andavano a
prender possesso di una eredità a Modigliana. Smontammo a una locanda che si
può immaginare qual fosse, in quel luogo, quaranta e più anni sono. L'oste non
ci dava per minestra che tagliatelle, e per principio della coppa di maiale, la
quale, benché dura assai ed ingrata, bisognava vedere come il vecchietto si
affaticava per roderla. Era però tale l'appetito di lui e degli altri che
quella e tutto il resto pareva molto buono, anzi eccellente; e li sentii più
volte esclamare: - Oh se potessimo portarci con noi di quest'aria a Firenze! -
Poiché siamo in questi paraggi, permettetemi vi
racconti che dimorava a Firenze, al tempo che correvano i francesconi, un
conte di Romagna, il quale, facendo il paio col marchese di Forlimpopoli del
Goldoni, aveva molta boria, pochi quattrini e uno stomaco a prova di bomba.
Eran tempi in cui si viveva con poco a Firenze, che fra le città capitali,
andava famosa per buon mercato. C'erano parecchie trattorie coll'ordinario di
minestra, tre piatti a scelta, frutta o dolce, pane e vino per una lira toscana
(84 centesimi). Quelle porzioni, benché piccole, pure sfamavano chiunque non
fosse allupato, e frequentavano tali trattorie anche i signori; ma il conte in
queste non si degnava. Che industria credete ch'egli avesse trovato per
figurare e spender poco? Andava un giorno sì e un giorno no alla tavola rotonda
di uno de' principali alberghi ove con mezzo francescone (lire 2,80), il
trattamento era lautissimo, e là, tirando giù a strame, s'impinzava lo stomaco
per due giorni facendo dieta in casa, il secondo, con pane, cacio ed affettato.
Siavi di esempio e di ricetta.
72. RISOTTO COLLE TELLINE
Noto questo risotto nelle proporzioni che è stato
fatto più volte nella mia cucina, e cioè:
Telline col guscio, chilogrammi 1,350.
Riso, grammi 500.
Per levare la sabbia che le telline racchiudono,
lavatele prima, poi ponetele in acqua fresca salata, o meglio, acqua di mare,
in un catino con un piatto rovesciato sotto alle medesime, e dopo due ore
almeno, levatele asciutte e mettetele al fuoco con acqua in proporzione del
riso da cuocere. Quando saranno aperte, levatene i gusci e serbate l'acqua, ma
badate che in fondo alla medesima si sarà formata una qualche posatura di
sabbia che va gettata via.
Fate un soffritto con olio, aglio, poca
cipolla, prezzemolo, carota e sedano, il tutto tritato finissimo colla lunetta,
e quando sarà rosolato bene, gettatevi le telline tolte dal guscio, qualche
pezzetto di funghi secchi rinvenuti, una presa di pepe e un po' di quell'acqua
serbata. Dopo qualche minuto gettate il riso in questo intingolo e tiratelo a
cottura soda col resto dell'acqua suddetta. Assaggiatelo se sta bene di sapore
col solo sale naturale delle telline e dei condimenti datigli; se non fosse
così, aggiungeteglielo con sugo di pomodoro o conserva, ed anche con un
pezzetto di burro e un pizzico di parmigiano.
Alle telline si possono sostituire le arselle o i peocci
(cozze nere, muscoli) come a Venezia, nelle cui trattorie se il riso co'
peocci (specialità del paese) fosse cucinato in questa maniera, sarebbe
assai più gradito. Per conservare alcun poco i molluschi a conchiglia bivalve,
vanno tenuti in luogo fresco, legati assai stretti in un sacchetto o in un
canovaccio. D'inverno ho così conservate fresche le telline fino a sei giorni,
ma non è da azzardare perché i molluschi riescono molto indigesti se non sono
freschi.
73. RISOTTO COLLE TINCHE
Non vi spaventate nel sentire che le tinche possono
prestarsi per una buona minestra, la quale saprà naturalmente di pesce e
riuscirà un po' grave agli stomachi deboli; ma sarà grata al gusto, e
fors'anche lodata, se avrete la prudenza di non nominare la specie del pesce
usato.
Ecco le dosi di una minestra per sei o sette persone:
Riso, grammi 500;
Tinche, circa grammi 400.
Fate un battuto con due spicchi d'aglio, un pizzico di
prezzemolo, qualche foglia di basilico, se vi piace il suo odore, una grossa
carota e due pezzi di sedano bianco lunghi un palmo. Mettetelo al fuoco in una
cazzaruola con olio, sale e pepe, aggiungendovi in pari tempo le tinche già
sbuzzate e tagliate a pezzi, le teste comprese. Voltatele spesso onde non si
attacchino al fondo, e quando saranno ben rosolate cominciate a bagnarle prima
con sugo di pomodoro o conserva, poi con acqua versata a poco per volta in
principio e in ultimo, in quantità tale da cuocere il riso, ma tenendovi
piuttosto scarsi che abbondanti. Fate bollire finché le tinche non sieno
spappolate, e allora passate dallo staccio ogni cosa, in modo che non restino
se non le lische e gli ossicini. Questo è il sugo che servirà per cuocere il
riso, tirandolo asciutto e di giusta cottura. Per aggraziarlo potete aggiungere
qualche pezzetto di funghi secchi e un pezzetto di burro e poi servirlo in
tavola con parmigiano grattato per chi lo vuole.
Al tempo dei piselli questi sono da preferirsi ai
funghi; grammi 200, sgranati, bastano. Cuoceteli a parte con un po' d'olio, un
po' di burro e una cipolla novellina intera. Versate i piselli quando la
cipolla comincia a rosolare, fateli soffriggere alquanto, conditeli con sale e
pepe e tirateli a cottura con poca acqua. La cipolla gettatela via e mescolate
i piselli col riso quando questo sarà quasi cotto.
74. RISOTTO NERO COLLE SEPPIE ALLA FIORENTINA
Questo invertebrato (Sepia officinalis) dell'ordine
dei molluschi e della famiglia dei cefalopodi è chiamato calamaio in
Firenze, forse perché (formando spesso la bella lingua toscana i sui vocaboli
colle similitudini) esso racchiude nel suo sacco una vescichetta, che la natura
gli ha dato a difesa, contenente un liquido nero che può servire da inchiostro.
I Toscani, i Fiorentini in ispecie, sono così vaghi
degli ortaggi, che vorrebbero cacciarli per tutto e per conseguenza in questo
piatto mettono la bietola che, mi pare, ci stia come il pancotto nel credo. Questo
eccessivo uso di vegetali non vorrei fosse una, e non ultima, delle cagioni
della flaccida costituzione di alcune classi di persone, che, durante
l'influenza di qualche malore, mal potendo reggerne l'urto, si vedono cadere
fitte come le foglie nel tardo autunno.
Spellate e sparate le seppie per nettarle delle parti
inservibili che sono l'osso, l'apparato della bocca, gli occhi e il tubo
digerente; mettete da parte la vescichetta dell'inchiostro, e dopo averle
lavate bene tagliatele a quadrettino e le code a pezzetti.
Tritate minutamente due cipolle non grandi, o meglio
una sola e due spicchi d'aglio, e ponetele al fuoco in una cazzaruola con olio
finissimo e in abbondanza. Quando il soffritto avrà preso il rosso buttateci le
seppie ed aspettate che queste, bollendo, comincino a divenir gialle per
gettarvi grammi 600 circa di bietola, netta dalle costole più grosse e tritata
alquanto. Mescolate e lasciate bollire per circa mezz'ora; poi versate grammi
600 di riso (che sarà il peso delle seppie in natura) e il loro inchiostro e,
quando il riso si sarà bene impregnato di quel sugo, tiratelo a cottura con
acqua calda. Il riso, per regola generale, dev'essere poco cotto, e quando si
dice asciutto deve far la colma sul vassoio in cui lo servite. Accompagnatelo
sempre col parmigiano grattato; ma se avete lo stomaco delicato astenetevi dal
farne uso, quando è cucinato con questi e simili ingredienti di non facile
digestione.
Ora v'indicherò un'altra maniera di fare questo
risotto per scegliere fra i due quello che più vi aggrada. Niente bietola,
niente inchiostro, e quando le seppie, come si è detto, cominciano a prendere
il giallo, versate il riso e tiratelo a cottura con acqua calda e sugo di
pomodoro o conserva, dandogli più grazia e sapore con un pezzetto di burro;
quando è quasi cotto unite del parmigiano.
Se lo volete ancora migliore aggiungete a due terzi di
cottura, i piselli accennati nel risotto colle tinche.
75. RISOTTO COI PISELLI
Il riso! Ecco giusto un alimento ingrassante
che i Turchi somministrano alle loro donne onde facciano, come direbbe un
illustre professore a tutti noto, i cuscinetti adiposi.
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 100.
Parmigiano, quanto basta.
Una cipolla di mediocre grossezza
Il riso, come già vi ho detto altra volta, non
conviene lavarlo; basta nettarlo e strofinarlo entro a un canovaccio. Trinciate
la cipolla ben fine colla lunetta e mettetela al fuoco colla metà del burro.
Quando avrà preso il colore rosso versate il riso e rimuovetelo continuamente
col mestolo finché abbia succhiato tutto il soffritto. Allora cominciate a
versar acqua calda a un ramaiuolo per volta, ma badate che se bolle troppo
ristretto, resta duro nel centro e si sfarina alla superficie; salatelo e
tiratelo a cottura asciutta, aggiungendo il resto del burro. Prima di levarlo
dal fuoco, unitevi i piselli del n. 427 in giusta proporzione e dategli sapore
con un buon pugno di parmigiano.
Questa dose basterà per cinque persone.
76. RISOTTO COI FUNGHI
Per questo risotto io mi servo dei funghi porcini, i
quali in alcuni paesi chiamansi morecci.
Funghi in natura, perché vanno poi nettati e
scattivati, metà peso del riso. Fate un battuto con poca cipolla, prezzemolo,
sedano, carota e mettetelo al fuoco con tre cucchiaiate d'olio, se il riso
fosse grammi 300, da servirsi cioè a tre persone. Quando il battuto avrà preso
colore, fermatelo con sugo di pomodoro e acqua, conditelo con sale e pepe e
fatevi bollir dentro uno spicchio d'aglio intero, che poi getterete via prima
di passare il soffritto, il quale rimetterete al fuoco, per cuocervi i funghi,
prima tritati alla grossezza poco meno del granturco; cotti che sieno metteteli
da parte. Il riso fatelo, così crudo, soffriggere con un pezzo di burro, poi
tirate a cuocerlo con acqua calda versata a un ramaiuolo per volta; a mezza
cottura mescolateci dentro i funghi e prima di servirlo dategli sapore col
parmigiano.
Sarà mangiato volentieri anche fatto con un pugno di
funghi secchi invece di quelli freschi.
77. RISOTTO COI POMODORI
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 100.
Parmigiano, quanto basta.
Versate il riso sul burro strutto e quando l'avrà
succhiato cominciate ad aggiungere acqua calda, poca per volta; poi, giunto a
mezza cottura, dategli sapore colla salsa di pomodoro del n. 125 e prima di
levarlo dal fuoco aggiungete un buon pugno di parmigiano grattato. Nella detta
salsa, per condire il risotto, potete, piacendovi, sostituire all'olio la
carnesecca, od anche servirvi del sugo di pomodoro descritto al n. 6.
78. RISOTTO ALLA MILANESE I
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 80.
Zafferano, quanto basta a renderlo ben giallo.
Mezza cipolla di mediocre grossezza.
Per la cottura regolatevi come al n. 75.
Per rendere questo risotto più sostanzioso e
più grato al gusto occorre il brodo.
Lo zafferano, se in casa avete un mortaio di bronzo,
comperatelo in natura, pestatelo fine e scioglietelo in un gocciolo di brodo
caldo prima di gettarlo nel riso, che servirete con parmigiano.
Lo zafferano ha un'azione eccitante, stimola
l'appetito e promuove la digestione. Questa quantità può bastare per cinque
persone.
79. RISOTTO ALLA MILANESE II
Questo risotto è più complicato e più grave allo
stomaco di quello precedente, ma più saporito.
Eccovi la dose per cinque persone.
Riso, grammi 500.
Burro, grammi 80.
Midollo di bue, grammi 40
Mezza cipolla.
Vino bianco buono, due terzi di bicchiere.
Zafferano, quanto basta.
Parmigiano, idem.
Tritate la cipolla e mettetela al fuoco col
midollo e con la metà del burro. Quando sarà ben rosolata versate il riso e
dopo qualche minuto aggiungete il vino e tiratelo a cottura col brodo. Prima di
ritirarlo dal fuoco aggraziatelo con l'altra metà del burro e col parmigiano e
mandatelo in tavola con altro parmigiano a parte.
80. RISOTTO ALLA MILANESE III
Potete scegliere! Eccovi un altro risotto
alla milanese; ma senza la pretensione di prender la mano ai cuochi ambrosiani,
dotti e ingegnosi in questa materia.
Riso, grammi 300.
Burro, grammi 50.
Un quarto di cipolla mezzana di
grandezza.
Marsala, due dita di bicchiere comune.
Zafferano, quanto basta.
Rosolate la cipolla, tritata fine, con la
metà del burro; versate il riso e dopo qualche minuto la marsala. Tiratelo a
cottura col brodo e quando sarà cotto aggiungete il resto del burro e lo
zafferano sciolto in un poco di brodo; per ultimo il pugnello di parmigiano.
Basta per tre persone.
81. RISOTTO COI RANOCCHI
Dice un famoso cuoco che per render tenera
la carne dei ranocchi bisogna gettarli nell’acqua calda appena scorticati e
dopo passarli in quella fresca: ma badate, appena mezzo minuto, se no li
cuocete. Se sono grossi, dodici ranocchi ritengo che basteranno per grammi 300
di riso. Lasciate addietro le coscie; le uova, in questo caso, direi fosse
meglio non adoperarle. Fate un battuto con un quarto di una grossa cipolla, uno
spicchio d’aglio, carota, sedano, prezzemolo, basilico e mettetelo al fuoco con
olio, pepe e sale. Allorché avrà preso colore buttate giù i ranocchi, rimestate
a quando a quando e rosolati che sieno buttate dentro pomodori a pezzi, che
lascerete disfare; allora versate tanta acqua calda quanta potrà occorrerne.
Fate bollire adagio finché i ranocchi siano ben cotti e poi passate ogni cosa
strizzando bene. In un po’ di questo sugo cuocete le coscie lasciate da parte,
disossatele ed unitele al resto.
Mettete il riso al fuoco con un pezzetto
di burro, rimestate, e quando il burro sarà stato tutto suzzato, versate il
sugo caldo dei ranocchi a un ramaiuolo per volta fino a cottura completa. Prima
di levare il riso gettategli dentro un pugno di parmigiano e servitelo.
82. RISOTTO COI GAMBERI
Si racconta che una gamberessa,
rimproverando un giorno la sua figliuola, le diceva: - Mio Dio, come vai
torta! Non puoi camminare diritta? - E voi, mamma, come camminate? - rispose la
figliuola; - posso andar diritta quando qui, tutti, vedo che vanno storti? - La
figliuola aveva ragione.
Grammi 300 circa di gamberi potranno
bastare per grammi 700 di riso e servire per otto persone.
Fate un battuto abbondante con mezza
cipolla, tre spicchi d'aglio, carota, sedano e prezzemolo e mettetelo al fuoco
con olio in proporzione. Credo che l'aglio, in questo caso, sia necessario per
correggere il dolce dei gamberi. Quando il soffritto avrà preso colore
buttategli dentro i gamberi e conditeli con sale e pepe. Rivoltateli spesso e
quando tutti saranno divenuti rossi, bagnateli con sugo di pomodoro o conserva
e poco dopo versate tanta acqua calda che possa bastare pel riso. Lasciate
bollire non tanto, perocché i gamberi cuociono presto, poi levateli asciutti e
una quarta parte, scegliendo i più grossi, sbucciateli e metteteli da parte.
Gli altri pestateli nel mortaio, passateli dallo staccio e la polpa passata
mescolatela al brodo dove sono stati cotti.
Mettete al fuoco un pezzetto di burro in
una cazzaruola e versatevi il riso nettato senza lavarlo; rimestate
continuamente e quando il riso avrà preso il lustro del burro versate il brodo
caldo a poco per volta; a più di mezza cottura uniteci i gamberi interi, già
sbucciati, e prima di servirlo dategli grazia con un pugno di parmigiano.
Se, quando fate questi risotti di magro,
avete in serbo del brodo di carne, servitevene ché con esso riusciranno più
sostanziosi e più delicati.
83. RISOTTO COL BRODO DI PESCE
Quando avrete lessato un pesce di qualità
fina od anche un grosso muggine nel modo descritto al n. 459, potrete servirvi
del brodo colato per ottenerne un risotto, o una zuppa. Fate un battuto con un
quarto di cipolla, uno o due spicchi d'aglio, prezzemolo, carota e sedano e
mettetelo al fuoco con olio, sale e pepe. Quando avrà preso colore fermatelo
con sugo di pomodoro o conserva sciolta in un ramaiuolo del detto brodo.
Lasciate bollire un poco e poi versate il riso che tirerete a cottura con lo
stesso brodo bollente, versato poco per volta. A mezza cottura aggiungete un
pezzo di burro, e quando il riso è cotto, un pugnello di parmigiano. Nella
zuppa potete unire un pizzico di funghi secchi e il parmigiano servirlo a
parte.
84. MACCHERONI ALLA FRANCESE
Li dico alla francese perché li
trovai in un trattato culinario di quella nazione; ma come pur troppo accade
con certe ricette stampate, che non corrispondono quasi mai alla pratica, ho
dovuto modificare le dosi nelle seguenti proporzioni:
Maccheroni lunghi alla napoletana, grammi
300.
Burro, grammi 70.
Gruiera, grammi 70.
Parmigiano, grammi 40.
Un pentolino di brodo.
Date due terzi di cottura ai maccheroni
in acqua non troppo salata. Mettete il brodo al fuoco e quando bolle gettateci
il gruiera grattato e il burro per scioglierli bene col mestolo; ciò ottenuto,
versatelo subito sui maccheroni già sgrondati dall'acqua e dico subito, perché
altrimenti il gruiera cala a fondo e si appasta. Tenete i maccheroni al fuoco
fino a cottura completa procurando che resti un po' di sugo. Quando li levate,
conditeli col suddetto parmigiano e serviteli con altro parmigiano a parte, per
chi, non avendo il gusto al delicato, ama il piccante.
Questa, come i maccheroni alla bolognese,
è una minestra che fa molto comodo nelle famiglie, perché risparmia il lesso,
bastando un pentolino di brodo del giorno avanti. Volendoli di magro, al brodo si
sostituisca il latte.
Il gruiera, conosciuto in commercio anche
col nome di emmenthal, è quel cacio a forme grandissime, di pasta
tenera, gialla e bucherellata. Alcuni non amano il suo odore speciale che sa di
ribollito; ma fo riflettere che questo odore nella stagione fredda è poco
sensibile e che nella minestra si avverte appena.
85. MACCHERONI ALLA NAPOLETANA
Ve li garantisco genuini e provati colla
scorta di una ricetta che mi sono procurato da una famiglia di Santa Maria
Capua Vetere; vi dirò anche di essere stato lungo tempo incerto avanti di
metterla in esecuzione non persuadendomi troppo quel guazzabuglio di
condimenti. A dir vero questi maccheroni non riescon cattivi, anzi possono
incontrare il gusto di chi non è esclusivista del semplice.
Prendete un pezzo di carne nel lucertolo
e steccatelo con fettine di prosciutto grasso e magro, zibibbo, pinoli e con un
battutino di lardone, aglio, prezzemolo, sale e pepe. Accomodata la carne in
questa maniera, e legata collo spago per tenerla più unita, ponetela al fuoco
con un battuto di lardone e cipolla finemente tritata; rivoltatela spesso e
bucatela a quando a quando col lardatoio. Rosolata che sia la carne e consumato
il battuto, aggiungetevi tre o quattro pezzi di pomodoro sbucciati e quando
questi siano distrutti, unitevi, a poco per volta, del sugo di pomodoro
passato. Aspettate che questo siasi alquanto ristretto, poi versate tanta acqua
che copra il pezzo, condite con sale e pepe e fate bollire a fuoco lento. in
mancanza di pomodori freschi servitevi di conserva. Col sugo e con formaggio
piccante, come usano i Napoletani, si condiscono i maccheroni, e la carne serve
di companatico.
Quanto ai maccheroni, insegnano di farli
bollire in un recipiente largo, con molt'acqua, e di non cuocerli troppo.
86. MACCHERONI ALLA NAPOLETANA
Sono molto più semplici de' precedenti e buoni tanto
che vi consiglio a provarli.
Per grammi 300 di maccheroni lunghi, che sono
sufficienti per tre persone, mettete a soffriggere in un tegame o in una
cazzaruola due grosse fette di cipolla con grammi 30 di burro e due cucchiaiate
d'olio. Quando la cipolla, che bollendo naturalmente si sfalda, sarà ben
rosolata, strizzatela col mestolo e gettatela via. In quell'unto a bollore
versate grammi 500 di pomodori e un buon pizzico di basilico tritato
all'ingrosso; condite con sale e pepe, ma i pomodori preparateli avanti perché
vanno sbucciati, tagliati a pezzi e nettati dai semi più che si può, non
facendo difetto se ve ne restano.
Col sugo condensato, con grammi 50 di
burro crudo e parmigiano, condite i maccheroni e mandateli in tavola, che
saranno aggraditi specialmente da chi nel sugo di pomodoro ci nuoterebbe
dentro.
Invece dei maccheroni lunghi, possono
servire le penne, anzi queste prenderanno meglio il condimento.
87. MACCHERONI ALLA BOLOGNESE
I Bolognesi, per questa minestra, fanno
uso dei così detti denti di cavallo di mezzana grandezza, e questa pare anche a
me la forma che meglio si presta, se cucinati in tal modo; avvertite però che
siano di sfoglia alquanto grossa, onde nel bollire non si schiaccino; al qual
difetto poco si bada in Toscana ove per la predilezione che sempre si dà ai
cibi leggeri vengono fabbricate certe qualità di paste così dette gentili, a
buco largo e a pareti tanto sottili che non reggono punto alla cottura e si
schiacciano bollendo, il che fa disgusto a vederle non che a mangiarle.
Come ognuno sa, le migliori paste da
minestra sono quelle di grano duro, che si fanno distinguere pel colore
naturale di cera. Diffidate di quelle gialle, di cui si tenta mascherare
l'origine ordinaria di grano comune, per mezzo di una tinta artificiale, che
una volta era data almeno con sostanze innocue, quali lo zafferano o il croco.
Le seguenti proporzioni sono
approssimative per condire grammi 500 e più di minestra:
Carne magra di vitella (meglio se nel
filetto), gr. 150.
Carnesecca, grammi 50.
Burro, grammi 40.
Un quarto di una cipolla comune.
Una mezza carota.
Due costole di sedano bianco lunghe un
palmo, oppure l'odore del sedano verde.
Un pizzico di farina, ma scarso assai.
Un pentolino di brodo.
Sale pochissimo o punto, a motivo della
carnesecca e del brodo che sono saporiti.
Pepe e, a chi piace, l'odore della noce
moscata.
Tagliate la carne a piccoli dadi, tritate
fine colla lunetta la carnesecca, la cipolla e gli odori, poi mettete al fuoco
ogni cosa insieme, compreso il burro, e quando la carne avrà preso colore
aggiungete il pizzico della farina, bagnando col brodo fino a cottura intera.
Scolate bene i maccheroni dall'acqua e
conditeli col parmigiano e con questo intingolo, il quale si può rendere anche
più grato o con dei pezzetti di funghi secchi o con qualche fettina di tartufi,
o con un fegatino cotto fra la carne e tagliato a pezzetti; unite, infine,
quando è fatto l'intingolo, se volete renderli anche più delicati, mezzo
bicchiere di panna; in ogni modo è bene che i maccheroni vengano in tavola non
asciutti arrabbiati, ma diguazzanti in un poco di sugo.
Trattandosi di paste asciutte, qui viene
a proposito una osservazione, e cioè che queste minestre è bene cuocerle poco;
ma badiamo, modus in rebus. Se le paste si sentono durettine, riescono
più grate al gusto e si digeriscono meglio. Sembra questo un paradosso, ma pure
è così, perché la minestra troppo cotta, masticandosi poco, scende compatta a
pesar sullo stomaco e vi fa palla, mentre se ha bisogno di essere triturata, la
masticazione produce saliva e questa contiene un fermento detto ptialina che
serve a convertire l'amido o la fecola in zucchero ed in destrina.
L'azione fisiologica della saliva è poi
importantissima giacché oltre all'effetto di ammollire e di sciogliere i cibi,
facilitandone l'inghiottimento, promuove per la sua natura alcalina la
secrezione del succo gastrico allorché i cibi scendono nello stomaco. Per
questa ragione le bambinaie usano a fin di bene un atto schifoso come quello di
fare i bocconi e masticare la pappa ai bambini.
Si dice che i Napoletani, gran mangiatori
di paste asciutte, vi bevano sopra un bicchier d'acqua per digerirle meglio. Io
non so se l'acqua, in questo caso, agisca come dissolvente o piuttosto sia
utile perché, prendendo il posto di un bicchier di vino o di altro alimento,
faccia, naturalmente, rimaner lo stomaco più leggero. I denti di cavallo,
quando sono più grossi e più lunghi, si chiamano in Toscana cannelloni e in
altri luoghi d'Italia buconotti o strozzapreti.
88. MACCHERONI CON LE SARDE ALLA
SICILIANA
Di questa minestra vo debitore a una
vedova e spiritosa signora il cui marito, siciliano, si divertiva a manipolare
alcuni piatti del suo paese, fra i quali il nasello alla palermitana e il pesce
a taglio in umido.
Maccheroni lunghi alla napoletana, grammi
500.
Sarde fresche, grammi 500.
Acciughe salate, n. 6.
Finocchio selvatico, detto finocchio
novellino, gr. 300. Olio, quanto basta.
Alle sarde levate la testa, la coda e la
spina dividendole in due parti, infarinatele, friggetele, salatele alquanto e
mettetele da parte.
I finocchi lessateli, spremeteli
dall'acqua, tritateli minuti e metteteli da parte.
I maccheroni, dopo averli cotti così
interi nell'acqua salata, scolateli bene e mettete anche questi da parte.
Ponete al fuoco in un tegame dell'olio in abbondanza e in esso disfate le sei
acciughe, ben inteso dopo averle nettate e tolta la spina; versate in questa
salsa i finocchi, conditeli con poco sale e pepe e fateli bollire per dieci
minuti con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Ora che avete tutto
in pronto, prendete un piatto che regga al fuoco o una teglia e condite i
maccheroni a suolo a suolo con le sarde e con l'acciugata di finocchi in modo
che facciano la colma; metteteli a rosolare tra due fuochi e serviteli caldi.
Crederei dovessero bastare per sei o
sette persone.
89. GNOCCHI DI PATATE
La famiglia de' gnocchi è numerosa. Vi ho
già descritto gli gnocchi in brodo del n. 14: ora v'indicherò gli gnocchi di
patate e di farina gialla per minestra e più avanti quelli di semolino e alla
romana per tramesso o per contorno, e quelli di latte per dolce.
Patate grosse e gialle, grammi 400.
Farina di grano, grammi 150.
Vi noto la proporzione della farina per
intriderli, onde non avesse ad accadervi come ad una signora che, me presente,
appena affondato il mestolo per muoverli nella pentola non trovò più nulla; gli
gnocchi erano spariti. - O dov'erano andati? - mi domandò con premurosa
curiosità un'altra signora, a cui per ridere raccontai il fatto, credendo forse
che il folletto li avesse portati via.
- Non inarchi le ciglia, signora -
risposi io - ché lo strano fenomeno è naturale: quelli gnocchi erano stati
intrisi con poca farina e appena furono nell'acqua bollente si liquefecero.
Cuocete le patate nell'acqua o, meglio, a
vapore e, calde bollenti, spellatele e passatele per istaccio. Poi intridetele
colla detta farina e lavorate alquanto l'impasto colle mani, tirandolo a
cilindro sottile per poterlo tagliare a tocchetti lunghi tre centimetri circa.
Spolverizzateli leggermente di farina e, prendendoli uno alla volta, scavateli
col pollice sul rovescio di una grattugia. Metteteli a cuocere nell'acqua
salata per dieci minuti, levateli asciutti e conditeli con cacio, burro e sugo
di pomodoro, piacendovi.
Se li volete più delicati cuoceteli nel
latte e serviteli senza scolarli; se il latte è di buona qualità, all'infuori
del sale, non è necessario condimento alcuno o tutt'al più un pizzico di
parmigiano.
90. GNOCCHI DI FARINA GIALLA
Quando vi sentite una certa ripienezza
prodotta da esuberanza di nutrizione, se ricorrete a una minestra di questi
gnocchi potrete, per la loro leggerezza e poca sostanza, neutralizzarla; e più
ancora se farete seguire ad essa un piatto di pesce di facile digestione.
La farina, per quest'uso, è bene sia
macinata grossa; se no è meglio ricorrere al semolino fine di granturco, che
ora trovasi in commercio. Salate l'acqua e, quando bolle, versate colla mano
sinistra la farina un po' per volta e col mestolo nella destra, mescolate
continuamente. È necessario che questa farina bolla molto, e quando essa è
ristretta in modo da reggere bene sul mestolo, gettatela, con un coltello da
tavola, a tocchetti entro a un vassoio e ad ogni strato conditela con cacio,
burro, sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Colmatene il vassoio e
mandatela calda in tavola.
Se poi vi piacessero più conditi potete
trattarli come la polenta con le salsicce del n. 232 o come i maccheroni alla
bolognese del n. 87.
91. PAPPARDELLE ALL’ARETINA
Non ve le do come piatto fine, ma per
famiglia può andare.
Prendete un'anatra domestica, mettetela
in cazzaruola con un pezzetto di burro, conditela con sale e pepe e, quando
avrà preso colore, aggiungete un battuto, tritato ben fine, di prosciutto,
cipolla, sedano e carota. Lasciatelo struggere sotto l'anatra, rivoltandola
spesso; poi levate via buona parte dell'unto come cosa indigesta, e tiratela a
cottura con brodo ed acqua versata poca per volta, ma in quantità tale che vi
resti il sugo per condire la minestra di pappardelle.
Procuratevi un pezzetto di milza di
vitella o di manzo, apritela e raschiatene col coltello la parte interna per
metterla a bollire sotto l'anatra quando questa sarà cotta e servirà per
ingrediente al sugo a cui non sarà male aggiungere anche pomodoro e odore di
noce moscata. Tirate una sfoglia di tutte uova, grossetta come quella delle
tagliatelle e colla rotellina smerlata tagliate le strisce più larghe di un
dito. Cuocetele poco e conditele col detto sugo, col fegatino dell'anatra a
pezzetti, parmigiano e un poco di burro se occorre. Queste pappardelle servono
per minestra e l'anatra per secondo piatto.
92. PASTE ALLA CACCIATORA
Così chiamano in Toscana una minestra di
paste asciutte, (nocette, paternostri, penne e simili) condite con la carne
delle arzavole. Le arzavole sono uccelli di padule, dal piede palmato, dal
becco a spatola, somigliantissimi alle anatre se non che sono più piccole, da
pesare in natura grammi 250 a 300. Due di queste sono sufficienti per condire
una minestra di grammi 400 di pasta da bastare per quattro persone.
Gettate via la testa, le zampe, la
stizza, e gli intestini per farle bollire con un mazzetto guarnito di sedano,
carota e gambi di prezzemolo in tanta acqua salata che basti per cuocervi la
minestra. Cotte che sieno disossatele e tritatele con la lunetta insieme coi
fegatini e i ventrigli vuotati che avrete cotti con le arzavole. Cotta la pasta
nel detto brodo scolatela bene e conditela a suoli con questa carne tritata,
burro e parmigiano a buona misura.
Riesce una minestra gustosa e, ciò che
più conta, di non difficile digestione.
93. PASTE CON LE ARZAVOLE
La precedente minestra Paste alla
cacciatora mi ha suggerito questa che non riesce men buona. Prendete
un'arzavola e, vuotata e pulita come le suddette, mettetela a cuocere insieme
con un battuto di cipolla (un quarto o mezza se è piccola), un bel pezzo di
sedano, mezza carota, grammi 40 di prosciutto grasso e magro e un pezzetto di
burro; sale e pepe per condimento. Rosolata che sia, tiratela a cottura con del
buon brodo e un po' di sugo di pomodoro o conserva. Poi disossatela e tritatela
insieme con qualche pezzetto di funghi secchi, se li avete uniti all'arzavola
mentre cuoceva. Rimettete al fuoco questo intingolo con l'odore delle spezie o
della noce moscata e un pezzo di burro impiastricciato di farina per legarlo, e
con esso e parmigiano condite grammi 350 di paste che possono essere
maccheroni, strisce, denti di cavallo od altre simili.
Questa quantità può bastare per cinque
persone se non sono gran mangiatori.
Se unirete all'arzavola grammi 50 di
filetto di manzo avrete l'intingolo più sostanzioso.
Dopo aver lavato il coniglio, tagliatelo
a pezzi più grossi di quello da friggere e mettetelo al fuoco in una cazzaruola
per fargli far l'acqua che poi scolerete; quando sarà bene asciutto gettateci
un pezzetto di burro, un poco d'olio e un battuto tritato fine e composto del
fegato dell'animale, di un pezzetto di carnesecca e di tutti gli odori, cioè:
cipolla, sedano, carota e prezzemolo. Conditelo con sale e pepe. Rimuovetelo
spesso e quando sarà rosolato bagnatelo con acqua e sugo di pomodoro, o conserva,
per tirarlo a cottura, aggiungendo per ultimo un altro poco di burro.
Servitevi del sugo per condire con questo
e con parmigiano una minestra di pappardelle o di strisce, e mandate in tavola
per secondo piatto il coniglio con alcun poco del suo intinto.
Se non volete condir la minestra non
occorre nel battuto la carnesecca.
95. PAPPARDELLE COLLA LEPRE I
La carne della lepre, essendo arida e di
poco sapore, ha bisogno in questo caso, di venire sussidiata da un sugo di
carne di molta sostanza per ottenere una minestra signorile. Eccovi le dosi di
una minestra per cinque persone che, per tante, a mio avviso, deve bastare una
sfoglia di tre uova, tagliata a forma di pappardelle larghe un dito, con la
rotella smerlata, oppure per grammi 500 o 600 di strisce di pasta comprata.
I due filetti di una lepre, che possono
pesare in tutto grammi 180 a 200, compreso i rognoni
Burro, grammi 50.
Carnesecca, grammi 40.
Mezza cipolla di mediocre grandezza.
Mezza carota.
Un pezzo di sedano lungo un palmo.
Odore di noce moscata.
Parmigiano, quanto basta.
Una cucchiaiata di farina.
Sugo di carne, decilitri 6.
I filetti spellateli da quella pellicola
che li avvolge e tagliateli a piccoli dadi, poi fate un battuto con la
carnesecca, la cipolla, il sedano e la carota. Tritatelo ben fine con la
lunetta e mettetelo al fuoco con la terza parte del detto burro e con la carne
di lepre, condendola con sale e pepe. Quando la carne sarà rosolata, spargeteci
sopra la farina e poco dopo bagnatela e tiratela a cottura coi detto sugo. Prima
di servirvi di questo intingolo aggiungete il resto del burro e la noce
moscata.
Le pappardelle o strisce che siano, cotte
nell'acqua salata, levatele bene asciutte e conditele sul vassoio, senza
rimetterle al fuoco, con parmigiano e l'intingolo suddetto.
In mancanza dei filetti servitevi dei
coscetti.
96. PAPPARDELLE COLLA LEPRE II
Eccovi un'altra ricetta più semplice per
condire con la stessa quantità di carne di lepre la medesima quantità di paste.
Fate un battuto con grammi 50 di
prosciutto, più grasso che magro, un quarto di cipolla, sedano, carota e
pochissimo prezzemolo. Mettetelo al fuoco con grammi 40 di burro e quando avrà
soffritto, buttateci i pezzi della carne interi e conditeli con sale e pepe.
Fatela rosolare e poi, per cuocerla, bagnatela a poco a poco con brodo e sugo
di pomodoro o conserva, in modo che vi resti abbondante liquido; quando la
carne è cotta levatela asciutta e tritatela non tanto minuta con la lunetta.
Fate, come dicono i Francesi, un roux o,
come io direi, un intriso con grammi 30 di burro e una cucchiaiata di farina e
quando avrà preso sul fuoco il color biondo, versate nel medesimo la carne
tritata e il suo sugo, aggiungendo altri 30 grammi di burro e l'odore della
noce moscata; poi con quest'intingolo e con parmigiano condite la minestra. Non
mi rimproverate se in queste minestre v'indico spesso l'odore della noce
moscata. A me pare che ci stia bene; se poi non vi piace sapete quello che
avete a fare.
97. RAVIOLI
Ricotta, grammi 300.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Uova, n. 2.
Bietola cotta, quanta ne sta in un pugno. Odore di
noce moscata e spezie.
Sale, quanto basta.
La ricotta passatela, e se è sierosa strizzatela prima
in un tovagliuolo. La bietola nettatela dai gambi, lessatela senz'acqua,
strizzatela bene e tritatela fine colla lunetta Fate un impasto di tutto,
prendete il composto a cucchiaiate e mettendolo sopra a della farina, che
avrete distesa sulla spianatoia, avvolgetelo bene dandogli la forma tonda e
bislunga delle crocchette. Con questa dose farete circa due dozzine di ravioli.
Per cuocerli gettateli in acqua, non salata, che bolla forte e levateli colla
mestola forata perché restino asciutti. Conditeli o col sugo o a cacio e burro
e serviteli per minestra o per contorno a un umido di carne.
Siccome la cottura ne è sollecita, bastando che
assodino, cuoceteli pochi alla volta onde non si rompano.
98. RAVIOLI ALL’USO DI
ROMAGNA
I Romagnoli, per ragione del clima che richiede un
vitto di molta sostanza e un poco fors'anche per lunga consuetudine a cibi gravi,
hanno generalmente gli ortaggi cotti in quella grazia che si avrebbe il fumo
negli occhi, talché spesse volte ho udito nelle trattorie: - Cameriere, una
porzione di lesso; ma bada, senza spinaci. - Oppure: - Di questi (indicando gli
spinaci) ti puoi fare un impiastro sul sedere. - Esclusa quindi la bietola o
gli spinaci, eccovi la ricetta dei ravioli all'uso di Romagna:
Ricotta, grammi 150.
Farina, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova, uno e un rosso.
Sale, quanto basta.
Fate tutto un impasto e versatelo sulla spianatoia
sopra un velo di farina per dargli la forma cilindrica che taglie rete in
quattordici o quindici pezzi eguali foggiandoli a modo. Lessateli poi per due o
tre minuti in acqua non salata e conditeli con cacio e sugo di carne, oppure
serviteli per contorno a uno stracotto o a un fricandò.
99. RAVIOLI ALLA GENOVESE
Questi, veramente, non si dovrebbero chiamar ravioli,
perché i veri ravioli non si fanno di carne e non si involgono nella sfoglia.
Mezzo petto di cappone o di pollastra.
Un cervello d'agnello con alcune animelle
Un fegatino di pollo.
Mettete queste cose al fuoco con un pezzetto
di burro e quando cominciano a prender colore tiratele a cottura col sugo di
carne. Levatele asciutte e tritatele finissime colla lunetta insieme con una
fettina di prosciutto grasso e magro; poi aggiungete pochi spinaci lessati e
passati, parmigiano grattato, noce moscata e due rossi d'uovo. Mescolate, e
chiudeteli come i cappelletti all'uso di Romagna n. 7, o in modo più semplice;
con questa dose ne farete sessanta circa.
Cuoceteli nel brodo per minestra, o asciutti con cacio
e burro, oppure col sugo.
100. SPAGHETTI COLLE ACCIUGHE
Per minestra di magro è appetitosa. Prendete spaghetti
mezzani che sono da preferirsi a quelle corde da contrabbasso, eccellenti per
gli stomachi degli spaccalegne. Grammi 350 sono più che sufficienti per quattro
persone di pasto ordinario, e per questa quantità bastano cinque acciughe.
Lavatele, nettatele bene dalle spine e dalle lische,
tritatele alquanto colla lunetta e ponetele al fuoco con olio buono in
abbondanza e una presa di pepe. Non le fate bollire, ma quando cominciano a
scaldarsi aggiungete grammi 50 di burro, un poco di sugo di pomodoro o conserva
e levatele. Condite con questo intingolo gli spaghetti cotti in acqua poco
salata, procurando che restino durettini.
101. SPAGHETTI COI NASELLI
Spaghetti, grammi 500.
Naselli (merluzzi), grammi 300.
Burro, grammi 60.
Olio, cucchiaiate n. 4.
Marsala, cucchiaiate n. 4.
Odore di noce moscata.
Tritate una cipolla di mediocre grossezza e
strizzatela fra le mani per toglierle l'acredine. Mettetela al fuoco con l'olio
suddetto e quando comincia a rosolare gettateci i naselli tagliati a pezzi e
conditeli con sale e pepe. Rosolati che siano versate sugo di pomodoro, o
conserva sciolta nell'acqua per cuocerli, e poi passateli da uno staccio di fil
di ferro, bagnandoli con un poco di acqua calda se occorre, per estrarne tutta
la polpa. Rimettete il passato al fuoco col burro, la marsala, la noce moscata
e quando avrà alzato il bollore, se il sugo non avrà bisogno di essere
ristretto per ridurlo a giusta consistenza, condite con questo intingolo e
parmigiano gli spaghetti cotti in acqua salata.
È questa una dose per cinque persone ed è minestra che
piacerà perché non è un intruglio come sembrerebbe alla descrizione.
102. SPAGHETTI COL SUGO DI SEPPIE
Eccovi le norme approssimative per fare questa
minestra che basterà per cinque persone.
Prendete tre seppie di media grandezza, che potranno
pesare, in complesso, dai 650 ai 700 grammi. Spellatele e nettatele dall'osso,
dall'apparato della bocca, dagli occhi, dal tubo digerente e dall'inchiostro,
che alcuni lasciano, ma che io escludo perché mi sembra faccia bruttura. Fate
un battuto con grammi 100 di midolla di pane, un buon pizzico di prezzemolo e
uno spicchio d'aglio, unitevi i tentacoli, che sono due per ogni seppia,
tritati ben fini, conditelo con olio, sale e pepe a buona misura e con questo
riempite il sacco delle seppie cucendone la bocca. Tritate una cipolla di
mediocre grandezza, strizzatela per toglierne l'acredine e mettetela al fuoco
con olio, non molto però, e quando avrà preso colore gettateci le seppie e
conditele con sale e pepe. Aspettate che coloriscano per tirarle a cottura a
fuoco lento con molto sugo di pomodoro o conserva, aggiungendo acqua a poco per
volta. Fatele bollir tre ore, ma procurate che vi resti il sugo necessario per
condire con esso e con parmigiano grammi 500 di spaghetti i quali sentirete che
riescono piacevoli al gusto.
Le seppie, che in questo modo rimangono tenere e
perciò di non difficile digestione, servitele dopo come piatto di pesce in
umido.
103. SPAGHETTI DA QUARESIMA
Molti leggendo questa ricetta esclameranno: - Oh che
minestra ridicola! - eppure a me non dispiace; si usa in Romagna e, se la
servirete a dei giovanotti, sarete quasi certi del loro aggradimento.
Pestate delle noci framezzo a pangrattato, uniteci
dello zucchero a velo e l'odore delle spezie e, levati asciutti gli spaghetti
dall'acqua, conditeli prima con olio e pepe, poi con questo pesto a buona
misura.
Per grammi 400 di spaghetti, che possono bastare per
cinque persone:
Noci sgusciate, grammi 60.
Pangrattato, grammi 60.
Zucchero bianco a velo, grammi 30.
Spezie fini, un cucchiaino colmo.
104. SPAGHETTI ALLA RUSTICA
Gli antichi Romani lasciavano mangiare l'aglio
all'infima gente, e Alfonso re di Castiglia tanto l'odiava da infliggere una
punizione a chi fosse comparso a Corte col puzzo dell'aglio in bocca. Più saggi
gli antichi Egizi lo adoravano in forma di nume, forse perché ne avevano
sperimentate le medicinali virtù, e infatti si vuole che l'aglio sia di qualche
giovamento agl'isterici, che promuova la secrezione delle orine, rinforzi lo
stomaco, aiuti la digestione e, essendo anche vermifugo, serva di preservativo
contro le malattie epidemiche e pestilenziali. Però, ne' soffritti, state
attenti che non si cuocia troppo, ché allora prende assai di cattivo. Ci sono
molte persone, le quali, ignare della preparazione dei cibi, hanno in orrore
l'aglio per la sola ragione che lo sentono puzzare nel fiato di chi lo ha
mangiato crudo o mal preparato; quindi, quale condimento plebeo, lo bandiscono
affatto dalla loro cucina; ma questa fisima li priva di vivande igieniche e
gustose, come la seguente minestra, la quale spesso mi accomoda lo stomaco
quando l'ho disturbato. Fate un battutino con due spicchi d'aglio e un buon
pizzico di prezzemolo e l'odore del basilico se piace; mettetelo al fuoco con
olio a buona misura e appena l'aglio comincia a colorire gettate nel detto
battuto sei o sette pomodori a pezzi condendoli con sale e pepe. Quando saranno
ben cotti passatene il sugo, che potrà servire per quattro o cinque persone, e
col medesimo unito a parmigiano grattato, condite gli spaghetti, ossia i
vermicelli, asciutti, ma abbiate l'avvertenza di cuocerli poco, in molta acqua,
e di mandarli subito in tavola, onde non avendo tempo di succhiar l'umido,
restino succosi.
Anche le tagliatelle sono buonissime così condite.
105. SPAGHETTI COI PISELLI
È una minestra da famiglia, ma buona e
gustosa se preparata con attenzione; del resto queste minestre asciutte vengono
opportune per alternare con quell'eterno e spesso tiglioso e insipido lesso.
Spaghetti, grammi 500.
Piselli sgranati, grammi 500.
Carnesecca, grammi 70.
Fate un battuto con la suddetta carnesecca, una
cipolla novellina, un aglio fresco e qualche costola di sedano e prezzemolo.
Mettetelo al fuoco con olio e, quando comincia a prender colore, versate i
piselli insieme con qualche gambo di aneto tritato, se lo avete; conditeli con
sale e pepe e cuoceteli.
Gli spaghetti tritateli con le mani per ridurli corti
meno di mezzo dito, cuoceteli nell'acqua salata, scolateli bene, mescolateli
coi piselli e serviteli con parmigiano a parte.
Questa quantità potrà bastare per sei o sette persone.
106. SPAGHETTI CON LA BALSAMELLA
Tolti asciutti dall'acqua e conditi sul vassoio con
parmigiano e burro, né più né meno come siete soliti a fare, versateci sopra,
se gli spaghetti fossero grammi 300, una balsamella composta di
Latte molto buono decilitri n. 3.
Burro, grammi 20.
Farina, grammi 5 che corrispondono a una mezza
cucchiaiata.
È una minestra che potrà bastare a quattro
persone.
107. MINESTRA DI ERBE PASSATE
Prendete un mazzo di bietola, uno di spinaci, un cesto
(cespo) di lattuga e uno spicchio di cavolo cappuccio. Alla bietola togliete le
costole più grosse, trinciate tutte queste erbe all'ingrosso e tenetele per
alcune ore nell'acqua fresca.
Fate un battuto con un quarto di cipolla e tutti gli
odori, cioè, prezzemolo, sedano, carota e qualche foglia di basilico, oppure di
aneto; mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro e quando sarà ben colorito,
versate sul medesimo le dette erbe alquanto grondanti, insieme con alcuni
pomodori a pezzi e con una patata tagliata a fette. Condite con sale e pepe e
lasciate bollire rimescolando spesso. Quando le erbe saranno ristrette, versate
acqua calda e fatele cuocer tanto che divengan disfatte. Allora passatele per
istaccio, sul quale rimarrà lo scarto di bucce e filamenti, e servitevi del
sugo passato per cuocervi del riso o per bagnare una zuppa; ma prima
assaggiatelo, per aggiungere condimento, e specialmente del burro, che sarà
quasi sempre necessario.
Le dette minestre servitele con parmigiano a parte, ma
vi prevengo di non tenerle troppo dense onde non sembrino impiastri.
PRINCIPII
Principii o antipasto sono propriamente quelle cosette
appetitose che s'imbandiscono per mangiarle o dopo la minestra, come si usa in
Toscana, cosa che mi sembra più ragionevole, o prima, come si pratica in altre
parti d'Italia. Le ostriche, i salumi, tanto di grasso, come prosciutto,
salame, mortadella, lingua; quanto di magro: acciughe, sardine, caviale,
mosciame (che è la schiena salata del tonno), ecc., possono servire da
principio tanto soli che accompagnati col burro. Oltre a ciò i crostini, che vi
descriverò qui appresso, servono benissimo all'uopo.
108. CROSTINI DI CAPPERI
Capperi sotto aceto, grammi 50.
Zucchero in polvere, grammi 50.
Uva passolina, grammi 30.
Pinoli, grammi 20.
Candito, grammi 20.
I capperi tritateli all'ingrosso, l'uva passolina
nettatela dai gambi e lavatela bene, i pinoli tagliateli per traverso in tre
parti, il prosciutto foggiatelo a piccolissimi dadi e il candito riducetelo a
pezzettini. Mettete al fuoco, in una piccola cazzaruola, un cucchiaino colmo di
farina e due del detto zucchero e quando questa miscela avrà preso il color
marrone, versate nella medesima mezzo bicchier d'acqua mista a pochissimo
aceto. Quando avrà bollito tanto che i grumi siensi sciolti, gettate nella
cazzaruola tutti gli ingredienti in una volta e fateli bollire per dieci
minuti, assaggiandoli nel frattempo, per sentire se il sapore dolce e forte sta
bene; non v'ho precisato la quantità di aceto necessaria, perché tutte le
qualità di aceto non hanno la stessa forza. Quando il composto è ancora caldo
distendetelo sopra fettine di pane fritte in olio buono o semplicemente
arrostite appena. Potete servire questi crostini diacci anche a metà del
pranzo, per eccitare l'appetito dei vostri commensali. Il miglior pane per
questi crostini è quello in forma all'uso inglese.
109. CROSTINI DI TARTUFI
Prendete a preferenza i bastoncini di pane e
tagliateli a fette diagonali: in mancanza di essi preparate fettine di pane a
forma elegante, arrostitele appena e così a bollore ungetele col burro. Sopra
di esse distendete i tartufi preparati nel modo descritto al n. 269 e bagnateli
coll'intinto che resta.
110. CROSTINI DI FEGATINI DI POLLO
Sapete già che ai fegatini va levata la vescichetta
del fiele senza romperla, operazione questa che eseguirete meglio operando
dentro a una catinella d'acqua. Mettete i fegatini al fuoco insieme con un
battutino composto di uno scalogno, e in mancanza di questo di uno spicchio di
cipollina bianca, un pezzetto di grasso di prosciutto, alcune foglie di
prezzemolo, sedano e carota, un poco d'olio e di burro, sale e pepe; ma ogni
cosa in poca quantità per non rendere il composto piccante o nauseante. A mezza
cottura levate i fegatini asciutti e, con due o tre pezzi di funghi secchi
rammolliti, tritateli fini colla lunetta. Rimetteteli al fuoco nell'intinto
rimasto della mezza cottura e con un poco di brodo finite di cuocerli, ma prima
di servirvene legateli con un pizzico di pangrattato fine e uniteci un po'
d'agro di limone.
Vi avverto che questi crostini devono esser teneri e
però fate il composto alquanto liquido, oppure intingete prima, appena appena,
le fettine di pane nel brodo.
111. CROSTINI DI FEGATINI DI POLLO CON LA SALVIA
Fate un battutino con pochissima cipolla e prosciutto
grasso e magro. Mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro e quando sarà ben
rosolato gettateci i fegatini tritati fini insieme con delle foglie di salvia
(quattro o cinque per tre fegatini potranno bastare). Conditeli con sale e pepe
e, tirato che abbiano l'umido, aggiungete un altro poco di burro e legateli con
un cucchiaino di farina; poi bagnateli col brodo per cuocerli, ma prima di
ritirarli dal fuoco versateci tre o quattro cucchiaini di parmigiano grattato e
assaggiateli se stanno bene di condimento.
I crostini formateli di midolla di pane raffermo,
grossi poco meno di un centimetro e spalmateli generosamente da una sola parte
col composto quando non sarà più a bollore. Dopo diverse ore, allorché sarete
per servirli, o soli o per contorno all'arrosto, frullate un uovo misto a un
gocciolo d'acqua e, prendendo i crostini a uno a uno, fate loro toccar la
farina dalla sola parte del composto, poi immergeteli nell'uovo e buttateli in
padella dalla parte del composto medesimo.
112. CROSTINI DI BECCACCIA
Sbuzzate le beccacce e levatene le interiora gettando
via soltanto la estremità del budello che confina coll'ano. Unite alle medesime
i ventrigli, senza vuotarli; qualche foglia di prezzemolo e la polpa di due
acciughe per ogni tre interiora. Sale non occorre. Tritate il tutto ben fine
colla lunetta, poi mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro e una presa di
pepe, bagnandolo con sugo di carne.
Spalmate con questo composto fettine di pane a forma
gentile, arrostite appena, e mandate questi crostini in tavola accompagnati
dalle beccacce che avrete cotto arrosto con qualche ciocchettina di salvia e
fasciate con una fetta sottile di lardone.
113. CROSTINI DIVERSI
Il pane che meglio si presta per questi crostini è
quello bianco fine, in forma, all'uso inglese. Non avendone, prendete pane di
un giorno, con molta midolla, e riducetelo a fette quadre, grosse un
centimetro, che spalmerete co' seguenti composti ridotti come ad unguento:
CROSTINI DI CAVIALE. Tanto caviale e tanto burro
mescolati insieme; e se il caviale è duro lavorateli un poco al fuoco, con un
mestolo, a moderato calore.
Se invece del burro vorrete servirvi di olio,
aggiungete qualche goccia d'agro di limone e immedesimate bene i tre
ingredienti.
CROSTINI DI ACCIUGHE. Lavate le acciughe e togliete
loro la spina e le lische; poi tritatele colla lunetta, aggiungete burro in
proporzione, e stiacciate il composto con la lama di un coltello da tavola per
ridurlo una pasta omogenea.
CROSTINI DI CAVIALE, ACCIUGHE E BURRO. Mi servirei
delle seguenti proporzioni, salvo a modificarle secondo il gusto:
Burro, grammi 60.
Caviale, grammi 40.
Acciughe, grammi 20.
Fate un miscuglio di tutto e lavoratelo per ridurlo fine
e liscio.
114. SANDWICHS
Possono servir di principio alla colazione o di
accompagnamento a una tazza di the. Prendete pane finissimo di un giorno, o
pane di segale, levategli la corteccia e tagliatelo a fettine grosse mezzo
centimetro e all'incirca lunghe 6 e larghe 4. Spalmatele di burro fresco da una
sola parte e appiccicatele insieme mettendovi framezzo una fetta sottile o di
prosciutto cotto grasso e magro, o di lingua salata.
115. CROSTINI DI FEGATINI E ACCIUGHE
Fegatini di pollo, n. 2.
Acciughe, n. 1.
Cuocete i fegatini nel burro e quando
l'avranno tirato bagnateli con brodo; unite una presa di pepe, ma punto sale.
Quando sono cotti tritateli fini insieme coll'acciuga lavata e nettata; poi
rimettete il battuto nel tegamino dove sono stati cotti i fegatini, aggiungete
un altro po' di burro, scaldate il composto al fuoco senza farlo bollire, e
spalmate con esso delle fettine di midolla di pane fresco.
116. CROSTINI DI MILZA
Milza di castrato, grammi 120.
Acciughe, n. 2.
Levate la pelle alla milza e cuocetela col burro e
sugo di carne. In mancanza di questo, servitevi di un battutino di poca
cipolla, olio, burro, sale, pepe e spezie per condimento. Tritate poi ben fine
questi ingredienti insieme colle acciughe, rimetteteli al fuoco nell'intinto
che resta, unendovi un cucchiaino di pangrattato per legarli insieme, e, senza
farli più bollire, spalmate con essi delle fettine di pane, fatte prima
asciugare al fuoco senz'arrostire ed unte col burro.
117. CROSTINI FIORITI
Questi crostini sono di facile fattura, belli a
vedersi e discretamente buoni.
Tagliate della midolla di pane finissimo alla
grossezza di un centimetro, dandole la forma di mandorle o di quadretti.
Spalmateli di burro fresco e distendeteci sopra due o tre foglie di prezzemolo,
contornandole con filetti di acciuga, in forma di biscioline.
118. BACCALÀ MONTEBIANCO
Com'è bizzarra la nomenclatura della cucina! Perché
montebianco e non montegiallo, come apparisce dal suo colore quando questo
piatto è formato? E i Francesi come hanno potuto, facendosi belli di un
traslato de' più arditi, stiracchiare il vocabolo corrispondente in Brandade
de morue? Brandade, dicono essi, deriva da brandir, muovere,
scuotere, vibrare una spada, un'alabarda, una lancia ed armi simili, e infatti
qui si brandisce; ma che cosa? Un povero mestolo di legno. Non si può negare
che i Francesi non sieno ingegnosi in tutto!
Comunque sia, è un piatto che merita tutta la vostra
attenzione, perché il baccalà così trattato perde la sua natura triviale e
diventa gentile in modo da poter figurare, come principio o tramesso, in una
tavola signorile.
Baccalà polputo, ammollito, grammi 500.
Olio sopraffino, grammi 200.
Panna o latte eccellente, decilitri l.
La detta quantità nettata dalla spina, dalle lische,
dalla pelle e dai nerbetti, che si presentano come fili, rimarrà al pulito
grammi 340 circa.
Dopo averlo così curato, pestatelo nel mortaio e poi
ponetelo in una cazzaruola, insieme con la panna, sopra a un fuoco non troppo
ardente, rimestando continuamente. Quando avrà assorbito la panna, o latte che
sia, cominciate a versar l'olio a centellini per volta, come fareste per la
maionese, sempre lavorandolo molto con l'arma brandita, cioè col
mestolo, onde si affini e non impazzisca. Levatelo quando vi parrà cotto al
punto e servitelo freddo con un contorno di tartufi crudi tagliati a fette
sottilissime, oppure con crostini di pane fritto, o crostini di caviale. Se è
venuto bene non deve ributtar l'olio quando è nel piatto.
Questa quantità potrà bastare per otto persone.
SALSE
La migliore salsa che possiate offrire ai vostri
invitati è un buon viso e una schietta cordialità. Brillat Savarin diceva:
“Invitare qualcuno è lo stesso che incaricarsi della sua felicità per tutto il
tempo che dimora sotto il vostro tetto”.
Le poche ore che vorreste rendere piacevoli all'amico
ospitato, vengono oggigiorno preventivamente turbate da certe cattive usanze
che cominciano ad introdursi e minacciano di generalizzarsi; intendo della così
detta visita di digestione entro gli otto giorni e della mancia ai
servitori della casa per un pranzo ricevuto. Quando si abbia a spendere per un
pranzo, meglio è di pagarlo al trattore, che così non si contraggono obblighi
con nessuno; di più, quella seccatura di una visita a termine fisso e a rima
obbligata, che non parte spontanea dal cuore, è una vera balordaggine.
119. SALSA VERDE
Per fare la salsa verde, tritate tutto insieme colla
lunetta, capperi spremuti dall'aceto, un'acciuga, poca cipolla e pochissimo
aglio. Stiacciate il composto colla lama di un coltello per renderlo fine e
ponetelo in una salsiera. Aggiungete una buona dose di prezzemolo, tritato con
qualche foglia di basilico, e sciogliete il tutto, con olio fine e agro di
limone. Questa salsa si presta bene coi lessi di pollo o di pesce freddi, e
colle uova sode o affogate.
Mancando i capperi, possono servire i peperoni.
120. SALSA VERDE, CHE I FRANCESI CHIAMANO “SAUCE
RAVIGOTE”
Questa salsa merita di far parte della cucina italiana
perché si presta bene a condire il pesce lesso, le uova affogate ed altre
simili cose.
Si compone di prezzemolo, basilico, cerfoglio,
pimpinella, detta anche salvestrella, di qualche foglia di sedano, di due o tre
scalogni e, in mancanza di questi, una cipollina. Poi un'acciuga o due se sono
piccole, e capperi indolciti. Tritate ogni cosa ben fine, oppure pestatela e
passatela dallo staccio, indi mettetela in una salsiera con un rosso d'uovo
crudo, conditela con olio, aceto, sale e pepe; mescolatela bene e servitela. Io
la compongo con grammi 20 di capperi, il rosso dell'uovo e tutto il resto a
discrezione.
121. SALSA DI CAPPERI E ACCIUGHE
Questa salsa, alquanto ribelle agli stomachi deboli,
si usa ordinariamente colla bistecca. Prendete un pizzico di capperi indolciti,
spremeteli dall'aceto e tritateli colla lunetta insieme con un'acciuga che
avrete prima nettata dalle scaglie e dalla spina. Mettete questo battuto a
scaldare al fuoco con dell'olio, e versatelo sulla bistecca che appena levata
dalla gratella, avrete condita con sale e pepe ed unta col burro; in questo
caso, però, ungetela poco, perché altrimenti il burro farebbe, nello stomaco,
a’ pugni coll'aceto dei capperi.
122. SALSA DI MAGRO PER PASTE ASCIUTTE
Questa salsa, se mi fosse lecito fare un paragone tra
i due sensi della vista e del palato, la rassomiglierei ad una di quelle
giovani donne la cui fisionomia non avventa, né vi colpisce; ma che, osservata
bene, può entrarvi in grazia pe' suoi lineamenti delicati e modesti.
Spaghetti, grammi 500.
Funghi freschi, grammi 100.
Burro, grammi 70.
Pinoli, grammi 60.
Acciughe salate, n. 6.
Pomodori, n. 7 o 8
Un quarto di una grossa cipolla.
Farina, un cucchiaino.
Ponete in una cazzaruola la metà del burro e
con esso rosolate i pinoli: levateli asciutti e pestateli in un mortaio
coll'indicata farina. Trinciate la cipolla ben fine, mettetela nell'intinto
rimasto e quando avrà preso molto colore buttateci i pomodori a pezzi,
conditeli con pepe e poco sale, e quando saranno cotti passateli. Rimettete il
sugo al fuoco coi funghi tagliati a fettine, sottili non più grandi di un seme
di zucca, la pasta dei pinoli che prima potete sciogliere con un po' d'acqua, e
il resto del burro. Fate bollire per mezz'ora aggiungendo acqua per render la
salsa più liquida, e per ultimo sciogliete le acciughe al fuoco con un poco di
questa salsa, senza farle bollire, ed unitele alla medesima.
Levate gli spaghetti asciutti, conditeli con questa
salsa e se li volete migliori aggiungete del parmigiano.
Bastano per cinque persone.
123. SALSA ALLA MAÎTRE D’HÔTEL
Sentite che nome ampolloso per una briccica da nulla!
Ma pure i Francesi si sono arrogati il diritto in
questo e in altre cose di dettar legge; l'uso ha prevalso, ed è giocoforza subirlo.
Anche questa è una salsa che serve per la bistecca. Tritate un pizzico di
prezzemolo e per levargli l'acredine (come suggerisce qualcuno) mettetelo entro
la punta di un tovagliuolo e spremetelo leggermente nell'acqua fresca. Poi
formatene un impasto con burro, sale, pepe e agro di limone; mettetelo sopra al
fuoco in una teglia o in un piatto e, senza farlo bollire, intingetevi la
bistecca quando la levate dalla gratella, oppure delle cotolette fritte.
124. SALSA BIANCA
È una salsa da servire cogli sparagi lessati, o col
cavolfiore.
Burro, grammi 100.
Farina, una cucchiaiata.
Aceto, una cucchiaiata.
Un rosso d'uovo.
Sale e pepe.
Brodo o acqua, quanto basta
Mettete prima al fuoco la farina colla metà
del burro e quando avrà preso il color nocciuola versate il brodo o l'acqua a
poco per volta girando il mestolo e, senza farla troppo bollire, aggiungete il
resto del burro e l'aceto. Tolta dal fuoco, scioglieteci il rosso d'uovo e
servitela. La sua consistenza dev'essere eguale a quella della crema fatta
senza farina. Per un mazzo comune di sparagi possono bastare grammi 70 di burro
colla farina e l'aceto in proporzione.
125. SALSA DI POMODORO
C'era un prete in una città di Romagna che cacciava il
naso per tutto e, introducendosi nelle famiglie, in ogni affare domestico
voleva metter lo zampino. Era, d'altra parte, un onest'uomo e poiché dal suo
zelo scaturiva del bene più che del male, lo lasciavano fare; ma il popolo
arguto lo aveva battezzato Don Pomodoro, per indicare che i pomodori
entrano per tutto; quindi una buona salsa di questo frutto sarà nella cucina un
aiuto pregevole.
Fate un battuto con un quarto di cipolla, uno spicchio
d'aglio, un pezzo di sedano lungo un dito, alcune foglie di basilico e
prezzemolo a sufficienza. Conditelo con un poco d'olio, sale e pepe, spezzate
sette o otto pomodori, e mettete al fuoco ogni cosa insieme. Mescolate di
quando in quando e allorché vedrete il sugo condensato come una crema liquida,
passatelo dallo staccio e servitevene.
Questa salsa si presta a moltissimi usi, come
v'indicherò a suo luogo; è buona col lesso, è ottima per aggraziare le paste
asciutte condite a cacio e burro, come anche per fare il risotto n. 77.
126. SALSA MAIONESE
Questa è una delle migliori salse, specialmente per
condire il pesce lesso. Ponete in una ciotola due torli d'uovo crudi e freschi
e, dopo averli frullati alquanto, lasciate cadere sui medesimi a poco per volta
e quasi a goccia a goccia, specialmente da principio, sei o sette cucchiaiate
od anche più, se lo assorbono, d'olio d'oliva; quindi fate loro assorbire il
sugo di un limone. Se la salsa riesce bene deve avere l'apparenza di una densa
crema; ma occorre lavorarla per più di 20 minuti.
Per ultimo conditela con sale e pepe bianco a buona
misura.
Per essere più sicuri dell'esito, ai due rossi d'uovo
crudi si usa aggiungerne un altro assodato.
127. SALSA PICCANTE I
Prendete due cucchiaiate di capperi sotto aceto, due
acciughe e un pizzico di prezzemolo. Tritate finissimo ogni cosa insieme e
ponete questo battuto in una salsiera con un'abbondante presa di pepe e molto
olio. Se non riuscisse acida abbastanza, aggiungete aceto o agro di limone, e
servitela col pesce lesso.
128. SALSA PICCANTE II
Fate un battutino trinciato ben fine con poca cipolla,
prezzemolo, qualche foglia di basilico, prosciutto tutto magro e capperi
spremuti dall'aceto. Mettetelo al fuoco con olio buono, fatelo bollire adagio e
quando la cipolla sarà rosolata fermatelo con un poco di brodo. Lasciatelo dare
ancora qualche bollore, poi levatelo aggiungendovi una o due acciughe tritate e
agro di limone.
Questa salsa può servire per le uova affogate, per le
bistecche, le quali in questo caso non occorre salare, ed anche per le cotolette.
129. SALSA GIALLA PER PESCE LESSO
La seguente dose potrà bastare per un pezzo di pesce a
taglio o per un pesce intero del peso di grammi 300 a 400.
Mettete al fuoco in una piccola cazzaruola grammi 20
di burro con un cucchiaino colmo di farina e dopo che questa avrà preso il
color nocciuola, versatele sopra a poco per volta due ramaiuoli di brodo del
pesce medesimo. Quando vedrete che la farina, nel bollire, non ricresce più,
ritirate la salsa dal fuoco e versateci due cucchiaiate d'olio e un rosso
d'uovo, mescolando bene. Per ultimo aggiungete l'agro di mezzo limone, sale e
pepe a buona misura. Lasciatela diacciare e poi versatela sopra il pesce che
manderete in tavola contornato di prezzemolo naturale.
Questa salsa deve avere l'apparenza di una crema non
tanto liquida per restare attaccata al pesce. Sentirete che è buona e delicata.
Per chi non ama il pesce diaccio servitela calda.
130. SALSA OLANDESE
Burro, grammi 70.
Rossi d'uovo, n. 2.
Agro di limone, una cucchiaiata.
Acqua, un mezzo guscio d'uovo.
Sale e pepe.
Sciogliete il burro a parte senza scaldarlo troppo.
Mettete i rossi coll'acqua
in una bacinella, e sopra a un fuoco leggiero o sull'orlo del fornello
cominciate a batterli con la frusta e a un po' per volta versate il burro;
quando il composto si sarà condensato aggiungete il limone e per ultimo il sale
e il pepe.
Va preparata al momento di servirla; è una salsa
delicata per pesce lesso o per altra cosa consimile, e sarà sufficiente per un
quantitativo di grammi 500 circa.
131. SALSA PER PESCE IN GRATELLA
Questa salsa, semplice, ma buona e sana, si compone di
rossi d'uovo, acciughe salate, olio fine e agro di limone. Fate bollire le uova
col guscio per 10 minuti e per ogni rosso d'uovo così assodato prendete un'acciuga
grossa o due piccole. Levate loro la spina e passatele dallo staccio insieme
coi rossi, poi diluite il composto coll'olio e il limone per ridurlo come una
crema. Coprite con questa salsa il pesce già cotto in gratella, prima di
mandarlo in tavola, oppure servitela a parte in una salsiera.
132. SALSA CON CAPPERI PER PESCE LESSO
Burro, grammi 50.
Capperi spremuti dall'aceto, grammi 50.
Farina, un cucchiaino colmo.
Sale, pepe e aceto.
Questa dose basta per un pesce di circa
grammi 500. Il burro come sostanza grassa, è già per sé stesso un condimento
non confacente a tutti gli stomachi, specialmente quando è soffritto; quando
poi si unisce agli acidi, come in questo e in altri casi consimili, si rende
spesso ribelle agli stomachi che non sieno a tutta prova.
Cuocete il pesce e, mentre lo lasciate in caldo nel
suo brodo, preparate la salsa. Ponete al fuoco la farina colla metà del burro,
mescolate, e quando comincia a prender colore aggiungete il burro rimasto.
Lasciate bollire un poco e poi versate un ramaiuolo di
brodo del pesce; condite abbondantemente con sale e pepe e ritirate la
cazzaruola dal fuoco. Gettateci allora i capperi metà interi e metà tritati,
più un gocciolo d'aceto; ma assaggiate per dosare la salsa in modo che riesca
di buon gusto e della densità di una crema liquida.
Collocate il pesce asciutto e caldo entro a un
vassoio, versategli sopra la salsa, calda anch'essa, contornatelo di prezzemolo
intero e servitelo.
133. SALSA TONNATA
È una salsa da potersi servire coi lessi
tanto di carne che di pesce.
Tonno sott'olio, grammi 50.
Capperi spremuti dall'aceto, grammi 50.
Acciughe, n. 2.
Rossi d'uova sode, n. 2.
Un buon pizzico di prezzemolo.
L'agro di mezzo limone.
Una presa di pepe. olio, quanto basta.
Nettate le acciughe e poi tritatele con la lunetta
insieme col tonno, i capperi e il prezzemolo; pestateli dopo nel mortaio coi
rossi d'uovo e qualche poco d'olio per rammorbidire il composto e poterlo
passar meglio dallo staccio. Indi diluitelo con molt'olio e il sugo di limone,
per ridurlo come una crema liquida.
134. SALSA GENOVESE PER PESCE LESSO
Pinoli, grammi 40.
Capperi spremuti dall'aceto, grammi 15.
Un'acciuga salata.
Un rosso d'uovo sodo.
La polpa di tre olive in salamoia.
Mezzo spicchio d'aglio.
Un buon pizzico di prezzemolo, non esclusi i gambi.
Una midolla di pane grossa quanto un uovo, inzuppata
nell'aceto.
Una presa di sale ed una di pepe.
Tritate finissimo con la lunetta il
prezzemolo e l'aglio e poi mettete questi e tutto il resto in un mortaio e dopo
aver ridotto il composto finissimo passatelo dallo staccio e diluitelo con
grammi 60 d'olio e un gocciolo d'aceto; ma assaggiatelo prima per dosarlo
giusto. È una salsa eccellente e bastante a grammi 600 di pesce.
135. SALSA DEL PAPA
Non crediate che questa salsa prenda il nome dal Papa
del Vaticano, ritenendola perciò una delizia in ghiottoneria; nonostante è
discretamente buona per condire le cotolette fritte.
Prendete un pugnello di capperi e spremeteli
dall'aceto; prendete tante olive indolcite che levando loro il nocciolo
riescano in quantità eguale ai capperi e tritate gli uni e le altre minutamente
colla lunetta. Mettete al fuoco un battutino di cipolla tritata fine con un
pezzetto di burro e quando avrà preso colore, bagnatelo a poco per volta con
acqua perché si disfaccia. Versateci dentro il miscuglio di capperi e olive e
fate bollire alquanto; unite infine un gocciolo d'aceto, una presa di farina e
un altro pezzetto di burro. Per ultimo aggiungete un'acciuga tritata, e senza
più far bollire la salsa, servitela.
136. SALSA TARTUFATA
Fate un battutino ben trito con un pezzetto di cipolla
grosso quanto una noce, mezzo spicchio d'aglio e un poco di prezzemolo.
Mettetelo al fuoco con grammi 20 di burro e quando avrà preso colore versateci
due dita di marsala o di vino bianco nel quale avrete prima stemperato un
cucchiaino colmo di farina. Condite la salsa con una presa di sale, una di pepe
e una di spezie e rimuovetela sempre col mestolo.
Quando la farina avrà legato, aggiungete un poco di
brodo e poi gettate in questa salsa fettine sottilissime di tartufi. Lasciatela
ancora un momento sul fuoco e servitevene per guarnire cotolette di
vitella di latte fritte, bistecche o altra carne arrostita.
Vi avverto, che il vino, come condimento, non si confà
a tutti gli stomachi.
137. BALSAMELLA
Questa salsa equivale alla béchamel dei
Francesi, se non che quella è più complicata.
Ponete al fuoco in una cazzaruola una cucchiaiata di
farina e un pezzo di burro del volume di un uovo. Servitevi di un mestolo per
isciogliere il burro e la farina insieme e quando questa comincia a prendere il
colore nocciuola, versateci a poco per volta mezzo litro di latte del migliore,
girando continuamente il mestolo finché non vedrete il liquido condensato come
una crema di color latteo. Questa è la balsamella. Se verrà troppo soda
aggiungete del latte, se troppo liquida rimettetela al fuoco con un altro
pezzetto di burro intriso di farina. La dose è abbondante, ma potete
proporzionarla secondo i casi.
Una buona balsamella e un sugo di carne tirato
a dovere, sono la base, il segreto principale della cucina fine.
138. SALSA DI PEPERONI
Prendete peperoni grossi e verdi, apriteli, nettateli
dai semi e tagliateli per il lungo in quattro o cinque strisce. Date loro una
piccola scottatura in padella con poco olio per poterli sbucciare. Dopo
sbucciati, mettete al fuoco uno spicchio d'aglio tritato fine con olio e burro
e quando sarà rosolato gettatevi i peperoni, salateli, lasciateli tirare un
poco il sapore ed aggiungete sugo di pomodoro.
Non cuoceteli troppo perché perderebbero il loro
piccante, che è quello che dà grazia, e serviteli col lesso.
UOVA
Le uova, dopo la carne, tengono il primo posto fra le
sostanze nutritive. L'illustre fisiologo Maurizio Schiff, quando teneva
cattedra a Firenze, dimostrava che la chiara è più nutriente del torlo, il
quale è composto di sostanze grasse e che le uova crude o pochissimo cotte sono
meno facili a digerirsi delle altre, perché lo stomaco deve fare due operazioni
invece di una: la prima di coagularle, la seconda di elaborarle per disporle
all'assimilazione. Meglio è dunque attenersi alla via di mezzo, e cioè: né
poco, né troppo cotte.
La primavera è la stagione in cui le uova sono di più
grato sapore. Le uova fresche si danno a bere alle puerpere e il popolo giudica
sia cibo conveniente anche agli sposi novelli.
Ci fu una volta il figlio di un locandiere da me
conosciuto, un giovinastro grande, grosso e minchione, il quale essendosi
sciupata la salute nel vizio, ricorse al medico che gli ordinò due uova fresche
a bere ogni mattina. Datosi il caso favorevole e sfavorevole, insieme, che
nella locanda v'era un grande pollaio, ivi si recava e beveva le uova appena
uscite dalla gallina; ma, come accade, il tempo dando consiglio, dopo qualche
giorno di questa cura il baccellone cominciò a ragionare: “Se due uova fanno
bene, quattro faranno meglio” e giù quattro uova. Poi: “Se quattro fanno bene,
sei faranno meglio che mai” e giù sei uova per mattina; e con questo crescendo
arrivò fino al numero di dodici o quattordici al giorno; ma finalmente gli
fecero fogo, e un forte gastricismo lo tenne in letto non so quanto tempo a
covar le uova bevute.
139. UOVA A BERE E SODE
Le uova a bere fatele bollire due minuti, le uova sode
dieci, cominciando a contare dal momento che le gettate nell'acqua bollente; se
vi piacciono bazzotte, bastano sei o sette minuti, e in ambedue i casi, appena
tolte dal fuoco, le metterete nell'acqua fredda.
140. UOVA AFFOGATE
Scocciatele quando l'acqua bolle e fatele cadere da
poca altezza. Quando la chiara è ben rappresa e il torlo non è più tremolante,
levatele con la mestola forata e conditele con sale, pepe, cacio e burro. Se ci
volete una salsa può servire quella di pomodoro, la salsa verde del n. 119,
quella del n. 127, oppure una appositamente fatta che comporrete disfacendo
un'acciuga nel burro caldo e aggiungendovi capperi spremuti dall'aceto e
alquanto tritati; ma questa salsa non è per tutti gli stomachi.
Ho veduto servirle anche sopra uno strato, alto un
dito, di purè di patate, oppure sopra spinaci rifatti al burro.
141. UOVA STRACCIATE
Questo è un piatto di compenso o da servirsi
per principio a una colazione, ed è dose bastevole per tre persone.
Uova, n. 4.
Burro, grammi 40.
Panna, un decilitro.
Mettete il burro al fuoco e quando soffrigge versate
le uova frullate, conditele con sale e pepe e girando sempre il mestolo, unite
la panna a poco per volta. Assodato che sia il composto, coprite con esso tre
fette di pane arrostito, grosse quasi un dito e senza corteccia, che avrete
disposte prima sopra un vassoio, dopo averle unte calde col burro.
Spolverizzatele sopra di cacio parmigiano e mandatele
in tavola.
142. ROSSI D’UOVO AL CANAPÈ
Come mi ripugna di dare alle pietanze questi titoli
stupidi e spesso ridicoli! Ma è giuocoforza seguire l'uso comune per farsi
intendere.
È un piatto da servire per principio a una colazione,
se prendete norma da questa ricetta, che fu servita a cinque persone. Formate
cinque fette di midolla di pane quadrate, grosse un dito abbondante, larghe
quasi quanto la palma di una mano e fate ad ognuna una buca nel mezzo, ma che
non isfondi; soffriggetele nel burro e collocatele in un vassoio che regga al
fuoco. Ponete nella buca di ognuna un rosso d'uovo crudo ed intero e poi fate
una balsamella con decilitri tre scarsi di latte, grammi 40 di farina e
grammi 40 di burro. Tolta dal fuoco aggiungeteci tre cucchiaiate colme di
parmigiano, l'odore della cannella o della noce moscata e salatela. Lasciatela
freddare e poi versatela sul vassoio per coprire i rossi d'uovo e i crostoni.
Rosolatela alquanto sotto il coperchio del forno da campagna in modo che non
induriscano troppo le uova, e mandatela calda in tavola.
Dove si trova il pane inglese, cotto in forma, meglio
è servirsi di questo.
143. UOVA RIPIENE I
Dopo avere assodate le uova come quelle del n. 139
tagliatele a metà per il lungo ed estraetene i rossi. Prendete un'acciuga per
ogni due uova, lavatele, nettatele dalla spina, e tritatele con poco prezzemolo
e pochissima cipolla; uniteci poi i rossi e tanto burro da potere, con la lama
di un coltello, impastare ogni cosa insieme. Con questo composto colmate i
vuoti lasciati dai rossi, e le mezze uova così ripiene ponetele pari pari sopra
un vassoio e copritele con la salsa maionese n. 126.
Si possono mangiare anche semplicemente condite con
sale, pepe, olio e aceto, ché non sono da disprezzarsi; ed anche pare che lo
stomaco non se ne mostri offeso.
144. UOVA RIPIENE II
Per principio a una colazione possono bastare a sei
persone:
Uova, n. 6.
Burro, grammi 30.
Midolla di pane, grammi 20.
Parmigiano, due cucchiaiate colme.
Funghi secchi, un pizzico.
Prezzemolo, alcune foglie.
Sale, quanto basta.
Le uova assodatele, tagliatele per il lungo e mettete
i rossi da parte.
La midolla di pane inzuppatela bene nel latte e
spremetela.
I funghi rammolliteli nell'acqua tiepida.
Pestate il tutto finissimo per riempire, anzi
colmare i vuoti delle chiare, e queste 12 mezze uova ricolme collocatele in un
vassoio, dalla parte convessa, sopra a uno strato di patate passate come alla
ricetta del n. 443, ma nella quantità di grammi 350 da crude. Invece di patate
potete posarle sopra uno strato di spinaci, di piselli o di altri legumi. Prima
di mandarle in tavola scaldatele col fuoco, che porrete sul coperchio del forno
da campagna.
145. FRITTATE DIVERSE
Chi è che non sappia far le frittate? E chi è nel
mondo che in vita sua non abbia fatta una qualche frittata? Pure non
sarà del tutto superfluo il dirne due parole.
Le uova per le frittate non è bene frullarle troppo:
disfatele in una scodella colla forchetta e quando vedrete le chiare sciolte e
immedesimate col torlo, smettete. Le frittate si fanno semplici e composte;
semplice, per esempio, è quella in foglio alla fiorentina che quando un
tale l'ebbe attorcigliata tutta sulla forchetta e fattone un boccone, si dice
ne chiedesse una risma. Però riesce molto buona nell'eccellente olio toscano,
anche perché non si cuoce che da una sola parte, il qual uso è sempre da
preferirsi in quasi tutte. Quando è assodata la parte disotto, si rovescia la
padella sopra un piatto sostenuto colla mano e si manda in tavola.
Ogni erbaggio o semplicemente lessato o tirato a
sapore col burro, serve per le frittate, come può servire un pizzico di
parmigiano solo o mescolato con prezzemolo. Se non fosse indigesta, grata è la
frittata colle cipolle. Due delle più delicate, a gusto mio, sono quelle di
sparagi e di zucchini. Se di sparagi, lessateli e tirate a sapore la parte
verde con un poco di burro, mescolando un pizzico di parmigiano nelle uova; se
di zucchini, servitevi di quelli piccoli e lunghi, tagliateli a fette rotonde,
salateli alquanto e quando avranno buttato l'acqua infarinateli e friggeteli
nel lardo o nell'olio, aspettando che sieno rosolati per versare le uova. Anche
i piselli del n. 427, mescolati tra le uova, si prestano per un'eccellente
frittata.
Si fanno anche frittate alla confettura, spargendovi
sopra della conserva di frutta qualsiasi, ridotta liquida, quando la frittata è
cotta. Esse saranno buone, ma non mi garbano; e vi dirò che quando le vedo
segnate sole fra i piatti dolci di una trattoria, comincio a prendere cattivo
concetto della medesima.
146. FRITTATA IN ZOCCOLI
Questa frittata merita una menzione speciale perché
richiede un trattamento alquanto diverso. Prendete fette di prosciutto sottili,
grasse e magre, tagliatele a pezzi larghi quanto una moneta di 10 centesimi,
mettetele in padella col burro, e quando avranno soffritto un poco versateci le
uova pochissimo salate. Quando la frittata ha cominciato ad assodare,
ripiegatela per metà, onde prenda più propriamente il nome di pesce d'uova, ed
aggiungete altro burro per finire di cuocerla.
147. FRITTATA DI CIPOLLE
Preferite cipolle bianche e grosse, tagliatele a
costole larghe mezzo dito e gettatele nell'acqua fresca per lasciarvele almeno
un'ora. Prima di buttarle in padella con lardo od olio, asciugatele bene in un
canovaccio e quando cominciano a prendere colore salatele alquanto, come
salerete le uova prima di versarle sopra la cipolla che avvertirete non prenda
il nero per troppa cottura.
148. FRITTATA DI SPINACI
Gli spinaci, tolti dall'acqua, lessateli, grondanti, e
appena levati dal fuoco rimetteteli nell'acqua fresca. Spremeteli bene,
tritateli all'ingrosso, gettateli in padella con un pezzo di burro e conditeli
con sale e pepe. Rivoltateli spesso e quando avranno tirato l'unto versate le
uova sbattute e salate alquanto. Rosolata da una parte, rivoltatela con un
piatto per rimetterla in padella con un altro pezzetto di burro. Alle uova,
piacendovi, potete unire un pizzico di parmigiano.
Grammi 200 di spinaci crudi,
Grammi 40 di burro, tra prima e dopo, e
Quattro uova, mi sembra la proporzione più giusta.
149. FRITTATA DI FAGIOLINI IN ERBA
Lessate i fagiolini in acqua salata e tagliateli in
due o tre parti. Poi trascinateli in padella con burro e olio condendoli con
sale e pepe. Sbattete le uova con un pizzico di parmigiano e una presa di sale
per versarle sui fagiolini quando li vedrete aggrinziti.
150. FRITTATA DI CAVOLFIORE
Per fare questa frittata di un erbaggio de'
più insipidi, com'è il cavolfiore, è necessario, onde renderla grata al gusto,
ve ne indichi le dosi.
Cavolfiore lessato, privo delle foglie e del gambo,
grammi 300.
Burro, grammi 60.
Parmigiano grattato, due cucchiaiate ben colme.
Olio, una cucchiaiata.
Uova, n. 6.
Tritate minuto il cavolfiore e mettetelo in padella
col burro e l'olio, condendolo con sale e pepe. Sbattete le uova col
parmigiano, salatele e versatele sopra il cavolo quando avrà ritirato l'unto.
Tenete sottile la frittata, per non rivoltarla, e se
la padella è piccola fatene piuttosto due.
151. FRITTATA IN RICCIOLI PER CONTORNO
Lessate un mazzetto di
spinaci e passateli dallo staccio.
Sbattete due uova, conditele con sale e pepe e
mescolate fra le medesime i detti spinaci in tal quantità da renderle soltanto
verdi. Mettete la padella al fuoco con un gocciolo d'olio, tanto per ungerla, e
quando è ben calda versate porzione delle dette uova, girando la padella per
ogni verso onde la frittata riesca sottile come la carta. Quando sarà bene
assodata ed asciutta, voltandola se occorre, levatela, e col resto delle uova
ripetete o triplicate l'operazione. Ora queste due o tre frittate arrocchiatele
insieme, tagliatele fini a forma di taglierini, che metterete a soffriggere un
poco nel burro, dando loro sapore con parmigiano, servendovi poi di questi
taglierini per contorno al fricandò o ad altro piatto consimile. oltre a fare
bella mostra di sé, questo contorno, che riesce bene anche senza gli spinaci, farà
strologare qualcuno dei commensali per sapere di che sia composto.
152. FRITTATA COLLA PIETRA DI VITELLA DI LATTE
Prendete una pietra (rognone) di vitella di latte,
apritela dal lato della sua lunghezza e lasciatele tutto il suo grasso.
Conditela con olio, pepe e sale, cuocetela in gratella e tagliatela a fettine
sottili per traverso. Sbattete delle uova in proporzione della pietra, condite
anche queste con sale e pepe e mescolate fra le medesime un pizzico di
prezzemolo tritato e un poco di parmigiano.
Gettate la pietra nelle uova, mescolate e fatene una
frittata cotta nel burro, che, quando la parte disotto è assodata, ripiegherete
per metà onde resti tenera.