ARTUSI
LIBRO 4
246. CARCIOFI IN TEGLIA
Anche questo è un piatto di uso
famigliare in Toscana, di poca spesa e relativamente buono. Potendo servire da
colazione, per principio o per tramesso in un desinare di famiglia, non so
comprendere come non sia conosciuto in altri luoghi d'Italia.
Preparate i carciofi nel modo descritto
al n. 186, e dopo averli scossi dalla farina superflua, distendeteli in una
teglia ove abbia cominciato a grillettare olio buono e in quantità sufficiente.
Quando le fette dei carciofi saranno rosolate da ambe le parti, versate sulle
medesime delle uova sbattute, ma avvertite di non cuocerle troppo. Il
condimento di sale e pepe spargetelo parte sui carciofi e parte nelle uova
prima di versarle.
Invece della teglia potete servirvi della
padella; ma allora otterrete una frittata il cui gusto riuscirà alquanto
diverso e inferiore.
247. CACIMPERIO
Chi frequenta le trattorie può formarsi
un'idea della grande varietà dei gusti nelle persone. Astrazion fatta da quei
divoratori, come lupi, che non sanno distinguere, sto per dire, una torta di
marzapane da un piatto di scardiccioni, sentirete talvolta portare al cielo una
vivanda da alcuni giudicata mediocre e da altri perfino, come pessima,
rigettata. Allora vi tornerà in mente la gran verità di quella sentenza che
dice: De gustibus non est dísputandum.
A questo proposito Giuseppe Averani,
trattando Del vitto e delle cene degli antichi, scrive: “Vario ed
incostante sopra tutti gli altri sentimenti si è il gusto. Imperocché gli
organi della lingua, per cui gustiamo i sapori, non sono d'una maniera in tutti
gli uomini e in tutti i climi, e s'alterano sovente o per mutazione d'età o per
infermità o per altra più possente cagione. Per la qual cosa molti di quei cibi
che di soverchio appetiscono i fanciulli, non allettano gli uomini; e quelle
vivande e quelle bevande che gustevoli e delicate solleticano con diletto e
soavità il palato de' sani, non rade volte, come spiacevoli e sazievoli, sono
abbominate dagli infermi. Accade ancora bene spesso, che una certa fantastica
apprensione ci rende più o meno aggradevoli e piacenti le vivande, secondoché
la stravolta immaginazione ce le rappresenta. I cibi e le vivande rare e strane
sono più piacevoli al gusto che le comunali e nostrali non sono. La carestia e
l'abbondanza, il caro e la viltà dà e toglie il sapore alle vivande: e la
comune approvazione de' ghiotti le fa saporite e dilettevoli. Quindi è avvenuto
che tutti i tempi e tutte le nazioni gli stessi cibi non pregiarono, né buoni e
delicati medesimamente gli reputarono”.
Io, per esempio, non sono del parere di
Brillat Savarin, che nella sua Physiologie du goût fa gran caso
della fondue (cacimperio) e ne dà la seguente ricetta:
“Pesate, egli dice, le uova e prendete un
terzo del loro peso di formaggio gruiera e un sesto del loro peso di burro,
sale ben poco e pepe a buona misura”.
Io, in opposizione a Savarin, di questo
piatto ho poco conto, sembrandomi non possa servire che come principio in una
colazione o per ripiego quando manca di meglio.
In Italia essendo questo un piatto
speciale ai Torinesi, ritenuto perciò che essi lo facciano alla perfezione, mi
sono procurato da Torino la seguente ricetta la quale, avendo corrisposto alla
prova, ve la descrivo. Basta per sei persone.
Fontina, netta dalla corteccia, grammi
400.
Burro, grammi 80.
Rossi d'uovo, n. 4.
Latte, quanto basta.
La fontina è un formaggio poco dissimile dal
gruiera, ma alquanto più grasso.
Tagliatelo a piccoli dadi e tenetelo per
due ore in infusione nel latte. Mettete il burro al fuoco e quando avrà preso
colore versateci la fontina, ma del latte, ove è stata in molle, lasciatecene
due sole cucchiaiate. Lavoratela molto col mestolo senza farla bollire e quando
il formaggio sarà tutto sciolto ritiratela dal fuoco per aggiungervi i rossi.
Rimettetela per un poco sul fuoco rimestandola ancora e, d'inverno, versatela
in un vassoio caldo.
Se è venuta bene non dev'essere né
granulosa, né far le fila; ma aver l'apparenza di una densa crema. A Torino ho
visto servirla con uno strato superficiale di tartufi bianchi crudi tagliati a
fettine sottili come un velo.
248. TORTINO DI POMODORI
Fate bollire dei pomodori tagliati a
pezzi in un soffritto di aglio, prezzemolo e olio; sale e pepe per condimento.
Quando saranno cotti in maniera che il
loro sugo si sia condensato, passatelo e rimettetelo al fuoco con uova in
proporzione, frullate avanti. Aggiungete un pizzico di parmigiano, mescolate e
quando le uova saranno assodate, versatele in un vassoio e contornatele di
crostini tagliati a mandorle e fritti nel burro o nel lardo.
Qualche foglia di nepitella, o un pizzico
di regamo, dopo passato il sugo, dà al tortino un odore gradevole.
249. TORTINI DI RICOTTA
Ricotta, grammi 200.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Farina, grammi 30.
Uova, n. 2.
Prezzemolo tritato, un pizzico.
Odore di spezie.
Sale, quanto occorre.
Formate un impasto coi suddetti
ingredienti, versatelo sulla spianatoia sopra a un leggiero strato di farina e
fategliene prender tanta, con le mani infarinate, da poter formare dodici
crocchette morbide che schiaccerete alquanto. Mettete una sauté o una
teglia al fuoco con un pezzo di burro per rosolarle, e quando avranno preso
colore da ambedue le parti bagnatele con sugo di pomodoro o conserva sciolta
nell'acqua.
Possono servir da tramesso e possono
esser portate in tavola accompagnate da una bistecca o da un pezzo di rosbiffe
caldo.
250. CROSTINI DI TRE COLORI
Prendete due chifels e tagliateli a
rotelline grosse un centimetro che friggerete nel burro o nell'olio. Prendete
degli spinaci tirati col sugo o col burro e parmigiano, tritati fini, e coprite
le fette del chifel con uno strato dei medesimi. Prendete due uova sode,
sgusciatele, tagliatele a metà per traverso e mettete da parte i torli. Del
bianco tagliate tanti cerchietti concentrici e poneteli sopra lo strato degli
spinaci. Del torlo fatene tanti pezzetti o dadi grossetti e
poneteli in mezzo ai cerchietti del bianco. Così formerete dei crostini che
potranno contornare un piatto d'arrosto i quali avendo per base il pane fritto
coperto dal verde degli spinaci, col bianco e il giallo-rosso delle uova
figureranno di tre colori; ma sono più belli che buoni.
251. INSALATA MAIONESE
Certi cuochi di cattivo gusto vi
presentano questa insalata composta di tanti intrugli da dovervi raccomandare
il giorno appresso all'olio di ricino o all'acqua ungherese. Alcuni la fanno
col pollo lesso, altri perfino con avanzi di carne qualunque arrostita; ma è da
preferirsi sempre il pesce, specialmente se di qualità fine come sarebbe il
dentice, l'ombrina, il ragno, lo storione, oppure i gamberi sbucciati,
l'arigusta, e, per ultimo, il palombo. Io vi indicherò la seguente che, a mio
parere, per essere la più semplice è la più buona.
Prendete insalata romana o lattuga,
tagliatela a strisce larghe un dito, mescolateci barbabietole e patate lesse
tagliate a fette sottili, alcune acciughe lavate, nettate dalla spina e
tagliate in quattro o cinque parti, ed infine pesce lesso a pezzetti. Potete
aggiungere al più alcuni capperi e la polpa di due o tre olive indolcite.
Condite ogni cosa insieme con sale, olio e non molto aceto, rivoltatela onde
prenda bene il condimento ed ammucchiatela tutta insieme che faccia la colma.
Fate una salsa maionese come quella del
n. 126 che, nella dose ivi indicata, potrà bastare per sette od otto persone;
ma invece del pepe datele il piccante con un cucchiaino di senapa ed al limone
aggiungete un gocciolo di aceto, in cui potete stemperare la senapa. Con questa
salsa spalmate tutta l'insalata alla superficie e poi fioritela con altre fette
di barbabietole e patate intercalate in modo che facciano bella mostra; se
avete uno stampino adatto collocate in cima all'insalata, per bellezza, non per
mangiarlo, un fiore fatto col burro.
A proposito d'insalata, a me sembra che
il radicchio cotto, col suo sapore amarognolo, stia molto bene insieme colla
barbabietola, la quale è dolce.
252. PIZZA A LIBRETTI
Una signora mi scrive: “Voglio
insegnarle, come mi ero proposta, una buona ed elegante pizza fritta; ma guai a
lei se la chiamerà stiacciata, perché deve riuscire tutt'altro. La chiami pizza
a libretti e sarà nel vero”.
In obbedienza all'ordine della signora,
avendo fatto due prove di questa pizza a libretti, che sono riescite bene, ve
la descrivo.
Tirate una sfoglia non troppo soda e
quanto più potrete sottile intridendo la farina con due uova, un pizzico di
sale e tre cucchiaiate di cognac o di spirito, e forse meglio di fumetto. Fatta
la sfoglia ungetela con grammi 20 di burro sciolto e arrotolatela, ossia
piegatela sopra sé stessa alla larghezza di 10 a 11 centimetri, ma che la parte
unta resti all'interno; indi tagliate il rotolo a metà per la sua lunghezza e
poi per traverso a proporzionate distanze onde ottenere tanti rettangoli e a
questi pigiate con le dita l'orlo esterno, ossia la costola che non è stata
tagliata. Friggeteli in padella con molto unto e prima di servirli
spolverizzateli di zucchero a velo. Se vengono bene vedrete che questi libretti
si aprono e restano sfogliati.
Questa dose potrà bastare per quattro
persone.
UMIDI
Gli umidi, generalmente, sono i piatti
che più appetiscono; quindi è bene darsi per essi una cura speciale, onde
riescano delicati, di buon gusto e di facile digestione. Sono in mala voce di
esser nocivi alla salute; ma io non lo credo. Questa cattiva opinione deriva
più che altro da non saperli ben fare; non si pensa, cioè, a digrassarli, si è
troppo generosi cogli aromi e coi soffritti e, ciò che è il peggio, se ne
abusa.
Nelle grandi cucine, ove il sugo di carne
non manca mai, molti umidi si possono tirare con questo insieme col burro; e
allora riescono semplici e leggieri; ma quando il sugo manca, ed è necessario
ricorrere ai soffritti, bisogna usarli con parsimonia e farli con esattezza
tanto nella quantità, che nel grado di cottura.
253. STRACOTTO DI VITELLA
Lo stracotto di vitella per condire la minestra di maccheroni o per fare un risotto col sugo, è d'uso comune nelle famiglie della borghesia fiorentina; la cosa non è mal pensata se si considera che esso in tal modo serve a doppio scopo, cioè di minestra e di companatico. Guardatevi però dal dissugar troppo la carne per voler molto sugo e sostituite in tutto o in parte l'olio, come si usa in Toscana, colla carnesecca, che dà un sapore più spiccato e più grato. Eccovi le proporzioni per condire 250 a 300 grammi di maccheroni
Carne magra di vitella, compreso l'osso o
la giunta, grammi 500.
Carnesecca, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Un quarto di una cipolla grossa; una
piccola carota; due pezzi di sedano.
Questi tre ultimi capi tagliateli
all'ingrosso e la carnesecca a piccoli dadi.
Mettete al fuoco ogni cosa insieme e condite con sale
e pepe. Voltate la carne spesso e quando sarà rosolata, spargete sulla medesima
un pizzico di farina, annaffiatela con sugo di pomodoro o conserva e tiratela a
cottura con acqua versata a poco per volta. La farina serve per legare il sugo
e per dargli un po' di colore; ma badate ch'essa non bruci che altrimenti gli
comunicherebbe un ingrato sapore e un colore quasi nero che il sugo non deve
avere. Passatelo, e se gli darete odore con alcuni pezzetti di funghi secchi,
rammolliti prima nell'acqua calda e bolliti un poco nel sugo, non farete che
bene.
I maccheroni cotti in acqua salata, scolateli bene, ma
prima di servirli teneteli un poco nel sugo vicini al fuoco e conditeli con
burro e con parmigiano a scarsa misura, perché questo si può aggiungere in
tavola.
Se trattasi di riso, cuocetelo nell'acqua
versandola a poco per volta, a mezza cottura aggiungete il sugo e
un pezzetto di burro e, prima di levarlo, un po' di parmigiano.
È bene mandare in tavola il pezzo dello
stracotto con un contorno di erbaggi o legumi. Il lucertolo è il taglio
migliore. Se vi servite di olio basteranno circa grammi 20 di carnesecca.
254. STRACOTTO ALLA BIZZARRA
Se avete, puta caso, un pezzo di magro di
vitella del peso, senz'osso, di grammi 700 a 800 steccatelo con grammi 100 di
lardone i cui lardelli, grossi un dito, avrete prima conditi con sale e pepe, e
così anche la carne. Legatela onde stia raccolta e ponetela al fuoco mezzo
coperta d'acqua con due foglie di salvia, una ciocca di ramerino e mezzo
spicchio d'aglio; se la carne è molto frolla metteteci meno acqua. Quando, nel
bollire, sarà rimasta asciutta, fatele prender colore con un cucchiaino di
farina; aggiungete un pezzetto di burro, poi bagnatela con un ramaiuolo di
brodo e con un dito (di bicchiere) di marsala. Passate il sugo senza spremerlo
e versatelo sul pezzo della carne quando lo mandate in tavola.
255. FRICANDÒ
Prendete un pezzo di vitella di latte
tutto unito, levato dalla coscia, e lardellatelo con prosciutto grasso e magro.
Legate il pezzo e salatelo poco o meglio punto perché il troppo salato è il
peggior difetto delle vivande. Steccate una cipolla con due chiodi di garofani
e componete un mazzetto con carota tagliata a strisce, sedano e prezzemolo.
Mettete ogni cosa in una cazzaruola con un pezzetto di burro, fate rosolare la
carne e tiratela a cottura col brodo.
Quando è cotta gettate via la cipolla e
il mazzetto, passate il sugo, digrassatelo e restringetelo a parte fino a
ridurlo una gelatina che unirete al fricandò quando lo mandate in tavola.
Qui è bene avvertire che il brodo (il
quale ha tanta parte alla preparazione delle pietanze) può talvolta mancare:
perciò alcuni stanno provvisti dell'estratto di carne Liebig che, lì per lì, sciolto
nell'acqua, può sostituirlo. Ogni sorta di carne va lardellata per il lungo
della fibra, dovendosi scalcare per traverso.
256. FRICASSEA
La fricassea si può fare di petto o di
muscolo di vitella di latte, d'agnello e di pollo. Prendiamo ad esempio il
primo, cioè il petto, e questo, in proporzioni all'incirca eguali, serva per le
altre qualità di carne indicata.
Petto di vitella di latte, grammi 500.
Burro, grammi 50.
Farina, grammi 5, ossia una cucchiaiata
scarsa.
Acqua calda, non bollente, decilitri 2.
Due rossi d'uovo.
Mezzo limone.
Un mazzetto odoroso.
Spezzettate il petto lasciandolo con
tutte le sue ossa. Mettete una cazzaruola al fuoco colla metà del burro e,
quando comincia a liquefarsi, versate la farina mescolando finché questa abbia
preso il color nocciuola. Allora cominciate a versare a poco per volta l'acqua
e poi il mazzetto che potete comporre di alcune strisce di cipolla e di carota,
di fili di prezzemolo, di sedano e di basilico, il tutto legato insieme,
escluse le foglie perché queste potrebbero disfarsi e far bruttura alla
fricassea, un pregio della quale è di avere un bel colore paglia unito. Quando
l'acqua bolle gettate giù la carne e il resto del burro e condite con sale e
pepe bianco, il quale è il fiore del pepe comune. Coprite la cazzaruola con un
foglio tenuto fermo dal coperchio e fate bollire adagio. A due terzi di cottura
levate il mazzetto e, se fosse la stagione dei funghi freschi, la potete
rendere più grata con grammi 100 o 150 di questi tagliati a fette sottili; se no,
un pizzico di funghi secchi.
Quando siete per mandarla in tavola
ritirate la cazzaruola dal fuoco e versateci a poco per volta, mescolando, i
rossi d'uovo frullati coll'agro di limone.
Se la fricassea fosse di pollo,
tagliatelo a pezzi nelle giunture, escludendo la testa, il collo e le zampe;
pel resto regolatevi nello stesso modo.
La fricassea fatta in questa maniera è un
piatto sano e delicato che piace specialmente a chi non ha il gusto viziato a
sapori forti e piccanti.
257. CIBREO
Il cibreo è un intingolo semplice, ma
delicato e gentile, opportuno alle signore di stomaco svogliato e ai
convalescenti. Prendete fegatini (levando loro la vescichetta del fiele com'è
indicato nel n. 110), creste e fagiuoli di pollo; le creste spellatele con
acqua bollente, tagliatele in due o tre pezzi e i fegatini in due. Mettete al
fuoco, con burro in proporzione, prima le creste, poi i fegatini e per ultimo i
fagiuoli e condite con sale e pepe, poi brodo se occorre per tirare queste cose
a cottura.
A tenore della quantità, ponete in un
pentolino un rosso o due d'uova con un cucchiaino, o mezzo soltanto, di farina,
agro di limone e brodo bollente frullando onde l'uovo non impazzisca. Versate
questa salsa nelle rigaglie quando saranno cotte, fate bollire alquanto ed aggiungete
altro brodo, se fa d'uopo, per renderla più sciolta, e servitelo. Per tre o
quattro creste, altrettanti fegatini e sei o sette fagiuoli, porzione
sufficiente a una sola persona, bastano un rosso d'uovo, mezzo cucchiaino di
farina e mezzo limone.
I granelli del n. 174, lessati e tagliati
a filetti, riescono buoni anch'essi cucinati in questa maniera.
258. POLLO DISOSSATO RIPIENO
Per disossare un pollo il modo più
semplice è il seguente:
Tagliategli il collo a metà, la punta delle
ali e le zampe alla giuntura della coscia; poi, senza vuotarlo, apritelo lungo
il dorso superficialmente, dalle ali al codrione, e con un coltellino ben
tagliente cominciate a levar dall'interno le ossa delle ali scarnendole bene.
Dopo, sempre dall'interno, levate quelle delle anche e delle coscie, quindi,
radendo via via col coltello le ossa esterne della carcassa, vi riescirà di
levarla tutta intera, comprese le interiora. I piccoli ossicini della stizza
lasciateli, oppure levatela tutta e levate la forcella del petto.
Fatto questo, rovesciate le coscie e le
ali, già spoglie d'ossa, ritirandole all'interno e portate via tutti i tendini
che trovate framezzo alla carne.
Ora che il pollo è disossato, se fosse
alquanto grosso, formate il composto per riempirlo, con grammi 300 circa di
magro di vitella di latte; se piccolo, regolatevi in proporzione. Tritatelo
prima, poi pestatelo nel mortaio per ridurlo ben fine, e a questa carne
aggiungete una grossa midolla di pane inzuppata nel brodo, un pugno di parmigiano
grattato, tre rossi d'uovo, sale, pepe e, se vi piace, odore di noce moscata.
Per ultimo mescolate nel composto, grammi 20 di prosciutto grasso e magro, e
grammi 20 di lingua salata, tagliati l'uno e l'altra a piccoli dadi; riempito
che abbiate il pollo cucitelo, involtatelo stretto in un pannolino e legatelo.
Mettetelo a cuocere nell'acqua per un paio d'ore a fuoco lento, poi toglietegli
l'involucro e fatelo prender colore prima col burro poi in un sugo tirato nella
seguente maniera:
Spezzate tutte le ossa levate dal pollo,
il collo e la testa compresi, e con carnesecca a pezzetti, burro, cipolla,
sedano e carota mettetele al fuoco in una cazzaruola, condite con sale e pepe,
tiratene il sugo con l'acqua in cui ha bollito il pollo, la quale è già divenuta
un buon brodo. Prima di mandarlo in tavola, da solo o con un contorno,
levategli il filo con cui fu cucito.
259. SOUFFLET DI POLLO
Questo piatto nutriente, leggero e poco
eccitante può venire opportuno se, dopo un pranzo, restano degli avanzi di pollo
arrosto (petti ed anche); specialmente poi se nella famiglia si trovasse
qualche persona vecchia. o di stomaco delicato e debole.
Polpa di pollo priva della pelle, grammi
80.
Farina, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Latte, decilitri 2 ½.
Uova, n. 4.
Sale, una presa.
Fate una balsamella col burro, la farina
e il latte, dopo cotta e non più a bollore, uniteci il parmigiano, il sale, i
rossi d'uovo e il pollo tritato fine con la lunetta. Poi montate ben sode le
chiare, aggiungete in bel modo al composto anche queste per versarlo in un
vassoio che regga al fuoco, rosolatelo leggermente al forno da campagna e
servitelo caldo, benché sia buono anche diaccio.
260. POLLASTRA IN UMIDO COL CONTORNO DI
RISO
Una pollastra del peso, vuota, di circa
grammi 700.
Riso, grammi 300.
Burro, grammi 100.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Una cipolla più che di mezzana grandezza.
Un pezzo di carota.
Un pugnello di funghi secchi.
Legate la pollastra per tenerne unite le parti,
poi ponete in una cazzaruola grammi 30 del detto burro e il prosciutto tagliato
a striscioline; trinciateci sopra la cipolla e la carota, indi collocateci la
pollastra dalla parte del petto condendola con sale e pepe. Tenetela coperta e,
colorita che sia da ambedue le parti, bagnatela via via con acqua calda fino a
cottura completa, lasciandoci il sugo sufficiente per dar sapore al riso, ma il
sugo passatelo.
Il riso mettetelo al fuoco così naturale
con la metà del burro rimasto, poi tiratelo a cottura con acqua calda e per
ultimo col sugo della pollastro. A cottura completa aggiungete il resto del
burro e dategli maggior sapore con un buon pugno di parmigiano grattato.
Il fegatino e il ventriglio cuoceteli
insieme con la pollastra e tagliati a pezzetti, mescolateli fra il riso. Il
risotto così preparato può anche servire per minestra e bastare a tre persone,
ma allora servite la pollastra a parte con alquanto del suo sugo e i funghi per
contorno.
261. BRACIUOLA DI MANZO RIPIENA IN UMIDO
La braciuola di manzo ripiena arrosto del
n. 537 potete cuocerla anche in umido col burro tirandola a cottura con acqua e
sugo di pomodoro e servirla con un contorno qualunque.
262. BRACIUOLA DI MANZO ALLA SAUTÉ
Quando, per colazione, vi piacesse di
sostituire alla bistecca una braciuola di manzo, che cotta in gratella,
potrebbe riuscire troppo arida, cucinatela nella seguente maniera, che riesce
molto bene. Battetela ben bene con la costola di un coltello e mettetela al
fuoco con un pezzetto di burro proporzionato. Conditela con sale e pepe,
voltatela spesso onde ròsoli da ambedue le parti e quando avrà ritirato quasi
tutto il burro bagnatela per due volte con un gocciolo d'acqua e, cotta che
sia, spargetele sopra un pizzico di prezzemolo tritato, tenetela ancora un
momento sul fuoco e servitela col suo sugo.
Potete contornarla, piacendovi, con
patate fritte
263. POLLO ALLA CONTADINA
Prendete un pollastro e steccatelo con
alcune ciocchette di ramerino e con uno spicchio d'aglio diviso in quattro o
cinque pezzi. Mettetelo al fuoco con un battutino di lardone e conditelo con
sale e pepe di fuori e di dentro. Quando sarà rosolato da tutte le parti,
aggiungete pomodori a pezzi, toltine i semi, e quando questi saranno disfatti,
bagnatelo con brodo od acqua. Rosolate a parte nell'olio, nel lardo o nel burro
alcune patate crude tagliate a spicchi, fate loro prendere sapore nell'intinto
del pollo, e servitele per contorno. Al lardone sostituite il burro, se volete
il pollo di gusto più delicato.
264. POLLO COLLA MARSALA
Tagliate il pollo a grossi pezzi e
mettetelo in cazzaruola con un battutino di cipolla tritata fine e un
pezzetto di burro. Conditelo con sale e pepe e quando sarà ben rosolato,
aggiungete del brodo e tiratelo a cottura. Passate il sugo, digrassatelo se occorre
e rimettete il pollo al fuoco con un po' di marsala, levandolo appena abbia
ripreso il bollore.
265. POLLO COLLE SALSICCE
Tritate minutamente mezza cipolla e
mettetela in una cazzaruola con un pezzetto di burro e quattro o cinque fettine
di prosciutto larghe un dito. Sopra questi ingredienti ponete un pollo intero,
conditelo con pepe e poco sale e mettetelo al fuoco. Fatelo prender colore da
tutte le parti e quando la cipolla sarà tutta strutta, bagnatelo con brodo o
con acqua e aggiungete tre o quattro salsicce intere fatte di fresco; lasciate
cuocere a lento fuoco procurando che in ultimo resti dell'umido.
266. POLLO IN SALSA D’UOVO
Spezzettate un pollastro giovane e mettetelo nella
cazzaruola con grammi 50 di burro. Conditelo con sale e pepe. Quando avrà
soffritto alquanto spargetegli sopra un pizzico di farina per fargli prender
colore e poi tiratelo a cottura col brodo. Levatelo asciutto in un vassoio,
tenendolo in caldo, e nell'intinto che resta versate un rosso d'uovo, frullato
avanti con l'agro di mezzo limone, per formare la salsa. Rimestatela alquanto
sopra al fuoco, versatela sul pollo e servitelo.
267. POLLO CON LA PANNA
Infilate allo spiedo un busto di pollo
giovane per dargli due terzi di cottura arrosto; ungetelo con l'olio, salatelo
e fategli prender colore. Poi dividetelo nelle sue giunture e del petto fatene
due pezzi per terminare di cuocerlo nella seguente maniera.
Tritate un quarto di cipolla di media
grossezza e mettetela al fuoco con grammi 50 di burro; quando sarà ben rosolata
buttateci grammi 10 di farina e dopo, a poco per volta, tre decilitri di panna
oppure, se questa manca, altrettanto latte buonissimo. Quando crederete che la
farina sia cotta versateci i pezzi del pollo per terminare di cuocerli.
268. POLLO ALLA MARENGO
La sera della battaglia di Marengo, nel
sottosopra di quella giornata non trovandosi i carri della cucina, il cuoco al
primo Console e ai Generali improvvisò, con galline rubate, un piatto che
manipolato all'incirca come quello che qui vi descrivo, fu chiamato Pollo
alla Marengo; e si dice che esso fu poi sempre nelle grazie di Napoleone,
se non pel merito suo, ma perché gli rammentava quella gloriosa vittoria.
Prendete un pollo giovane ed escludendone
il collo e le zampe, tagliatelo a pezzi grossi nelle giunture. Mettetelo alla sauté
con grammi 30 di burro, una cucchiaiata d'olio e conditelo con sale, pepe e
una presa di noce moscata. Rosolati che sieno i pezzi da una parte e dall'altra
scolate via l'unto e gettate nella sauté una cucchiaiata rasa di farina e un
decilitro di vino bianco. Aggiungete brodo per tirare il pollo a cottura,
coperto, e a fuoco lento. Prima di levarlo dal fuoco fioritelo con un pizzico
di prezzemolo tritato e quando è nel vassoio strizzategli sopra mezzo limone.
Riesce una vivanda appetitosa.
269. PETTI DI POLLO ALLA SAUTÉ
Il miglior modo di cucinare i petti di pollo mi pare
che sia il seguente, perché riescono delicati al gusto e fanno tale comparita che
un petto di cappone può bastare in un pranzo per quattro o cinque persone.
Tagliate i petti a fette sottili quasi come la carta, date loro la miglior
forma che sarà possibile e dei minuzzoli che ricavate nel ripulir bene lo
sterno, formatene un intero pezzo, unendoli insieme e schiacciandoli. Poi
conditeli con sale e pepe e metteteli in infusione nelle uova frullate. Dopo
qualche ora passateli nel pangrattato fine e cuoceteli col burro nella sauté
o in teglia. Se li aggradite naturali basta l'agro di limone; se poi li
volete coi tartufi potete trattarli come le cotolette del n. 312, oppure
nella maniera che segue:
Prendete un tegamino di metallo, versate
nel medesimo tant'olio che appena ne ricuopra il fondo, distendete un suolo di
fettine di tartufi, spargendovi sopra pochissimo parmigiano grattato e una
presa di pangrattato. Ripetete la stessa operazione per tre o quattro volte,
secondo la quantità, e per ultimo condite con olio, sale, pepe e qualche
pezzettino di burro, il tutto a piccole dosi perché non nausei. Mettete il
tegame al fuoco e quando avrà alzato il bollore annaffiate con un ramaiolino di
sugo di carne o di brodo e un po' d'agro di limone. Ritirate presto dal fuoco
questo intingolo e versatelo sopra i petti già rosolati nel modo anzidetto.
Non avendo i tartufi, servitevi di funghi
secchi rammolliti tritati all'ingrosso, e se manca l'agro di limone ricorrete
al sugo di pomodoro o alla conserva.
270. GERMANO OSSIA ANATRA SELVATICA I
Quando comperate un germano (Anas
boscas) in mercato, apritegli il becco per osservare la lingua. Se
la trovate molto risecchita dite pure che l'animale è morto da lunga data e
allora annusatelo per accertarvi che non puzzi.
Alcuni suggeriscono di lavare questi
uccelli coll'aceto prima di cuocerli, oppure di scottarli nell'acqua per
toglier loro il selvatico; ma siccome quel puzzo disgustoso, se troppo forte,
risiede principalmente nella glandola urupigiale, io ritengo che basti il
recider questa. Essa trovasi all'estremità del codrione, volgarmente chiamato
stizza, e racchiude un umore giallastro e vischioso, abbondante negli uccelli
acquatici col quale essi spalmansi le penne per renderle impermeabili.
Vuotate il germano serbando il fegatino,
il cuore e la cipolla; levategli la testa, e la pelle del collo, dopo averla
aperta per estrarne le vertebre, ripiegatela sul petto dell'animale. A questi
uccelli, quando si fanno in umido, si addice un contorno di cavolo nero o di
lenticchie intere; in ogni modo, si adoperi l'uno o l'altro, preparate un
soffritto nella seguente maniera:
Se il germano pesa circa un chilogrammo
tritate fine col coltello grammi 30 di prosciutto grasso e magro insieme con
tutti gli odori, cioè sedano, prezzemolo, carota e un quarto di una grossa
cipolla; mettete ogni cosa insieme con dell'olio in una cazzaruola e sopra al
battuto adagiate il germano, condendolo con sale e pepe. Fatelo prender colore
da tutte le parti e poi aggiungete acqua per tirarlo a cottura.
Cuocete nell'acqua il contorno di cavolo
nero o di lenticchie e, sia l'uno o l'altro, rifatelo nel suddetto intinto:
assaggiatelo per aggiungervi, se occorre, un pezzetto di burro, che lo renda
più grato e saporito, e unitelo al germano quando lo mandate in tavola. Il
cavolo tagliatelo all'ingrosso e conditelo pure con sale e pepe.
271. GERMANO IN UMIDO II
Mettete il germano nella cazzaruola con
grammi 30 di burro e fategli prender colore. Levatelo e gettate nell'unto
rimasto un cucchiaio di farina per farle prendere, rimuovendola col mestolo, il
color marrone. Tolto dal fuoco e non più a bollore, versate su quell'intriso
mezzo litro di acqua e rimetteteci il germano; conditelo con sale e pepe e
fatelo bollire coperto fino a cottura completa con un quarto di una buccia
d'arancio in un sol pezzo, una costola di sedano lunga un palmo e un pezzo di
carota, l'uno e l'altra trinciati all'ingrosso. Per ultimo passate il sugo,
spezzettate il germano nelle sue giunture, rimettetelo nel suo intinto
spremendogli sopra il sugo del ricordato arancio per farlo bollire ancora pochi
minuti e servitelo.
Nella stessa guisa si può trattare
l'anatra domestica, ma questa essendo molto grassa, sarà bene togliere dallo
intinto il soverchio unto prima di mandarla in tavola. Uno dei modi per
toglierlo è di versare l'intinto in una scodella e di posarci sopra qualche
pezzo di carta straccia sugante la quale ha la proprietà di assorbirlo.
272. ANATRA DOMESTICA
Preparatela come il germano del n. 270 e
mettetela al fuoco con un battuto simile a quello. Quando l'anatra avrà preso
colore bagnatela con sugo di pomodoro o conserva e tiratela a cottura con acqua
o brodo. Passate il sugo, digrassatelo e rimettetelo al fuoco con l'anatra e un
pezzetto di burro. Con questo sugo e parmigiano potete condire una minestra di
strisce o di lasagne fatte in casa e l'anatra servirla con un contorno
d'erbaggi rifatti in un poco di quel sugo medesimo.
273. ANATRA DOMESTICA COL CONTORNO DI
RISO
Questo mi sembra un buon umido e che
meriti una menzione speciale.
Fate un battuto con un quarto di una grossa
cipolla e tutti gli odori, cioè prezzemolo, carota e sedano tritato insieme con
grammi 50 di prosciutto grasso e magro.
Mettetelo al fuoco con due cucchiaiate
d'olio e l'anatra sopra, condita con sale e pepe. Rosolata che sia, bagnatela
con sugo di pomodoro, o conserva, e l'acqua occorrente per tirarla a cottura,
gettandoci in pari tempo un pizzico di funghi secchi per cuocerli in
quell'intinto che poi va passato dallo staccio e digrassato, serbando i funghi
per unirli al riso. Questo, nella quantità di grammi 200, mettetelo, così
crudo, in una cazzaruola con grammi 40 di burro e quando accenna a prender
colore versate acqua calda a poco per volta, dandogli sapore coll'intinto
dell'anatra e parmigiano quando siete per levarlo dal fuoco.
274. FEGATO D’OCA
Leggete l'articolo Oca domestica n.
548 e vi troverete in ultimo il modo di cucinare il fegato della medesima; ma
essendomene capitato un altro, l'ho cucinato diversamente ed essendo, a mio
avviso, riuscito migliore del primo ve lo descrivo. Dopo cotto nel modo ivi
indicato levatelo asciutto e legatelo con un intriso composto di gr. 20 di
burro messo al fuoco con un cucchiaino colmo di farina e, allorché questa avrà
preso il color nocciuola, diluitela con un ramaiuolo di brodo e tre cucchiaiate
di marsala, versateci il fegato, fatelo di nuovo bollire alquanto e servitelo.
275. FOLAGHE IN UMIDO
La folaga (Fulica Atra) si
potrebbe chiamare uccello pesce, visto che la Chiesa permette di cibarsene ne'
giorni magri senza infrangere il precetto. La sua patria sono i paesi temperati
e caldi dell'Europa e dell'Africa settentrionale, e come uccello anche
migratorio viaggia di notte. Abita i paduli e i laghi, è nuotatore, nutrendosi
di piante acquatiche, d'insetti e di piccoli molluschi. Due sole specie trovansi
in Europa. Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in branchi
numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. È assai cognita
quella con barchetti, chiamata la tela, nelle vicinanze di Pisa sul lago
di Massaciuccoli, di proprietà del marchese Ginori Lisci, che ha luogo diverse
volte nell'autunno inoltrato e nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903,
alla quale presero parte con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia,
furono abbattute circa seimila folaghe; così riferirono i giornali.
La carne della folaga è nera e di poco
sapore, e pel selvatico che contiene bisogna, in cucina, trattarla così:
Prendiamo, ad esempio (come ho fatto io),
quattro folaghe e, dopo averle pelate e strinate alla fiamma per tor via la
gran caluggine che hanno, vuotatele e lavatele bene. Dopo trapassatele per la
lunghezza del corpo con uno spiedo infuocato, poi tagliatele in quattro parti
gettando via la testa, le zampe e le punte delle ali; indi tenetele in
infusione nell'aceto per un'ora e dopo lavatele diverse volte nell'acqua
fresca. Dei fegatini non me ne sono servito; ma le cipolle, che sono grosse e
muscolose come quelle della gallina, dopo averle vuotate, lavate e tagliate in
quattro pezzi, le ho messe pure nell'infusione.
Ora, fate un battuto, tritato fine, con
una grossa cipolla e tutti gli odori in proporzione, cioè sedano, carota e
prezzemolo, e mettetelo al fuoco con grammi 80 di burro, e nello stesso tempo
le folaghe e i ventrigli condendole con sale, pepe e odore di spezie. Quando saranno
asciutte bagnatele con sugo di pomodoro o conserva sciolta in acqua abbondante
per cuocerle e perché vi resti molto intinto. Cotte che sieno, passate il sugo
e in questo unite un petto e mezzo di folaga tritato fine e altri grammi 40 di
burro, per condire con esso e con parmigiano tre uova di pappardelle o grammi
500 di strisce che, pel loro gusto particolare, saranno lodate. Le folaghe, con
alquanto del loro intinto, servitele dopo come piatto di companatico che non
saranno da disprezzarsi. Tutta questa roba credo potrà bastare per cinque o sei
persone.
Ho inteso dire che si ottiene anche un
discreto brodo cuocendole a lesso con due salsicce in corpo.
276. PICCIONI IN UMIDO
A proposito di piccioni sentite questa
che vi do per vera, benché sembri incredibile, e valga come riprova di ciò che
vi dicevo sulle bizzarrie dello stomaco.
Una signora prega un uomo, che le capita
per caso, di ucciderle un paio di piccioni, ed egli, lei presente, li annega in
un catino d'acqua. La signora ne ricevé una tale impressione che d'allora in
poi non ha più potuto mangiar la carne di quel volatile.
Guarnite i piccioni con foglie di salvia
intere, poneteli in un tegame o in una cazzaruola sopra a fettine di prosciutto
grasso e magro e conditeli con olio, sale e pepe. Quando essi avranno preso
colore, aggiungete un pezzo di burro e tirateli a cottura con brodo. Prima di
ritirarli dal fuoco spremeteci sopra un limone e adoperate il loro sugo per
servirli con fette di pane arrostito postevi sotto. Avvertite di salarli pochissimo
a motivo del prosciutto e del brodo. Al tempo dell'agresto, potete usare
quest'ultimo invece del limone, seguendo il dettato:
Quando Sol est in leone,
Bonum vinum cum popone,
Et agrestum cum pipione.
277. PICCIONE ALL’INGLESE O PICCION PAIO
Avverto qui una volta per tutte che nella
mia cucina non si fa questione di nomi e che io non do importanza ai titoli
ampollosi. Se un inglese dicesse che questo piatto, il quale chiamasi anche con
lo strano nome di piccion paio, non è cucinato secondo l'usanza della
sua nazione, non me ne importa un fico; mi basta che sia giudicato buono, e
tutti pari. Prendete:
Un piccione giovane, ma grosso.
Vitella di latte magra, gr. 1 00, oppure
un petto di pollo.
Fette sottili di prosciutto grasso e
magro, grammi 40.
Fette di lingua salata, grammi 30.
Burro, grammi 40.
Mezzo bicchiere di brodo buono
digrassato.
Un uovo sodo.
Tagliate il piccione a piccoli pezzi
nelle sue giunture scartando la testa e le zampe. Tagliate la vitella di latte
o il petto di pollo a bracioline e battetele colla costola del coltello.
Tagliate il prosciutto e la lingua a strisce larghe un dito. Tagliate l'uovo in
otto spicchi.
Prendete un piatto ovale di metallo o di
porcellana che regga al fuoco e distendetevi a strati uno sopra all'altro, prima
la metà del piccione e della vitella, poi la metà del prosciutto e della
lingua, la metà del burro sparso qua e là a pezzettini e la metà, ossia quattro
spicchi, dell'uovo; condite con pochissimo sale, pepe e odore di spezie, e
ripetete l'operazione col rimanente in modo che tutto l'insieme faccia la
colma. Per ultimo annaffiate col brodo suddetto, ma diaccio, che vedrete
galleggiare sul primo orlo del piatto e che rimarrà in gran parte dopo la
cottura. ora formate una pasta per ricoprirlo, nelle seguenti proporzioni:
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 50.
Spirito di vino, un cucchiaino
Zucchero, un cucchiaino.
Agro di limone, uno spicchio.
Un rosso d'uovo.
Sale, quanto basta.
Intridete la farina coi suddetti ingredienti
e, se non bastano, aggiungete acqua tiepida per fare una pasta alquanto
morbida. Lavoratela molto gettandola con forza contro la spianatoia, lasciatela
un poco in riposo e tiratene una sfoglia addoppiandola quattro o cinque volte,
riducendola, per ultimo, grossa come uno scudo, col matterello rigato. Con essa
coprite il piatto adornandolo, se è possibile, coi ritagli della stessa pasta,
indi doratela con rosso d'uovo; cuocete questo pasticcio (che tale si può
chiamare) al forno da campagna e servitelo caldo.
A me pare che questo piatto venga meglio
ammannito nella seguente maniera per dargli un carattere e un gusto più
nazionale. Date prima mezza cottura al piccione e alle altre carni col detto
burro, condendole col sale, il pepe e le spezie. Poi disponetele sul vassoio
nel modo indicato, non escludendo l'intinto dell'umido e il brodo. Aumentando
il condimento potrete unirvi anche rigaglie di pollo, animelle e tartufi.
278. MANICARETTO DI PICCIONI
Tagliateli a quarti o a pezzi grossi
nelle giunture e metteteli al fuoco con una fetta di prosciutto, un pezzetto di
burro e un mazzetto guarnito, condendoli con sale e pepe. Quando cominciano ad
asciugare bagnateli con brodo e, a mezza cottura, aggiungete le loro rigaglie,
delle animelle a pezzi, e funghi freschi tagliati a fette, od anche secchi ma
fatti prima rinvenire nell'acqua calda, oppure tartufi; questi però vanno messi
a cottura quasi compita. Dopo averli bagnati con del brodo, versateci, se i
piccioni son due, mezzo bicchiere di vino bianco che avrete prima fatto scemare
di metà al fuoco, in un vaso a parte. Continuate a farli bollire dolcemente,
poi aggiungete altro pezzetto di burro intriso nella farina, oppure farina
sola, per legarne la salsa, e per ultimo, avanti di mandarli in tavola, levate
il prosciutto e il mazzetto, e strizzate sui piccioni un limone. Le animelle
scottatele prima e spellatele se sono di bestia grossa.
In questo stesso modo si possono cucinare
i pollastri giovani, guarnendoli di rigaglie invece che di animelle.
279. TIMBALLO DI PICCIONI
Questa pietanza dicesi timballo, forse
dalla forma che si approssima all'istrumento musicale di questo nome.
Fate un battuto con prosciutto, cipolla,
sedano e carota, aggiungete un pezzetto di burro e mettetelo al fuoco con un
piccione o due, a seconda del numero delle persone che dovranno fargli la
festa. Unite ai medesimi le loro rigaglie con altre di pollo, se ne avete.
Condite con sale e pepe e, quando i piccioni saranno rosolati, bagnateli con
brodo per tirarli a cottura, ma procurate che vi resti del sugo. Passate questo
e gettatevi dei maccheroni che avrete già cotti, ma non del tutto, in acqua
salata e teneteli presso al fuoco rimovendoli di quando in quando. Fate un poco
di balsamella, poi spezzate i piccioni nelle loro giunture, escludendone
il collo, la testa, le zampe e le ossa del groppone quando non vi piacesse di
disossarli del tutto, il che sarebbe meglio. Le rigaglie tagliatele a pezzi
piuttosto grossi e alle cipolle levate il tenerume. Allorché i maccheroni
avranno succhiato il sugo, conditeli con parmigiano, pezzettini di burro,
dadini o, meglio, fettine di prosciutto grasso e magro, noce moscata, fettine
di tartufi o, mancando questi, un pugnello di funghi secchi rammolliti. Unite
infine la belsamella e mescolate.
Prendete una cazzaruola di grandezza
proporzionata, ungetela tutta con burro diaccio e foderatela di pasta frolla.
Versate il composto, copritelo della stessa pasta e cuocetelo al forno;
sformatelo caldo e servitelo subito.
Con grammi 300 di maccheroni e due piccioni
farete un timballo per dieci o dodici persone se non sono forti
mangiatori. Volendo potete anche dargli la forma di pasticcio come quello del
n. 349.
280. TORDI COLLE OLIVE
I tordi e gli altri uccelli minuti in
umido si possono fare come i piccioni n. 276; anzi ve li raccomando cucinati in
quella maniera che sono buonissimi. Le olive indolcite, state cioè in salamoia,
si usano mettere intere coi loro nocciolo quando i tordi sono a mezza cottura.
Il nocciolo però è meglio levarlo: con un temperino si fa della polpa un
nastrino, che, avvolto a spirale sopra sé stesso, par che formi un'oliva
intera.
Una volta furono regalati sei tordi a un
signore, il quale, avendo in quei giorni la famiglia in campagna, pensò di
mangiarseli arrostiti a una trattoria. Erano belli, freschi e grassi come i
beccafichi e però, stando in timore non glieli barattassero, li contrassegnò
tagliando loro la lingua. I camerieri entrati in sospetto cominciarono ad
esaminarli se segno alcuno apparisse e, guarda guarda, aiutati dalla loro
scaltrezza, lo ritrovarono. Per non la cedere a furberia, o forse perché con
essi quel signore si mostrava soltanto largo in cintura, “gliela vogliamo fare”
gridarono ad una voce; e, tagliata la lingua a sei tordi dei più magri che
fossero in cucina, gli prepararono quelli, serbando i suoi per gli avventori
che più premevano. Venuto l'amico coll'ansietà di fare in quel giorno un
ghiotto mangiare e vedutili secchi allampanati, cominciò a stralunare gli occhi
e voltandoli e rivoltandoli fra sé diceva: - Io resto! ma che sono proprio i
miei tordi questi? - Poi, riscontrato che la lingua mancava, tutto dolente, si
dette a credere che avessero operata la metamorfosi lo spiedo e il fuoco.
Agli avventori che capitarono dopo, la
prima offerta che in aria di trionfo facevano quei camerieri, era: - Vuol ella
oggi un bellissimo tordo? - e qui a raccontar la loro bella prodezza, come fu
narrata a me da uno che li aveva mangiati.
281. TORDI FINTI
Tordi finti perché li rammenta l'odore del
ginepro e un poco anche il sapore della composizione. È un piatto che può
piacere e farete bene a provarlo.
Magro di vitella di latte senz'osso per
sei tordi, gr. 300.
Coccole di ginepro, n. 6.
Fegatini di pollo, n. 3.
Acciughe salate, n. 3.
Olio, cucchiaiate n. 3.
Lardone, quanto basta.
Questi finti tordi devono aver
l'apparenza di bracioline ripiene, quindi della vitella di latte fatene sei
fette sottili, spianatele, date loro una bella forma e mettete da parte i
ritagli. Questi coi fegatini, un pezzetto di lardone, le coccole di ginepro, le
acciughe nettate, e una foglia di salvia, formeranno il composto per riempirle;
e però tritate il tutto finissimo e conditelo con poco sale e pepe. Dopo avere
arrocchiate le bracioline con questo composto, fasciatele con una fetta sottile
del detto lardone, frapponendo fra questo e la carne mezza foglia di salvia, e
legatele in croce. Grammi 60 di lardone in tutto, credo potrà bastare.
Ora che avete preparato le bracioline,
ponetele a fuoco vivo in una sauté oppure in una cazzaruola scoperta con
le dette tre cucchiaiate d'olio, e conditele ancora leggermente con sale e
pepe. Quando saranno rosolate da tutte le parti, scolate l'unto, lasciando però
il bruciaticcio in fondo al vaso, e tiratele a cottura col brodo versato a
pochino per volta, perché devono rimanere in ultimo quasi asciutte.
Mandatele in tavola slegate, sopra a sei
fette di pane appena arrostito e bagnate coll'intinto ristretto rimasto dopo la
cottura.
Sono buone anche diacce.
282. STORNI IN ISTUFA
Gli storni, essendo uccelli di carne
ordinaria e dura, hanno bisogno del seguente trattamento per renderli
mangiabili.
Per numero sei storni fate un battuto,
tritato fine, con un quarto di una grossa cipolla e grammi 30 di grasso di
prosciutto. Mettetelo al fuoco con grammi 20 di burro, tre o quattro
striscioline di prosciutto grasso e magro e due coccole di ginepro. Collocateci
sopra gli storni senza sventrarli e, guarniti con foglie di salvia, conditeli
con sale e pepe. Quando avranno tirato il sapore del battuto, voltandoli
spesso, e che la cipolla sarà ben colorita, bagnateli con un poco di vino
bianco asciutto e poi versatecene tanto che fra la prima e la seconda volta sia
tre decilitri. Mancandovi il vino bianco supplite con due decilitri d'acqua ed
uno di marsala. Coprite la cazzaruola con un foglio di carta a quattro doppi
tenuto fermo da un coperchio pesante e fate bollire a fuoco dolce fino a
cottura completa. Levateli col loro sugo e serviteli.
283. UCCELLI IN SALMÌ
Cuoceteli, non del tutto, arrosto allo
spiedo conditi con sale e olio. Dopo levati, se sono uccelli piccoli o tordi,
lasciateli interi; se sono grossi tagliateli in quattro parti, e levate loro
tutte le teste che pesterete in un mortaio insieme con qualche uccellino pure
arrostito o con qualche ritaglio di uccelli grossi. Mettete una cazzarolina al
fuoco con un battuto composto di burro, qualche pezzetto di prosciutto, sugo di
carne, oppure brodo, madera o marsala nella quantità all'incirca del brodo, uno
scalogno trinciato, una coccola o due di ginepro, se sono tordi, o una foglia
d'alloro se sono uccelli di altra specie. Condite con sale e pepe e quando
questo intingolo avrà bollito mezz'ora passatelo dallo staccio, e collocatevi
gli uccelli arrostiti; fateli bollire fino a cottura completa e mandateli in
tavola con fettine di pane arrostito sotto.
284. STUFATO DI LEPRE
Vi descriverò più avanti il pasticcio di
lepre, e vi dirò anche come questa si cuoce arrosto; aggiungo ora che per farla
dolce-forte potete servirvi della ricetta del cignale n. 285, e che si può
mettere in istufato nella seguente maniera:
Prendiamo, per esempio, la metà di una
lepre, e dopo averla spezzettata tritate fine un battuto con una cipolla di
mediocre grandezza, due spicchi d'aglio, un pezzo di sedano lungo un palmo e
diverse foglie di ramerino. Mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro, due
cucchiaiate d'olio e quattro o cinque strisce di prosciutto larghe un dito.
Quando avrà soffritto per cinque minuti, gettateci la lepre e conditela con
sale, pepe e spezie. Rosolata che sia, bagnatela con mezzo bicchiere di vino
bianco o marsala, poi buttateci un pugnello di funghi freschi, o secchi
rammolliti, e tiratela a cottura con brodo e sugo di pomodoro o conserva; ma prima
di servirla, assaggiatela per aggiungere un altro poco di burro, se occorre.
285. CIGNALE DOLCE-FORTE
A me pare sia bene che il cignale da fare
dolce-forte debba avere la sua cotenna con un dito di grasso, perché il grasso
di questo porco selvatico, quando è cotto, resta duro, non nausea ed ha un
sapore di callo piacevolissimo.
Supposto che il pezzo sia di un
chilogrammo all'incirca, eccovi le proporzioni del condimento.
Fate un battuto con mezza cipolla, la
metà di una grossa carota, due costole di sedano bianco lunghe un palmo, un
pizzico di prezzemolo e grammi 30 di prosciutto grasso e magro. Tritatelo fine
colla lunetta e ponetelo in una cazzaruola con olio, sale e pepe sotto al
cignale per cuocerlo in pari tempo. Quando il pezzo ha preso colore da tutte le
parti, scolate buona parte dell'unto, spargetegli sopra un pizzico di farina, e
tiratelo a cottura con acqua calda versata di quando in quando. Preparate
intanto il dolce-forte in un bicchiere coi seguenti ingredienti e gettatelo
nella cazzaruola; ma prima passate il sugo.
Uva passolina, grammi 40.
Cioccolata, grammi 30.
Pinoli, grammi 30.
Candito a pezzetti, grammi 20.
Zucchero, grammi 50.
Aceto quanto basta; ma di questo
mettetene poco, perché avete tempo di aggiungerlo dopo. Prima di portarlo in
tavola fatelo bollire ancora onde il condimento s'incorpori, anzi debbo dirvi
che il dolce-forte viene meglio se fatto un giorno per l'altro. Se lo amate più
semplice componete il dolce-forte di zucchero e aceto soltanto.
Nello stesso modo potete cucinare la
lepre.
286. CIGNALE FRA DUE FUOCHI
Tenetelo in una marinata come quella
della lepre n. 531 per 12 o 14 ore. Levato da questa, asciugatelo con un
canovaccio e poi preparatelo nella seguente maniera. Collocate nel fondo di una
cazzaruola tre o quattro fette di lardone sottili come la carta, ponete il
pezzo del cignale sopra alle medesime, conditelo con sale e pepe e aggiungete
una cipolla intera, un mazzetto guarnito, un pezzetto di burro e, se il cignale
fosse un chilogrammo circa, mezzo bicchiere di vino bianco. Distendete sul
pezzo della carne altre tre o quattro fette dello stesso lardone e copritelo
con un foglio unto col burro, che vi stia aderente. Cuocetelo con fuoco sotto e
sopra e quando accenna a prosciugarsi, bagnatelo con brodo. Cotto che sia,
passate il sugo senza spremerlo, digrassatelo e unitelo al cignale quando lo
mandate in tavola.
287. COSTOLETTE DI DAINO ALLA CACCIATORA
Le carni del daino, del capriolo e di simili
bestie di selvaggina sono aride e dure, quindi è necessario che il tempo le
frolli per essere meglio gustate.
Servitevi per questo piatto della
lombata, da cui taglie rete le costolette tenendole sottili. Mettete al fuoco
olio e burro in proporzione della quantità che avrete a cuocere, uno spicchio
d'aglio intero e diverse foglie di salvia. Quando l'aglio avrà preso colore
collocateci sopra le costolette, conditele con sale e pepe e cuocetele a fuoco
ardente, alla svelta, annaffiandole col marsala.
288. CONIGLIO IN UMIDO
Per cucinare questo piatto, vedi le Pappardelle
col sugo di coniglio, n. 94.
289. LINGUA DOLCE-FORTE
Prendete una lingua di vitella di latte
tutta intera colla sua pappagorgia, perché questa è la parte più delicata;
spellatela e lessatela a mezza cottura. Regolatevi del resto come per il
cignale del n. 285, servendovi dell'acqua dove ha bollito per finire di
cuocerla. Per spellare la lingua arroventate una paletta e ponetegliela sopra
ripetendo l'operazione diverse volte, se occorre.
290. LINGUA DI BUE AL SUGO DI CARNE
Eccovi un'altra maniera di cucinare una
lingua di bue del peso, senza la pappagorgia, di oltre un chilogrammo.
Spellatela come è indicato nella ricetta
n. 289 e steccatela con grammi 60 di lardone tagliato in lardelli conditi con
sale e pepe. Legatela perché resti distesa e mettetela al fuoco con grammi 30
di burro; conditela con altro sale e pepe rosolandola alquanto, e poi tiratela
a cottura col sugo di carne versato un poco per volta. Cotta che sia, il sugo che
resta passatelo e condensatelo al fuoco con un pezzetto di burro e meno di
mezza cucchiaiata di farina per unirlo alla lingua, che manderete in tavola
tagliata a fette contornata di erbaggi lessati e rifatti col burro ed il sugo.
291. ARNIONI SALTATI
Prendete una pietra, come la chiamano a
Firenze, cioè un arnione o rognone di bestia grossa oppure diversi di bestie
piccole, apritelo e digrassatelo tutto perché quel grasso ha un odore
sgradevole. Tagliatelo per traverso a fette sottili, ponetelo in un vaso,
salatelo e versate sul medesimo tanta acqua bollente che lo ricopra. Quando
l'acqua sarà diacciata levatelo asciutto e mettetelo in padella per farlo
ributtar l'acqua che getterete via. Spargetegli sopra un pizzico di farina,
buttateci un pezzetto di burro e rimovendolo spesso fatelo grillettare per soli
cinque minuti. Conditelo con sale, pepe e mezzo bicchiere scarso di vino
bianco: lasciatelo ancora per poco sul fuoco e quando siete per levarlo
aggiungete un altro pezzetto di burro, un pizzico di prezzemolo tritato e un
po' di brodo, se occorre.
Per vostra regola gli arnioni tenuti
troppo sul fuoco induriscono. Il vino è bene farlo prima bollire a parte finché
sia scemato di un terzo; se invece di vino bianco farete uso di marsala o di champagne,
tanto meglio.
292. ARNIONI PER COLAZIONE
Arnioni di vitella di latte, di castrato,
di maiale e simili si prestano bene per una colazione cucinati nella seguente
maniera. Tenete in pronto un battutino tritato fine, composto di prezzemolo, mezzo
spicchio d'aglio, il sugo di mezzo limone e cinque o sei fette di midolla di
pane, asciugato al fuoco.
Aprite gli arnioni per digrassarli e
tagliateli a fettine sottili per traverso. Dato che siano in tutto del peso di
400 o 500 grammi, gettateli in padella con grammi 50 a 60 di burro a fuoco
ardente. Muoveteli spesso e appena cominciano a soffriggere gettateci il
battutino; conditeli con sale e pepe e sempre muovendoli col mestolo versateci
il sugo del limone e per ultimo un ramaiuolo di brodo.
L'operazione deve farsi in cinque minuti
circa e prima di mandarli in tavola versateli sulle fette del pane. Basteranno
per quattro persone.
293. ARNIONI ALLA FIORENTINA
Aprite e digrassate gli arnioni come
nella ricetta n. 291 e così spaccati a metà per il lungo, cuoceteli nel modo
seguente. Ponete un tegame al fuoco con un pezzo di burro proporzionato e
quando accenna a bollire, poneteci l'arnione lasciandovelo un poco, poi
ritiratelo dal fuoco e conditelo con sale, pepe e un pizzico di prezzemolo
tritato. Involtatelo bene nel condimento e, dopo parecchie ore, cuocetelo nello
stesso tegame, oppure in gratella, involtato nel pan grattato.
294. COSCIOTTO O SPALLA DI CASTRATO IN
CAZZARUOLA I
Per associazione d'idee, la parola
castrato mi presenta alla memoria quei servitori, i quali, per un'esigenza
ridicola de' loro padroni (sono sfoghi di vanità rientrata), si tagliano i
baffi e le ledine da sembrare tanti castratoni, e facce da zoccolanti.
Per lo stesso motivo, cioè per la vanità
delle loro padrone, sbuffano e mal si prestano le cameriere a portare in capo
quelle berrette bianche, chiamate altrimenti cuffie; infatti quando non sono
più giovani e non sono belle, con quell'aggeggio in capo sembrano la bertuccia.
Le balie, al contrario, gente di campagna, che sente poco la dignità di sé
stessa, con quei tanti fiocchi e nastri di vario colore adornate (indegne
pompe, di servitù misere insegne), se ne tengono, gonfiando impettite e non
s'avvedono che risvegliano l'idea della mucca quando è condotta al mercato.
Entrando in materia, dico che la buona
fine di questi due pezzi di carne a me sembra di ottenerla nella seguente
maniera. Prendiamo, ad esempio, la spalla e sulla medesima regolatevi nelle
debite proporzioni per il cosciotto. Non ho bisogno di dirvi che il castrato
deve essere di qualità fine e ben grasso, Supponiamo che la spalla sia del peso
di un chilogrammo, benché possa essere anche di chilogrammi 1½. Disossatela,
steccatela con lardone, e conditela di dentro e di fuori con sale e pepe, poi
arrocchiatela e legatela onde prenda una bella forma; indi mettetela in una
cazzaruola con grammi 40 di burro per rosolarla, e dopo aggiungete i seguenti
ingredienti:
Alcune cotenne di lardone o di
prosciutto.
Un mazzetto legato composto di
prezzemolo, sedano e carota.
Una cipolla intera di mezzana grossezza.
Le ossa spezzate che avrete levate dalla
spalla o dal cosciotto che sia.
Dei ritagli di carne cruda, se ne avete.
Un bicchiere di brodo o mezzo soltanto.
Due o tre cucchiaiate di acquavite.
Tanta acqua fredda che il liquido arrivi
poco sotto alla superficie del castrato. Coprite bene la cazzaruola e fatela
bollire a fuoco lento finché il pezzo sia cotto, per la qual cosa ci vorranno
da quattro e più ore se la bestia è dura. Allora passate il sugo, digrassatelo
e gettate via il superfluo, cioè mandate in tavola soltanto il castrato.
Questo piatto si suol guarnire o di
carote o di rape o di fagiuoli sgranati; se di carote, mettetene due grosse
intere fra la carne e quando saranno cotte levatele e tagliatele a fette rotonde
per aggiungerle dopo; se di rape, avvertite che non sappiano di forte per non
avere ancora sentito il freddo. Dividetele in quattro parti, imbiancatele,
tagliatele a dadi, rosolatele appena nel burro ed unitele al sugo, il quale deve
vedersi piuttosto abbondante; se di fagiuoli, cuoceteli prima e rifateli in
questo sugo.
295. COSCIOTTO O SPALLA DI CASTRATO IN
CAZZARUOLA II
Questa è una ricetta più semplice e da preferirsi
a quella del numero precedente, quando non si richieda contorno alcuno di
erbaggi e di legumi.
Prendete una spalla di castrato e dopo
averla disossata steccatela con lardelli di lardone involtati nel sale e nel
pepe. Salatela alquanto, poi arrocchiata e legata stretta, mettetela al fuoco
con grammi 40 di burro e una mezza cipolla steccata con un chiodo di garofano e
fatele prender colore. Ritirata la cazzaruola dal fuoco, versateci un bicchiere
d'acqua, o meglio brodo, una cucchiaiata di acquavite, un mazzetto odoroso e,
se è il tempo dei pomodori, alcuni di questi spezzati. Fate bollire adagio per
circa tre ore colla cazzaruola tenuta chiusa con doppio foglio di carta,
rivoltando spesso il pezzo della carne. Quando sarà cotta, gettate via la cipolla,
passate il sugo, digrassatelo ed unitelo alla carne quando la mandate in
tavola.
Vi avverto di non cuocerla troppo ché
allora non si potrebbe tagliare a fette.
Nella stessa maniera, colle debite
proporzioni nel condimento, si può fare il cosciotto. Se vi nausea il puzzo
speciale al montone, digrassate la carne anche da cruda.
296. LOMBATA DI CASTRATO RIPIENA
Prendete un pezzo di lombata di castrato
col suo pannicolo attaccato, del peso di un chilogrammo, digrassatela, ma non
del tutto, disossatela e conditela con sale e pepe. Formate il composto per
riempirla con
Magro di vitella di latte, grammi 150.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Un uovo.
Sale e pepe.
Tritatelo ben fine e, dopo avere spalmata
con questo tutta la lombata nell'interno, arrocchiatela tirandole sopra il
pannicolo, e cucitela onde non isbuzzi il ripieno. Ora mettetela al fuoco con
grammi 50 di burro e quando sarà rosolata bagnatela con un dito (di bicchiere)
di marsala, poi gettate nella cazzaruola a crogiolare con lei a fuoco lento,
mezza cipolla piuttosto piccola, tagliata in due pezzi, due o tre pezzi di
sedano, altrettanti di una carota e dei gambi di prezzemolo, bagnandola con
acqua o brodo per tirarla a cottura. Infine passate il sugo e il resto,
digrassatelo e servitela. È un piatto che potrà bastare per otto persone e
merita di essere raccomandato. Già sapete che per digrassare un sugo basta
posargli sopra qualche pezzo di carta straccia sugante.
297. BUE ALLA MODA
Questo piatto va trattato poco
diversamente da quello del n. 294.
Prendete non meno di un chilogrammo di
magro della coscia o del culaccio di bestia grossa e steccatelo con lardelli
grossi un dito di buon lardone che avrete involtati nel sale e nel pepe. Legate
il pezzo della carne perché prenda una bella forma, salatelo a sufficienza e
ponetelo in una cazzaruola con grammi 50 di burro per rosolarlo; poi aggiungete
gl'ingredienti qui appresso: mezza zampa di vitella di latte, oppure un pezzo
di zampa di vitella grossa, una grossa cipolla intera, due o tre carote intere,
un mazzetto legato di erbe odorose come prezzemolo, sedano, basilico e simili;
alcune cotenne di lardone, un bicchiere ardito d'acqua, o meglio un bicchiere
di brodo digrassato, e per ultimo mezzo bicchiere di vino bianco, oppure due
cucchiaiate di acquavite. Mettete al fuoco la cazzaruola ben coperta e fate
bollire adagio finché la carne sia cotta, ma le carote cuocendosi per le prime,
levatele onde restino intere. Gettate via il mazzetto odoroso, poi passate il sugo
e digrassatelo se occorre. Servite la carne non troppo cotta unicamente alla
zampa e contornate il piatto colle carote tagliate a fette rotonde. Se vi
riesce bene, sentirete un umido delicato e leggiero.
Alcuni steccano la cipolla con chiodi di
garofano; ma questo aroma non è da consigliarsi che agli stomachi forti. Meglio
delle carote giudico il contorno di fagiuoli sgranati cotti rifatti nel sugo
del bue.
298. BUE ALLA BRACE
Sarebbe il boeuf braisé dei Francesi.
Procuratevi un bel tocco di carne magra e frolla e, dato che sia del peso di
grammi 500 senz'osso, steccatelo con grammi 50 di lardone tagliato a lardelli
grossi e lunghi un dito scarso, ma conditeli prima con sale e pepe.
Fate un battuto con un quarto di cipolla
di media grandezza, mezza carota e una costola di sedano lunga un palmo.
Tritatelo all'ingrosso con la lunetta e mettetelo al fuoco con grammi 30 di
burro e sopra al medesimo il pezzo della carne legato e condito con sale e
pepe.
Quando il battuto sta per consumarsi,
bagnatelo per due volte con un gocciolo d'acqua fredda; consumata che sia e
colorita la carne, versate due ramaiuoli di acqua calda, coprite la cazzaruola
con foglio doppio di carta e fate bollire adagio finché la carne sia cotta.
Allora passate il sugo, digrassatelo e rimettetelo al fuoco con un altro
pezzetto di burro per dar maggior grazia alla carne e all'intinto, col quale
potrete tirare a sapore un contorno di erbaggi, come sarebbero spinaci, cavoli
di Bruxelles, carote, finocchi, quello che più vi piace di questi.
299. GIRELLO ALLA BRACE (GARETTO)
Volete un piatto di carne della cucina
bolognese e dei più semplici che si possano immaginare? Fate il garetto.
Così chiamano a Bologna il girello, che è quel pezzo di carne di manzo,
senz'osso, situata quasi alla estremità della coscia, tra il muscolo e lo
scannello, che può essere del peso di grammi 700 all'incirca ed è il solo che
si presti per quest'uso. Mettetelo al fuoco senz'altro condimento che sale e
pepe; niente acqua e niun altro ingrediente. Chiudete la bocca della cazzaruola
con un foglio di carta a diversi doppi, tenuto fermo dal suo coperchio, e
lasciatelo cuocere molto lentamente. Vedrete che getta una copiosa quantità di
sugo che poi riassorbe a poco a poco; quando lo avrà ritirato tutto levatelo e
servitelo. È quasi migliore diaccio che caldo.
Che sia un piatto sano e nutriente,
nessuno può dubitarne; ma che, per la sua troppa semplicità, possa piacere a
tutti non saprei dirlo.
300. BUE ALLA CALIFORNIA
Chi studiò questo piatto, non sapendo
forse come chiamarlo, gli applicò questo strano titolo; del resto poi, strani o
ridicoli sono quasi tutti i termini culinari.
Le seguenti dosi sono quelle da me
prescritte in seguito a diverse prove.
Carne magra senz'osso, di vitella o di
manzo, nella groppa, nella lombata o nel filetto, grammi 700.
Burro, grammi 50.
Panna, decilitri 2.
Acqua, decilitri 2.
Aceto forte, una cucchiaiata, o più
d'una, se è debole.
Mettete la carne al fuoco col detto
burro, mezza cipolla tagliata in quattro spicchi e una carota a pezzetti; sale
e pepe per condimento. Quando la carne sarà ben rosolata versate l'aceto, dopo
alquanto l'acqua e indi la panna. Fate bollire adagio circa tre ore, ma se il
sugo venisse a scarseggiare aggiungete un'altra po' d'acqua.
Mandate la carne in tavola tagliata a
fette e col suo sugo passato dallo staccio. In un pranzo di vari piatti potrà
bastare per cinque o sei persone.
301. SCANNELLO ANNEGATO
Non sapendo come chiamare quest'umido semplice
e sano, gli ho dato il titolo di scannello annegato.
Un pezzo di carne di manzo o di vitella,
tutto magro e senz'osso, tolto dallo scannello, di circa grammi 800.
Grasso di prosciutto, grammi 80.
Una grossa carota o due mezzane.
Tre o quattro costole di sedano lunghe un
palmo.
Mezzo bicchiere di vino bianco asciutto,
e mancando questo, due dita di marsala.
Steccate il pezzo della carne col
suddetto grasso di prosciutto, tagliato in lardelli involtati nel sale e nel
pepe; salatelo e legatelo onde stia unito.
Tagliate a pezzetti la carota e il sedano
e metteteli in fondo a una cazzaruola piuttosto piccola ponendoci sopra il
pezzo della carne e copritela d'acqua.
Fate bollire adagio a cazzaruola coperta,
e quando avrà ritirato l'acqua passate dallo staccio il sugo e gli erbaggi, che
poi rimetterete al fuoco insieme con la carne e col vino. Cotto che sia
servitelo affettato con sopra il suo intinto.
Potrà bastare per sei persone.
Come avrete notato in questa e in molte
altre ricette della presente raccolta, la mia cucina inclina al semplice e al
delicato, sfuggendo io quanto più posso quelle vivande che, troppo complicate e
composte di elementi eterogenei, recano imbarazzo allo stomaco. Ciò non ostante
un mio buon amico, per iscambio, la calunniava. Essendo egli stato colpito da
paralisi progressiva, che lo tenne infermo per oltre tre anni, non trovava
altro conforto alla sua disgrazia che quello di mangiar bene, e quando ordinava
il pranzo alla sua figliuola non mancava di dirle: - Bada di non darmi gl'intrugli
dell'Artusi. - Questa signorina, che era la massaia di casa, avendo ricevuta la
sua educazione in un collegio svizzero del cantone francese, si era colà
provveduta del trattato di cucina di Madame Roubinet; e volgendo a questo tutta
la sua simpatia, poco o punto si curava del mio. Gl'intrugli lamentati dal
padre erano dunque di questa madama dal rubinetto, la quale, si vede,
dava con questo la via, più che non farei io, alle acque torbe della cucina.
302. SCALOPPINE ALLA LIVORNESE
Perché si chiamino scaloppine non lo so,
e non so nemmeno perché sia stato dato loro il battesimo a Livorno. Comunque
sia, prendete delle bracioline di carne grossa, battetele bene per renderle
tenere e buttatele in padella, con un pezzo di burro. Quando l'avranno ritirato
bagnatele con qualche cucchiaiata di brodo per portarle a cottura, conditele
con sale e pepe, legatele con un pizzico di farina, date loro l'odore della
marsala, e prima di levarle, rendetele più grate con un pizzico di prezzemolo
tritato.
303. SCALOPPINE DI CARNE BATTUTA
Prendete carne magra di bestia grossa,
nettatela dai tendini e dalle pelletiche e, se non avete il tritacarne,
tritatela ben fine prima col coltello poi colla lunetta. Conditela con sale,
pepe e parmigiano grattato; aggiungete l'odore delle spezie, piacendovi, ma c'è
il caso allora che sappia di piatto rimpolpettato. Mescolate bene e date alla
carne la forma di una palla; poi con pangrattato sotto e sopra, onde non
s'attacchi, tiratela col matterello sulla spianatoia, rimuovendola spesso per
farne una stiacciata sottile poco più di uno scudo. Tagliatela a pezzi quadri e
larghi quanto la palma di una mano e cuoceteli in una teglia col burro. Quando
le scaloppine avran preso colore, annaffiatele con sugo di pomodoro o conserva
diluita nel brodo o nell'acqua e servitele. Potete anche, senza far uso del
matterello, stiacciarle colle mani e dar loro, per più eleganza, la forma di un
cuore.
Avendo carne stracottata avanzata, è
conveniente il farle con questa e con carne cruda mescolate insieme.
304. SCALOPPINE ALLA GENOVESE
Formate bracioline con carne magra di
vitella e, dato che sia grammi 500 senz'osso, tritate un quarto di cipolla di
mezzana grandezza e mettetela nel fondo di una cazzaruola con olio e un pezzetto
di burro. Distendete sul battuto le bracioline, uno strato sopra l'altro,
conditele con sale e pepe e mettetele al fuoco senza toccarle che così
attaccandosi insieme non si aggrinzano. Quando avrà preso colore la parte di
sotto, versate un cucchiaino di farina e dopo poco un pizzico di prezzemolo e
mezzo spicchio d'aglio tritati e due dita scarse,(di bicchiere) di vino bianco
buono, o, mancando questo, marsala. Poi distaccate le bracioline l'una
dall'altra, mescolate, lasciatele tirar l'umido, indi versate acqua calda e un
poco di sugo di pomodoro o conserva. Fatele bollire adagio e non molto per
terminare di cuocerle e servitele con intinto abbondante, e con fette di pane
arrostito sotto, oppure, se più vi piace, con un contorno di riso cotto nell'acqua,
tirato asciutto e condito leggermente con burro, parmigiano e l'intinto
medesimo. Anzi, il riso ci sta molto bene e così piacciono a tutti.
305. SCALOPPINE CON LA PANNA ACIDA
La panna acida è la panna comune, ossia
il fior di latte, quando ha preso l'agro, il qual difetto non nuoce anzi
migliora il piatto che riesce delicatissimo.
Prendete carne magra di vitella o di
vitella di latte, tagliatela a bracioline, battetele, infarinatele e mettetele
al fuoco con un pezzo proporzionato di burro. Conditele con sale e pepe e
fatele bollire adagio finché abbiano preso colore da ambedue le parti. Allora
bagnatele con la detta panna e per ultimo con un poco d'acqua o brodo, se
trattasi di vitella di latte, onde la salsa non riesca troppo densa e possano
cuocer meglio.
Servitele con spicchi di limone a parte.
Per quattro persone:
Grammi 500 di magro senz'osso,
Grammi 70 di burro
Due decilitri di panna.
306. SCALOPPINE DI VITELLA DI LATTE IN
TORTINO
Vitella di latte magra senz'osso,
tagliata a scaloppine sottilissime del peso, nette dalle pelletiche, di grammi
300, lardone a fettine sottili, grammi 70.
Sciogliete al fuoco, in una cazzaruola
proporzionata, un poco di burro e sul fondo e all'ingiro della medesima
distendete il lardone, sopra al quale collocherete un primo strato di
scaloppine condendole con sale, pepe, l'odore delle spezie, parmigiano grattato
e prezzemolo tritato. Poi un altro strato di scaloppine condite nella stessa
maniera, e così di seguito finché avrete roba. Sull'ultimo strato di scaloppine
spargete diversi pezzetti di burro e cuoceteli tra due fuochi, più sotto che
sopra, finché restino quasi asciutte e rosolato il lardone. Versate il tortino
sopra a uno strato di spinaci tirati al burro e servitelo a quattro persone.
307. BRACIOLINE RIPIENE
Bracioline sottili di vitella, grammi 300.
Carne magra di vitella o di vitella di latte, grammi
70.
Prosciutto piuttosto magro, grammi 40.
Midollo di vitella, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, n. l.
Delle bracioline ne usciranno 6 o 7 se le tenete
larghe quanto una mano: battetele ben bene col batticarne oppure con un manico
di coltello intinto spesso nell'acqua per allargarle. Poi tritate fine il
prosciutto coi grammi 70 della seconda carne e a questo battuto unite il
parmigiano e il midollo ridotto prima pastoso colla lama di un coltello; per
ultimo aggiungete l'uovo per legare il composto e una presa di pepe, non
occorrendo il sale a motivo del prosciutto e del parmigiano. Distendete le
bracioline e sul mezzo delle medesime distribuite il detto composto; poi
arrocchiatele e col refe legatele in croce.
Ora che hanno già preso la forma occorrente, preparate
un leggiero battuto con un po' di cipolla, un pezzetto di sedano bianco, un
pezzetto di carota e grammi 20 di carnesecca, e mettetelo al fuoco in una
cazzaruola con grammi 20 di burro, in pari tempo che vi porrete le bracioline.
Conditele con sale e pepe, e quando avranno preso colore versate sugo di
pomodoro o conserva e tiratele a cottura coll'acqua. Potete anche aggiungere,
piacendovi, un gocciolo di vino bianco.
Quando le mandate in tavola togliete il refe con cui
le avevate legate.
308. BRACIOLINE ALLA BARTOLA
La carne di vitella o di manzo che meglio si presta
per questo piatto sarebbe il filetto o il girello, ma può servire anche il
culaccio e la coscia.
Carne suddetta, peso netto senz'osso, grammi 500.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Un piccolo spicchio d'aglio.
Un piccolo spicchio di cipolla.
Una costola di sedano lunga un palmo.
Un buon pezzo di carota.
Un pizzico di prezzemolo.
Tagliate la carne a fette grosse quasi un dito per
ottenere non più di sette od otto bracioline alle quali procurate di dar bella
forma, e battetele con la costola del coltello. Fate un battuto tritato molto
fine col prosciutto e gl'ingredienti sopra descritti, poi versate in una sauté
o teglia di rame sei cucchiaiate d'olio sul quale, a freddo, collocherete
le bracioline spalmando sopra ad ognuna un pizzico del detto battuto. Conditele
con poco sale, pepe e il solo fiore di quattro o cinque chiodi di garofano, e a
fuoco vivo fatele rosolare dalla parte di sotto, poi voltatele ad una ad una
col suo battuto per rosolare anche questo, e quando avrà soffritto a
sufficienza tornatele a rivoltare onde il battuto ritorni al disopra
raccattando quello che è rimasto attaccato alla teglia, ora bagnatele con sugo
di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, cuopritele e fatele bollire adagio
per quasi due ore; ma mezz'ora prima di mandarle in tavola cuocete nell'intinto
delle medesime una grossa patata sbucciata e tagliata in dieci o dodici
tocchetti collocandoli nei vuoti fra una braciolina e l'altra.
Meglio sarebbe mandarle in tavola nel recipiente dove
sono state cotte; ma se questo è indecente mettetele pari pari in un vassoio
con le patate all'intorno. Questa quantità basta per quattro o cinque persone,
e non è piatto da disprezzarsi, perché non lascia lo stomaco aggravato.
309. BRACIOLINE ALLA CONTADINA
Per me, che si ribellano al mio gusto, le lascio mangiare
ai contadini; ma, poiché ad altri potrebbero non dispiacere, ve le descrivo.
Preparate le bracioline con carne magra di vitella
battuta bene, ungetele coll'olio e conditele con poco sale e pepe. Fate un
composto di olive in salamoia, capperi strizzati dall'aceto e un'acciuga,
tritando il tutto ben fine. Lasciatelo così semplice, oppure aggiungete un
rosso d'uovo e un pizzico di parmigiano; riempitene le bracioline, legatele e
quindi cuocetele con burro e sugo di pomodoro, oppure in un soffritto di cipolla.
310. BRACIUOLE NELLA SCAMERITA
Eccovi un piatto di tipo tutto fiorentino. La
scamerita è quella parte del maiale macellato ove, finita la lombata, comincia
la coscia; essa è marmorizzata di magro e grasso, quest’ultimo in quantità tale
che piace senza nauseare. Ponete le braciuole in un tegame con
pochissimo olio, due o tre spicchi d'aglio, con la loro buccia, un po'
stiacciati, e conditele con sale e pepe. Quando avranno preso colore da ambedue
le parti, versate nel tegame due o tre dita (di bicchiere) di vino rosso e
lasciate che, bollendo, l'umido prosciughi di metà. Allora mettetele da parte
asciutte conservandole calde, e in quell'intinto tirate a sapore del cavolo
nero già lessato, spremuto dall'acqua, tagliato non tanto minutamente e condito
anch'esso con sale e pepe. Mandatele in tavola col cavolo sotto.
311. COTOLETTE DI VITELLA DI LATTE IN SALSA D’UOVO
Dopo averle dorate e cotte alla sauté, come
quelle dei n. 312 e 313, spargete sopra alle medesime una salsa di rossi
d'uovo, burro e agro di limone, tenetele ancora un poco sul fuoco e servitele.
Per sette od otto cotolette basteranno tre rossi d'uovo, grammi 30 di
burro e mezzo limone, frullati in un pentolino prima di versarli.
312. COTOLETTE DI VITELLA DI LATTE COI TARTUFI ALLA
BOLOGNESE
Il posto migliore per questo piatto è il sotto-noce,
ma può servire anche il magro del resto della coscia o del culaccio. Tagliatele
sottili e della dimensione della palma di una mano: battetele e date loro una
forma smussata ed elegante come, ad esempio, la figura del cuore, cioè larga da
capo e restringentesi in fondo, il che si ottiene più facilmente tritando prima
la carne colla lunetta. Poi preparatele in un piatto con agro di limone, pepe,
sale e pochissimo parmigiano grattato. Dopo essere state un'ora o due in questa
infusione, passatele nell'uovo sbattuto e tenetecele altrettanto. Poi panatele
con pangrattato fine, mettetele a soffriggere col burro in una teglia di rame,
e quando saranno appena rosolate da una parte voltatele e sopra la parte cotta
distendete prima delle fette di tartufi e sopra queste delle fette di
parmigiano o di gruiera; ma sì le une che le altre tagliatele sottili il più
che potete. Fatto questo, terminate di cuocerle con fuoco sotto e sopra
aggiungendo brodo o sugo di carne; poi levatele pari pari e disponetele in un
vassoio col loro sugo all'intorno strizzandoci l'agro di un limone, o mezzo
solo se sono poche.
Nella stessa maniera si possono cucinare le costolette
di agnello dopo aver ripulito, raschiandolo, l'osso della costola.
313. COTOLETTE COL PROSCIUTTO
Preparate le cotolette come quelle del numero
precedente e mettetele nell'uovo con una fetta sottilissima di prosciutto
grasso e magro della dimensione della cotoletta stessa. Panatele col prosciutto
appiccicato sopra, salatele poco e rosolatele nel burro dalla parte dove non è
il prosciutto. Sopra al prosciutto, invece de' tartufi, distendete fette
sottilissime di parmigiano o di gruiera, finite di cuocerle col fuoco sopra e
servitele con sugo di carne ed agro di limone, oppure con sugo di pomodoro.
314. POLPETTE
Non crediate che io abbia la pretensione d'insegnarvi
a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare cominciando dal ciuco,
il quale fu forse il primo a darne il modello al genere umano. Intendo soltanto
dirvi come esse si preparino da qualcuno con carne lessa avanzata; se poi le
voleste fare più semplici o di carne cruda, non è necessario tanto condimento.
Tritate il lesso colla lunetta e tritate a parte una
fetta di prosciutto grasso e magro per unirla al medesimo. Condite con
parmigiano, sale, pepe, odore di spezie, uva passolina, pinoli, alcune
cucchiaiate di pappa, fatta con una midolla di pane cotta nel brodo o nel latte,
legando il composto con un uovo o due a seconda della quantità. Formate tante
pallottole del volume di un uovo, schiacciate ai poli come il globo
terrestre, panatele e friggetele nell'olio o nel lardo. Poi con un
soffrittino d'aglio e prezzemolo e l'unto rimasto nella padella passatele in
una teglia, ornandole con una salsa d'uova e agro di limone.
Se non tollerate i soffritti mettetele nella teglia
con un pezzetto di burro, ma vi avverto che i soffritti, quando siano ben
fatti, non sono nocivi, anzi eccitano lo stomaco a digerir meglio. Mi rammento
che una volta fui a pranzo con alcune signore in una trattoria di grido la
quale pretendeva di cucinare alla francese - troppo alla francese! - ove ci fu
dato un piatto di animelle coi piselli. Tanto quelle che questi erano freschi e
di primissima qualità, ma essendo stati tirati a cottura nell'umido del solo
burro senza soffritto, e almeno un buon sugo, e senza aromi di sorta, nel
mangiare quella pietanza, che poteva riuscire un eccellente manicaretto, si sentiva
che lo stomaco non l'abbracciava e a tutti riuscì pesante nella digestione.
315. POLPETTONE
Signor polpettone, venite avanti, non vi peritate;
voglio presentare anche voi ai miei lettori.
Lo so che siete modesto ed umile perché, veduta la
vostra origine, vi sapete da meno di molti altri; ma fatevi coraggio e non
dubitate che con qualche parola detta in vostro favore troverete qualcuno che
vorrà assaggiarvi e che vi farà forse anche buon viso.
Questo polpettone si fa col lesso avanzato, e, nella sua
semplicità, si mangia pur volentieri. Levatene il grasso e tritate il magro
colla lunetta; conditelo e dosatelo in proporzione con sale, pepe, parmigiano,
un uovo o due, e due o tre cucchiaiate di pappa. Questa può essere di midolla
di pane cotta nel latte, o nel brodo, o semplicemente nell'acqua aggraziata con
un po' di burro. Mescolate ogni cosa insieme, formatene un pane ovale,
infarinatelo; indi friggetelo nel lardo o nell'olio e vedrete che da morbido
qual era da prima, diverrà sodo e formerà alla superficie una crosticina. Tolto
dalla padella, mettetelo a soffriggere nel burro da ambedue le parti entro a un
tegame, e quando siete per mandarlo in tavola, legatelo con due uova frullate,
una presa di sale e mezzo limone. Questa salsa fatela a parte in una
cazzarolina, regolandovi come si trattasse di una crema, e versatela sopra il
polpettone quando l'avrete messo in un vassoio.
Per non sciuparlo, se è grosso, quando l'avete in
padella rivoltatelo con un piatto o con un coperchio di rame come fareste per
una frittata.
316. POLPETTONE DI CARNE CRUDA ALLA FIORENTINA
Prendete mezzo chilogrammo, senz'osso, di carne magra
di vitella, nettatela dalle pelletiche e dalle callosità e prima con un
coltello a colpo, poi colla lunetta tritatela fine insieme con una fetta di
prosciutto grasso e magro. Conditela con poco sale, pepe e spezie, aggiungete
un uovo, mescolate bene e colle mani bagnate formatene una palla e
infarinatela.
Fate un battutino con poca cipolla (quanto una noce),
prezzemolo, sedano e carota, mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro e
quando avrà preso colore gettate dentro il polpettone. Rosolatelo da tutte le
parti e poi versate nel recipiente mezzo bicchiere abbondante d'acqua in cui
avrete stemperata mezza cucchiaiata di farina; copritelo e fatelo
bollire a lentissimo fuoco badando che non si attacchi. Quando lo servite, col
suo intinto denso all'intorno, strizzategli sopra mezzo limone.
Se lo volete alla piemontese, altro non resta a fare
che collocare nel centro della palla, quando la formate, un uovo sodo
sgusciato, il quale serve a dar bellezza al polpettone quando si taglia a
fette. Non è piatto da disprezzarsi.
317. QUENELLES
Le quenelles costituiscono un piatto di origine e di
natura francese, come apparisce dal nome, che non ha corrispondente nella
lingua italiana, e fu inventato forse da un cuoco il cui padrone non aveva
denti.
Vitella di latte, grammi 120.
Grasso di rognone di vitella di latte, grammi 80,
Farina, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Uova, uno e un rosso.
Latte, decilitri 2.
Nettate bene la carne dalle pelletiche e il grasso
dalle pellicine che lo investono e, dopo averli pesati, tritateli più che
potete col coltello e con la lunetta, indi pestateli nel mortaio finché non
sian ridotti a una pasta finissima.
Fate una balsamella con la farina, il burro e
il latte soprannotati e quando sarà diaccia uniteci la roba pestata, le uova,
il condimento di solo sale e mescolate ben bene ogni cosa insieme. Distendete
sulla spianatoia un velo di farina, versateci sopra il composto e, leggermente
infarinato, tiratelo a bastoncino in modo da ottenere 18 o 20 rocchi, simili
alle salsicce, lunghi un dito.
Mettete dell'acqua al fuoco in un vaso largo e quando
bolle gettateci le quenelles; fatele bollire 8 o 10 minuti e le vedrete
rigonfiare. Allora con la mestola un po' forata levatele asciutte e servitele
sguazzanti nella salsa di pomodoro n. 125, a cui aggiungerete alcuni funghi
freschi o secchi (che avrete cotti avanti nella salsa medesima) e alcune olive
in salamoia, alle quali leverete il nocciolo. Alla salsa di pomodoro potete
sostituire il sugo di carne, oppure guarnire con le quenelles un
intingolo di rigaglie e animelle. Si possono fare anche con la carne bianca dei
polli o con la polpa del pesce e questa quantità può bastare per cinque
persone.
Se vi servite della salsa di pomodoro, che è la più
opportuna per questo piatto di gusto molto delicato, legatela con un intriso
composto di grammi 30 di burro e un cucchiaio di farina, versandola nel
medesimo quando avrà preso sul fuoco il color nocciuola.
318. AGNELLO TRIPPATO
Spezzettate grammi 500 di agnello nella lombata e
friggetelo con lardo vergine. Fate quindi in un tegame un soffritto coll'unto
rimasto in padella, aglio e prezzemolo e, quando l'aglio avrà preso colore,
gettateci l'agnello già fritto, conditelo con sale e pepe, rivoltatelo bene e
lasciatelo alquanto sopra al fuoco perché s'incorpori il condimento. Poi
legatelo con la seguente salsa: frullate in un pentolo due uova con un buon
pizzico di parmigiano grattato e mezzo limone. Versatela nell'agnello,
mescolate, e quando l'uovo sarà alquanto rappreso, servite in tavola.
319. AGNELLO COI PISELLI ALL’USO DI ROMAGNA
Prendete un quarto d'agnello dalla parte di dietro,
steccatelo con due spicchi d'aglio tagliato a striscioline e con qualche ciocca
di ramerino; dico ciocche e non foglie, perché le prime si possono levare,
volendo, quando l'agnello è cotto. Prendete un pezzo di lardone o una fetta di
carnesecca e tritateli fini col coltello. Mettete l'agnello al fuoco in un
tegame con questo battuto e un poco d'olio; conditelo con sale e pepe e fatelo
rosolare. Allorché avrà preso colore, aggiungete un pezzetto di burro, sugo di
pomodoro oppure conserva sciolta nel brodo o nell'acqua e tiratelo a cottura
perfetta. Ritirate per un momento l'agnello, versate nell'intinto i piselli e
quando avranno bollito un poco, rimettetelo sui medesimi, fateli cuocere e
serviteli per contorno.
Si può cucinare nella stessa maniera un pezzo di
vitella di latte nella lombata o nel culaccio.
In Toscana questi piatti si manipolano nella stessa
guisa, ma si fa uso del solo olio.
320. SPALLA D’AGNELLO ALL’UNGHERESE
Se non è all'ungherese sarà alla spagnola o alla
fiamminga; il nome poco importa, purché incontri, come credo, il gusto di chi
la mangia.
Tagliate la spalla a pezzi sottili e larghi tre dita
in quadro. Trinciate due cipolle novelline oppure tre o quattro cipolline
bianche; mettetele a soffriggere con un pezzetto di burro e quando avranno
preso il rosso cupo buttate giù l'agnello e conditelo con sale e pepe.
Aspettate che la carne cominci a colorire ed aggiungete un altro pezzetto di
burro intriso nella farina; mescolate e fategli prendere un bel colore, poi
tiratelo a cottura con brodo versato a poco per volta. Non mandatelo in tavola
asciutto, ma con una certa quantità del suo sugo.
321. TESTICCIUOLA D’AGNELLO
Per mettere in umido la testicciuola d'agnello non
fate come quella serva a cui il padrone avendo detto che la dividesse in due parti
la tagliò per traverso; fu la stessa brava ragazza che un'altra volta aveva
infilato i tordi nello spiedo dal di dietro al davanti. Tagliate dunque la
testicciuola per la sua lunghezza e così come stanno i due pezzi naturalmente,
metteteli a cuocere in un largo tegame; ma fate prima un soffritto d'aglio,
prezzemolo e olio, e quando avrà preso colore, fermatelo con un ramaiuolo di
brodo. Buttata giù la testicciuola, conditela con sale e pepe, aggiungete a
mezza cottura un pezzetto di burro, un poco di sugo o conserva di pomodoro e
tiratela a cottura con altro brodo, se occorre.
È un piatto da non presentarsi ad estranei, ma per
famiglia è di poca spesa e gustoso; la parte intorno all'occhio è la più
delicata.
322. COTEGHINO FASCIATO
Non ve lo do per un piatto fine, ma come piatto di
famiglia può benissimo andare, anzi potrete anche imbandirlo agli amici di
confidenza. A proposito di questi, il Giusti dice che coloro i quali sono in
grado di poterlo fare, devono di quando in quando invitarli ad ungersi i baffi
alla loro tavola. Ed io sono dello stesso parere, anche nel supposto che gli
invitati vadano poi a lavarsi la bocca di voi, come è probabile, sul
trattamento avuto.
Prendete un coteghino del peso di grammi 300 circa e
spellatelo da crudo.
Prendete una braciuola di magro di vitella o di manzo
del peso di grammi 200 a 300 larga e sottile e battetela bene.
Involtate con essa il coteghino, ammagliatelo tutto
col refe e mettetelo al fuoco in una cazzaruola insieme con un pezzetto di
burro, sedano, carota e un quarto di cipolla, il tutto tagliato all'ingrosso.
Sale e pepe non occorrono perché il coteghino contiene
ad esuberanza questi condimenti.
Se col sugo vi piacesse di condire una minestra di
maccheroni, aggiungete alcune fettine di prosciutto grasso e magro, oppure di
carnesecca. Quando il pezzo avrà preso colore da tutte le parti, versate acqua
bastante a ricoprirlo per metà e alcuni pezzetti di funghi secchi, facendolo
bollire adagino fino a cottura completa. Passate il sugo, unite al medesimo i funghi
anzidetti e con questo, cacio e burro condite i maccheroni, servendo il
coteghino fasciato, sciolto dal refe, con alquanto del suo sugo all'intorno,
per companatico.
Il sugo per condire la minestra sarà bene condensarlo
alquanto con un pizzico di farina. Mettetela in una cazzaruola con un pezzetto
di burro e quando comincia a prender colore versateci il sugo e fatelo bollire
un poco.
A questo piatto si addice molto il contorno di carote,
prima lessate a due terzi di cottura, poi rifatte in quel sugo.
323. STUFATINO DI MUSCOLO
Ognun sa che i muscoli di tutte le bestie, compresa la
bestia uomo, sono fasci di fibre che costituiscono la carne in genere;
ma muscolo volgarmente si chiama in Firenze quella carne di vitella che,
per essere alla estremità della coscia o della spalla verso le gambe, contiene
tendini morbidi e gelatinosi che si addicono a questa cucinatura. Tagliate a
pezzetti grammi 500 di muscolo di vitella o di vitella di latte. Mettete
al fuoco dell'olio con due spicchi d'aglio senza sbucciarli, ma alquanto
ammaccati; lasciate soffriggere e quindi gettateci la carne, condendola con
sale e pepe. Rosolata che sia, spargetele sopra mezza cucchiaiata di farina,
aggiungete sugo di pomodoro o conserva e un pezzetto di burro; quindi acqua o
brodo, a poco per volta, e tiratela a cottura; ma fate in maniera che vi resti
dell'intinto. Disponete sopra un vassoio delle fette di pane arrostito, versate
sopra le medesime lo stufatino e mandatelo in tavola. Potete anche servirlo
senza crostini e metterci dei funghi freschi, tagliati a fette, oppure delle
patate quando la carne sarà quasi cotta.
324. STUFATINO DI PETTO DI VITELLA DI LATTE COI
FINOCCHI
Spezzettate il petto di vitella di latte lasciandogli
le sue ossa. Fate un battuto con aglio, prezzemolo, sedano, carota e una fetta
proporzionata di carnesecca; aggiungete olio, pepe, sale e mettetelo al fuoco
insieme colla carne suddetta. Rivoltatela spesso, e quando sarà rosolata
alquanto, spargete sulla medesima un pizzico di farina, un po' di sugo di pomodoro
o conserva e tiratela a cottura con brodo o acqua. Per ultimo aggiungete un
pezzetto di burro e i finocchi tagliati a grossi spicchi già ridotti a mezza
cottura nell'acqua e soffritti nel burro. La cazzaruola, tanto in questo che
negli altri stufati, tenetela sempre coperta.
Quando parlo di cazzaruole intendo quelle di rame bene
stagnate. Hanno a dir quel che vogliono, ma il rame, tenuto pulito, è da
preferirsi sempre ai vasi di ferro e di terra, perché quelli si arroventano e bruciano
le vivande; questa screpola e suzza gli untumi e col troppo uso comunica
qualcosa che sa di lezzo.
325. VITELLA DI LATTE IN GUAZZETTO
Riesce un umido di non molto sapore, ma semplice e
sano, perciò lo descrivo. Prendete vitella di latte nel sottonoce o nel
culaccio, battetela, legatela perché stia raccolta e ponetela in cazzaruola
come appresso.
Ammesso che il pezzo della carne sia grammi 500
senz'osso, coprite il fondo della cazzaruola con grammi 30 di carnesecca a
fette sottilissime e grammi 30 di burro e sopra a questo strato collocate meno
di mezzo limone tagliato in quattro fette sottili alle quali leverete la
corteccia e i semi. Sopra a queste cose ponete la vitella per rosolarla ben
bene da tutte le parti; ma badate che non prenda di bruciato a motivo del poco
umido che vi si trova. Fatto questo, scolate l'unto superfluo, conditela con
sale e pepe e poco dopo bagnatela con un bicchiere di latte caldo, che avrete
prima fatto alquanto bollire a parte, ma non vi sgomentate se questo impazzirà,
com'è probabile.
Coprite la cazzaruola con carta a doppio e, a fuoco
lento, tirate il pezzo della carne a cottura; quando sarete per servirla
passate il sugo.
Questa dose potrà bastare per quattro persone.
326. PETTO DI VITELLA DI LATTE RIPIENO
In termine culinario si chiamerebbe petto farsito.
Petto di vitella di latte tutto in un pezzo, grammi
500.
Magro di vitella di latte senz'osso, grammi 170.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Mortadella di Bologna, grammi 40.
Parmigiano, grammi 15.
Uova, n. l.
Un quarto appena di spicchio d'aglio e 4 o 5 foglie di
prezzemolo.
Fate un composto col suddetto magro di vitella di
latte in questa maniera: nettatelo dai tendini e dalle pelletiche, se vi sono,
e tritatelo finissimo con un pezzetto di grasso di prosciutto levato dai
suddetti 40 grammi. A questa carne battuta aggiungete l'aglio e il prezzemolo,
tritati finissimo, il parmigiano, l'uovo, una presa di pepe, pochissimo sale e
mescolate il tutto ben bene. Se avete d'occasione una pallina di tartufi
tritatela nel composto e sentirete che ci sta d'incanto.
Disossate il petto dalle ossa dure e lasciategli le
tenere; apritelo nel tessuto connettente passando il coltello al di sotto delle
costole sì che diventi doppio di superficie come si fa di un libro quando si
apre. Sopra la metà del petto dove sono rimaste le ossa tenere, distendete
parte del composto e sopra a questo disponete parte del prosciutto o della
mortadella tagliati a strisce larghe un dito intercalandole a poca distanza tra
loro. Sopra a questo primo strato ponetene un secondo e un terzo, se avete roba
sufficiente, tramezzando sempre il composto e i salumi. Finita l'operazione
tirate sopra al ripieno l'altra metà del petto rimasta nuda, per chiudere, come
sarebbe a dire, il libro e con un ago grosso e refe cucite gli orli perché il
ripieno non ischizzi fuori; oltre a ciò legatelo stretto in croce con lo spago.
Così acconciato mettetelo al fuoco in una cazzaruola con un pezzo di burro,
sale e pepe, e quando avrà preso colore da ambedue le parti, portatelo a
cottura con acqua versata a poco per volta.
Servitelo caldo col suo sugo ristretto; ma prima
scioglietelo dallo spago e dal refe. Se è venuto bene deve potersi tagliare a
fette e far bella mostra di sé coi suoi lardelli. Potete contornarlo di piselli
freschi cotti nel suo sugo, o di finocchi tagliati a spicchi, ma prima lessati.
327. ARROSTINI DI VITELLA DI LATTE ALLA SALVIA
Questo piatto si forma con la lombata di vitella di latte
priva di pelletiche e col suo osso attaccato, e tagliata a braciuole sottili.
Servitevi di una sauté o di una teglia di rame, e mettetela al fuoco con
alcune foglie intere di salvia e un pezzo di burro proporzionato. Quando avrà
soffritto un poco gettateci le braciuole e mentre rosolano, a fuoco vivo,
salatele da ambedue le parti, poi spargeteci un po' di farina e terminate di
cuocerle con la marsala. Devono restare con poco umido.
Dato che con grammi 500 circa di lombata, pulita dal
superfluo, formiate sei di dette braciuole, basterà un dito scarso (di
bicchiere) di marsala, e se mai un po' di sugo di pomodoro; della farina un
cucchiaino.
328. LOMBO DI MAIALE RIPIENO
Per lombo qui s'intende un pezzo di lombata dalla
parte che non ha costole.
Lombo di maiale, chilogrammi l.
Rete di maiale, grammi 100.
Magro di vitella di latte, grammi 100.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Mortadella, grammi 50.
Midollo, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Un rosso d'uovo.
Odore di noce moscata a chi piace.
Rosolate nel burro la vitella di latte e tanto questa
che il prosciutto e la mortadella tritateli coi coltello e poi pestateli nel
mortaio per ridurli finissimi. Versate questo pesto sul tagliere, unitevi il
midollo, il parmigiano e il rosso d'uovo, conditelo scarsamente con sale, pepe
e noce moscata, e con la lama di un coltello riducetelo a poltiglia tutta
eguale. Ora levate il grasso superficiale alla lombata, disossatela e poi
tagliatela in sette od otto braciuole, ma in modo che restino tutte unite alla
base per poterle aprire come i fogli di un libro e sopra ad ognuna di queste
appiccicate una cucchiaiata della detta poltiglia; poi unitele insieme per
formarne un rotolo che spolverizzerete di sale e pepe e legherete stretto con
lo spago. Fatto ciò copritelo con la rete di maiale, legandola con un filo onde
vi stia aderente, e cuocetelo a lento fuoco in cazzaruola senza null'altro. Tre
ore di cottura potranno bastare e servirà per otto persone.
È un piatto buono, tanto caldo che freddo, e non
grave; ma servito caldo potrete mandarlo in tavola accompagnato da un erbaggio
rifatto nel suo unto. Per tagliarlo a fette devesi trinciare non nel senso
delle divisioni, ma pel contrario, che così farà bella mostra.
329. BUE GAROFANATO
Per bue, intendo carne grossa, comprendendovi cioè il
manzo e la vitella.
Prendete un bel tocco di magro nella coscia o nel
culaccio, battetelo, e ponetelo in infusione nel vino la sera per la mattina di
poi. Dato che il pezzo sia di un chilogrammo all'incirca, steccatelo con lardone
e quattro chiodi di garofani, legatelo e mettetelo al fuoco con mezza cipolla
tagliata a fette sottili, burro e olio in quantità eguali e salatelo.
Rosolatelo da tutte le parti e strutta la cipolla, versate un bicchier d'acqua
e, coperta la bocca della cazzaruola con un foglio di carta a due o tre doppi
tenuti fermi dal coperchio, fatelo bollire adagio fino a cottura. Scioglietelo
e servitelo coi suo sugo all'intorno, passato e digrassato. I lardelli di
lardone, come vi ho detto altre volte, è bene tenerli grossi un dito e condirli
con sale e pepe.
Non lo credo cibo confacente agli stomachi deboli.
330. ANIMELLE ALLA BOTTIGLIA
Quelle d'agnello non hanno bisogno di alcuna
preparazione; a quelle di bestia più grossa bisogna dare mezza cottura nell'acqua,
spellandole, se occorre. Le prime lasciatele intere, le seconde tagliatele a
pezzi e sì le une che le altre infarinatele bene e mettetele a rosolare nel
burro condendole con sale e pepe. Poi bagnatele con vino di Marsala o di
Madera, e dopo fate loro alzare un solo bollore. Si può anche tirare la salsa a
parte con una presa di farina, un pezzetto di burro e il vino.
Se poi le aggraziate col sugo di carne, da buone che
sono, diventeranno squisite.
331. TRIPPA COL SUGO
La trippa, comunque cucinata e condita, è sempre un
piatto ordinario. La giudico poco confacente agli stomachi deboli e delicati,
meno forse quella cucinata dai Milanesi, i quali hanno trovato modo di renderla
tenera e leggiera, non che quella alla côrsa che vi descriverò più sotto. In alcune
città si vende lessata e questo fa comodo; non trovandola tale, lessatela in
casa e preferite quella grossa cordonata. Lessata che sia, tagliatela a strisce
larghe mezzo dito ed asciugatela fra le pieghe di un canovaccio. Mettetela poi
in una cazzaruola a soffriggere nel burro e quando lo avrà tirato, aggiungete
sugo di carne o, non avendo questo, sugo di pomodoro; conditela con sale e
pepe, tiratela a cottura più che potete e quando siete per levarla, gettateci
un pizzico di parmigiano.
332. TRIPPA LEGATA COLLE UOVA
Lessate e tagliate la trippa come quella della ricetta
precedente, poi mettetela al fuoco in un soffritto di aglio, prezzemolo e
burro, conditela con sale e pepe, e quando la credete cotta legatela con uova
frullate, agro di limone e parmigiano.
333. TRIPPA ALLA CÔRSA
Sentirete una trippa unica nel suo genere, di grato
sapore e facile a digerirsi, superiore a tutte le altre fin qui conosciute; ma
il segreto sta nel trattarla con sugo di carne ben fatto e in grande
abbondanza, perché ne assorbe molto. Oltre a ciò, è un piatto che non può farsi
che in quei paesi ove si usa vendere le zampe delle bestie bovine rasate dal
pelo, per la ragione che quella cotenna collosa è necessaria a legare il sugo.
Trippa cruda, grammi 700.
Zampa senz'osso, grammi 100.
Burro, grammi 80.
Lardone, grammi 70.
La metà di una grossa cipolla.
Due piccoli spicchi d'aglio.
Odore di noce moscata e spezie.
Sugo di carne, quanto basta.
Un pugnello di parmigiano.
Dico cruda la trippa, perché in molti paesi si usa
di venderla lessata.
Dopo averla lavata ben bene, tagliatela a strisce non
più larghe di mezzo dito e così pure la zampa. Fatto questo, trinciate minuta
la cipolla e mettetela al fuoco col burro, e quando comincia a prender colore
aggiungete il lardone tritato fine colla lunetta insieme coll'aglio. Allorché
questo soffritto avrà preso il color nocciuola, gettateci la trippa e la zampa
condendole con sale, pepe e gli aromi indicati, ma questi ultimi a scarsa
misura. Fatela bollire finché sarà asciutta, indi bagnatela col sugo e col
medesimo finite di cuocerla a fuoco lento onde ridurla tenera, per il che ci
vorranno in tutto da 7 a 8 ore; se per caso il sugo vi venisse a mancare
aiutatevi col brodo. Quando sarete per servirla, datele maggior sapore col parmigiano
e versatela sopra fette di pane arrostito che devono sguazzare nel sugo.
Basterà per cinque persone.
334. POLPETTE DI TRIPPA
Questo piatto, tolto da un trattato di cucina del
1694, vi parrà strano e il solo nome di trippa vi renderà titubanti a provarlo;
ma pure, sebbene di carattere triviale, coi condimenti che lo aiutano, riesce
gradito e non grave allo stomaco.
Trippa lessata, grammi 350.
Prosciutto più magro che grasso, grammi 100.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Midollo di bue, grammi 20.
Uova, n. 2.
Un buon pizzico di prezzemolo.
Odore di spezie o di noce moscata.
Pappa non liquida, fatta di pane bagnato col brodo o
col latte, due cucchiaiate.
Tritate con la lunetta la trippa quanto più potete
finissima. Fate lo stesso del prosciutto, del midollo e del prezzemolo,
aggiungete le uova, il resto, un poco di sale e mescolate. Con questo composto
formate 12 o 13 polpette, che potranno bastare per quattro persone,
infarinatele bene e friggetele nell'olio o nel lardo.
Ora fate un battutino con un quarto scarso di cipolla
di mediocre grossezza e mettetelo in una teglia proporzionata con gr. 60 di
burro e, colorito che sia, collocateci le polpette, annaffiatele dopo poco con
sugo di pomodoro o conserva sciolta nel brodo, copritele e fatele bollire adagio
una diecina di minuti, rivoltandole; quindi mandatele in tavola con un po' del
loro intinto e spolverizzate di parmigiano. L'autore aggiunge al composto uva
passolina e pinoli, ma se ne può fare a meno.