ARTUSI
LIBRO 5
334. POLPETTE DI TRIPPA
Questo piatto, tolto da un trattato di cucina del
1694, vi parrà strano e il solo nome di trippa vi renderà titubanti a provarlo;
ma pure, sebbene di carattere triviale, coi condimenti che lo aiutano, riesce
gradito e non grave allo stomaco.
Trippa lessata, grammi 350.
Prosciutto più magro che grasso, grammi 100.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Midollo di bue, grammi 20.
Uova, n. 2.
Un buon pizzico di prezzemolo.
Odore di spezie o di noce moscata.
Pappa non liquida, fatta di pane bagnato col brodo o
col latte, due cucchiaiate.
Tritate con la lunetta la trippa quanto più potete
finissima. Fate lo stesso del prosciutto, del midollo e del prezzemolo,
aggiungete le uova, il resto, un poco di sale e mescolate. Con questo composto
formate 12 o 13 polpette, che potranno bastare per quattro persone,
infarinatele bene e friggetele nell'olio o nel lardo.
Ora fate un battutino con un quarto scarso di cipolla
di mediocre grossezza e mettetelo in una teglia proporzionata con gr. 60 di
burro e, colorito che sia, collocateci le polpette, annaffiatele dopo poco con
sugo di pomodoro o conserva sciolta nel brodo, copritele e fatele bollire
adagio una diecina di minuti, rivoltandole; quindi mandatele in tavola con un
po' del loro intinto e spolverizzate di parmigiano. L'autore aggiunge al
composto uva passolina e pinoli, ma se ne può fare a meno.
335. ZAMPA BURRATA
La trippa, per analogia di cucinatura e d'aspetto,
richiama alla memoria la zampa burrata che è un piatto di carattere e di
fisonomia del tutto fiorentina che va lodato perché nutriente e di natura
gentile. Usandosi in Firenze di macellare bestie bovine giovani, se n'è tirato
partito per far servire come alimento quello che in altri paesi si lascia unito
alla pelle per farne cuoio; intendo dire delle zampe, che, dal ginocchio in
giù, vengon rase dal pelo e così belle e bianche son vendute a pezzi od intere.
Prendasi dunque un buon pezzo di questa zampa e si
lessi, poi si disossi, si tagli a pezzetti e si metta al fuoco con burro, sale
e pepe, un po' di sugo di carne e parmigiano quando si leva. Mancando il sugo
di carne, può supplire discretamente il sugo o la conserva di pomodoro.
Di questo piatto prese una solenne indigestione una
signora attempata che era in casa mia, forse perché ne mangiò troppa e la molta
cottura che richiede non la rese abbastanza morbida.
336. LINGUA IN UMIDO
Prendete una lingua di manzo che, senza la
pappagorgia, potrà pesare un chilogrammo all'incirca. Lessatela quel tanto che basti
per poterla spellare, e poi trattatela come appresso:
Fate un battuto generoso con grammi 50 di prosciutto
grasso e magro, la metà di una cipolla di mezzana grandezza, sedano, carota e
prezzemolo, e mettetelo al fuoco con grammi 50 di burro insieme con la lingua
condita con sale e pepe. Rosolata che sia, tiratela a cottura con brodo versato
a poco per volta e sugo di pomodoro o conserva; poi passate il sugo. Fate a
parte un intriso con grammi 20 di burro e una cucchiaiata rasa di farina e
quando avrà preso il color nocciuola versateci dentro il detto sugo e nel
medesimo rimettete la lingua per tenerla ancora alquanto sul fuoco e poi
servitela tagliata a fette grosse un centimetro con un contorno di sedano o
altro erbaggio rifatto nel medesimo sugo.
È un piatto che potrà bastare per sette od otto
persone.
337. FEGATO DI VITELLA DI LATTE ALLA MILITARE
Tritate ben fine uno scalogno o una cipolla novellina,
fatela soffriggere in olio e burro, e quando avrà preso il colore rosso carico,
gettateci il fegato tagliato a fette sottili. A mezza cottura conditelo con
sale, pepe e un pizzico di prezzemolo trito. Fatelo bollire adagio onde resti
sugoso, e servitelo col suo sugo, unendovi l'agro di un limone quando lo
mandate in tavola.
338. BRACIUOLE DI CASTRATO E FILETTO DI VITELLA ALLA
FINANZIERA
Ponete nel fondo di una cazzaruola una fetta di
prosciutto, alquanto burro, un mazzettino composto di carota, sedano e gambi di
prezzemolo, e sopra a queste cose delle braciuole intere di castrato nella
lombata, che condirete con sale e pepe. Fatele rosolare da ambedue le parti,
aggiungete un altro pezzetto di burro, se occorre, e unite alle braciuole
ventrigli di pollo, e dopo fegatini, animelle e funghi freschi o secchi, già
rammolliti, il tutto tagliato a pezzi; quando anche queste cose avranno preso
colore, bagnate con brodo e fate cuocere a fuoco lento. Legate l'umido con un
po' di farina, e per ultimo versate mezzo bicchiere, od anche meno, di vino
bianco buono, fatto prima scemare di metà al fuoco, in un vaso a parte, e fate
bollire ancora un poco perché s'incorpori. Quando siete per mandarlo in tavola
levate il prosciutto e il mazzetto, passate il sugo dal colino e digrassatelo.
Nella stessa maniera si può fare un pezzo di filetto
di vitella, invece del castrato, aggiungendo ai detti ingredienti anche dei
piselli. Se farete questi due piatti con attenzione, sentirete che sono
squisiti.
339. BRACIOLINE RIPIENE CON CARCIOFI
Ai carciofi levate tutte le foglie dure e tagliateli
in quattro o cinque spicchi. Prendete una fetta di prosciutto grasso e magro,
tritatelo fine fine, mescolatelo con un poco di burro e con questo composto
spalmate gli spicchi dei carciofi. Battete e spianate le bracioline, che
possono essere di vitella o di manzo, conditele con sale e pepe e ponete in
mezzo a ciascuna due o tre dei detti spicchi, poi avvolgetele e legatele in
croce con un filo. Fate un battutino con poca cipolla, mettetelo in una
cazzaruola con burro e olio e quando la cipolla sarà ben rosolata collocateci
le bracioline e conditele ancora con sale e pepe. Rosolate che sieno, tiratele
a cottura con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, e quando le
mandate in tavola scioglietele dal filo.
340. FILETTO COLLA MARSALA
La carne del filetto è la più tenera, ma se quel briccone
del macellaio vi dà la parte tendinosa, andate franco che ne resterà la metà
pel gatto.
Arrocchiatelo, legatelo, e, dato che sia un
chilogrammo all'incirca, mettetelo al fuoco con una cipolla di mediocre
grandezza tagliata a fette sottili, insieme con alcune fettine di prosciutto e
un pezzo di burro: conditelo poco con sale e pepe. Quando sarà rosolato da
tutte le parti e consumata la cipolla, spargetegli sopra un pizzico di farina,
lasciatelo prender colore e poi bagnatelo con brodo o acqua. Fate bollire
adagio, indi passate il sugo, digrassatelo e con questo e tre dita (di
bicchiere) di marsala rimettetelo al fuoco a bollire ancora, ma lentamente;
mandatelo in tavola con sugo ristretto, ma non denso per troppa farina.
Si può anche steccare il filetto con lardone e
cuocerlo con solo burro e marsala.
341. FILETTO ALLA PARIGINA
Poiché spesso sentesi chiedere nelle trattorie il
filetto alla parigina, forse perché piatto semplice, sano e nutriente, bisognerà
pure dirne due parole e indicare come viene cucinato. Fatevi tagliare dal
macellaio, nel miglior posto del filetto di manzo, delle braciole rotonde,
grosse circa mezzo dito, e queste mettetele a soffriggere nel burro dopo che
esso avrà preso colore a fuoco ben vivo; sale e pepe per condimento, e quando
avranno fatto la crosticina da tutte le parti onde dentro restino succose e
poco cotte, spargeteci sopra un pizzico di prezzemolo tritato e levatele
subito: ma prima di portarle in tavola copritele con sugo di carne o con una
salsa consimile, oppure, che è cosa più semplice, nel sugo rimasto dopo la
cottura gettateci un pizzico di farina e con brodo, fate un intriso e servitevi
di questo invece del sugo.
342. CARNE ALLA GENOVESE
Prendete una braciuola magra di vitella del peso di
grammi 300 a 400, battetela e spianatela bene. Frullate tre o quattro uova,
conditele con sale e pepe, un pizzico di parmigiano, alquanto prezzemolo
tritato e friggetele nel burro in forma di frittata, della larghezza approssimativa
della braciuola su cui la distenderete ritagliandola dove sopravanza e
collocando i ritagli dove essa è mancante. Fatto questo, arrocchiate la
braciuola insieme colla frittata ben stretta e legatela; indi infarinatela e
mettetela in una cazzaruola con burro, condendola con sale e pepe.
Quando sarà ben rosolata da tutte le parti, bagnatela
con brodo per finire di cuocerla e servitela col suo sugo, che a motivo della
farina riuscirà alquanto denso.
343. SFORMATO DI SEMOLINO RIPIENO DI CARNE
Gli sformati ripieni di bracioline o di rigaglie si
fanno ordinariamente di erbaggi, di riso o di semolino; se di quest'ultimo,
servitevi della ricetta n. 230, mescolate tutto il burro e il parmigiano entro
al composto, versatelo in una forma liscia, oppure col buco in mezzo che avrete
prima imburrata, coprendone il fondo con carta unta egualmente col burro. Il
ripieno di carne, che porrete in mezzo al semolino o nel buco dello stampo,
tiratelo a sapor delicato con odore di tartufi o di funghi secchi. Cuocetelo a
bagno-maria e servitelo caldo con alquanto sugo sopra, per dargli migliore
apparenza.
344. SFORMATO DI PASTA LIEVITA
Questo sformato di pasta lievita serve come di pane
per mangiare con esso il suo contenuto, che può essere un umido qualunque di
carne o di funghi.
Farina d'Ungheria, grammi 300.
Burro, grammi 70.
Altro burro, grammi 30.
Lievito di birra, grammi 30.
Rossi d'uovo, n. 3.
Panna, o latte buonissimo, decilitri 2.
Sale, quanto basta.
Vi avverto che la panna sarà troppa al bisogno.
Con un quarto della detta farina, il lievito di birra
e un poco della detta panna tiepida formate un panino come quello dei Krapfen e
mettetelo a lievitare. Intridete il resto della farina, coi grammi 70 di burro,
sciolto d'inverno, i rossi d'uovo, il sale, il panino quando sarà cresciuto del
doppio e tanta panna tiepida da ottenerne una pasta di giusta consistenza da
potersi lavorare col mestolo entro a una catinella. Quando con la lavorazione
darà cenno di distaccarsi dalle pareti del vaso, mettetela a lievitare in luogo
tiepido e, ciò ottenuto, versatela sulla spianatoia sopra a un velo di farina e
con le mani infarinate spianatela alla grossezza di mezzo centimetro.
Prendete uno stampo liscio col buco in mezzo della
capacità di circa un litro e mezzo di acqua, perché con la pasta deve riempirsi
solo per metà, ungetelo e infarinatelo e, tagliata la pasta a strisce,
disponetele in questa maniera. Ad ogni suolo di strisce, finché ne avrete,
ungetele coi grammi 30 di burro soprindicato servendovi di un pennello. Coprite
lo stampo e messo nuovamente a lievitare il composto, quando sarà arrivato alla
bocca, cuocetelo al forno o al forno da campagna.
Riempitelo dopo averlo sformato e mandatelo in tavola
per servire cinque o sei persone.
345. SFORMATO DI RISO COL SUGO GUARNITO DI RIGAGLIE
Tirate un buon sugo di carne e servitevi del medesimo
tanto pel riso che per le rigaglie. Queste, a cui potete aggiungere qualche
fettina di prosciutto, fatele dapprima soffriggere nel burro, conditele con
sale e pepe e tiratele a cottura col detto sugo. L'odore dei funghi o dei
tartufi non fa che bene.
Il riso fatelo soffriggere ugualmente nel burro così
all'asciutto, poi tiratelo a cottura coll'acqua bollente e dategli grazia e
sapore col detto sugo, e per ultimo col parmigiano. Ammesso che il riso sia
grammi 300, uniteci due uova frullate quando avrà perduto il forte calore.
Prendete una forma liscia, tonda od ovale, ungetela
col burro, copritene il fondo con una carta imburrata e versateci il riso per
assodarlo al forno da campagna. Quando lo avrete sformato versateci sopra il
sugo delle rigaglie, che avrete prima condensato alquanto con un pizzico di
farina, e servitelo colle sue rigaglie in giro, avvertendovi che queste devono
diguazzare nel sugo.
346. SFORMATO DELLA SIGNORA ADELE
La bella e gentilissima signora Adele desidera vi
faccia conoscere questo suo sformato di gusto assai delicato.
Burro, grammi 100.
Farina, grammi 80.
Gruiera, grammi 70.
Latte, mezzo litro.
Uova, n. 4.
Fate una balsamella con la farina, il latte e
il burro, e prima di levarla dal fuoco aggiungete il gruiera grattato o a
pezzettini e salatela. Non più a bollore gettateci le uova, prima i rossi, uno
alla volta, poi le chiare montate. Versatelo in uno stampo liscio col buco in
mezzo dopo averlo unto col burro e spolverizzato di pangrattato, e cuocetelo al
forno da campagna per mandarlo in tavola ripieno di un umido di rigaglie di
pollo e di animelle. Potrà bastare per sei persone.
347. BUDINO ALLA GENOVESE
Vitella di latte, grammi 150.
Un petto di pollo di circa grammi 130.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Uova, n. 3.
Odore di noce moscata.
Un pizzico di sale.
Tritate colla lunetta la vitella, il petto e il
prosciutto e poi metteteli in un mortaio insieme col burro, col parmigiano, con
un pezzetto di midolla di pane inzuppata nel latte e pestate moltissimo il
tutto per poterlo passare dallo staccio. Ponete il passato in una catinella ed
aggiungete tre cucchiaiate di balsamella n. 137, che, per questo piatto,
farete della consistenza di una pappa; unite al medesimo le uova e l'odore e
mescolate bene.
Prendete uno stampo liscio di latta, ungetelo tutto
con burro e ponete in fondo al medesimo, tagliato a misura, un foglio di carta
ugualmente unto col burro; versateci il composto e cuocetelo a bagno-maria.
Dopo sformato, levate il foglio e sul posto di quello
spargete un intingolo composto di un fegatino di pollo tritato e cotto nel
sugo. Servitelo caldo e se vi verrà ben fatto, lo sentirete da tutti lodare per
la sua delicatezza.
Però qui viene opportuno il dire che tutti i ripieni
di carni pestate riescono più pesanti allo stomaco di quelle vivande che hanno
bisogno di essere masticate perché, come dissi in altro luogo, la saliva è uno
degli elementi che contribuiscono alla digestione.
348. BUDINO DI CERVELLI DI MAIALE
Per le sostanze che lo compongono è un budino
nutriente ed atto ad appagare, io credo, il gusto delicato delle signore.
Cervelli di maiale, n. 3.
Questi, che possono arrivare al peso di grammi 400
circa, richiedono:
Uova, n. 2 e un rosso.
Panna, grammi 240.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Odore di noce moscata.
Sale, quanto basta.
Per panna intendo quella densa che i lattai preparano
per montare.
Mettete al fuoco i cervelli col suddetto burro,
salateli e, rimovendoli spesso perché s'attaccano, cuoceteli; ma avvertite di
non rosolarli, indi passateli dallo staccio. Aggiungete dopo il parmigiano, la
noce moscata, le uova frullate, la panna e, mescolato bene ogni cosa, versate
il composto in uno stampo liscio, che avrete unto con burro diaccio e mettetelo
al fuoco per restringerlo a bagno-maria.
È quasi migliore freddo che caldo e questa dose potrà
bastare a sei persone.
349. PASTICCIO DI MACCHERONI
I cuochi di Romagna sono generalmente molto abili per
questo piatto complicatissimo e costoso, ma eccellente se viene fatto a dovere,
il che non è tanto facile. In quei paesi questo è il piatto che s'imbandisce
nel carnevale, durante il quale si può dire non siavi pranzo o cena che non
cominci con esso, facendolo servire, il più delle volte, per minestra.
Ho conosciuto un famoso mangiatore romagnolo che,
giunto una sera non aspettato fra una brigata di amici, mentre essa stava con
bramosia per dar sotto a un pasticcio per dodici persone che faceva bella
mostra di sé sulla tavola, esclamò: - Come! per tante persone un pasticcio che
appena basterebbe per me? - Ebbene, gli fu risposto, se voi ve lo mangiate
tutto, noi ve lo pagheremo. - Il brav'uomo non intese a sordo e messosi subito
all'opra lo finì per intero. Allora tutti quelli della brigata a tale
spettacolo strabiliando, dissero: - Costui per certo stanotte schianta! -
Fortunatamente non fu nulla di serio; però il corpo gli si era gonfiato in modo
che la pelle tirava come quella di un tamburo, smaniava, si contorceva,
nicchiava, nicchiava forte come se avesse da partorire; ma accorse un uomo
armato di un matterello, e manovrandolo sul paziente a guisa di chi lavora la
cioccolata, gli sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci
saranno entrati.
Questi grandi mangiatori e i parassiti non sono a’
tempi nostri così comuni come nell'antichità, a mio credere, per due ragioni:
l'una, che la costituzione dei corpi umani si è affievolita; l'altra, che certi
piaceri morali, i quali sono un portato della civiltà, subentrarono ai piaceri
dei sensi.
A mio giudizio, i maccheroni che meglio si prestano
per questa pietanza sono quelli lunghi all'uso napoletano, di pasta sopraffine
e a pareti grosse e foro stretto perché reggono molto alla cottura e succhiano
più condimento.
Eccovi le dosi di un pasticcio all'uso di Romagna, per
dodici persone, che voi potrete modificare a piacere, poiché, in tutti i modi,
un pasticcio vi riuscirà sempre:
Maccheroni, grammi 350.
Parmigiano, grammi 170.
Animelle, grammi 150.
Burro, grammi 60.
Tartufi, grammi 70.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Un pugnello di funghi secchi.
Le rigaglie di 3 o 4 polli, e i loro ventrigli, i
quali possono pur anche servire, se li scattivate dai tenerumi.
Se avete oltre a ciò creste, fagiuoli e uova non nate,
meglio che mai.
Odore di noce moscata.
Tutto questo gran condimento non vi spaventi, poiché
esso sparirà sotto alla pasta frolla.
Imbiancate i
maccheroni, ossia date loro mezza cottura nell'acqua salata, levateli asciutti
e passateli nel sugo n. 4, e lì, a leggerissimo calore, lasciateli ritirare il
sugo stesso, finché sieno cotti.
Frattanto avrete fatta una balsamella metà dose
del n. 137 e tirate a cottura le rigaglie col burro, sale e una presina di
pepe, annaffiandole col sugo. Tagliate le medesime e le animelle a pezzetti
grossi quanto una piccola noce e dopo cotte, aggiungete il prosciutto a piccole
strisce, i tartufi a fettine sottili, i funghi fatti prima rinvenire nell'acqua
calda e qualche presa di noce moscata, mescolando ogni cosa insieme.
La pasta frolla suppongo l'abbiate già pronta, avendo
essa bisogno di qualche ora di riposo. Per questa servitevi della intera dose del
n. 589, ricetta A, dandole odore colla scorza di limone; ed ora che avete
preparato ogni cosa, cominciate ad incassare il vostro pasticcio, il che si può
fare in più modi; io, però, mi attengo a quello praticato in Romagna ove si
usano piatti di rame fatti appositamente e bene stagnati. Prendetene dunque uno
di grandezza proporzionata ed ungetelo tutto col burro; sgrondate i maccheroni
dal sugo superfluo e distendetene un primo suolo che condirete con parmigiano
grattato, con pezzetti di burro sparsi qua e là e con qualche cucchiaiata di balsamella
e rigaglie; ripetete la stessa operazione finché avrete roba, colmandone il
piatto.
Tirate ora, prima col matterello liscio, poi con
quello rigato, una sfoglia di pasta frolla grossa uno scudo e coprite con essa
i maccheroni fino alla base, poi tiratene due strisce larghe due dita e colle
medesime formanti una croce a traverso, rinforzate la copritura; cingetelo
all'intorno con una fasciatura larga quanto gli orli del piatto e se avete
gusto per gli ornamenti, fatene tanti quanti n'entrano colla pasta che vi
rimane, non dimenticando di guarnire la cima con un bel fiocco. Dorate l'intera
superficie con rosso d'uovo, mandate il pasticcio in forno, e in mancanza di
questo cuocetelo in casa nel forno da campagna; infine imbanditelo caldo a chi
sta col desiderio di farne una buona satolla.
350. UMIDO INCASSATO
Fate una balsamella con:
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 70.
Parmigiano, grammi 30,
Latte, decilitri 6.
Prendete poi:
Uova, n. 3.
Sale, quanto basta.
Spinaci, un mazzetto.
Gli spinaci lessateli, spremeteli e passateli dal
setaccio. Le uova scocciatele quando ritirate la balsamella dal fuoco, e
alla metà della medesima date il color verde coi detti spinaci.
Prendete uno stampo di rame fatto a ciambella, col
buco in mezzo e scannellato all'ingiro, ungetelo bene con burro diaccio e
riempitelo prima colla balsamella verde, poi colla gialla e fatela
ristringere a bagno-maria. Sformatela calda e riempitela nel mezzo con un
intingolo ben fatto di rigaglie di pollo e di animelle, oppure di bracioline di
vitella di latte con odore di funghi o tartufi. Il manicaretto tiratelo a
cottura col burro e col sugo di carne oppure in altra maniera, facendo in modo
che riesca delicato, e vedrete che questo piatto farà bellissima figura e sarà
lodato.
351. SFORMATO DI RISO COLLE RIGAGLIE
Riso, grammi 150.
Parmigiano, grammi 30.
Burro, grammi 20.
Latte, circa decilitri 7.
Uova, n. 3.
Sale, quanto basta.
Cuocete il riso nel latte unendovi il burro, salatelo e
in ultimo, quando è diaccio, aggiungete il resto. Versatelo in uno stampo
liscio col buco in mezzo e la carta imburrata sotto, mettetelo per poco tempo,
onde non indurisca, a bagno-maria, sformatelo caldo e guarnitelo colle rigaglie
in mezzo. Questa dose potrà bastare per cinque persone.
352. UMIDO DI RIGAGLIE DI POLLO COL SEDANO
Quando alle rigaglie di pollo si uniscono i colli, le
teste e le zampe, diventa un piatto da famiglia che tutti conoscono; ma quando
si tratta di farlo più gentile coi soli fegatini, creste, uova non nate,
fagiuoli e anche ventrigli (purché questi li scottiate prima nel brodo e li
nettiate dal tenerume), per renderlo di grato sapore e delicato, potete
regolarvi nella seguente maniera:
Prima date un terzo di cottura nell'acqua salata al
sedano tagliato lungo mezzo dito all'incirca. Poi fate un battutino di
prosciutto grasso e magro e poca cipolla, mettetelo al fuoco con burro e quando
sarà ben rosolato, versate prima i ventrigli, tagliati in tre pezzi, poi un
pizzico di farina di patate, indi i fegatini in due pezzi e tutto il resto.
Conditelo con sale, pepe e odore di spezie e quando avrà tirato il sapore
annaffiatelo con brodo e poco sugo di pomodoro o conserva. Mettete a
soffriggere a parte il sedano nel burro e quando sarà cotto versateci dentro le
rigaglie, fatelo bollire ancora alquanto, se occorre brodo versatecene e
servitele.
353. SCALOPPINE ALLA BOLOGNESE
Questo è un piatto semplice e sano che può servire da
colazione o per tramesso in un pranzo famigliare.
Magro di vitella di latte senz'osso, grammi 300.
Patate, grammi 300.
Prosciutto grasso e magro tagliato fine, grammi 80.
Burro, grammi 70.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Odore di noce moscata.
Lessate le patate non troppo cotte, o cuocetele a
vapore, il che sarebbe meglio, e dopo tagliatele a fette sottili più che
potete. Tagliate il prosciutto per traverso a striscioline larghe un dito
scarso.
Tritate minutissima la carne con un coltello a colpo,
e conditela con sale, pepe e un poco di noce moscata, perché questa e le droghe
in genere, come già sapete, sono opportune nei cibi ventosi. Dividete questa
carne in dodici parti per formarne altrettante scaloppine, schiacciandole con
la lama del coltello, poi cuocetele in bianco, cioè senza rosolarle, con la
metà del detto burro.
Prendete un piatto o un vassoio di metallo, versateci
l'unto che può esser rimasto dalla cottura e quattro scaloppine, coprendole con
la terza parte del prosciutto e sopra questo collocate la terza parte delle
patate che condirete col parmigiano e con pezzetti del burro rimasto. Ripetete
la stessa operazione per tre volte, e per ultimo ponete il piatto a crogiolar
fra due fuochi e servitelo. È un quantitativo che può bastare per quattro o
cinque persone.
354. PICCIONE COI PISELLI
Vogliono dire che la miglior morte dei piccioni sia in
umido coi piselli. Fateli dunque in umido con un battutino di cipolla,
prosciutto, olio e burro collocandovi i piccioni sopra, bagnandoli con acqua o
brodo quando avranno preso colore da tutte le parti per finirli di cuocere.
Passatene il sugo, digrassatelo e nel medesimo cuocete i piselli co' quali
contornerete i piccioni nel mandarli in tavola.
355. LESSO RIFATTO
Talvolta per mangiare il lesso più volentieri, si usa
rifarlo in umido; ma allora aspettate di avere un tocco di carne corto e
grosso, del peso non minore di mezzo chilogrammo. Levatelo dal brodo avanti che
sia cotto del tutto e mettetelo in cazzaruola sopra un battuto di carnesecca,
cipolla, sedano, carota e un pezzetto di burro, condendolo con sale, pepe e
spezie. Quando il battuto sarà strutto, tirate la carne a cottura con sugo di
pomodoro o conserva sciolta nel brodo. Passate l'intinto, digrassatelo e
rimettetelo al fuoco col pezzo della carne e con un pugnello di funghi secchi
rammolliti.
356. LESSO RIFATTO ALL’INGLESE
L'arte culinaria si potrebbe chiamare l'arte dei nomi
capricciosi e strani. Toad ín the bole, rospo nella tana; così chiamasi
questo lesso rifatto, il quale, come osserverete dalla ricetta, e come
sentirete mangiandolo, se non è un piatto squisito sarebbe ingiuria dargli del
rospo.
A Firenze mezzo chilogrammo di carne da lesso, che può
bastare per tre persone, resta, netta dell'osso, gr. 350 circa e, prendendo
questa quantità per base, frullate in un pentolo un uovo con grammi 20 di
farina e due decilitri di latte. Tagliate il lesso in fette sottili e, preso un
vassoio che regga al fuoco, scioglieteci dentro grammi 50 di burro e
distendetelo sopra questo, poi conditelo con sale, pepe e spezie. Quando avrà
soffritto da una parte e dall'altra spargetegli sopra una cucchiaiata colma di
parmigiano e poi versate sul medesimo il contenuto del pentolo. Lasciate che il
liquido assodi e mandatelo in tavola.
357. LESSO RIFATTO ALL’ITALIANA
Se non vi dà noia la cipolla, questo riesce migliore
del precedente. Per la stessa quantità di lesso trinciate gr. 150 di cipolline,
mettetele in padella con grammi 50 di burro e allorché cominciano a rosolare
buttateci il lesso tagliato a fette sottili, uno spicchio d'aglio intero,
vestito e leggermente stiacciato, che poi leverete, e conditelo con sale e
pepe. Via via che accenna a prosciugare bagnatelo col brodo e dopo sette od
otto minuti uniteci un pizzico di prezzemolo tritato e il sugo di mezzo limone,
e servitelo.
358. OSSO BUCO
Questo è un piatto che bisogna lasciarlo fare ai
Milanesi, essendo una specialità della cucina lombarda. intendo quindi
descriverlo senza pretensione alcuna, nel timore di essere canzonato.
È l'osso buco un pezzo d'osso muscoloso e
bucato dell'estremità della coscia o della spalla della vitella di latte, il
quale si cuoce in umido in modo che riesca delicato e gustoso. Mettetene al
fuoco tanti pezzi quante sono le persone che dovranno mangiarlo, sopra a un
battuto crudo e tritato di cipolla, sedano, carota e un pezzo di burro;
conditelo con sale e pepe. Quando avrà preso sapore aggiungete un altro
pezzetto di burro intriso nella farina per dargli colore e per legare il sugo e
tiratelo a cottura con acqua e sugo di pomodoro o conserva. Il sugo passatelo,
digrassatelo e rimesso al fuoco, dategli odore con buccia di limone tagliata a
pezzettini, unendovi un pizzico di prezzemolo tritato prima di levarlo dal
fuoco.
359. CARNE ALL’IMPERATRICE
Vi è molta ampollosità nel titolo, ma come piatto famigliare
da colazione può andare; le dosi qui indicate bastano per cinque persone.
Carne magra di manzo nello scannello, grammi 500.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Parmigiano grattato, cucchiaiate colme n. 3.
Uova, n. 2.
Se non avete il tritacarne per ridurre in poltiglia
tanto la carne che il prosciutto, servitevi del coltello e del mortaio. Uniteci
il parmigiano e le uova, condite il composto con sale e pepe, mescolatelo bene,
e con le mani bagnate fatene una stiacciata alta due dita.
Ponete al fuoco in una teglia o in un tegame 30 grammi
di burro e due cucchiaiate d'olio; quando cominciano a bollire collocateci la
detta stiacciata di carne e sulla medesima spargete uno spicchio d'aglio
tagliato a fettine e alcune foglie di ramerino. Fate bollire, e quando comincia
a prosciugarsi bagnatela con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua.
Mandatela in tavola contornata dalla sua salsa.
RIFREDDI
360. LINGUA ALLA SCARLATTA
Alla scarlatta perché
prende un bel color rosso; ed è, per aspetto e gusto, un piatto ben indovinato.
Dovendovi parlar di lingua, mi sono venuti alla
memoria questi versi del Leopardi:
Cose alfin sente sazietà, del sonno,
Della danza, del canto e dell'amore,
Piacer più cari che il parlar di lingua,
Ma sazietà di lingua il cor non sente.
È vero, il prurito della loquacità non si sazia cogli
anni, anzi cresce in proporzione, come cresce il desiderio di una buona tavola,
unico conforto ai vecchi, ai quali però le inesorabili leggi della natura
impongono di non abusarne sotto pena di gravi malanni; l'uomo nella vecchiaia
consuma meno e l'azione degli organi facendosi via via meno attiva e le
secrezioni imperfette, si generano nel corpo umano umori superflui e malefici,
quindi dolori reumatici, gotta, colpi apoplettici e simile progenie uscita dal
vaso di madonna Pandora.
Tornando alla lingua, di cui devo parlarvi, prendetene
una di bestia grossa, cioè di vitella o di manzo, e con grammi 20 o 30 di
salnitro, a seconda del volume, strofinatela tutta finché l'abbia tirato a sé.
Dopo ventiquattr'ore lavatela con acqua fredda diverse volte e così umida
strofinatela con molto sale e lasciatela sul medesimo otto giorni, avvertendo
di voltarla ogni mattina sulla sua salamoia, prodotta dal sale che si scioglie
in acqua. Il modo migliore di cucinarla essendo di farla lessa, mettetela al
fuoco con acqua diaccia, la sua salamoia naturale, un mazzetto guarnito e mezza
cipolla steccata con due chiodi di garofani, facendola bollire per tre o
quattro ore. Spellatela quando è ancora a bollore, lasciatela freddare e
mandatela in tavola; sarà poi un rifreddo eccellente e signorile se la
contornerete con la gelatina n. 3.
Si può servire anche calda, o sola, o accompagnata da
patate oppure da spinaci.
È un piatto da non tentarsi nei grandi calori estivi
perché c'è il caso che il sale non basti per conservarla.
361. LINGUA DI VITELLA DI LATTE IN SALSA PICCANTE
Prendete una lingua tutta intera di vitella di latte e
lessatela in acqua salata, al che accorreranno circa due ore. Fate un battutino
di sedano e carota tritato fine, mettetelo a bollire con olio a buona misura
per cinque minuti e lasciatelo da parte. Fate un altro battuto con due acciughe
salate, lavate e nettate dalla spina, gr. 50 di capperi strizzati dall'aceto,
un buon pizzico di prezzemolo, una midolla di pane quanto un uovo, bagnata
appena nell'aceto, cipolla quanto una nocciuola, meno della metà di uno
spicchio d'aglio e, quando il tutto sarà ben tritato, lavoratelo con la lama di
un coltello e un gocciolo d'olio per ridurlo unito e pastoso e poi mescolatelo
col precedente battuto di sedano e carota. Per ridurlo liquido aggiungete
altr'olio e il sugo di mezzo limone, conditelo col pepe e salatelo, se occorre.
Questa è la salsa.
Spellate la lingua ancora calda, scartate la
pappagorgia co' suoi ossicini, che è buona mangiata lessa, e il resto della
lingua tagliatelo a fette sottili per coprirle con la descritta salsa e
servitela fredda.
È un piatto appetitoso, opportuno nei calori estivi
quando lo stomaco si sente svogliato.
362. SCALOPPE DI LINGUA FARSITE IN BELLA VISTA
Fra i rifreddi questo è uno dei migliori e di bella
apparenza.
Fatevi tagliare dal vostro salumaio dieci fettine di
lingua salata nella parte più grossa, il cui peso in tutto riesca grammi 130
circa. Fatevi anche tagliare in fette sottili grammi 100 di prosciutto cotto
grasso e magro. Tagliate giro giro i bordi della lingua per dare alle fette una
forma elegante e i ritagli metteteli da parte. Poi levate dal prosciutto dieci
fettine della dimensione di quelle della lingua e i ritagli tanto del
prosciutto che della lingua gettateli nel mortaio con grammi 70 di burro e
grammi 20 di un tartufo bianco e odoroso. Pestate queste cose insieme per
ridurle fini come un unguento, di cui vi servirete per ispalmare le fette della
lingua da una sola parte, ed appiccicatevi sopra le fettine del prosciutto.
Ora che avete così composto questi dieci pezzi, vi
danno tutto il tempo che volete per metterli in gelatina. Questa è descritta
nella ricetta n. 3 e può bastar quella dose; ma due sono le maniere per adornar
con essa i pezzi suddetti. La prima consiste nel prendere un largo piatto o una
teglia, versarvi un leggero strato di gelatina sciolta e quando comincia a
condensare collocarvi sopra i pezzi e questi coprirli con un altro strato di
gelatina sciolta per levarli dopo a uno a uno allorché siasi assodata.
La seconda sarebbe di collocare i pezzi ritti in uno
stampo a qualche distanza tra loro dopo averci colato in fondo un leggero
strato di gelatina sciolta, e di coprirli poi tutti della stessa gelatina per
isformare quindi lo stampo e mandarli in tavola tutti in un pezzo, che così
faranno più bella mostra.
In un pranzo di parecchie portate io credo che questa
dose potrebbe bastare anche per dieci persone, ma per istar sul sicuro meglio
sarà di non servirla a più di otto.
363. VITELLO TONNATO
Prendete un chilogrammo di vitella di latte, nella
coscia o nel culaccio, tutto unito e senz'osso, levategli le pelletiche e il grasso,
poi steccatelo con due acciughe. Queste lavatele, apritele in due, levate loro
la spina e tagliatele per traverso facendone in tutto otto pezzi. Legate la
carne non molto stretta e mettetela a bollire per un'ora e mezzo in tanta acqua
che vi stia sommersa e in cui avrete messo un quarto di cipolla steccata con
due chiodi di garofani, una foglia d'alloro, sedano, carota e prezzemolo.
L'acqua salatela generosamente e aspettate che bolla per gettarvi la carne.
Dopo cotta scioglietela, asciugatela e, diaccia che sia tagliatela a fette
sottili e tenetela in infusione un giorno o due in un vaso stretto, nella
seguente salsa in quantità sufficiente da ricoprirla.
Pestate grammi 100 di tonno sott'olio e due acciughe;
disfateli bene colla lama di un coltello o, meglio, passateli dallo staccio
aggiungendo olio fine in abbondanza a poco per volta e l'agro di un limone od
anche più, in modo che la salsa riesca liquida; per ultimo mescolateci un
pugnello di capperi spremuti dall'aceto. Servite il vitello tonnato con la sua
salsa e con spicchi di limone.
Il brodo colatelo e servitevene per un risotto.
364. RIFREDDO DI VITELLA DI LATTE
Una braciuola senz'osso, tutta magra, di vitella di
latte, del peso di circa grammi 400.
Altro magro della stessa carne, grammi 120.
Una grossa fetta di prosciutto grasso e magro, di gr.
50.
Altro prosciutto come sopra, grammi 20.
Una fetta di mortadella, di grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Burro, grammi 20.
Un petto di pollo crudo.
Un uovo.
La braciuola bagnatela coll'acqua e battetela col
batticarne per ridurla alla grossezza di un centimetro circa.
Tritate con la lunetta i suddetti gr. 120 di magro,
insieme coi suddetti gr. 20 di prosciutto e dopo pestateli nel mortaio
aggiungendo il parmigiano, il burro, l'uovo, poco sale e poco pepe per fare con
questi ingredienti il composto da tenere unito il ripieno che formerete come
appresso.
Tagliate a filetti, grossi più di un centimetro, il
petto di pollo e le due fette di mortadella e prosciutto e poi col composto
spalmate una parte della braciuola e sopra al medesimo collocate una terza
parte dei filetti, intercalandoli, poi spalmateli di sopra e così per altre due
volte. Fatto questo arrocchiate la braciuola con entro il ripieno e
ammagliatela ad uso salame per metterla al fuoco con grammi 30 di burro, sale e
pepe a scarsa misura. Quando avrà preso colore, scolate l'unto, il quale potrà
servire per qualche altro piatto, e tiratela a cottura per circa tre ore col
brodo versato a poco per volta. Diaccia che sia scioglietela dallo spago,
tagliatela a fette e servitela.
Potrà bastare per 10 o 12 persone, specialmente se la
guarnite di gelatina di carne che qui ci sta a pennello.
365. POLLO IN SALSA TONNATA
Prendete un busto di pollo giovane (per busto
s'intende un pollo al quale siano state levate le interiora, il collo e le
zampe), gettatelo nella pentola quando bolle e fatelo bollire mezz'ora che
basta per cuocerlo. Quando lo levate toglietegli la pelle, ché non serve per
questo piatto, disossatelo tutto e mettetelo in pezzi per condirli con sale,
non tanto, pepe e due cucchiaiate d'olio. Dopo diverse ore che è rimasto
ammucchiato sopra un vassoio, copritelo con la seguente salsa. Dato che il
busto da crudo sia del peso di grammi 600 circa, prendete:
Tonno sott'olio, grammi 50.
Capperi strizzati dall'aceto, grammi 30.
Acciughe, n. 3.
Prezzemolo un pugno, ossia tanto che dia il colore
verde alla salsa.
Le acciughe nettatele dalle scaglie e dalle spine. Il
prezzemolo tritatelo fine con la lunetta e poi pestatelo nel mortaio con tutto
il resto per ridurre il composto della salsa finissimo. Tolto dal mortaio
mettetelo in una scodella e diluitelo con quattro cucchiaiate d'olio e mezzo
cucchiaio d'aceto. Con la metà di questa salsa inzafardate il pollo e con
l'altra metà copritelo onde faccia più bella mostra, ma con tutto ciò,
rimanendo sempre un piatto di poco grata apparenza, potete adornarlo, quando lo
mandate in tavola, con due uova sode tagliate a spicchi messevi per contorno.
Potrà bastare per sei persone ed è un cibo appetitoso, opportuno per principio
a una colazione o ad un pranzo per gente di poco appetito, nei giorni caldi,
quando lo stomaco trovasi svogliato.
Per raschiare e pulir bene il mortaio di cose morbide
o liquide, come questa salsa, è molto a proposito una grossa fetta di patata
cruda.
366. CAPPONE IN GALANTINA
Vi descriverò un cappone in galantina fatto in casa
mia e servito a un pranzo di dieci persone; ma poteva bastare per venti,
poiché, pelato, risultò chilogrammi 1,500.
Vuotato e disossato (per disossare un pollo vedi il n.
258) rimase chilogrammi 0,700 e fu riempito con la quantità di ingredienti che
qui appresso vi descrivo:
Magro di vitella di latte, grammi 200.
Detto di maiale, grammi 200.
Mezzo petto di pollastra.
Lardone, grammi 100.
Lingua salata, grammi 80.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Tartufi neri, grammi 40.
Pistacchi, grammi 20.
Mancandovi il maiale, può servire il petto di
tacchino. I tartufi tagliateli a pezzi grossi come le nocciuole e i pistacchi
sbucciateli nell'acqua calda. Tutto il resto tagliatelo a filetti della
grossezza di un dito scarso e mettetelo da parte salando le carni.
Fate un battuto con altro maiale e con altra vitella
di latte, grammi 200 di carne in tutto, pestatelo fine in un mortaio con grammi
60 di midolla di pane bagnata nel brodo; aggiungete un uovo, le bucce dei
tartufi, i ritagli della lingua e del prosciutto, conditelo con sale e pepe e,
quando ogni cosa è ben pesta, passatelo per istaccio.
Ora, allargate il cappone, salatelo alquanto e
cominciate a distendervi sopra un poco di battuto e poi un suolo di filetti
intercalati nelle diverse qualità, qualche pezzetto di tartufo e qualche
pistacchio; e così di seguito un suolo di filetti e una spalmatura di battuto
finché avrete roba, avvertendo che i filetti del petto di pollastra è meglio
collocarli verso la coda del cappone per non accumulare sul petto di questo la
stessa qualità di carne. Ciò eseguito tirate su i lembi del cappone dalle due
parti laterali, non badando se non si uniscono perfettamente, che ciò non importa,
e cucitelo. Legatelo per il lungo con uno spago, involtatelo stretto in un
pannolino, che avrete prima lavato, onde togliergli l'odore di bucato, legate
le due estremità del medesimo e mettetelo a bollire nell'acqua per due ore e
mezzo. Dopo scioglietelo, lavate il pannolino, poi di nuovo rinvoltatelo e
mettetelo sotto un peso in piano e in modo che il petto del cappone resti al
disotto o al disopra e in questa posizione tenetelo per un paio d'ore almeno,
onde prenda una forma alquanto schiacciata.
L'acqua dove ha bollito il cappone può servire per
brodo e anche per la gelatina n. 3.
367. CAPPONE IN VESCICA
Si dirà che io sono armato della virtù dell'asino, la
pazienza, quando si sappia che dopo quattro prove non riuscite, ho finalmente potuto
alla quinta ed alla sesta, cuocer bene un cappone in vescica. I primi quattro
furono sacrificati a Como, il dio delle mense, perché non avendo prese tutte le
necessarie precauzioni, le vesciche si rompevano bollendo. È un piatto però che
merita di occuparsene, visto che il cappone, già ottimo per sé stesso, diventa
squisito cotto in tale maniera.
Prendete una vescica di bue, meglio di maiale che
sembra più resistente, grande, grossa e senza difetti; lavatela bene con acqua
tiepida e tenetela in molle per un giorno o due. Sbuzzate il cappone, levategli
il collo e le zampe, gettategli nell'interno un buon pugnello di sale,
internate le estremità delle coscie, e piegate le ali aderenti al corpo onde le
punte non isfondino la vescica. Poi cucite le aperture del buzzo e del collo e
fasciatelo tutto con grammi 150 di prosciutto più magro che grasso a fette
sottilissime, legandole aderenti al cappone. Acconciato in questa maniera
ponetelo nella vescica, facendo a questa un'incisione per quel tanto che basta
e dopo cucitela fitta.
Ora prendete un cannello lungo un palmo almeno, che
serve di sfiatatoio, fategli un becco in cima a mo' di fischietto e
un'intaccatura in fondo per infilarlo e legarlo nel collo della vescica e con
questo apparecchio mettete il cappone al fuoco entro a una pentola di acqua
tiepida e lasciatelo bollire per tre ore continue col cannello di fuori, ma
badiamo bene, perché qui sta il busillis: deve bollire in modo da
veder solamente quelle piccole e rade bollicine che vengono a galla. Se il
cannello gettasse grasso o altro liquido non ne fate caso e raccoglietelo in un
tegamino. Cotto che sia il cappone lasciatelo diacciare nella sua acqua e
servitelo il giorno appresso scartando il prosciutto che ha già perduto tutto
il sapore. Entro al cappone troverete della gelatina ed altra ne potrete
aggiungere se vorrete fargli un conveniente contorno e sarà allora un rifreddo
da principe. Anche una pollastra ingrassata, se manca il cappone, si presta
all'uopo.
Sarà bene vi prevenga che l'ultima vescica mi fu
assicurato che era di maiale e che avrebbe resistito al fuoco più di quella di
bue.
368. TORDI DISOSSATI IN GELATINA
Per sei tordi prendete:
Magro di vitella di latte, grammi 100.
Lingua salata, grammi 40.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Una palla di tartufi neri di circa grammi 30.
Lasciate da parte la metà della lingua e un terzo del
prosciutto, più grasso che magro, e la carne suddetta col resto della lingua e
del prosciutto tritateli e pestateli nel mortaio insieme con la corteccia del
tartufo, rammorbidendo il composto con un gocciolo di marsala. Poi passatelo
dallo staccio ed uniteci un rosso d'uovo.
Disossate i tordi come fareste pel pollo ripieno n.
258 e lasciate ad essi il collo e la testa attaccati; poi riempiteli col
composto descritto nel quale avrete già mescolato il tartufo, la lingua e il
prosciutto messi da parte, il tutto tagliato a dadini. Ora cuciteli in modo da
poter levare il filo quando saranno cotti, e per cuocerli avvolgete ciascun
tordo in un pezzo di velo e fateli bollire per un'ora nel brodo della gelatina
n. 3.
Serviteli per rifreddo sopra alla gelatina medesima e
se con questa formate sei stampini, grandi a modo di nido, sembrerà che il
tordo vi stia sopra a covare.
Riesce un piatto fine e delicato.
369. ÀRISTA
Si chiama àrista in Toscana la schiena di maiale cotta
arrosto o in forno, e si usa mangiarla fredda, essendo assai migliore che
calda. Per schiena di maiale s'intende, in questo caso, quel pezzo della
lombata che conserva le costole, e che può pesare anche 3 o 4 chilogrammi.
Steccatela con aglio, ciocche di ramerino e qualche
chiodo di garofano, ma con parsimonia, essendo odori che tornano facilmente a
gola, e conditela con sale e pepe.
Cuocetela arrosto allo spiede, che è meglio, o mandatela
al forno senz'altro, e servitevi dell'unto che butta per rosolar patate o per
rifare erbaggi.
È un piatto che può far comodo nelle famiglie, perché
d'inverno si conserva a lungo.
Durante il Concilio del 1430, convocato in Firenze
onde appianare alcune differenze tra la Chiesa romana e la greca, fu ai vescovi
e al loro seguito imbandita questa pietanza conosciuta allora con altro nome.
Trovatala di loro gusto cominciarono a dire: àrista, àrista (buona,
buona!), e quella parola greca serve ancora, dopo quattro secoli e mezzo a
significare la parte di costato del maiale cucinato in quel modo.
370. PASTICCIO FREDDO DI CACCIAGIONE
Prendiamo, per esempio, una starna o una pernice e con
essa facciamo un pasticcio che potrà bastare per sei o sette persone. La starna
(Perdrix cinerea) si distingue dalla pernice (Perdrix rubra)
perché questa ha i piedi e il becco rosso ed è alquanto più grossa.
Sono gallinacei dell'ordine dei Rasores; si
nutrono di vegetali, particolarmente di granaglie, e però hanno il ventriglio a
pareti molto muscolose, ed abitano i monti dei paesi temperati. Le loro carni
sono ottime, di sapor delicato; ma fra le due specie, la pernice è da
preferirsi. Eccovi gli ingredienti per questo pasticcio:
Una starna oppure una pernice alquanto frolla.
Fegatini di pollo, n. 3.
Rossi d'uovo, n. l.
Foglie d'alloro, n. 2.
Marsala, due dita di bicchiere comune.
Tartufi neri, grammi 50.
Lingua salata, grammi 50.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Burro, grammi 30.
Una midolla di pane grossa quanto un pugno.
Un piccolo battuto di cipolla, carota e sedano.
Un poco di brodo.
La starna vuotatela, lavatela e mettetela al fuoco col
detto battuto, col burro, col prosciutto tagliato a fettine, con le foglie
d'alloro intere, e conditela con sale e pepe. Quando la cipolla avrà preso
colore, bagnatela con la marsala versata poco per volta, e se non basta per
tirar la starna a mezza cottura servitevi di brodo. Tolta la starna dal fuoco,
levatele il petto e formatene otto filetti che lascierete in disparte. Il resto
tagliatelo a piccoli pezzi per tirarli a cottura intera, unicamente ai
fegatini, quello della starna compresovi.
Cotta che sia questa roba, levatela asciutta e
mettetela in un mortaio, gettando via le foglie dell'alloro. Nell'intinto che
ancora resta gettate la midolla del pane e con un poco di brodo, rimestando,
fate una pappa che verserete anch'essa nel mortaio, come pure la raschiatura
dei tartufi, e pesterete ogni cosa ben fine per passarla dallo staccio. In
questo passato stemperate il rosso d'uovo e lavoratelo bene col mestolo per
mantecarlo.
Ora, formate la pasta per coprirlo servendovi della
ricetta n. 372. Prendete uno di quegli stampi speciali per questi pasticci, che
sono fatti a barchetta o rotondi, scannellati, di ferro bianco, a cerniera che
si apre. Ungetelo col burro e, tirata la pasta sottile poco più di uno scudo,
foderatelo con la medesima e fategli il fondo che poserete sopra una teglia di
rame unta anch'essa col burro.
Prima gettate nel fondo parte del composto e
disponetevi sopra una parte dei filetti (petto della starna e lingua) ed alcuni
pezzetti di tartufi grossi quanto le nocciuole e crudi; poi altro composto
intramezzato di tartufi e filetti e così di seguito se il pasticcio fosse
voluminoso. Pigiatelo bene perché venga tutto unito e compatto e fategli il
coperchio della stessa pasta con qualche ornamento, lasciandovi nel mezzo un
buco onde sfiati il vapore.
Dorate il di fuori e cuocetelo in forno o nel forno da
campagna, e quando lo levate coprite il buco con un fiocco della stessa pasta,
fatto a misura e cotto a parte.
La stessa regola potete tenere per un pasticcio di due
beccacce le quali non hanno bisogno di essere vuotate, né degli intestini, né
del ventriglio; soltanto verificherete che nelle parti basse non vi sia
qualcosa di poco odoroso.
371. PASTICCIO DI CARNE
Magro di vitella di latte, grammi 200
Magro di maiale, grammi 100
Burro, grammi 60.
Prosciutto cotto tagliato grosso, grammi 60.
Lingua salata tagliata grossa, grammi 50.
Midolla di pane, grammi 50.
Un petto di pollo.
Un fegatino di pollo.
Un'allodola o un uccello consimile.
Un tartufo.
Marsala, un decilitro.
Mettete al fuoco col detto burro e conditeli con sale
e pepe, la vitella, il maiale, l'uccello (a cui leverete il becco e le zampe),
il petto di pollo e per ultimo il fegatino, bagnandoli con la marsala e poi con
brodo per tirarli a cottura, e prima di levarli lasciateci per un poco il
tartufo. Poi nell'intinto che resta gettateci la midolla del pane per fare un
poco di pappa e questa messa in un mortaio con l'uccelletto, un rosso d'uovo,
la quarta parte circa della vitella e del maiale, fate un composto passandolo
da uno staccio di fil di ferro, ma se riuscisse troppo sodo diluitelo con brodo.
Tutta la carne rimasta, il prosciutto, la lingua, il
fegatino e il tartufo tagliateli a quadretti grossi come le nocciuole e
mescolate ogni cosa insieme unicamente col composto passato. Ora prendete uno
degli stampi appositi da pasticcio, di forma rotonda, e servendovi della pasta
descritta al n. 372, incassatelo; ma quando avrete distesa per bene la pasta
tanto sul fondo che intorno allo stampo foderatela con fettine di lardone
sottili come un velo e dopo riempito fategli il suo coperchio regolandovi pel
resto come il pasticcio di cacciagione n. 370.
Se lo desideraste più signorile non riempite lo stampo
fino alla bocca e nel vuoto versateci, dopo cotto, un po' di gelatina n. 3 e
servitelo freddo con altra gelatina a parte.
Basterà per otto persone.
372. PASTICCIO DI LEPRE
Chi non ha buone braccia non si provi intorno a questo
pasticcio. La natura arida delle carni della bestia di cui si tratta e il molto
ossame, richiedono una fatica improba per estrarne tutta la sostanza possibile,
senza di che non fareste nulla di veramente buono.
Quello che qui vi descrivo fu fatto alla mia presenza,
nelle seguenti dosi e proporzioni sulle quali, regolandovi, ritengo non sia il
caso di sciupare i vostri quattrini.
Mezza lepre, senza testa e gli zampucci, un chilogrammo.
Magro di vitella di latte, grammi 230.
Burro, grammi 90.
Lingua salata, grammi 80.
Grasso di prosciutto, grammi 80.
Prosciutto grasso e magro, tagliato grosso mezzo dito,
grammi 50.
Detto, tagliato fine, grammi 30.
Tartufi neri, grammi 60.
Farina per la balsamella, grammi 30.
Marsala, decilitri 3.
Uova, n. 2.
Latte, mezzo bicchiere.
Brodo, quanto basta.
Dalla lepre, dopo averla lavata ed asciugata, levate
grammi 80 di magro dal filetto o altrove e ponetelo da parte. Poi scarnite
tutte le ossa, per separarle dalla carne, rompetele e ponete anche queste da
parte. La carne tagliatela a pezzi, e coi suddetti grammi 80 di magro, lasciato
intero, mettetela in infusione con due terzi circa della detta marsala e coi
seguenti odori tagliati all'ingrosso: un quarto di una grossa cipolla, mezza
carota, una costola di sedano lunga un palmo, diversi gambi di prezzemolo e due
foglie di alloro. Conditela con sale e pepe, rivoltate bene ogni cosa e
lasciatela in riposo diverse ore. Frattanto nettate dalle pelletiche la carne
di vitella di latte, sminuzzatela col coltello e pestatela nel mortaio quanto
più fine potete.
Scolate dalla marsala la carne messa in infusione e
con tutte le ossa, gli odori indicati, il grasso di prosciutto, tagliato a
pezzettini e grammi 30 del detto burro, ponetela in una cazzaruola coperta e, a
fuoco vivo, lasciatela rosolar bene, rimuovendola spesso col mestolo e
bagnandola, quando sarà asciutta, con marsala, servendovi anche di quella
rimasta dell'infusione, e con brodo fino a cottura completa. Allora separate
nuovamente la carne dalle ossa e rimettete da parte gli 80 grammi di magro per
formare con questo, coi grammi 50 di prosciutto e con la lingua, tanti filetti
grossi più di mezzo dito.
Pestate prima tutta la carne della lepre nel mortaio,
bagnandola di quando in quando per renderla più pastosa, ma non troppo liquida,
col resto della marsala e con brodo e passatela; poi pestate le ossa e
procurate che passi di queste tutto quel che più potete, avvertendovi però
occorrervi a quest'uopo uno staccio di fil di ferro.
Ora, fate una balsamella con grammi 30 del
detto burro, la farina e il latte indicati e, cotta che sia, versate nella
stessa cazzaruola tutta la carne passata, tanto quella della lepre che della
vitella di latte cruda, aggiungete le due uova, mescolate bene ed assaggiate il
composto se è dosato giusto di condimenti, per aggiungere, se occorre, sale e
il resto del burro.
Adesso incassate il pasticcio colla pasta qui sotto
descritta e per riempirlo regolatevi come nel n. 370. I tartufi tagliateli a
tocchetti grossi come le nocciuole e così crudi e con tutti i filetti descritti
disponeteli a tre suoli alternati col composto ben pigiato onde vengano sparsi
regolarmente, e facciano bella mostra quando il pasticcio si taglia. Per ultimo
distendetegli sopra i grammi 30 di prosciutto a fette piuttosto sottili e
copritelo.
Potete coprirlo con pasta sfoglia a metà, come quella
della ricetta n. 155, oppure con la seguente:
Farina, grammi 250.
Burro, grammi 80.
Spirito di vino, cucchiaini n. 2.
Zucchero, cucchiaini n. 2.
Rossi d'uovo, n. 2.
L'agro di uno spicchio di limone.
Sale, grammi 5.
Acqua fredda, se occorre.
Con la norma di questo, salvo qualche variazione del
caso, potete fare diversi altri pasticci di selvaggina, come sarebbe di cignale,
daino e capriolo. Questo ritengo possa bastare per un pranzo anche di venti
persone.
373. PANE DI LEPRE
Eccovi un altro rifreddo.
Magro di lepre senz'osso, grammi 250,
Burro, grammi 100.
Farina, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Rossi d'uovo, n. 6.
Latte, mezzo litro.
Fate un battutino tritato ben fine con grammi 20 circa
di prosciutto e un pezzetto di cipolla, mettetelo al fuoco colla metà del detto
burro e con la lepre tagliata a piccoli pezzi, salandola. Quando l'unto sarà
quasi consumato e prima che la carne ròsoli, versate del buon brodo per tirarla
a cottura. Cotta che sia, pestatela nel mortaio bagnandola col suo sugo, poi
passatela per istaccio.
Colla farina indicata, col resto del burro e col latte
fate una balsamella e quando sarà diaccia frullate bene i rossi d'uovo e
mescolate ogni cosa insieme. Mettete il composto in uno stampo liscio con una
carta imburrata nel fondo e cuocetelo a bagno-maria. Servitelo freddo,
contornato e coperto di gelatina; ma poiché oggigiorno nei pranzi si cerca
molto la bellezza e l'eleganza nei piatti, ed anche qualche grata sorpresa,
meglio sarebbe in questo caso che il pan di lepre fosse coperto da una veste
tutta unita di gelatina, il che si ottiene facilmente. Si prende uno stampo più
grande di quello che ha servito al pan di lepre, se ne copre il fondo di
gelatina e quando questa è rappresa vi si colloca il rifreddo in mezzo e si
riempie con altra gelatina liquida il vuoto all'intorno.
374. PAN DI FEGATO
Tra i rifreddi, questo che vi descrivo, è uno dei
migliori ed ha il diritto, pel suo delicato sapore, di comparire su qualunque
tavola.
Fegato di vitella di latte, grammi 500.
Burro, grammi 70.
Midolla di pane fresco, grammi 50,
Parmigiano grattato, grammi 20.
Fegatini di pollo, n. 4.
Marsala, decilitri 1.
Sugo di carne, oppure brodo, cucchiaiate n. 6.
Uova, uno intero e due rossi.
Una foglia di alloro.
Sale e pepe, quanto basta.
Tagliate il fegato a fette sottili e i fegatini in due
parti, e gettate queste due cose in padella con la foglia di alloro e la metà
del burro e quando lo avranno assorbito aggiungete l'altra metà e condite con
sale e pepe. Poi versate la marsala e dopo 4 o 5 minuti al più di fuoco vivo,
dovendo il fegato rimaner tenero, levatelo asciutto e insieme con l'alloro
pestatelo nel mortaio. Nell'intinto che resta in padella sminuzzate la midolla
del pane e fatene una pappa che getterete anch'essa nel mortaio, poi passate
ogni cosa dallo staccio; indi aggiungete il parmigiano e le uova, diluendo il
composto col detto sugo o brodo. Per ultimo collocatelo in uno stampo liscio
con foglio sotto, unto col burro, ed assodatelo a bagno-maria.
Sformatelo tiepido e quando sarà diaccio copritelo
tutto di gelatina del n. 3, entro a uno stampo di circonferenza maggiore del
primo. Potrà bastare per dodici persone.
375. PASTICCIO DI FEGATO
Servitevi del composto n. 374, aggiungendo soltanto
grammi 30 di tartufi neri tagliati a spicchi e facendo loro alzare il bollore
nella marsala prima di spargerli nel pasticcio. Copritelo con la pasta da
pasticcio n. 372, cuocetelo in forno o nel forno da campagna, e servitelo
freddo. Potrà bastare anche questo per dodici persone.
ERBAGGI E LEGUMI
Gli erbaggi, purché non se ne abusi, sono un elemento
di igiene nella cucina. Diluiscono il sangue, e, amalgamati alla carne, rendono
questa meno nauseabonda; ma il più o meno uso dei medesimi, in un paese
qualsiasi, dipende in gran parte dal clima.
376. ZUCCHINI COL REGAMO
Il regamo (Origanum volgare) è il seme odoroso
di una pianticella selvatica della famiglia delle labiate.
Prendete zucchini lunghi, non a piccola quantità
perché scemano molto, e tagliateli a fette rotonde della grossezza di uno
scudo. Mettete al fuoco una sauté o una teglia di rame con olio a buona misura
e quando comincia a bollire gettateci gli zucchini così naturali e, a fuoco
ardente, rimuoveteli spesso. Conditeli a mezza cottura con sale e pepe e quando
accennano a rosolare spargeteci sopra un buon pizzico di regamo e levateli
subito colla mestola forata. Potranno servirsi soli o per contorno e
piaceranno.
Il regamo si presta a rendere odorose anche altre
vivande, come i funghi in umido, le uova nel tegame. le acciughe, ecc.
377. ZUCCHINI RIPIENI
Gli zucchini per farli ripieni si possono tagliare o a
metà per il lungo, o a metà per traverso, o anche lasciarli interi. Io
preferisco quest'ultimo modo come più elegante e perché gli zucchini fanno di
sé bella mostra. Comunque sia, vanno vuotati per far posto al ripieno. Per
vuotarli interi meglio è il servirsi di un cannello di latta che si fa passare
dal basso all'alto; ma se per la maggior grossezza dello zucchino, il vuoto non
paresse grande a sufficienza, allargatelo con un coltellino sottile.
Per fare il ripieno prendete del magro di vitella di
latte, tagliatelo a pezzi e mettetelo al fuoco in una cazzaruola con un
battutino di cipolla, prezzemolo, sedano, carota, un poco di carnesecca
tagliata a pezzettini, un poco d'olio, sale e pepe. Rivoltatela di frequente
coi mestolo e quando la carne avrà tirato tutto l'umido e preso colore, versate
un ramaiolino d'acqua; dopo che avrà tirato anche questa, versatene un altro e
dopo poco un altro ancora, per finire di cuocerla, avvertendo che vi resti del
sugo. Allora questo passatelo e lasciatelo in disparte.
Tritate la carne asciutta ben fine colla lunetta, e
con un uovo, un poco di parmigiano grattato, una midolla di pane bollita nel
brodo o nel latte e l'odore delle spezie, fate tutto un composto e servitevene
per ripieno. Preparati così gli zucchini, metteteli a soffriggere nel burro cui
farete prima prendere il color nocciuola e per ultimo tirateli a cottura col
sugo già messo da parte.
Gli zucchini si possono riempire anche col composto
del n. 347 e mancandovi il sugo di carne potete cuocerli o col solo burro o con
burro e salsa di pomodoro n. 125.
378. ZUCCHINI RIPIENI DI MAGRO
Preparateli come i precedenti e riempiteli con un
composto fatto con tonno sott'olio tritato fine colla lunetta ed intriso con
uova, un pizzico di parmigiano e un poco di quel midollo levato dagli zucchini,
l'odore delle spezie, una presa di pepe e punto sale. Metteteli a cuocere nel
burro quando questo avrà preso il color nocciuola e aggraziateli colla salsa di
pomodoro n. 125. Se li farete con attenzione vi riusciranno tanto buoni da non
credersi.
379. FAGIUOLINI E ZUCCHINE ALLA SAUTÉ
Questi erbaggi così cucinati servono per lo più di
contorno. ora la così detta cucina fine ha ridotto l'uso dei condimenti
a una grande semplicità. Sarà più igienica, se vogliamo, e lo stomaco si
sentirà più leggiero; ma il gusto ne scapita alquanto e viene a mancare quel
certo stimolo che a molte persone è necessario per eccitare la digestione. Qui
siamo in questo caso. Se trattasi di fagiuolini lessateli a metà, se di
zucchini lasciateli crudi tagliati a spicchi o a tocchetti, metteteli a
soffriggere nel burro quando questo, bollendo, avrà preso il color nocciuola.
Per condimento mettete soltanto sale e pepe in poca quantità.
Se dopo cotti in questa maniera vi aggiungerete un
poco di sugo di carne oppure un poco della salsa di pomodoro n. 125 non sarete
più nelle regole della cucina forestiera o moderna; ma sentirete, a mio parere,
un gusto migliore e lo stomaco resterà più soddisfatto. Se il sugo di carne o
la salsa di pomodoro vi mancano, spolverizzateli almeno di parmigiano quando li
ritirate dal fuoco.
380. FAGIUOLINI IN SALSA D’UOVO
Prendete grammi 300 circa di fagiuolini in erba,
togliete loro le due punte e il filo e poi, come dicono i cuochi in gergo
francioso, imbianchiteli, cioè date loro mezza cottura in acqua alquanto
salata. Levateli asciutti, tagliateli in tre pezzi e tirateli a sapore col
burro, sale e pepe. Frullate in un pentolo un rosso d'uovo con un cucchiaino di
farina e il sugo di un quarto di limone, allungate il miscuglio con un
ramaiuolo di brodo ghiaccio digrassato e ponete questo liquido al fuoco in una
cazzarolina girando sempre il mestolo e quando, per la cottura, sarà divenuto
come una crema scorrevole, versatelo sui fagiuolini: tenete questi ancora un
poco sul fuoco perché la salsa s'incorpori e serviteli per contorno al lesso.
Per far prendere ai fagiuolini e agli zucchini un bel
verde, gettate nell'acqua, quando bolle, oltre al sale, un cucchiaino di soda.
381. FAGIUOLINI COLLA BALSAMELLA
Lessate i fagiuolini in modo che (mediante un
cucchiaino di soda) restino ben verdi. Poi soffriggeteli nel burro, ma
leggermente onde non perdano il bel colore e conditeli con sale e pepe.
Versateci sopra una balsamella scorrevole, ma non troppo copiosa, fatta
con panna, burro e farina, e mandateli in tavola con un contorno di pane fritto
tagliato a mandorle. Possono servire per tramesso in un pranzo.
382. FAGIUOLINI CON L’ODORE DI VAINIGLIA
Ponete i fagiuolini in molle nell'acqua fresca e se
sono teneri metteteli crudi e interi, senza sgrondarli troppo, in umido, nel
seguente modo.
Fate un soffritto con olio, uno scalogno, prezzemolo,
carota e sedano, il tutto tritato fine. Invece dello scalogno può servire la
cipolla novellina o la cipolla comune. Conditelo con sale e pepe e quando avrà
preso colore, allungatelo con brodo o passatelo spremendolo bene. A questo sugo
passato, aggiungete sugo di pomodoro e nel medesimo gettate i fagiuolini per
cuocerli; prima di levarli aggraziateli con due cucchiaini di zucchero
vanigliato e se questo odore non piace, sostituite la nepitella.
383. FAGIUOLINI DALL’OCCHIO IN ERBA ALL’ARETINA
Spuntateli alle due estremità e tagliateli in tre
parti. Metteteli in una cazzaruola con due spicchi d'aglio interi, sugo di
pomodoro crudo e con tant'acqua diaccia che li ricopra. Conditeli con olio,
sale e pepe; poi metteteli al fuoco e fateli bollire adagio fino a cottura
completa avvertendo che vi resti alquanto sugo ristretto per renderli più
gradevoli. Possono servire come piatto di tramesso o di contorno al lesso.
384. FAGIUOLI A GUISA D’UCCELLINI
Nelle trattorie di Firenze ho sentito chiamare fagiuoli
all'uccelletto i fagiuoli sgranati cucinati così:
Cuoceteli prima nell'acqua e levateli asciutti.
Mettete un tegame al fuoco con l'olio in proporzione e diverse foglie di
salvia; quando l'olio grilletta forte buttate giù i fagiuoli e conditeli con
sale e pepe. Fateli soffriggere tanto che tirino l'unto e di quando in quando
scuotete il vaso per mescolarli; poi versate sui medesimi un poco di sugo
semplice di pomodoro e allorché questo si sarà incorporato, levateli. Anche i
fagiuoli secchi di buccia fine possono servire al caso dopo lessati.
Questi fagiuoli si prestano molto bene per contorno al
lesso, se non si vogliono mangiar da soli.
385. FAGIUOLI SGRANATI PER CONTORNO AL LESSO
Fagiuoli sgranati, grammi 300.
Carnesecca intera, grammi 30.
Acqua, decilitri 2.
Olio, cucchiaiate 4.
Una ciocchettina di 4 o 5 foglie di salvia.
Sale e pepe bianco.
Mettete al fuoco i fagiuoli con tutti gl'ingredienti
suddetti, fateli bollire adagio e scuoteteli spesso. Levate la salvia e la
carnesecca e serviteli. È un contorno che potrà bastare per quattro persone.
386. SFORMATO DI FAGIUOLINI
Prendete grammi 500 di fagiuolini ben teneri e levate
loro le punte e il filo se l'hanno. Gettateli nell'acqua bollente con un
pizzico di sale ed appena avranno ripreso il bollore levateli asciutti e
buttateli nell'acqua fresca.
Se avete sugo di carne tirateli a sapore con questo e
col burro, se no fate un soffritto con un quarto di cipolla, alcune foglie di
prezzemolo, un pezzo di sedano e olio, e quando la cipolla avrà preso colore,
buttate giù i fagiuolini condendoli con sale e pepe e tirandoli a cottura con
un po’ d'acqua, se occorre.
Preparate una balsamella con grammi 30 di
burro, una cucchiaiata scarsa di farina e due decilitri di latte. Con questa,
con un pugno di parmigiano grattato e con quattro uova frullate, legate i detti
fagiuolini, già diacciati, mescolate e versate il composto in uno stampo
liscio, imburrato prima e il cui fondo sia coperto di un foglio. Cuocetelo al
fuoco o a bagno-maria e servitelo caldo.
387. SFORMATO DI CAVOLFIORE
Prendete una palla di cavolfiore e, ammesso che questa
sia, per esempio, del peso di grammi 350 netta dal gambo e dalle foglie,
adoperate per condimento le seguenti dosi all'incirca:
Latte, decilitri 3.
Uova, n. 3.
Burro, grammi 60.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Date mezza cottura nell'acqua alla palla del
cavolfiore e dopo tagliatela a pezzetti. Poneteli a soffriggere, colla metà del
detto burro, salandoli, e quando l'avranno tirato, finite di cuocerli con un
poco del detto latte: poi potete lasciarli così o passarli dallo staccio. Colla
rimanenza del burro e del latte e con una cucchiaiata di farina non colma fate
una balsamella e aggiungetela al composto insieme colle uova, prima
frullate, e col parmigiano. Cuocetelo in uno stampo liscio come lo sformato di
fagiuolini e servitelo caldo.
Questa quantità può bastare per sei persone.
388. CAVOLFIORE ALL’USO DI ROMAGNA
Dividete una grossa palla di cavolfiore, o due se sono
piccole, in spicchiettini che laverete; e così crudi, senza asciugarli,
cuoceteli in questo modo: ponete al fuoco un battuto proporzionato di aglio, prezzemolo
e olio, e quando sarà rosolato fermatelo con un gocciolo d'acqua. Gettateci
allora il cavolfiore condendolo con sale e pepe e quando avrà assorbito il
battuto tiratelo a cottura mediante conserva di pomodoro sciolta nell'acqua
calda. Dategli grazia e più sapore col parmigiano quando lo mandate in tavola,
ove può servir per contorno al lesso, a un umido o ad un coteghino.
389. SFORMATO DI CARDONI
Regolatevi in tutto come per lo sformato di cavolfiore
del numero 387. Tagliate il cardone a piccoli pezzi, onde vengano penetrati
bene dal condimento; prima di metterlo nello stampo, assaggiatelo.
390. SFORMATO DI SPINACI
Lessate gli spinaci in pochissima acqua o soltanto con
quella che sgronda dai medesimi quando li levate dall'acqua fresca dov'erano in
molle. Passateli dallo staccio e, regolandovi sulla quantità, condizionateli
con sale, pepe, cannella in polvere, alcune cucchiaiate di balsamella n.
137, burro, uova, parmigiano, un pugnello di uva secca o zibibbo ai quali
siansi tolti i semi, oppure uva passolina. Mescolate per bene e versate il
composto in una forma liscia, bucata nel mezzo, cuocendolo a bagnomaria.
Sformatelo quand'è tuttora caldo e mandatelo in tavola riempito di un umido
delicato di rigaglie di pollo oppure di animelle, o di vitella di latte, o
anche di tutte queste cose insieme, frammiste a pezzetti di funghi secchi
391. SFORMATO DI CARCIOFI
Questo è uno sformato da farsi quando i carciofi
costano poco e ve lo do per uno de' più delicati.
Levate ai carciofi le foglie più dure, spuntateli e
sbucciatene i gambi, lasciandoli tutti, anche se sono lunghi. Tagliateli in
quattro spicchi e fateli bollire nell'acqua salata per soli cinque minuti. Se
li lasciate di più sopra al fuoco, oltre ad inzupparsi troppo di acqua, perdono
molto del loro aroma. Levateli asciutti, pestateli nel mortaio e passateli per
istaccio. Dosate la polpa così ottenuta con tutti quegli ingredienti soliti
negli altri sformati di erbaggio, e cioè: uova, non facendo avarizia d'uno di
più, onde restringa, due o tre cucchiaiate di balsamella ove non
iscarseggi il burro; parmigiano, sale e odore di noce moscata, ma assaggiate il
composto più volte per ridurlo a giusto sapore.
Se avete sugo di carne o di stracotto non è male
l'unirci un poco anche di questo e, se i carciofi sono teneri, anziché passarli
potete lasciarli a piccoli spicchi.
Cuocetelo a bagno-maria in uno stampo bucato, se avete
un intingolo di carne per riempirlo; se no, mettetelo in uno stampo liscio e
servitelo per tramesso.
392. SFORMATO DI FINOCCHI
Questo sformato, per ragione del grato odore e del
sapore dolcigno de' finocchi, riesce uno de' più gentili.
Levate ai finocchi le foglie più dure, tagliateli a
piccoli spicchi e cuoceteli per due terzi nell'acqua salata, poi scolateli bene
e metteteli a soffriggere con un pezzetto di burro. Conditeli con sale e quando
avranno succhiato il burro, bagnateli con un poco di latte; allorché avranno
tirato anche questo, aggiungete un po' di balsamella. Ritirateli dal
fuoco e lasciateli come sono, o passateli dallo staccio; quando saranno diacci
uniteci parmigiano grattato e, a seconda della quantità, tre o quattro uova
frullate. Versate il composto in uno stampo liscio, o col buco nel mezzo,
regolandovi come per gli altri sformati; cuocetelo a bagno-maria e servitelo
caldo come piatto di tramesso o in compagnia di un cappone lessato. Potete
anche guarnirlo di un manicaretto di rigaglie e animelle.
393. FUNGHI MANGERECCI
I funghi, pei principii azotati che contengono sono, fra
i vegetali, i più nutrienti. Il fungo, pel suo profumo particolare, è un cibo
gratissimo ed è gran peccato che fra le tante sue specie se ne trovino delle
velenose, le quali solo un occhio esercitato e pratico può distinguere dalle
innocue; una certa garanzia possono darla le località riconosciute per lunga
esperienza esenti da pericolo.
In Firenze, ad esempio, si fa un uso enorme di funghi
che scendono dai boschi delle circostanti montagne, e se la stagione è piovosa,
cominciano ad apparire nel giugno; ma il forte della produzione è in settembre.
A lode del vero, bisogna dire che la città non è mai stata funestata da
disgrazie cagionate da questi vegetali, forse perché le due specie che quasi
esclusivamente vi si consumano sono i porcini di color bronzato e gli ovoli.
Tanta è la fiducia nella loro innocuità che non si prende nessuna precauzione
in proposito, neppur quella che suggeriscono alcuni, di far loro alzare il
bollore in acqua acidulata d'aceto, cautela che per altro sarebbe a carico
della loro bontà.
Delle due specie sopraindicate, i porcini si prestano
meglio fritti e in umido; gli ovoli trippati e in gratella.
394. FUNGHI FRITTI
Scegliete funghi di mezzana grandezza che sono anche
di giusta maturazione; più grandi riescono molliconi e molto piccoli sarebbero
troppo duri.
Raschiatene il gambo, nettateli dalla terra e lavateli
interi senza tenerli in molle, che spenderebbero nell'acqua il loro grato
profumo. Poi tagliateli a fette piuttosto grosse e infarinateli prima di
gettarli in padella. L'olio è il migliore degli unti per questa frittura, e il
condimento si compone esclusivamente di sale e pepe che vi si sparge quando
sono ancora a bollore. Si possono anche dorare gettandoli nell'uovo dopo
infarinati, ma ciò è superfluo.
395. FUNGHI IN UMIDO
Per l'umido sono da preferirsi quelli che stanno sotto
la grandezza mediocre. Nettateli, lavateli e tagliateli a fette più sottili dei
precedenti. Mettete un tegame al fuoco con olio, qualche spicchio di aglio
intero, un po' ammaccato, e un buon pizzico di foglie di nepitella. Quando
l'olio comincia a grillettare gettate giù i funghi senza infarinarli, conditeli
con sale e pepe e, a mezza cottura, bagnateli con sugo di pomodoro semplice;
siate però parchi coi condimenti perché i funghi non li assorbono,
396. FUNGHI TRIPPATI
A questa cucinatura si prestano bene gli ovoli e si
dicono trippati forse perché vengono trattati come la trippa. Gli ovoli,
come sapete, sono di color giallo-arancione; i più giovani sono chiusi in forma
d'uovo, i più maturi sono aperti e spianati. Preferite i primi e dopo averli
nettati e lavati, tagliateli a fette sottili. Cuoceteli nel burro e conditeli
con sale, pepe e parmigiano grattato. Se aggiungete sugo di carne riusciranno
anche migliori.
397. FUNGHI IN GRATELLA
Gli ovoli aperti sono i più atti a questa cucinatura.
Dopo averli nettati e lavati, asciugateli fra le pieghe di un canovaccio e
conditeli con olio, sale e pepe. Servono molto bene per contorno alla bistecca
o a un arrosto qualunque.
398. FUNGHI SECCHI
Ogni anno in settembre, quando costano poco, io fo la
mia provvista di funghi porcini e li secco in casa. Per questa operazione
aspettate una vela di tempo buono perché, essendo indispensabile il calore del
sole, vi potrebbero andare a male. Preferite funghi giovani, duri, di mezzana
grandezza ed anche grossi, ma non molliconi. Raschiatene il gambo, nettateli
bene dalla terra senza lavarli e tagliateli a pezzi molto grossi perché,
seccando, diminuiscono un visibilio. Se nell'aprirli troverete dei bacolini nel
gambo, tagliate via soltanto quella parte che essi avevano cominciato a
guastare.
Teneteli esposti continuamente al sole per due o tre
giorni, poi infilateli e teneteli all'aria ventilata ed anche nuovamente al
sole finché non saranno secchi del tutto. Allora riponeteli e teneteli ben
chiusi in un cartoccio o in un sacchetto di carta; ma a lunghi intervalli non
mancate di visitarli, perché i funghi hanno il vizio di rinvenire; se ciò
accadesse, bisogna di nuovo esporli per qualche ora alla ventilazione. Senza
questo custodimento c'è il caso che li troviate tutti bacati.
Per servirsene vanno rammolliti nell'acqua calda; ma
teneteceli il meno possibile, onde non perdano l'odore.
399. PETONCIANI
Il petonciano o melanzana è un ortaggio da non
disprezzarsi per la ragione che non è né ventoso, né indigesto. Si presta molto
bene ai contorni ed anche mangiato solo, come piatto d'erbaggi, è tutt'altro
che sgradevole, specialmente in quei paesi dove il suo gusto amarognolo non
riesce troppo sensibile. Sono da preferirsi i petonciani piccoli e di mezzana
grandezza, nel timore che i grossi non siano amari per troppa maturazione.
Petonciani e finocchi, quarant'anni or sono, si
vedevano appena sul mercato di Firenze; vi erano tenuti a vile come cibo da
ebrei, i quali dimostrerebbero in questo, come in altre cose di maggior
rilievo, che hanno sempre avuto buon naso più de' cristiani.
I petonciani fritti possono servire di contorno a un
piatto di pesce fritto; fatti in umido, al lesso; in gratella, alla bistecca,
alle braciole di vitella di latte o a un arrosto qualunque.
400. PETONCIANI FRITTI
Sbucciateli, tagliateli a tocchetti piuttosto grossi,
salateli e lasciateli stare per qualche ora.
Asciugateli dall'umido che hanno buttato, infarinateli
e friggeteli nell'olio.
401. PETONCIANI IN UMIDO
Sbucciateli, tagliateli a tocchetti e metteteli al
fuoco con un po' di burro. Quando lo avranno succhiato tirateli a cottura colla
salsa di pomodoro n. 125.
402. PETONCIANI IN GRATELLA
Tagliateli a metà per il lungo senza sbucciarli, fate
loro delle incisioni graticolate sulla parte bianca, conditeli con sale, pepe e
olio, poneteli in gratella dalla parte della buccia; poi copriteli con un
coperchio o tegame di ferro e cuoceteli fra due fuochi, che così non hanno
bisogno d'esser voltati; a mezza cottura date loro un'altra untatina d'olio.
Saranno cotti quando la polpa è diventata morbida.
403. TORTINO DI PETONCIANI
Sbucciate sette od otto petonciani, tagliateli a
fettine rotonde e salateli onde buttino fuori l'acqua. Dopo qualche ora
infarinateli e friggeteli nell'olio.
Prendete un vassoio che regga al fuoco e, suolo per
suolo, conditeli con parmigiano grattato e colla salsa di pomodoro n. 125,
disponendoli in modo che facciano una bella colma. Frullate un uovo con una
presa di sale, una cucchiaiata di detta salsa, un cucchiaino di parmigiano, due
di pangrattato, e con questo composto copritene la superficie. Ponete il
vassoio sotto al coperchio del forno da campagna, col fuoco sopra, e quando
l'uovo sarà rappreso, mandate il tortino in tavola. Può servire solo, per
tramesso o accompagnato da un piatto di carne. La copertura d'uovo serve a dare
al piatto migliore apparenza.
404. CARDONI IN TEGLIA
I cardoni, detti volgarmente gobbi, per la loro
affinità coi carciofi, si possono cucinare come questi (n. 246), se non che,
dopo aver nettati bene i cardoni dai filamenti di cui è intessuta la parte
esterna, si deve dar loro metà cottura in acqua salata, gettandoli subito dopo
nell'acqua fresca, onde non anneriscano.
Tagliateli a pezzetti, infarinateli e quando l'olio
comincia a bollire, buttateli giù e conditeli con sale e pepe. Le uova
frullatele prima e aspettate di versarle quando i cardoni saranno rosolati da
ambedue le parti.
Il cardone è un erbaggio sano, di facile digestione,
rinfrescante, poco nutritivo ed insipido; perciò è bene dargli molto
condimento, come è indicato al n. 407.
È poi tale la sua affinità coi carciofi, che
sotterrando i fusti di quest'ultima pianta, quando non dà più frutti, si
ottengono i così detti carducci.
405. CARDONI IN UMIDO
Dopo averli lessati come i precedenti, metteteli in
umido con un battutino d'aglio e prezzemolo; olio, sale e pepe.
Se li desiderate più grati al gusto e di più bella
apparenza, copriteli di una salsa d'uovo e limone quando sono già sul vassoio.
Frullate qualche uovo con agro di limone, mettete il liquido al fuoco in una
cazzarolina girando il mestolo, e versatelo quando comincia a condensarsi. Se
non usate la salsa conditeli almeno con un pizzico di parmigiano.
406. CARDONI IN GRATELLA
Non è un piatto da raccomandarsi molto, ma se volete
provarlo, dopo aver lessati i cardoni, asciugateli bene, lasciate le costole
lunghe un palmo, conditeli generosamente con olio, pepe e sale e rosolateli in
gratella. Possono servir per contorno a una bistecca o ad un pesce in gratella.
407. CARDONI CON LA BALSAMELLA
Scartate le costole più dure, le altre nettatele dai
filamenti e lessatele a mezza cottura. Qui, sia detto una volta per tutte, gli erbaggi
vanno messi al fuoco ad acqua bollente e i legumi ad acqua diaccia. Tagliate le
costole dei cardoni a pezzetti lunghi tre dita circa e tirateli a sapore con
burro e sale a sufficienza, terminate di cuocerli aggiungendo latte, o meglio
panna, poi legateli con un poco di balsamella n. 137. Aggiungete un
pizzico di parmigiano grattato e levateli subito senza più farli bollire.
Questo è un eccellente contorno agli stracotti, alle bracioline, allo stufatino
di rigaglie e ad altri simili piatti. Nella stessa maniera si possono cucinare
le rape a dadi grossi, le patate e gli zucchini a spicchi, ma questi ultimi non
vanno lessati.
408. TARTUFI ALLA BOLOGNESE, CRUDI, ECC.
La gran questione dei Bianchi e dei Neri che fece
seguito a quella dei Guelfi e dei Ghibellini e che desolò per tanto tempo
l'Italia, minaccia di riaccendersi a proposito dei tartufi, ma consolatevi,
lettori miei, che questa volta non ci sarà spargimento di sangue; i partigiani
dei bianchi e dei neri, di cui ora si tratta, sono di natura molto
più benevola di quei feroci d'allora.
Io mi schiero dalla parte dei bianchi e dico e
sostengo che il tartufo nero è il peggiore di tutti; gli altri non sono
del mio avviso e sentenziano che il nero è più odoroso e il bianco è di sapore
più delicato: ma non riflettono che i neri perdono presto l'odore. I bianchi di
Piemonte sono da tutti riconosciuti pregevoli, e i bianchi di Romagna, che
nascono in terreno sabbioso, benché sappiano d'aglio, hanno molto profumo.
Comunque sia, lasciamo in sospeso la gran questione per dirvi come si
preferisce di cucinarli a Bologna, Bologna la grassa per chi vi sta, ma non
per chi vi passa.
Dopo averli bagnati e nettati, come si usa
generalmente, con uno spazzolino tuffato nell'acqua fresca, li tagliano a fette
sottilissime e, alternandoli con altrettante fette sottilissime di parmigiano,
li dispongono a suoli in un vassoio di rame stagnato, cominciando dai tartufi.
Li condiscono con sale, pepe e molto olio del migliore, e appena hanno alzato
il bollore, spremono sui medesimi un limone togliendoli subito dal fuoco.
Alcuni aggiungono qualche pezzetto di burro; se mai mettetene ben poco per non
renderli troppo gravi. Si usa pure mangiare i tartufi crudi tagliati a fette
sottilissime e conditi con sale, pepe e agro di limone.
Legano bene anche con le uova. Queste frullatele e
conditele con sale e pepe. Mettete al fuoco burro in proporzione e quando sarà
strutto versateci le uova e dopo poco i tartufi a fette sottili, mescolando.
A tutti è nota la natura calida di questo cibo, quindi
mi astengo dal parlarne perché potrei dirne delle graziose. Pare che i tartufi
venissero per la prima volta conosciuti in Francia nel Périgord sotto Carlo V.
Io li ho conservati a lungo nel seguente modo, ma non
sempre mi è riuscito: tagliati a fette sottili, asciugati al fuoco, conditi con
sale e pepe, coperti d'olio e messi al fuoco per far loro alzare il bollore. Da
crudi si usa tenerli fra il riso per comunicare a questo il loro profumo.
409. CIPOLLINE AGRO-DOLCI
Non è piatto che richieda molto studio, ma solo buon
gusto per poterlo dosare convenientemente; se fatto bene, riuscirà un
eccellente contorno al lesso.
Per cipolline intendo quelle bianche, grosse poco più
di una noce. Sbucciatele, nettatele dal superfluo e date loro una scottatura in
acqua salata. Per un quantitativo di grammi 300 circa mettete al fuoco
all'asciutto, in una cazzaruola, grammi 40 di zucchero e, quando è liquefatto,
grammi 15 di farina; rimuovete continuamente col mestolo e quando l'intriso
sarà divenuto rosso, gettateci a poco per volta due terzi di bicchier d'acqua
con aceto e lasciate bollire il liquido tanto che se si formano dei grumi si
possano sciogliere tutti. Allora buttate giù le cipolline e scuotete spesso la
cazzaruola, avvertendo di non toccarle col mestolo per non guastarle.
Assaggiatele prima di servirle, perché se occorre zucchero o aceto siete sempre
in tempo ad aggiungerli.
410. CIPOLLINE IN ISTUFA
Spellatele e, pareggiatone il capo e la parte
inferiore, gettatele nell'acqua bollente salata e fatele bollire per dieci
minuti. Mettete a soffriggere un pezzetto di burro e quando avrà preso il color
nocciuola, collocateci le cipolline tutte a un pari, condite con sale e pepe;
dopo che saranno rosolate da una parte voltatele dall'altra, quindi bagnatele
con sugo di carne, legandole con una presa di farina impastata nel burro.
Mancandovi il sugo, cucinatele in bianco nella
seguente maniera: dopo lessate e tenute nell'acqua fresca mettetele in una
cazzaruola con un mazzetto guarnito, una piccola fetta di prosciutto, un
pezzetto di burro e un ramaiuolo di brodo. Conditele con pepe e poco sale,
copritele con fette sottilissime di lardone e sopra queste accostate un foglio
di carta unto di burro. Terminate di cuocerle fra due fuochi e servitele per
contorno insieme col sugo ristretto che resta.
411. CIPOLLINE PER CONTORNO AI COTEGHINI
Dopo averle lessate, come nella ricetta precedente,
mettetele a soffriggere nel burro, conditele con sale e pepe, bagnatele col brodo
del coteghino ed aggraziatele con aceto e zucchero. Per 28 o 30 cipolline
basteranno grammi 50 di burro, mezzo ramaiuolo di brodo digrassato di
coteghino, mezzo cucchiaio d'aceto e un cucchiaino di zucchero.
412. SEDANI PER CONTORNO
Gli antichi, ne' banchetti, s'incoronavano colla
pianta del sedano, credendo di neutralizzare con essa i fumi del vino. Il
sedano è grato al gusto per quel suo aroma speciale; per questo e per non esser
ventoso merita un posto fra gli erbaggi salubri. Preferite quello di costola
piena e servitevi solo delle costole bianche e del gambo, che sono le parti più
tenere.
Eccovi tre maniere diverse per cucinarlo; per le prime
due sarà bene che diate ai pezzi la lunghezza di 10 centimetri, e per la terza
di 5 soltanto. Il gambo dopo averlo sbucciato, tagliatelo in croce, e
lasciatelo unito alla costola, poi fate bollire quest'ortaggio in acqua
alquanto salata non più di cinque minuti e levatelo asciutto:
l°. Mettetelo a soffriggere nel burro, poi tiratelo a
cottura col sugo di carne e uniteci del parmigiano quando lo mandate in tavola.
2°. Ammesso che i sedani da crudi. siano dai grammi
200 ai 250, ponete in una cazzaruola grammi 30 di burro e un battutino con
grammi 30 di prosciutto, grasso e magro, tritato fine insieme con un quarto di
cipolla di media grandezza. Aggiungete due chiodi di garofano e fate bollire.
Quando la cipolla avrà preso colore, versate brodo e tirate il soffritto a
cottura. Allora passate ogni cosa e ponete il sugo in un tegame ove i sedani
stiano distesi, conditeli con una presa di pepe, perché il sale non occorre, e
mandateli in tavola col loro sugo.
3°. Infarinatelo, immergetelo nella pastella n. 156 e
friggetelo nello strutto o nell'olio; oppure, che è meglio, dopo averlo
infarinato, immergetelo nell'uovo, panatelo e friggetelo. Quest'ultima
cucinatura de' sedani si presta più delle altre per contorno agli umidi di
carne coll'intinto dei quali li bagnerete.
413. SEDANI PER CONTORNO AL LESSO
Servitevi delle costole bianche e tagliatele a
pezzetti di due centimetri circa. Lessateli per cinque minuti nell'acqua salata
e metteteli a soffriggere nel burro. Poi legateli con la balsamella del
n. 137, tenuta piuttosto soda, e date loro sapore col parmigiano.
414. LENTICCHIE INTERE PER CONTORNO
Le lenticchie per contorno agli zamponi si dovrebbero
tirare a sapore, dopo cotte nell'acqua, col burro e sugo di carne. In mancanza
di questo, mettetele a bollire con un mazzetto odoroso e dopo cotte e scolate
bene dall'acqua, rifatele con un battutino di prosciutto grasso e magro, un
pezzetto di burro e poca cipolla. Quando questa sarà ben rosolata, versate nel
soffritto un ramaiuolo o due di brodo digrassato del coteghino o dello zampone.
Lasciatelo bollire un poco, passatelo, e in questo sugo rifate le lenticchie
aggiungendo un altro pezzetto di burro, sale e pepe. Se il coteghino non è ben
fresco, servitevi di brodo.
415. LENTICCHIE PASSATE PER CONTORNO
Questo si chiamerebbe alla francese purée di
lenticchie; ma il Rigutini ci avverte che la vera parola italiana è passato,
applicabile ad ogni specie di legumi, le patate inclusive. Dunque, per fare
un passato, e non un presente, colle lenticchie, mettetele a
cuocere nell'acqua con un pezzetto di burro e quando saranno cotte, ma non
spappolate, passatele per istaccio. Fate un battutino di cipolla (poca però,
perché non si deve sentire), prezzemolo, sedano e carota; mettetelo al fuoco
con burro quanto basta e quando sarà ben rosolato, fermatelo con un ramaiuolo
di brodo che può anche essere quello digrassato del coteghino. Colatelo e
servitevi di quel sugo per dar sapore al passato, non dimenticando il
sale ed il pepe ed avvertite che è bene resti sodo il più possibile.
416. CARCIOFI IN SALSA
Levate ai carciofi le foglie dure, spuntateli e sbucciatene
il gambo. Divideteli in quattro parti, o al più in sei se sono grossi,
metteteli al fuoco con burro in proporzione e conditeli con sale e pepe.
Scuotete la cazzaruola per voltarli e quando avranno tirato a sé buona parte
dell'umido, bagnateli con brodo per cuocerli del tutto. Levateli asciutti, e
nell'intinto che resta versate un pizzico di prezzemolo tritato, un cucchiaino
o due di pangrattato ben fine, sugo di limone, altro sale e pepe se occorrono
e, mescolando, fate bollire alquanto; poi ritirate la salsa dal fuoco e quando
non sarà più a bollore, aggiungete un rosso d'uovo o due, secondo la quantità,
e rimettetela per poco al fuoco con altro brodo per renderla sciolta. Versateci
i carciofi per riscaldarli e serviteli specialmente per contorno al lesso.
417. CARCIOFI IN UMIDO COLLA NEPITELLA
Se vi piacesse di sentire questi carciofi con l'odore
della nepitella, ecco come dovete regolarvi. Levate ai carciofi tutte le foglie
non mangiabili e divideteli in quattro spicchi ognuno, od anche in sei se sono
grossi; infarinateli e poneteli al fuoco in una teglia di rame, con olio in
proporzione, condendoli con sale e pepe. Quando li avrete rosolati uniteci un
battutino composto di uno spicchio d'aglio, o di mezzo soltanto se i carciofi
sono pochi, e un buon pizzico di nepitella fresca. Quando avranno tirato
l'umido terminate di cuocerli con sugo di pomodoro o conserva sciolta
nell'acqua.
Possono servir di contorno o esser mangiati soli.
418. CARCIOFI RITTI
Così chiamassi a Firenze i carciofi cucinati
semplicemente nella seguente maniera: levate loro soltanto le piccole e inutili
foglie vicine al gambo tagliando quest'ultimo. Svettate col coltello la cima e
allargate alquanto le foglie interne. Collocateli ritti in un tegame, insieme
coi gambi sbucciati e interi; conditeli con sale, pepe e olio, il tutto a buona
misura. Fateli soffriggere tenendoli coperti, e, quando saranno ben rosolati,
versate nel tegame un po' d'acqua e con la medesima finite di cuocerli.
419. CARCIOFI RIPIENI
Tagliate loro il gambo alla base, levate le piccole
foglie esterne e lavateli. Poi svettateli come i precedenti ed aprite le loro
foglie interne in maniera da poter recidere con un temperino il grumolino di
mezzo, e toltogli il pelo se vi fosse nel centro, serbate soltanto le tenere
foglioline per unirle al ripieno. Questo, se dovesse, ad esempio, servire per
sei carciofi, componetelo delle foglioline anzidette, di 50 grammi di
prosciutto più grasso che magro, di un quarto di cipolla novellina, aglio
quanto la punta di un'unghia, qualche foglia di sedano e di prezzemolo, un
pizzico di funghi secchi fatti rinvenire, un pugnello di midolla di pane d'un
giorno, ridotta in bricioli, e una presa di pepe.
Tritate prima il prosciutto con un coltello, poi ogni
cosa insieme colla lunetta e con questo composto riempite i carciofi che
condirete e cuocerete come i precedenti. Alcuni libri francesi suggeriscono di
dare ai carciofi mezza cottura nell'acqua prima di riempirli, il che non
approvo, sembrandomi che vadano a perdere allora la sostanza migliore, cioè il
loro aroma speciale.
420. CARCIOFI RIPIENI DI CARNE
Per sei carciofi, componete il seguente ripieno:
Magro di vitella di latte, grammi 100.
Prosciutto più grasso che magro, grammi 30.
Un grumolino dei carciofi.
Un quarto di cipolla novellina.
Alcune foglie di prezzemolo.
Un pizzico di funghi secchi rammolliti.
Un pizzico di midolla di pane in bricioli.
Un pizzico di parmigiano grattato.
Sale, pepe e odore di spezie.
Quando i carciofi avranno preso colore col solo olio,
versate un poco d'acqua e copriteli con un cencio bagnato tenuto fermo dal
coperchio. Il vapore che emana, investendoli da tutte le parti, li cuoce
meglio.
421. PASTICCIO DI CARCIOFI E PISELLI
È un pasticcio strano, ma potrebbe piacere a molti e
perciò lo descrivo.
Carciofi, n. 12.
Piselli sgranati, grammi 150.
Burro, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Sugo di carne, quanto basta.
Mondate i carciofi da tutte le foglie dure non
mangiabili, divideteli in due parti e levate loro il pelo del centro se
l'hanno. Date ad essi ed ai piselli mezza cottura di pochi minuti nell'acqua
salata, gettateli dopo nell'acqua fresca, levateli, asciugateli bene ed i
carciofi divideteli ancora in due parti. Tanto essi che i piselli metteteli al
fuoco con grammi 40 del detto burro, conditeli con sale e pepe e tirateli col
sugo di carne a giusta cottura. Coi restanti grammi 10 di burro, una
cucchiaiata di farina e sugo suddetto fate una specie di balsamella per
legare il composto, il quale, messo in un vassoio che regga al fuoco, lo
condirete a strati con questa e col parmigiano.
Ora copritelo con la pasta frolla sottosegnata;
doratela col rosso d'uovo, cuocete il pasticcio nel forno da campagna e
servitelo caldo perché perde molto lasciandolo diacciare. Questa quantità può
bastare a sette od otto persone.
PASTA FROLLA
Farina, grammi 230.
Zucchero a velo, grammi 85.
Burro, grammi 70.
Lardo, grammi 30.
Uova, n. l.
422. CARCIOFI IN GRATELLA
A tutti è noto come si possono cuocere i carciofi in gratella
e contornar coi medesimi una bistecca o un arrosto qualunque. In questo caso
scegliete carciofi teneri, svettateli, tagliatene il gambo alla base e
lasciateli con tutte le loro foglie. Allargateli alquanto perché prendano bene
il condimento, il quale d'altro non deve essere composto che d'olio, pepe e
sale. Collocateli ritti sulla gratella e se occorre per tenerli fermi,
infilzateli in uno stecco verso il gambo a due o tre insieme. Date loro
un'altra untatina a mezza cottura e lasciateli sul fuoco finché le foglie
esterne non siano bruciate.
423. CARCIOFI SECCATI PER L’INVERNO
Nelle città meridionali, dove i carciofi si trovano
quasi in tutti i mesi dell'anno, è inutile prendersi il disturbo di seccarli,
tanto più che tra il carciofo fresco e il secco la differenza è grande; ma
fanno comodo in que' paesi dove, passata la stagione, più non si trovano.
Preparateli nel colmo della raccolta quando costano
poco; però vanno scelti di buona qualità e giusti di maturazione. Levate loro
tutte le foglie coriacee, spuntateli, mondate un buon tratto del loro gambo e
tagliateli in quattro spicchi recidendone il pelo, se qualcuno l'avesse. Via
via che li tagliate gettateli nell'acqua fresca acidulata con aceto o limone
onde non diventino neri e per lo stesso motivo metteteli al fuoco in un vaso di
terra contenente acqua bollente alla quale sarà bene dare odore con un mazzetto
di erbe aromatiche, come pepolino, basilico, foglie di sedano e simili. Dieci
minuti di bollitura, ed anche soli cinque se sono teneri, saranno sufficienti
per cuocerli a metà. Scolateli e metteteli in un graticcio ad asciugare al
sole; poi infilateli e finite di seccarli all'ombra in luogo ventilato.
Possibilmente non teneteli tanto al sole onde non prendano odore di
fieno.
Quando si adoperano per fritto o per contorno agli
umidi, si rammolliscono nell'acqua bollente.
424. PISELLI ALLA FRANCESE I
Questa che vi do è la dose per un litro di piselli
freschi.
Prendete due cipolle novelline, tagliatele a metà per
la loro lunghezza, richiudetele con alcuni gambi di prezzemolo in mezzo e
legatele. Ciò fatto, mettetele al fuoco con grammi 30 di burro e rosolate che
sieno, versate sulle medesime un buon ramaiuolo di brodo.
Fate bollire e quando le cipolle saranno spappolate,
passatele, spremendole, insieme col sugo che rimetterete al fuoco coi piselli e
con due grumoli interi di lattuga. Conditeli con sale e pepe e fateli bollire
adagio. A mezza cottura aggiungete altri grammi 30 di burro
intriso in una cucchiaiata non colma di farina e versate brodo, se occorre.
Prima di mandarli in tavola legateli con due rossi d'uovo sciolti in un po' di
brodo. In questo modo riescono assai delicati.
425. PISELLI ALLA FRANCESE II
Questa ricetta è più semplice e più sbrigativa della
precedente, ma non è però così fine. Trinciate alquanta cipolla a fette
sottilissime e mettetela al fuoco in una cazzaruola con un pezzo di burro.
Quando sarà bene rosolata versate un pizzico di farina, mescolate, e dopo
aggiungete, a seconda della quantità, un ramaiuolo o due di brodo e lasciate
cuocere la farina. Versate i piselli, conditeli con sale e pepe e, a mezza
cottura, aggiungete un grumolo o due interi di lattuga. Fate bollire adagio
badando che il sugo non riesca troppo denso.
Alcuni indolciscono i piselli con un cucchiaino di
zucchero; ma in questo caso mettetene poco, perché il dolce deve sembrar
naturale e non messo ad arte.
Quando li servite levate la lattuga.