ARTUSI LIBRO 10

 

 

684. SFORMATO DI SAVOIARDI CON LO ZABAIONE

 

Savoiardi, grammi 100.

Uva malaga, grammi 70.

Detta sultanina, grammi 50.

Cedro candito, grammi 30.

Marsala, quanto basta.

 

All'uva malaga togliete i semi. Il cedro candito tagliatelo a pezzettini. Prendete uno stampo col buco in mezzo ed ungetelo col burro diaccio, poi intingete leggermente e solo alla superficie i savoiardi nella marsala e con questi riempite lo stampo intramezzandoli a suoli con le uve e il candito.

Fate una crema con:

 

Latte, decilitri 2.

Uova intere, n. 2.

Zucchero, grammi 50.

Odore di vainiglia.

 

Così cruda versatela nello stampo sopra i savoiardi. Cuocetelo a bagno-maria, sformatelo caldo e, prima di mandarlo in tavola, riempite traboccante il buco con uno zabaione, che lo investa tutto, composto di

 

Uova intere, n. 2.

Marsala, decilitri 1 1/2.

Zucchero, grammi 50.

 

Il composto dello zabaione montatelo colla frusta in una bacinella sopra al fuoco. Alle uve potete sostituire frutte giulebbate, oppure un misto delle une e delle altre, come pure un misto di cedro e di arancio candito. Potrà bastare per sei persone. È un dolce che piace.

 

 

685. CREMA

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 200.

Rossi d'uovo, n. 8.

Odore di vainiglia.

 

Lavorate prima i rossi d'uovo collo zucchero e poi versate il latte a poco per volta. Per sollecitarne la cottura potete mettere il composto a fuoco ardente, ma appena lo vedrete fumare rallentate il calore onde non avesse a impazzire. Se questo avviene passate la crema per istaccio. La cottura si conosce quando la crema si attacca al mestolo, il quale va mosso continuamente all'ingiro. L'odore dateglielo poco prima di levarla dal fuoco.

Questa crema, senza farina od amido, nella proporzione suddetta, si presta mirabilmente per gelati di crema, tantoché sentirete un gelato che difficilmente troverete ai caffè. Può servire anche per una zuppa inglese liquida, unendovi, quando è diaccia, delle fette di pari di Spagna o dei savoiardi leggermente bagnati nel rosolio; ma se volete renderla ancor più grata, aggiungete pezzettini di candito tagliati sottilissimi.

 

 

686. LE TAZZINE

 

È un dolce molto delicato che si serve, come tutti gli altri dolci, verso la fine di un pranzo in tazze più piccole di quelle da caffè; una per persona, e perciò chiamasi Le tazzine. Dose per dieci persone:

 

Zucchero, grammi 300.

Mandorle dolci, grammi 60.

Rossi d'uovo, n. 10.

Acqua, decilitri 1.

Odore di acqua di fior d'arancio.

Cannella in polvere, quanto basta.

 

Le mandorle sbucciatele, tostatele a color nocciuola, pestatele finissime e lasciatele da parte.

Fate bollire lo zucchero con l'acqua suddetta per un minuto o due, non dovendo prender colore, e dopo, quando sarà tiepido, cominciate a buttarci i rossi d'uovo, uno o due alla volta e, sopra a un calore moderatissimo, lavoratelo continuamente girando il mestolo sempre per un verso. Quando il composto si sarà alquanto condensato da non esservi più pericolo che impazzisca, potete allora, onde rigonfi meglio, batterlo con la frusta dal basso in alto fino a tanto che i rossi non abbiano perduto il colore acceso e preso l'aspetto di una densa crema.

Allora dategli l'odore ed uniteci le mandorle mescolando bene. Poi versatelo nelle tazzine e sulla superficie di ognuna, nel mezzo, poneteci una presa della detta cannella, la quale, mescolata al dolce da chi deve mangiarlo, acquisterà più profumo.

È un dolce che preparato anche qualche giorno avanti non soffre. Con le chiare, piacendovi, potete fare il Budino nero nelle proporzioni di quello descritto al n. 665, oppure il Dolce di chiare d'uovo n. 633.

 

 

687. PALLOTTOLE DI MANDORLE

 

Mandorle dolci, grammi 140.

Zucchero a velo, grammi 140.

Cioccolata grattata o in polvere, circa grammi 40.

Rosolio Maraschino, cucchiaiate n. 4.

 

Le mandorle sbucciatele, asciugatele al sole o al fuoco e pestatele finissime con due cucchiaiate del detto zucchero. Dal mortaio versatele in un vaso, aggiungete lo zucchero rimasto ed impastate il composto col detto rosolio.

Distesa poi la cioccolata sulla spianatoia formate col suddetto composto tante pallottole grosse poco più delle nocciole, di cui ne otterrete oltre a 30; involtatele sulla cioccolata onde ne restino ben coperte, e potrete serbarle per molto tempo.

 

 

688. CREMA ALLA FRANCESE

 

Eravamo nella stagione in cui i cefali delle Valli di Comacchio sono ottimi in gratella, col succo di melagrana, e nella quale i variopinti e canori augelli, come direbbe un poeta, cacciati dai primi freddi attraversano le nostre campagne in cerca di clima più mite, ed innocenti quali sono, povere bestioline, si lasciano cogliere alle tante insidie e infilare nello spiede:

 

... e io sol uno

M'apparecchiava a sostener la guerra

Sì del cammino e sì de la pietate,

Che ritrarrà la mente che non erra.

 

La guerra del cammino, percorrendo 200 chilometri per andare a villeggiare da un amico sopra un colle amenissimo; e la pietate per quei graziosi animalini perché sentivo una stretta al cuore, ogni volta che dal casotto del paretaio li vedevo insaccarsi nelle maglie traditrici delle sue reti. Ma poi, non appartenendo io alla setta de' pitagorici e avendo la ferma convinzione che al male, quando non ha riparo, per amore o per forza bisogna acconciarvisi e, se è possibile, trarne profitto, procurai di cattivarmi la benevolenza del cuoco insegnandogli a cucinar con più garbo ch'ei non faceva la cacciagione, e di condirla e cuocerla in modo da renderla più grata al gusto; ed egli in contraccambio di ciò e di qualche altro precetto di culinaria, fece in presenza mia questo e i seguenti due piatti dolci che vi descrivo.

La cacciagione e la selvaggina in genere, se mai non lo sapeste, è un alimento aromatico, nutritivo e leggermente eccitante; so di un medico di bella fama il cui cuoco ha ordine di preferirla a qualunque altra carne, quando la può trovare; e in quanto ai cefali vi dirò che quando io ero nella bella età in cui si digeriscono anche i chiodi, la serva ci portava questo pesce in tavola con un contorno di cipolle bianche tagliate in due, arrostite in gratella ed anch'esse condite con olio, sale, pepe e succo di melagrana.

La mangia, ossia la stagione dei muggini delle valli di Comacchio, è dall'ottobre a tutto febbraio. A proposito di questo luogo di pesca qui viene in acconcio di aggiungere (come cosa meravigliosa e degna a sapersi) che la pesca nelle valli comacchiesi, a tutto il 1° novembre 1905, diede quell'anno i seguenti risultati:

 

Anguille                  Kg 487,653

Cefali                      Kg. 59,451

Acquadelle             Kg. 105,580

 

Dopo l'esordio la predica, per dirvi come sia composta questa così detta Crema alla francese:

 

Latte, mezzo litro.

Zucchero, grammi 150.

Uova, uno intero e rossi n. 4.

Colla di pesce, fogli n. 2.

Odore di vainiglia o di scorza di limone.

 

Mescolate bene insieme lo zucchero colle uova, aggiungete il latte a poco per volta e per ultimo la colla in natura. Ponete la cazzaruola al fuoco, girando continuamente il mestolo sempre da una parte e quando la crema comincia a condensare, attaccandosi al mestolo, levatela. Prendete uno stampo liscio, col buco in mezzo, tale che la quantità della crema possa riempirlo, ungetelo col burro oppure col rosolio, in modo che ne resti in fondo un sottile strato e versatela nel medesimo. D'estate ponete lo stampo nel ghiaccio e d'inverno nell'acqua fresca e sformatela sopra a un tovagliuolo ripiegato sul vassoio.

Se non vi fidate troppo del latte, dategli una bollitura almeno di un quarto d'ora prima di far la crema, oppure aumentate un foglio di colla.

 

 

689. CREMA MONTATA

 

Rossi d'uovo, n. 6.

Zucchero in polvere, grammi 70.

Colla di pesce, grammi 15, pari a fogli 6 o 7.

Acqua, tre quarti di un bicchiere da tavola.

Odore, tre foglie di lauro ceraso intere od altro che più vi piaccia.

 

Sbattete in una cazzaruola i rossi d'uovo e lo zucchero, aggiungete l'acqua e le dette foglie e mettetela al fuoco girando il mestolo, finché sia cotta, la qual cosa, come vi ho già detto, si conosce dal condensarsi e attaccarsi al mestolo. Allora versatela in una catinella e così calda battetela forte con la frusta finché abbia montato; levate le foglie e continuando sempre a batterla, aggiungete, quando sarà montata, la colla di pesce a poco per volta. Prendete uno stampo lavorato, ungetelo d'olio, circondatelo di ghiaccio e versatevi la crema montata, fra mezzo la quale, se vi pare, potete mettere savoiardi intinti nel rosolio o spalmati di conserva di frutta. Lasciatela nel ghiaccio più di un'ora, e se non vuole sformarsi naturalmente, passate intorno allo stampo un cencio bagnato nell'acqua calda.

La colla di pesce si prepara avanti così: si mette prima in molle, poi al fuoco con due dita di un bicchier d'acqua, si fa bollire finché l'acqua, evaporando in parte, si formi un liquido alquanto denso, che appiccichi fra le dita, e così bollente si versa nella crema alla quale si può dare il gusto dell'alkermes, del caffè o della cioccolata.

Questa dose potrà bastare per cinque o sei persone.

 

 

690. CROCCANTE A BAGNO-MARIA

 

Zucchero, grammi 150.

Mandorle dolci, grammi 85.

Rossi d'uovo, n. 5.

Latte, decilitri 4.

 

Sbucciate le mandorle e con la lunetta riducetele della grossezza dei chicchi di grano all'incirca. Mettete al fuoco grammi 110 del detto zucchero e quando sarà tutto liquefatto, versate le mandorle e muovetele continuamente col mestolo finché abbiano preso il color cannella. Gettatele allora in una teglia unta col burro e, quando saranno diacce, pestatele nel mortaio coi rimanenti grammi 40 di zucchero e riducetele finissime.

Aggiungete i rossi d'uovo e poi il latte, mescolate bene e versate il composto in uno stampo col buco in mezzo, che avrete prima unto col burro. Cuocetelo a bagnomaria e dopo, se d'estate, tenete lo stampo nel ghiaccio. Se doveste servir questo dolce a più di sei persone raddoppiate la dose, e se non vi fidate troppo del latte, fatelo bollire prima da solo per un quarto d'ora almeno.

 

 

691. UOVA DI NEVE

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 150.

Uova, n. 6.

Zucchero a velo, quanto basta.

Odore di vainiglia.

 

Mettete il latte al fuoco in una cazzaruola larga e mentre questo scalda, battete con la frusta le chiare che avrete già separate dai torli; ma gettate nelle medesime una presa di sale se è vero che serva a rafforzare la consistenza. Quando le chiare saranno ben montate, prendete il bossolo traforato ove ordinariamente si tiene lo zucchero a velo e, continuando sempre a batterle, gettatene tanto da renderle alquanto dolci. Grammi 20 o 30 di zucchero a velo potranno bastare, ma è meglio assaggiarle. Ciò fatto prendete su la fiocca con un cucchiaio da tavola, e dandole la forma approssimativa di un uovo, gettatela nel latte quando bolle. Voltate queste così dette uova per cuocerle da tutte le parti e quando le vedrete assodate, prendetele colla mestola forata e mettetele a sgrondare in uno staccio. Passate quindi quel latte e, quando sarà diaccio, fate col medesimo, coi rossi e collo zucchero una crema come quella del n. 685, dandole l'odore di vainiglia. Disponete in un vassoio le uova di neve in bella mostra, le une sulle altre, versateci sopra la crema e servitele fredde.

Questa dose può bastare per otto o dieci persone.

 

 

692. LATTE BRÛLÉ

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 180.

Rossi d'uovo, n. 8 e due chiare.

 

Mettete al fuoco il latte con 100 grammi del detto zucchero e fatelo bollire per un'ora intera, poi ritiratelo dal fuoco perché diacci. Sciogliete in una cazzaruola a parte gli 80 grammi di zucchero che resta e quando sarà ben liquefatto versatene in uno stampo liscio tanto che ne ricuopra il fondo come di un velo; quello che rimane nella cazzaruola continuate a tenerlo al fuoco finché sia diventato nero. Allora fermatelo con un ramaiolino d'acqua e lo sentirete stridere aggrumandosi; ma continuate a tenerlo al fuoco girando il mestolo per ottenere un liquido denso e scuro. Mettetelo da parte e frullate in un pentolo le dette uova, poi mescolate ogni cosa insieme, cioè: il latte, le uova e lo zucchero bruciato. Assaggiatelo se è dolce a sufficienza, passatelo da un colatoio di latta non tanto fitto e versatelo nello stampo già preparato. Cuocetelo a bagno-maria con fuoco sopra e quando la superficie comincia a colorarsi ponete sotto al coperchio un foglio unto col burro. Per accertarsi della cottura, immergete uno steccolino di granata e se questo esce pulito ed asciutto sarà segno che va tolto dal fuoco. Lasciatelo diacciar bene e prima di versarlo nel vassoio, con tovagliuolo o senza, distaccatelo giro giro con un coltello sottile. In estate, prima di sformarlo, potete gelarlo col ghiaccio. Lo stampo da preferirsi è di forma ovale e sarebbe bene che avesse un orlo all'ingiro largo un dito, onde non vi schizzasse l'acqua dentro quando bolle,

Questa dose potrà bastare per dieci persone.

 

 

693. LATTE ALLA PORTOGHESE

 

È del tutto simile all'antecedente, meno lo zucchero bruciato. Dunque anche per questo:

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 100.

Rossi d'uovo, n. 8 e due chiare.

Odore di vainiglia, o di coriandoli, o di caffè, che sono quelli che più si addicono.

 

Se preferite quest'ultimo, macinate diversi chicchi di caffè tostato; se aggradite l'odore de' coriandoli, che è grato quanto quello di vainiglia, soppestatene un pizzico e, tanto l'uno che gli altri, metteteli a bollire nel latte che poi passerete. Se il latte non è di molta sostanza, fatelo bollire anche un'ora e un quarto.

Non dimenticate mai il velo di zucchero fuso in fondo allo stampo.

 

 

694. LATTERUOLO

 

È un dolce molto delicato che in qualche luogo di Romagna, e forse anche altrove in Italia, i contadini portano in regalo al padrone per la festa del Corpus Domini.

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 100.

Rossi d'uovo, n. 8.

Chiare d'uovo, n. 2.

Odore di vainiglia o di coriandoli.

 

Fate bollire il latte con lo zucchero per un'ora ed anche un'ora e un quarto se non siete ben sicuri della sua legittimità. Se per odore vi servite dei coriandoli, adoperateli come è indicato nel numero precedente. Al latte rompete di quando in quando la tela col mestolo, passatelo da un colino per più precauzione, e quando sarà diaccio, mescolatelo bene alle uova frullate.

Preparate una teglia foderata di pasta matta n. 153, disponetela come nel migliaccio di Romagna n. 702, versateci il composto, cuocetelo con fuoco sotto e sopra a moderato calore e perché non ròsoli al disopra, copritelo di carta unta col burro. Aspettate che sia ben diacciato per tagliarlo a mandorle colla sfoglia sotto come il detto migliaccio.

 

 

695. LATTERUOLO SEMPLICE

 

Questo è un latteruolo meno delicato del precedente, ma è indicatissimo come piatto dolce da famiglia e come eccellente nutrimento, in ispecie per i bambini.

 

Latte, un litro.

Zucchero in polvere, grammi 100.

Uova, n. 6.

odore di scorza di limone.

 

La fragranza degli agrumi, essendo il prodotto di un olio volatile racchiuso in cellule superficiali, basterà di tagliare col temperino un nastro sottilissimo della loro buccia, lungo almeno un palmo, e farlo bollire nel liquido che vorrete aromatizzare.

Dalla superficie di un limone levate col temperino una striscia di scorza di una certa lunghezza e mettetela nel latte, che farete bollire per mezz'ora collo zucchero dentro. Quando sarà diaccio levate la scorza di limone e mescolateci le uova frullate. Cuocetelo come il precedente o, se credete meglio, senza la pasta sotto; ma in tal caso, onde non si attacchi al fondo della teglia, ungetela abbondantemente col burro freddo.

 

 

696. MELE IN GELATINA

 

Prendete mele reinettes o di altra qualità fine, non tanto mature e grosse. Levatene il torsolo col cannello di latta, sbucciatele e via via gettatele nell'acqua fresca ove sia stato spremuto mezzo limone. Se tutte insieme fossero un quantitativo di grammi 650 a 700, mettete a disfare al fuoco grammi 120 di zucchero in mezzo litro d'acqua unita a una cucchiaiata di kirsch e versatela sopra le mele che avrete collocate avanti in una cazzaruola tutte a un pari. Cuocetele in modo che restino intere, poi levatele asciutte, ponetele in una fruttiera, e quando saranno diacce riempite e colmate i buchi lasciati dal torsolo con della Gelatina di ribes n. 739 che, essendo rossa, spicca sul bianco delle mele e fa belluria. Restringete al fuoco il liquido rimasto nella cazzaruola per ridurlo a siroppo, indi passatelo da un pannolino bagnato, aggiungete al medesimo un'altra cucchiaiata di kirsch e versatelo attorno alle mele preparate nel modo anzidetto, che servirete diacce.

Se non avete kirsch, servitevi di rosolio e se vi manca la gelatina di ribes supplite colle conserve.

 

 

697. PESCHE RIPIENE

 

Pesche spicche grosse, poco mature, n. 6.

Savoiardi piccoli, n. 4.

Zucchero in polvere, grammi 80.

Mandorle dolci con tre mandorle di pesca, grammi 50.

Cedro o arancio candito, grammi 10.

Mezzo bicchiere scarso di vino bianco buono.

 

Dividete le pesche in due parti, levate i noccioli ingrandendo alquanto i buchi ove stavano colla punta di un coltello; la polpa che levate unitela alle mandorle, già sbucciate, le quali pesterete finissime in un mortaio con grammi 50 del detto zucchero. A questo composto unite i savoiardi fatti in bricioli, e per ultimo il candito tagliato a piccolissimi dadi. Eccovi il ripieno col quale riempirete e colmerete i buchi delle dodici mezze pesche che poi collocherete pari pari e col ripieno all'insù in una teglia di rame. Versate nella medesima il vino e i rimanenti grammi 30 di zucchero e cuocetele fra due fuochi per servirle calde o diacce a piacere e col loro sugo all'intorno. Se vengono bene devono far bella mostra di sé sul vassoio, e per una crosticina screpolata formatasi alla superficie del ripieno, prenderanno aspetto di pasticcini.

 

 

698. FRITTATA A SGONFIOTTO OSSIA MONTATA

 

È l’omelette soufflée de' Francesi che può servire come piatto dolce di ripiego, se non v'è di meglio, e quando rimangono chiare d'uovo.

 

Zucchero in polvere, grammi 100.

Rossi d'uovo, n. 3.

Chiare, n. 6.

Odore della scorza di limone.

 

Sbattete prima per diversi minuti i rossi collo zucchero, poi montate le chiare ben sode ed unite le une e gli altri insieme mescolando adagino. Ungete un vassoio che regga al fuoco con burro diaccio, versate nel medesimo il composto in modo che vi faccia la colma e ponetelo subito nel forno da campagna tenuto pronto ben caldo. Dopo cinque minuti che è nel forno fategli alcune incisioni col coltello e spolverizzatelo di zucchero a velo, quindi terminate di cuocerlo, al che si richiederanno dieci o dodici minuti in tutto. Badate che non bruci alla superficie e mandatela subito in tavola. Perché gonfi meglio, alcuni aggiungono un poco d'agro di limone nel composto.

 

 

699. GNOCCHI DI LATTE

 

Dose per sei persone.

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 240.

Amido ridotto in polvere, grammi 120.

Rossi d'uovo, n. 8.

Odore di vainiglia.

 

Mescolate il tutto nel modo stesso che fareste per una crema e mettetelo al fuoco in una cazzaruola, girando continuamente il mestolo. Quando il composto sarà divenuto sodo, tenetelo ancora qualche minuto al fuoco e poi versatelo in una teglia o in un piatto all'altezza di un dito e mezzo e tagliatelo a mandorle quando sarà diacciato. Disponete questi tagliuoli uno sopra l'altro con simmetria su di un vassoio di rame o di porcellana che regga al fuoco, intramezzandoli con alcuni pezzetti di burro, e rosolateli alquanto nel forno da campagna per servirli caldi.

 

 

700. CIARLOTTA

 

Fate una crema con:

 

Latte, decilitri 2.

Zucchero, grammi 30.

Farina, mezza cucchiaiata.

Uova, n. 1.

Odore di scorza di limone.

 

Fate un siroppo con:

 

Acqua, decilitri 2.

Zucchero, grammi 50,

 

lasciando bollire lo zucchero nell'acqua per dieci minuti; quando è diaccio strizzategli dentro un limone. Prendete grammi 300 di pan di Spagna e col medesimo, tagliato a fette, con conserve di frutta e con la detta crema, riempite uno stampo da budino ben lavorato. Per ultimo versateci dentro il detto siroppo per inzuppare il pan di Spagna, o savoiardi che sieno, e dopo diverse ore sformatelo e servitelo.

È una dose che potrà bastare per otto persone.

 

 

701. CIARLOTTA DI MELE

 

Mele reinettes, grammi 500.

Zucchero in polvere, grammi 125.

Midolla di pane raffermo, quanto basta.

Burro fresco di buona qualità, quanto basta.

Un pezzetto di cannella intera.

Mezzo limone.

 

Si preferiscono le mele reinettes perché morbide ed odorose; in mancanza di queste, servitevi di altra qualità consimile. Se questa marmellata si dovesse conservar lungo tempo, ci vorrebbe il doppio di zucchero; ma trattandosi di adoperarla subito, un quarto del peso delle mele in natura è a sufficienza.

Sbucciate le mele, tagliatele a quarti, levate i semi e le logge che li contengono e gettatele in acqua fresca dove sia stato spremuto il limone. Levate quindi questi quarti di mela asciutti, e tagliateli per traverso a fette sottili, che porrete al fuoco in una cazzaruola, senz'acqua e col pezzetto di cannella. Quando cominciano a liquefarsi, aggiungete lo zucchero e mescolate, muovendole spesso finché non sieno cotte, il che si conosce facilmente. Allora levate la cannella e servitevene come appresso.

Disfate al fuoco il burro e quando è a bollore, cioè ben caldo, intingetevi tante fette di midolla di pane quante occorrono, grosse meno di un centimetro, le quali avrete preparate innanzi. Con esse coprite il fondo di uno stampo liscio e tondo e foderatene le pareti, in modo che non restino vuoti. Versate nel mezzo la marmellata e copritela delle stesse fette di pane intinte nel burro. Cuocetela come i budini, con fuoco sopra, avvertendo che per la cottura basta di rosolare appena il pane, e servitela calda.

È un dolce che si può complicare e variare quanto si vuole. Si può, ad esempio, fare un buco in mezzo alla marmellata e riempirlo di conserva di albicocche, si può intramezzare la marmellata con altre conserve od anche disporla a suoli con le stesse fette di pane.

Si potrebbe anche incassarla nella pasta frolla.

 

 

702. MIGLIACCIO DI ROMAGNA

 

Se il maiale volasse

Non ci saria danar che lo pagasse,

 

diceva un tale; e un altro: “Il maiale, colle sue carni e colle manipolazioni a cui queste si prestano, vi fa sentire tanti sapori diversi quanti giorni sono nell'anno”. Al lettore il decidere quale dei due sproloqui sia il più esatto: a me basta darvi un cenno delle così dette nozze del maiale, perché anche questo immondo animale fa ridere, ma solo, come l'avaro, il giorno della sua morte.

In Romagna le famiglie benestanti e i contadini lo macellano in casa, circostanza in cui si sciala più dell'usato e i ragazzi fanno baldoria. Questa è anche l'occasione opportuna per ricordarsi agli amici, a' parenti, alle persone colle quali si abbia qualche dovere da compiere, imperocché ad uno, per esempio, si mandano tre o quattro braciuole della lombata, ad un altro un'ala di fegato, ad un terzo un piatto di buon migliaccio; e la famiglia che queste cose riceve, si rammenta di fare, alla sua volta, altrettanto. “È pane da rendere e farina da imprestare”, direte voi; ma frattanto son usi che servono a tener deste le conoscenze e le amicizie fra le famiglie.

Dopo tale preambolo, venendo a nocco, ecco la ricetta del migliaccio di Romagna il quale, per la sua nobiltà, non degnerebbe di riconoscere neppur per prossimo quello di farina dolce che girondola per le strade di Firenze:

 

Latte, decilitri 7.

Sangue di maiale disfatto, grammi 330.

Sapa, oppure miele sopraffine, grammi 200.

Mandorle dolci sbucciate, grammi 100.

Zucchero, grammi 100.

Pangrattato finissimo, grammi 80.

Candito, grammi 50.

Burro, grammi 50.

Spezie fini, due cucchiaini.

Cioccolata, grammi 100.

Noce moscata, un cucchiaino.

Una striscia di scorza di limone.

 

Pestate in un mortaio le mandorle insieme col candito, che avrete prima tagliato a pezzetti, bagnatele di tanto in tanto con qualche cucchiaino di latte e passatele per istaccio. Ponete il latte al fuoco con la buccia di limone, che poi va levata, e fatelo bollire per dieci minuti; uniteci la cioccolata grattata, e quando questa sarà sciolta, levatelo dal fuoco e lasciatelo freddare un poco.

Poi versate nello stesso vaso il sangue, già passato per istaccio, e tutti gli altri ingredienti serbando per ultimo il pangrattato, del quale, se fosse troppo, si può lasciare addietro una parte.

Mettete il composto a cuocere a bagno-marla e rimuovetelo spesso col mestolo onde non si attacchi al vaso. La cottura e il grado di densità che fa d'uopo, si conoscono dal mestolo che, lasciato in mezzo al composto, deve rimanere ritto. Se ciò non avviene, aggiungete il resto del pangrattato, supposto non l'abbiate versato tutto. Pel resto regolatevi come alla Torta di ricotta n. 639, cioè versatelo in una teglia foderata di Pasta matta n. 153 e, quando sarà ben diaccio, tagliatelo a mandorle. Cuocete poco la pasta matta per poterla tagliar facilmente e non lasciate risecchire il migliaccio al fuoco, ma levatelo quando si estrae pulito un fuscello di granata immersovi.

Se vi servite del miele invece della sapa, assaggiate avanti di aggiungere lo zucchero onde non riesca troppo dolce, e notate che uno de' pregi di questo piatto è che sia mantecato, cioè di composizione ben fine.

Il timore di non essere inteso da tutti, nella descrizione di queste pietanze, mi fa scendere spesso a troppo minuti particolari, che risparmierei volentieri.

Nonostante pare che ciò non basti perché una cuoca di un paese di Romagna mi scrisse: “Ho fatto ai miei padroni il migliaccio che sta stampato nel suo pregiatissimo Manuale di cucina; è piaciuto assai, solo che le mandorle col candito non ho saputo come farle passare per lo staccio: avrebbe la bontà d'indicarmelo?”.

Grato alla domanda io le risposi: “Non so se sappiate che si trovano, per uso di cucina, degli stacci appositi di crine, forti e radi, e di fil di ferro finissimo. Con questi, un buon mortaio e olio di schiena si possono passare anche le cose più difficili”.

 

 

703. SOUFFLET DI CIOCCOLATA

 

Zucchero, grammi 120.

Farina di patate, grammi 80.

Cioccolata, grammi 80.

Burro, grammi 30.

Latte, decilitri 4.

Uova, n. 3.

Rhum, una cucchiaiata.

 

Mettete il burro al fuoco e quando è sciolto versate la cioccolata grattata; liquefatta che sia anche questa, versate la farina di patate e poi il latte caldo a poco per volta e, rimestando sempre con forza, aggiungete lo zucchero. Immedesimato che sia il composto e cotta la farina lasciatelo diacciare. Per ultimo aggiungete il rhum e le uova, prima i rossi, poi le chiare montate; e se queste fossero più di tre, il dolce verrebbe anche meglio.

Ungete di burro un vassoio che regga al fuoco, versateci il composto, ponetelo nel forno da campagna o semplicemente sopra un fornello tra due fuochi, e quando sarà rigonfiato servitelo caldo.

È una dose sufficiente per sei persone.

 

 

704. SOUFFLET DI LUISETTA

 

Provatelo che ne vale la pena, anzi vi dirò che sarà giudicato squisito.

 

Latte, mezzo litro.

Zucchero, grammi 80.

Farina, grammi 70.

Burro, grammi 50.

Mandorle dolci, grammi 30.

Uova, n. 3.

Odore di zucchero vanigliato.

 

Sbucciate le mandorle, asciugatele e pestatele fini fini con una cucchiaiata del detto zucchero.

Fate una balsamella col burro, la farina e il latte versato caldo. Prima di levarla dal fuoco aggiungete le mandorle, lo zucchero e l'odore. Diaccia che sia uniteci le uova, prima i rossi e poi le chiare montate. Ungete col burro un vassoio che regga al fuoco, versateci il composto e terminate di cuocerlo al forno da campagna. Potrà bastare per cinque o sei persone.

 

 

705. SOUFFLET DI FARINA DI PATATE

 

Zucchero, grammi 100.

Farina di patate, grammi 80.

Latte, mezzo litro.

Uova, n. 3 e due o tre chiare.

Odore di vainiglia o di scorza di limone.

 

Ponete lo zucchero e la farina in una cazzaruola e versateci il latte diaccio a poco per volta, mescolando. Mettete il composto al fuoco affinché assodi, girando il mestolo, senza curarvi di farlo bollire. Aggiungete la vainiglia, o la scorza di limone, e quando sarà tiepido mescolateci i tre rossi delle uova, poi montate le chiare ed unitecele bel bello. Versatelo in un vassoio di metallo e collocato sopra il fornello, copritelo col coperchio del forno da campagna fra due fuochi e aspettate che gonfi e ròsoli leggermente. Allora spolverizzatelo di zucchero a velo e mandatelo subito in tavola che sarà lodato per la sua delicatezza e, se ne resta, sentirete che è buono anche diaccio. Questa dose potrà bastare per cinque persone.

 

 

706. SOUFFLET DI RISO

 

Riso, grammi 100.

Zucchero, grammi 80.

Latte, decilitri 6.

Uova, n. 3.

Un pezzetto di burro.

Rhum, una cucchiaiata.

Odore di vainiglia.

 

Fate bollire il riso nel latte, ma se non lo cuocete moltissimo non farete niente di buono. A mezza cottura versate il burro e lo zucchero, compreso quello vanigliato per l'odore, e dopo cotto, e diaccio che sia, mescolategli dentro i rossi, il rhum e le chiare montate.

Pel resto regolatevi come pel soufflet di farina di patate. È una dose che potrà bastare per quattro persone.

 

 

707. SOUFFLET DI CASTAGNE

 

Marroni dei più grossi, grammi 150

Zucchero, grammi 90.

Burro, grammi 40.

Uova, n. 5.

Latte, decilitri 2.

Maraschino, cucchiaiate 2.

Odore di vainiglia.

 

Fate bollire i marroni nell'acqua per soli cinque minuti, ché tanti bastano per sgusciarli caldi e per levar loro la pellicola interna. Dopo metteteli a cuocere nel detto latte e passateli, indi dosateli collo zucchero, il burro sciolto, il maraschino e la vainiglia. Per ultimo aggiungete le uova, prima i rossi, poi le chiare ben montate.

Ungete col burro un vassoio che regga al fuoco, versateci il composto, cuocetelo al forno da campagna e prima di mandarlo in tavola spolverizzatelo di zucchero a velo.

Basterà per cinque persone.

 

 

708. ALBICOCCHE IN COMPOSTA

 

Albicocche poco mature, grammi 600.

Zucchero in polvere, grammi 100.

Acqua, un bicchiere.

 

Fate un'incisione nelle albicocche per estrarne il nocciolo, in modo che non si guastino, e mettetele al fuoco coll'acqua suddetta. Quando questa comincia a bollire, versate lo zucchero e scuotendo di tratto in tratto la cazzaruola lasciatele cuocere. Divenute morbide e alquanto grinzose, levatele una per una con un cucchiaio e ponetele in una compostiera; scolate l'umido che hanno portato seco dalla cazzaruola e lasciate restringere al fuoco l'acqua rimastavi, che verserete nella compostiera sopra le albicocche, quando sarà condensata come un siroppo. Servitele diacce.

 

 

709. PERE IN COMPOSTA I

 

Pere, grammi 600.

Zucchero fine in polvere, grammi 120.

Acqua, due bicchieri.

Mezzo limone.

 

Se sono perine lasciatele intere col loro gambo; se sono grosse tagliatele a spicchi: sì le une che le altre via via che le sbucciate gettatele nell'acqua suddetta in cui avrete spremuto il mezzo limone. Questo serve per conservare la bianchezza al frutto. Fatele bollire nella stessa acqua passata dal colino, versate lo zucchero quando entra in bollore e pel resto regolatevi come per le albicocche. Servitele diacce.

 

 

710. PERE IN COMPOSTA II

 

Questo secondo modo di preparare le pere in composta è, per il resultato, poco dissimile alla ricetta del numero precedente, ma sono fatte con più accuratezza.

 

Perine poco mature, grammi 600.

Zucchero, grammi 120.

Acqua, due bicchieri.

Mezzo limone.

 

Spremete il limone nell'acqua e lasciatela da parte.

Mettete le pere al fuoco coperte d'acqua e fatele bollir per quattro o cinque minuti; poi gettatele nell'acqua fresca, sbucciatele, tagliate loro la metà del gambo e via via gettatele nell'acqua preparata col limone. Ciò fatto prendete la stessa acqua, passatela dal colino, mettetela al fuoco e quando entra in bollore versate lo zucchero e fatela bollire alquanto. Poi gettatevi le pere per cuocerle, ma in modo che non si disfacciano. Levatele asciutte, mettetele in una compostiera, fate restringere il siroppo e versatelo sulle pere, facendolo passare un'altra volta dal colino.

Se sono pere molto grosse, tagliatele a spicchi dopo che avranno subito la prima bollitura. Sono pur anche buone cotte, come si usa comunemente nelle famiglie, col vino rosso, lo zucchero e un pezzetto di cannella intera. Servitele diacce.

 

 

711. COMPOSTA DI COTOGNE

 

Sbucciate le mele cotogne e tagliatele a spicchi non tanto grossi ai quali leverete quella parte di mezzo che faceva parte del torsolo. Dato che siano grammi 500, mettetele al fuoco con un bicchiere e mezzo d'acqua e quando avranno bollito a cazzaruola coperta per un quarto d'ora, versate nella medesima grammi 180 di zucchero fine. Appena cotte levatele asciutte e ponetele nel vaso che vorrete mandare in tavola; fate restringere il succo che resta per ridurlo a siroppo, quindi versatelo sopra alle cotogne e servitele diacce.

 

 

712. RISO IN COMPOSTA

 

Se non vi pare che a questo dolce sia proprio il nome di riso in composta chiamatelo, se più vi piace, composta nel riso.

 

Latte, decilitri 7.

Riso, grammi 100.

Zucchero, grammi 50.

Burro, grammi 20.

Sale, una presa.

Odore di scorza di limone.

 

Cuocete il riso in sei decilitri di latte e a mezza cottura versate nel medesimo gl'ingredienti suddetti. Rimuovetelo spesso col mestolo perché si attacca facilmente e quando si sarà ristretto levatelo dal fuoco ed aggiungete il decilitro di latte lasciato addietro. Prendete uno stampo liscio col buco in mezzo, nel quale il composto venga alto due dita almeno, e versategli in fondo e attorno grammi 50 di zucchero sciolto al fuoco, ove gli farete prendere il colore marrone chiaro. Versate il riso in questo stampo e rimettetelo al fuoco a bagno-maria che così assoda ancora e scioglie lo zucchero del fondo. Per sformarlo aspettate che sia diaccio.

Ora bisogna riempire il vuoto che è in mezzo al riso con una composta che può essere di qualunque frutta; ma supponiamo di mele o prugne secche.

Se di mele, preferite le mele rose che sono dure e odorose. Basteranno grammi 200 in natura. Sbucciatele, tagliatele a spicchiettini, togliendo via la parte del torsolo, e gettatele via via nell'acqua fresca ove sia stato spremuto del limone, per mantenerle bianche. Mettete queste mele in una cazzaruola con tant'acqua che le ricopra appena e quando hanno avviato a bollire versate nelle medesime grammi 70 di zucchero e una cucchiaiata di kirsch. Cotte che sieno levatele asciutte e ristringete il liquido rimasto per ridurlo a siroppo nel quale verserete, quando sarà diaccio, un'altra cucchiaiata di kirsch per unirlo alle mele e per riempire con questo il buco del dolce quando lo mandate in tavola.

Se vi servite delle prugne, bastano gr. 120 e gr. 60 di zucchero; ma prima di metterle a bollire tenetele in molle nell'acqua per cinque o sei ore. Pel resto regolatevi come nella cottura delle mele, non dimenticando il kirsch.

Se il dolce dovesse servire per dieci o dodici persone raddoppiate la dose. Si serve diaccio.

 

 

713. PASTICCIO A SORPRESA

 

Latte, un litro.

Farina di riso, grammi 200.

Zucchero, grammi 120.

Burro, grammi 20.

Uova, n. 6.

Sale, una presa.

Odore di vainiglia.

 

Prendete una cazzaruola e nella medesima a poco per volta versate le uova, lo zucchero, la farina e il latte mescolando via via onde non si formino bozzoli: ma del latte lasciatene addietro alquanto per aggiungerlo dopo, se occorre. Mettete la cazzaruola al fuoco e, girando il mestolo continuamente come nella crema, cuocete il composto aggiungendovi, prima di levarlo, il burro, la vainiglia e il sale. Lasciatelo diacciare, e poi versatelo in un piatto di metallo o in un vassoio di terra che regga al fuoco, disposto in modo che faccia la colma.

Copritelo colla pasta frolla n. 589, ricetta B o ricetta C, fategli qualche lavoro per bellezza, doratelo col rosso d'uovo, cuocetelo al forno e servitelo caldo, spolverizzato di zucchero a velo.

 

 

714. GELATINA DI ARANCIO IN GELO

 

Zucchero, grammi 150.

Colla di pesce, grammi 20.

Acqua, decilitri 4.

Alkermes, quattro cucchiaiate.

Rhum, due cucchiaiate.

Un arancio dolce grosso.

Un limone.

 

Mettete la colla in molle e cambiando una volta l'acqua, lasciatevela per un'ora o due.

Fate bollire lo zucchero nella metà dell'acqua suddetta per dieci minuti e passatelo per un pannolino.

Spremete in questo siroppo l'arancio e il limone, passandone il sugo dallo stesso pannolino.

Levate la colla già rinvenuta e fate che alzi il bollore nei due decilitri dell'acqua rimasta e versate anche questa nel detto siroppo. Aggiungete al medesimo l'alkermes e il rhum, mescolate ogni cosa e quando comincia a freddare versatelo nello stampo tenuto nel ghiaccio d'estate e nell'acqua fredda d'inverno.

Gli stampi di questa sorte di dolci sono di rame tutti lavorati a guglie, alcuni col buco in mezzo, altri senza, onde ottenere un bell'effetto in tavola. Per isformarla bene ungete leggermente, prima di versare il composto, lo stampo con olio ed immergetelo poi per un momento nell'acqua calda o strofinatelo con un cencio bollente. La colla di pesce non è nociva; ma ha l'inconveniente di riuscire alquanto pesante allo stomaco.

 

 

715. GELATINA DI FRAGOLE IN GELO

 

Fragole molto rosse e ben mature, grammi 300.

Zucchero, grammi 200.

Colla di pesce, grammi 20.

Acqua, decilitri 3.

Rhum, tre cucchiaiate.

L'agro di un limone.

 

Strizzate le fragole in un pannolino per estrarne tutto il sugo. Fate bollire lo zucchero per dieci minuti in due decilitri della detta acqua e questo siroppo unitelo al sugo delle fragole; aggiungete il limone e tornate a passare il tutto da un pannolino fitto. Alla colla di pesce, dopo averla tenuta in molle come quella del numero precedente, fate spiccare il bollore nel rimanente decilitro d'acqua e versatela così bollente nel predetto miscuglio; aggiungete per ultimo il rhum, mescolate e versate il composto nello stampo per metterlo in gelo.

Questa gelatina sarà molto gradita dalle signore.

 

 

716. GELATINA DI MARASCHE O DI VISCIOLE IN GELO

 

Ciliege marasche o visciole, grammi 400.

Zucchero, grammi 200.

Colla di pesce, grammi 20.

Acqua, decilitri 3.

Rhum, tre cucchiaiate.

Un pezzetto di cannella.

 

Levate il gambo alle ciliege e disfatele colle mani unendovi qualche nocciolo pestato. Lasciatele così qualche ora e poi passatene il sugo da un pannolino, strizzando bene; tenetelo ancora in riposo e poi ripassatelo più volte, magari per carta o per cotone, onde rimanga chiaro. Fate bollir lo zucchero per dieci minuti in due decilitri della detta acqua con la cannella dentro, passate anche questo dal pannolino e mescolatelo al sugo delle ciliege. Aggiungete la colla sciolta nel rimanente decilitro di acqua e per ultimo il rhum, regolandovi come per le precedenti gelatine.

 

 

717. GELATINA DI RIBES IN GELO

 

Ribes, grammi 300.

Zucchero, grammi 130.

Colla di pesce, grammi 20.

Acqua, decilitri 2.

Marsala, quattro cucchiaiate.

Odore di vainiglia.

 

Regolatevi in tutto come nella gelatina di marasche del numero precedente.

Ordinariamente l'odore di vainiglia si dà alle vivande collo zucchero vanigliato; ma in questo e consimili casi meglio è servirsi del baccello naturale di quella pianta, facendone bollire un pezzetto insieme collo zucchero nell'acqua. A vostra norma, se comprate qualcuno di questi baccelli osservate che sieno grassi, cioè non risecchiti, e conservateli ben chiusi framezzo a zucchero biondo a cui comunicheranno il profumo e servirà anch'esso ad aromatizzar qualche piatto.

Questa pianta della famiglia delle orchidee, la quale si arrampica come l'ellera, è originaria delle foreste intertropicali di America. Il polline della vainiglia, essendo vischioso e non potendo perciò esser trasportato dai venti, lo trasportano gl'insetti; la qual cosa, essendo stata conosciuta dall'uomo soltanto nella prima metà del secolo passato, eseguisce egli stesso l'operazione e feconda le piante che si coltivano ne' tepidari; esse avanti il 1837, anno in cui si ottennero i primi frutti nel Belgio, erano infruttifere.

 

 

718. GELATINA DI LAMPONE IN GELO

 

Se avete del siroppo di lampone n. 723 potete fare, all'occorrenza, una buona gelatina da servire per dolce in un pranzo. Sciogliete grammi 20 di colla di pesce al fuoco in tre decilitri d'acqua e mescolate in essa:

 

Siroppo, decilitri 2.

Marsala, decilitri l.

Rhum, una cucchiaiata.

 

Zucchero non occorre o, se mai, pochissimo, essendo molto dolce il siroppo. Pel resto regolatevi come nelle antecedenti gelatine. Se invece del siroppo la fate col lampone in natura servitevi delle dosi della gelatina di fragole n. 715, e tenete la stessa regola.

 

 

719. UN UOVO PER UN BAMBINO

 

Non sapete come quietare un bambino che piange perché vorrebbe qualche leccornia per colazione? Se avete un uovo fresco sbattetene bene il torlo in una tazza in forma di ciotola con due o tre cucchiaini di zucchero in polvere, poi montate soda la chiara ed unitela mescolando in modo che non ismonti. Mettete la tazza avanti al bambino con fettine di pane da intingere, colle quali si farà i baffi gialli e lo vedrete contentissimo.

E magari i pasti dei bambini fossero tutti innocui come questo, ché per certo ci sarebbero allora meno isterici e convulsionari nel mondo! Voglio dire degli alimenti che urtano i nervi, come il caffè, il the, il vino, e di altri prodotti, fra cui il tabacco, i quali, per solito, più presto che non converrebbe, entrano a far parte nel regime della vita domestica.

 

 

720. BUDINO DI PANE E CIOCCOLATA

 

È un budino da famiglia; non vi aspettate quindi di sentire cosa squisita.

 

Pane comune fine, grammi 100.

Zucchero, grammi 70.

Cioccolata, grammi 40.

Burro, grammi 20.

Latte, decilitri 4.

Uova, n. 3.

 

Versate il latte bollente sopra il pane tagliato a fette sottili. Dopo due ore circa d'infusione passatelo dallo staccio per renderlo tutto unito; poi mettetelo al fuoco collo zucchero, il burro e la cioccolata grattata. Rimestate il composto spesso, fatelo bollire alquanto e lasciatelo diacciare. Aggiungete allora le uova, mettendo prima i rossi e quindi le chiare montate; cuocetelo a bagnomaria in uno stampo liscio unto col burro e servitelo freddo. Per dargli più bell'aspetto non sarebbe male di coprirlo, dopo sformato, con una crema.

Questa dose potrà bastare per cinque persone.

 

 

721. MELE ALL’INGLESE

 

Questo piatto potreste anche chiamarlo pasticcio di mele, ché il nome non sarebbe improprio.

Prendete mele rose o di altra qualità duràcine, levate loro il torsolo con un cannello di latta, sbucciatele e tagliatele a fette rotonde e sottili. Poi mettetele al fuoco con l'acqua sufficiente a cuocerle e un pezzetto di cannella. Quando saranno a mezza cottura versate tanto zucchero da renderle dolci e un poco di candito a pezzettini.

Prendete un piatto di rame od un vassoio di porcellana che regga al fuoco, versatele nel medesimo, copritele con pasta frolla, mettetele in forno o nel forno da campagna, e servitele calde per dolce.

 

 

722. ZABAIONE

 

Rossi d'uovo, n. 3.

Zucchero in polvere, grammi 30.

 

Vino di Cipro, di Marsala, o di Madera, decilitri 1½ pari a nove cucchiaiate circa. Doppia dose potrà bastare per otto persone. Se lo desiderate più spiritoso aggiungete una cucchiaiata di rhum; anche un cucchiaino di cannella in polvere non ci sta male. Lavorate prima con un mestolo i rossi d'uovo collo zucchero finché sieno divenuti quasi bianchi, aggiungete il liquido, mescolate, ponetelo sopra un fuoco ardente frullandolo continuamente e guardandovi dal farlo bollire perché impazzirebbe; levatelo appena comincia ad alzare.

Meglio, io credo, sia il servirsi della cioccolatiera.

 

 

 

SIROPPI

 

 

 

I siroppi di frutta acidule, sciolti nell'acqua fresca o gelata, sono bibite piacevoli e refrigeranti, molto opportune negli estivi ardori; ma è bene farne uso dopo compiuta la digestione perché, essendo alquanto pesanti allo stomaco pel molto zucchero che contengono, facilmente la disturbano.

 

 

723. SIROPPO DI LAMPONE

 

La delicata fragranza di questo frutto (il framboise dei Francesi) lo costituisce il re dei siroppi. Dopo avere disfatto bene il frutto colle mani, si opera nella stessa guisa del n. 725 colle stesse proporzioni di zucchero e d'acido citrico; se non che, contenendo questo frutto meno glutine del ribes, il periodo della fermentazione sarà più breve. Se poi mi domandaste perché questi siroppi richiedono tanto zucchero, risponderei che ciò è necessario per la loro conservazione; e che per correggere il soverchio dolciume, si è ricorso all'acido citrico.

 

 

724. ACETOSA DI LAMPONE

 

Questa acetosa si forma sostituendo all'acido citrico aceto di vino d'ottima qualità, che va versato nel siroppo di lampone quando si leva dal fuoco. La dose dell'aceto regolatela coll'assaggio, ponendone cioè, poco da prima ed assaggiando il siroppo in due dita d'acqua per aumentarne la dose al bisogno. Questa bibita riescirà più rinfrescante delle altre ed ugualmente piacevole.

 

 

725. SIROPPO DI RIBES

 

Questo frutto, contenendo in sé molto glutine, richiede una lunga fermentazione; tantoché se sciogliete dello zucchero nel succo del ribes appena spremuto e lo mettete al fuoco, otterrete non uno siroppo, ma una gelatina.

Disfate il ribes ne' suoi grappolini come fareste ammostando l'uva e lasciatelo in luogo fresco entro un vaso di terra o di legno. Quando avrà cominciato a fermentare (il che può avvenire anche dopo tre o quattro giorni) affondatene il cappello e rimestatelo con un mestolo due volte al giorno, continuando questa operazione finché avrà cessato di alzare. Poi passatelo per canovaccio a poco per volta, strizzandolo bene colle mani, se non avete uno strettoio, e passate il succo spremuto da un filtro anche due o tre volte, e più se occorre, per ottenere un liquido limpidissimo. Ponetelo quindi al fuoco e, quando comincia ad entrare in bollore, versate lo zucchero e l'acido citrico nelle seguenti proporzioni:

 

Liquido, chilogrammi 3.

Zucchero in polvere bianchissimo, chilogrammi 4.

Acido citrico, grammi 30.

 

Girate continuamente il mestolo onde lo zucchero non si attacchi, fatelo bollir forte per due o tre minuti, assaggiatelo per aggiungere altro acido citrico, se occorre, e quando è diaccio imbottigliatelo e conservatelo in cantina.

Vi avverto che il bello di questi siroppi, è la limpidezza e per ottenerla è bene abbondare nella fermentazione.

 

 

726. SIROPPO DI CEDRO

 

Limoni di giardino, n. 3.

Zucchero bianco fine, grammi 600.

Acqua, un bicchiere da tavola che corrisponde a decilitri 3 circa.

 

Levate dai limoni, senza strizzarla, la polpa interna nettandola bene dalle pellicole e dai semi.

Mettete l'acqua al fuoco colla buccia di uno dei detti limoni tagliata a nastro e sottilmente col temperino e quando comincia a bollire versate lo zucchero. Aspettate che dia qualche bollore, poi levate la buccia e versate la polpa dei limoni. Fate bollire finché il siroppo siasi ristretto e cotto al punto, il che si conosce dalla perla che fa bollendo e dal colore di vino bianco che acquista.

Conservatelo in vaso possibilmente di vetro, per prenderlo a cucchiaiate e scioglierlo nell'acqua fresca: si ottiene cosi una bibita eccellente e rinfrescante la quale resto meravigliato che manchi fra le bibite dei caffè, in diverse province d'Italia.

 

 

727. MARENA

 

Prendete ciliege marasche vere, le quali, benché mature, devono essere molto agre. Levatene i gambi e disfatele come l'uva quando si pigia per fare il vino; poi mettete da parte una manciata di noccioli per l'uso che vi dirò in appresso e riponete le ciliege con un bel pezzo di cannella intera in luogo fresco, entro a un vaso di terra per aspettarne la fermentazione, la quale deve durare almeno quarantott'ore; ma dal momento che le ciliege hanno cominciato ad alzare, affondatele e mescolatele di quando in quando. Ora occorrerebbe uno strettoio per estrarne il sugo; ma, se manca, servitevi delle mani strizzando le ciliege a poche per volta entro a un canovaccio rado.

Il bello di questi siroppi, come vi ho detto, è la limpidezza, e però quando il sugo ha riposato decantate la parte chiara, e l'altra che resta passatela più volte per filtro di lana. Ottenuto così il liquido depurato, mettetelo al fuoco nelle seguenti proporzioni e col rammentato pezzo di cannella.

 

Sugo depurato, chilogrammi 6.

Zucchero bianchissimo in polvere, chilogrammi 8.

Acido citrico, grammi 50.

 

Per versare lo zucchero e l'acido citrico aspettate che il liquido sia ben caldo e poi mescolate spesso onde lo zucchero non si depositi in fondo e non prenda di bruciato. La bollitura dev'esser breve; quattro o cinque minuti sono bastanti a incorporare lo zucchero nel liquido.

Una bollitura prolungata farebbe perdere l'aroma al frutto, mentre che una insufficiente produrrebbe col tempo la deposizione dello zucchero. Quando levate la marena dal fuoco, versatela in vaso di terra e imbottigliatela diaccia. Tappate le bottiglie con sughero senza catrame e conservatele in cantina dove tanto la marena che i siroppi si manterranno inalterati anche per qualche anno.

Per ultimo v'indicherò l'uso dei noccioli su ricordati, Questi asciugateli al sole, poi stiacciateli e levatene grammi 30 di mandorle, le quali pesterete finissimo in un mortaio e mescolerete alle ciliege prima della fermentazione. Col loro grato amarognolo queste mandorle servono a dar più grazia al siroppo.

 

 

728. MARENA DA TRASTULLARSI

 

La marena più signorile è quella sopra descritta, ma se la desiderate da bere e da mangiare, come usa in alcuni paesi, mescolate in quella precedentemente descritta delle ciliege giulebbate nella proporzione seguente.

 

Ciliege marasche, chilogrammi 1,500.

Zucchero finissimo in polvere, chilogrammi 2.

 

Levate i gambi alle ciliege e tenetele al sole per cinque o sei ore. Poi mettetele al fuoco con un pezzetto di cannella e quando avranno buttato una certa quantità di umido, versate in esse lo zucchero, avvertendo di mescolare adagio per conservare le ciliege intere. Quando saranno divenute grinzose ed avranno preso il color bruno levatele e servitevene per l'uso indicato.

 

 

729. ORZATA

 

Mandorle dolci con 10 o 12 amare, grammi 200.

Acqua, grammi 600.

Zucchero bianco, fine, grammi 800.

Acqua di fior d'arancio, due cucchiaiate.

 

Sbucciate le mandorle e pestatele nel mortaio, bagnandole ogni tanto coll'acqua di fior d'arancio.

Allorché saranno ridotte a pasta impalpabile, scioglietele con un terzo della detta acqua e passatene il sugo da un canovaccio strizzandolo bene. Rimettete nel mortaio la pasta asciutta rimasta nel canovaccio, macinatela col pestello; poi scioglietela con un altro terzo dell'acqua e passatene il sugo. Ripetete la stessa operazione per la terza volta, mettete al fuoco tutto il liquido ottenuto, e quando sarà ben caldo versate lo zucchero, rimestatelo e fatelo bollire per venti minuti circa. Diaccio che sia, imbottigliatelo e conservatelo in luogo fresco. Se fatta in questo modo, vedrete che l'orzata non fermenta e potrete conservarla a lungo, ma però non quanto i siroppi di frutta. Oltre a ciò viene di tale sostanza che pochissima, sciolta in un bicchier d'acqua, basta per ottenere una bibita eccellente e rinfrescante. Fatta coi semi di popone, viene anche più delicata.

 

 

730. CLARET CUP (BIBITA INGLESE)

 

Per questa bibita, che merita di esser descritta perché piacevole e di facile esecuzione, occorre vino rosso di ottima qualità. Può servire tanto il bordò quanto il chianti, il sangiovese e simili.

 

Vino, decilitri 5.

Acqua, decilitri 5.

Limoni, n. 5.

Zucchero bianco, grammi 500.

 

Fate bollire lo zucchero nell'acqua cinque minuti. Tolto dal fuoco, strizzate in questo siroppo i limoni e versateci il vino, poi passatelo da un pannolino. Rimettetelo al fuoco per farlo bollire adagio 25 minuti e diaccio che sia imbottigliatelo. Servitevene allungato coll'acqua e raffrescato col ghiaccio in estate. Dovendolo conservare a lungo, tenetelo in cantina.

 

 

731. SAPA

 

La sapa, ch'altro non è se non un siroppo d'uva, può servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti. È poi sempre gradita ai bambini che nell'inverno, con essa e colla neve di fresco caduta, possono improvvisar dei sorbetti.

Ammostate dell'uva bianca, possibilmente di vigna, di buona qualità e ben matura, e quando sarà in fermentazione da circa ventiquattr'ore, estraetene il mosto e passatelo da un canovaccio. Mettete questo mosto al fuoco e fatelo bollire per molte ore fino a consistenza di siroppo, che conserverete in bottiglie.

 

 

 

CONSERVE

 

 

 

Le conserve e le gelatine di frutta fanno molto comodo nelle famiglie, perché entrano spesso nella composizione dei piatti dolci, sono gustate dalle signore alla fine di una colazione e, spalmate sul pane, sono un ottimo spuntino, nutriente e salubre, pei bambini.

 

 

732. CONSERVA DI POMODORO SENZA SALE

 

Se questo prezioso frutto della famiglia delle solanacee (Solanum Lycopersicum), originario dell'America meridionale, fosse più raro, costerebbe quanto e più dei tartufi. Il suo sugo si marita con tante vivande e fa ad esse così ottima compagnia, che merita conto di spendere qualche fatica per ottenerne una buona conserva. Molti sono i metodi per farla ed ognuno dà la preferenza al suo: io vi descriverò quello da me adottato e che seguo da molti anni perché me ne trovo bene.

Prendete pomodori di campo, perché quelli d'orto sono più acquosi, e preferite i piccoli ai grossi. Stiacciateli così all'ingrosso e metteteli al fuoco di legna in una caldaia di rame non stagnata e non abbiate paura perché l'acido non attacca il rame se non quando è fuori dal fuoco e perde il calore dell'ebollizione. Se non fosse così, io avrei sentito i sintomi del veleno almeno un centinaio di volte. Quando saranno cotti disfatti versateli in un sacco a spina ben fitto tenuto sospeso e gettata che abbiano l'acqua passateli per istaccio onde nettarli dai semi e dalle bucce strizzandoli bene.

Lavate con accuratezza la caldaia e rimetteteli al fuoco per restringerli quanto basta, e per conoscere poi il punto preciso della consistenza che deve avere la conserva (e qui sta la difficoltà) versatene qualche goccia in un piatto e se vedrete che non iscorre e non presenta sierosità acquosa all'intorno, vorrà dire che codesto è il punto giusto della cottura. Allora imbottigliatela e anche qui avrete un'altra prova della sua sufficiente densità, se la vedrete scendere con difficoltà per l'imbuto.

Per avere una conserva con meno cottura, e quindi più liquida e naturale, viene usato l'acido salicilico che nella proporzione di grammi 3 ogni litri 2,1/3 di sugo, si dice innocuo, ma io finora mi ero astenuto dal farne uso, sapendo che il Governo, per misura igienica, ne aveva vietato lo smercio. Facendone uso quotidiano prudenza vorrebbe di non usarlo.

Le bottiglie preferitele piccole per consumarle presto; ma possono star manomesse anche 12 o 13 giorni senza che la conserva ne soffra. Io mi servo di quelle bianche che vengono in commercio coll'acqua di Recoaro e in mancanza di queste, di mezze bottiglie nere da birra. Turatele con tappi di sughero messi a mano, ma che sigillino bene e legateli con lo spago, avvertendo di lasciare un po' d'aria fra il tappo e il liquido. Qui l'operazione sembrerebbe finita, ma c'è un'appendice la quale benché breve è pur necessaria. Collocate le dette bottiglie in una caldaia framezzo a fieno, a cenci o ad altre cose simili, onde stiano strette fra loro, e versate nella caldaia tanta acqua che arrivi fino al collo delle bottiglie e fatele fuoco sotto. State osservando che presto il tappo delle bottiglie darà cenno di alzare e di schizzar via se non fosse legato e allora cessate il fuoco, ché l'operazione è davvero finita. Levate le bottiglie quando l'acqua è diaccia o anche prima, ripigiate con un dito i tappi smossi per rimetterli al posto e conservate le bottiglie in cantina. Non hanno bisogno di essere incatramate perché se la conserva è fatta bene non fermenta; ma se fermentasse e le bottiglie scoppiassero, dite pure che vi è rimasta tropp'acqua per poca cottura.

Ho sentito dire che mettendo a riscaldare le bottiglie vuote entro a una stufa e riempiendole quando sono ben calde non occorre far bollire la conserva nelle bottiglie; ma questa prova io non l'ho fatta.

Vi raccomando molto la conserva di pomodoro fatta in questa maniera, perché vi sarà di gran vantaggio nella cucina; però meglio di questo è il sistema detto preparazione nel vuoto, mediante il quale si conservano freschi ed interi i pomodori in vasi di latta. A questa piccola industria, che dava saggio di buona riuscita in Forlì, ove erasi iniziata, auguravo prospera sorte; ma ohimé che nacque un guaio! Il Fisco le saltò subito addosso con una tassa, e il povero industriale mi disse che pensava di smettere.

 

 

733. CONSERVA DOLCE DI POMODORO

 

Sembra dal titolo una conserva delle più strane, ma alla prova non riesce men degna di molte altre.

 

Ch' ogni erba si conosce per lo seme,

 

dice Dante, e però se in questa conserva non rimane qualche semino, che ne faccia la spia, nessuno indovinerà di che sia composta.

 

Pomodori, chilogrammi 1.

Zucchero bianco, grammi 300.

Il sugo di un limone.

Odore di vainiglia e di scorza di limone.

 

I pomodori per quest'uso devono essere molto maturi, polputi e possibilmente rotondi. Metteteli in molle nell'acqua ben calda per poterli sbucciar facilmente, dopo sbucciati, tagliateli per metà e col manico di un cucchiaino levate i semi. Sciogliete lo zucchero al fuoco in due dita (di bicchiere) d'acqua, poi gettateci i pomodori, il sugo del limone e un poco della sua buccia grattata. Durante la bollitura a fuoco lento e a cazzaruola scoperta, andate rimestando alquanto, e se apparisse qualche seme rimasto levatelo. Per ultimo datele l'odore con zucchero vanigliato e levatela quando sarà giunta alla consistenza delle conserve comuni.

In questa conserva è difficile precisare la quantità dello zucchero, perché dipende dalla più o meno acquosità dei pomodori. Fatene doppia dose perché scema di molto.

 

 

734. CONSERVA DI ALBICOCCHE

 

Se la conserva di susine è la peggiore di tutte, questa è invece una delle più gentili e però incontra il gusto generale.

Prendete albicocche ben mature e di buona qualità, essendo un errore il credere che con frutta scadente si possa ottenere lo stesso effetto; levate loro il nocciolo, mettetele al fuoco senz'acqua e mentre bollono disfatele col mestolo per ridurle a poltiglia. Quando avranno bollito mezz'ora circa, passatele dallo staccio onde nettarle dalle bucce e dai filamenti; poi rimettetele al fuoco con zucchero bianco fine e in polvere nella proporzione di otto decimi e cioè grammi 800 di zucchero per ogni chilogrammo di albicocche passate. Rimovetele spesso col mestolo fino alla consistenza di conserva, la quale si conosce versandone di quando in quando una cucchiaiatina in un piatto, sul quale dovrà scorrere lentamente. Versatela calda nei vasi e quando sarà diaccia copritela con la carta oliata dei salumai aderente alla conserva, e turate la bocca del vaso con carta grossa legata con lo spago all'intorno.

La conserva di pesche si fa nella stessa maniera con pesche burrone ben mature.

 

 

735. CONSERVA DI SUSINE

 

Benché la conserva di susine sia una delle meno apprezzate, pure, vedendo che molti l'usano, non sarà male indicarvi come si può fare.

Qualunque varietà può essere al caso, ma sono da preferirsi susine claudie mature. Levate alle medesime il nocciolo e dopo pochi minuti di bollitura passatele dallo staccio e rimettetele al fuoco con zucchero bianco in polvere nella proporzione di grammi 60 di zucchero per ogni 100 grammi di susine in natura, cioè come vengono dalla pianta.

Se dopo un certo tempo le conserve vi fanno la muffa, sarà indizio certo di poca cottura; allora riparate con rimetterle al fuoco. Io le invecchio talvolta fino a 4 o 5 anni senza che perdano, o ben poco, di perfezione.

 

 

736. CONSERVA DI MORE

 

Questa conserva ha la rinomanza di calmare il dolor di gola ed è piacevole a mangiarsi.

 

More, chilogrammi 1.

Zucchero bianco, grammi 200.

 

Le more disfatele con le mani e mettetele a bollire per circa dieci minuti. Poi passatele dallo staccio e rimettetele al fuoco col detto zucchero per ridurle a consistenza delle conserve di frutta.

 

 

737. CONSERVE DI RIBES E LAMPONE

 

Per la conserva di ribes avete la ricetta della Gelatina di ribes n. 739 e questa basta. Per la conserva di lampone mettetelo al fuoco così naturale senza fermentazione e quando avrà bollito una ventina di minuti passatelo dallo staccio, pesatelo così netto dai semi e rimettetelo al fuoco con altrettanto zucchero bianco in polvere, facendolo bollire fino a cottura di conserva che conoscerete con le norme già indicatevi.

La conserva di lampone, messa in poca quantità, a me sembra che si presti più d'ogni altra per ripieno ai pasticcini di pasta sfoglia.

 

 

738. GELATINA DI COTOGNE

 

Prendete cotogne di buccia gialla, che sono più mature delle verdi, tagliatele a fette grosse mezzo dito, escludendo il torsolo. Ponetele al fuoco coperte d'acqua e, senza toccarle mai col mestolo, fatele bollire coperte finché non sieno ben cotte. Versatele allora in uno staccio fitto fitto sopra una catinella per raccogliere tutta l'acqua senza strizzarle. Pesate cotest'acqua e rimettetela al fuoco con altrettanto zucchero bianco fine e fatela bollire a cazzaruola scoperta, nettandola dalla schiuma, fino al condensamento, il che si conosce dalla piccola perla che comincia a fare lo zucchero, oppure se, versatane qualche goccia su di un piatto, non iscorra di troppo.

Con le cotogne rimaste potete fare una conserva come quella del n. 742, cioè con altrettanto zucchero quanto saranno di peso dopo averle passate; ma vi prevengo che riesce poco saporita e poco odorosa.

Le gelatine di frutta stanno bene nei vasetti di vetro ove apparisce meglio il loro colore; come questa, per esempio, che prende un bel colore granato.

 

 

739. GELATINA DI RIBES

 

Come si disse parlando del siroppo di ribes al n. 725 questo frutto contenendo molto glutine, se ne spremete il sugo da un canovaccio e lo mettete al fuoco senza farlo fermentare con 80 parti di zucchero bianco fine per ogni 100 di sugo, ne otterrete, senza troppo farlo bollire, la condensazione in forma di gelatina, la quale, conservata in vasi come le conserve, si presta a guarnir piatti dolci ed è nutrimento leggiero e sano per i convalescenti.

 

 

740. CONSERVA DI AZZERUOLE

 

Le azzeruole, che in alcuni paesi chiamassi pomi reali, sono frutta che maturano verso la fine di settembre; ve ne sono delle rosse e delle bianche. Per la conserva preferite le bianche e scegliete le più grosse e le più mature, cioè quelle che hanno perduto il colore verdastro.

 

Azzeruole, chilogrammi l.

Zucchero bianco, grammi 800.

Acqua, decilitri 7.

 

Gettate le azzeruole nell'acqua bollente col loro gambo attaccato, fatele bollire per dieci minuti e, ancora calde, con la punta di un temperino levate loro i noccioli dalla parte del fiore e se qualcuna si sforma rassettatela con le dita e sbucciatele senza levare il gambo. Sciogliete lo zucchero nei 7 decilitri di acqua, che può servire anche quella dove hanno bollito, versateci le azzeruole e quando il siroppo, preso col mestolo, comincia a dar cenno di cadere a goccie levatele col loro liquido e conservatele in vasi. Restano come candite e sono molto buone.

 

 

741. CONSERVA SODA DI COTOGNE

 

Le mamme provvide dovrebbero far buon conto delle conserve di frutta non foss'altro per appagar qualche volta la golosità dei loro bambini, spalmandole sopra fette di pane.

Alcuni suggeriscono di mettere le cotogne al fuoco colla buccia onde conservino più fragranza; ma non mi sembra cosa necessaria perché dell'odore questo frutto ne dà ad esuberanza e poi ci si risparmia l'incomodo di passarle.

 

Mele cotogne, nette dalla buccia e dal torsolo, grammi 800.

Zucchero bianco fine, grammi 500.

 

Sciogliete lo zucchero al fuoco con mezzo bicchiere di acqua, fatelo bollire un poco e lasciatelo da parte.

Tagliate le mele cotogne a sottilissime fette e mettetele al fuoco con un bicchiere d'acqua in una cazzaruola di rame. Tenetele coperte, ma rimestatele spesso cercando di tritarle e schiacciarle col mestolo. Quando saranno divenute tenere per cottura, versateci il già preparato siroppo di zucchero, mescolate spesso e lasciate bollire a cazzaruola scoperta finché la conserva sia fatta, il che si conosce quando comincia a cadere a stracci presa su col mestolo.

 

 

742. CONSERVA LIQUIDA DI COTOGNE

 

Fatta nella seguente maniera si può conservar liquida per distenderla sul pane.

Tagliate le cotogne a spicchi, levate la parte dura del torsolo, lasciate loro la buccia e dopo averle pesate mettetele al fuoco coperte d'acqua.

Quando saranno ben cotte passatele e rimettetele al fuoco con l'acqua ove hanno bollito e tanto zucchero bianco in polvere quanto era il loro peso da crude, aspettando di versarlo quando sono in bollore. Rimestate spesso e allorché (versatane qualche gocciola in un piatto) non la vedrete scorrer troppo, levatela.

 

743. CONSERVA DI ARANCI

 

Aranci, n. 12.

Un limone di giardino.

Zucchero bianco fine, quanto è il peso degli aranci.

Acqua, metà del peso degli aranci.

Rhum genuino, quattro cucchiaiate.

 

Con le punte di una forchetta bucate tutta la scorza degli aranci, poi teneteli in molle per tre giorni cambiando l'acqua sera e mattina. Il quarto giorno tagliateli a metà ed ogni metà a filetti grossi mezzo centimetro circa, gettandone via i semi. Pesateli e solo allora regolatevi per lo zucchero e per l'acqua nelle proporzioni indicate. Metteteli al fuoco da prima colla sola acqua e dopo dieci minuti di bollitura aggiungete il limone tagliato come gli aranci. Subito dopo versate lo zucchero e rimestate continuamente finché il liquido non avrà ripreso il forte bollore, perché altrimenti lo zucchero precipita al fondo e potrebbe attaccarsi alla cazzaruola.

Per cogliere il punto della cottura, versatene a quando a quando qualche goccia su di un piatto, soffiateci sopra e se stenta a scorrere levatela subito. Aspettate che sia tiepida per aggiungere il rhum, e versatela nei vasi per custodirla come tutte le altre conserve di frutta, avvertendovi che questa ha il merito di possedere una virtù stomatica.

Del limone si può fare anche a meno.

 

 

744. CONSERVA DI ARANCI FORTI

 

Vediamo se mi riesce di appagare anche coloro che desiderano sapere come regolarsi se si trattasse di conserva di aranci forti, i quali sanno tanto di amaro.

Fate bollire gli aranci forti nell'acqua finché si lascino passar facilmente da parte a parte con uno stecco. Tolti dall'acqua bollente gettateli nella fredda e teneteceli per due giorni, cambiando spesso l'acqua. Tagliateli poi come i precedenti, nettandoli dai semi e da quei filamenti bianchi che si trovano nell'interno. Dopo pesateli e metteteli al fuoco senz'acqua con grammi 150 di zucchero bianco fine per ogni 100 grammi di frutto. Fate bollire adagio e state attenti che il siroppo non si condensi troppo, ché altrimenti gli aranci induriscono.

 

 

745. CONSERVA DI ROSE

 

La rosa, questa regina dei fiori, che in Oriente ha la sua splendida reggia, fra i molti suoi pregi non sapevo che avesse pur quello singolare di trasformarsi in una buona e profumata conserva.

Fra le tante sue specie e varietà, quella che io apprezzo e ammiro di più è la rosa dalla borraccina poiché, quando i suoi boccioli cominciano a schiudersi e li considero bene, risvegliano in me, come probabilmente negli altri, l'idea simbolica della pudica verginella e forse furono essi che ispirarono all'Ariosto le bellissime ottave:

 

La verginella è simile alla rosa,

Ch'in bel giardin sulla nativa spina

Mentre sola e sicura si riposa,

Né gregge né pastor se le avvicina:

L'aura soave e l'alba rugiadosa,

L'acqua, la terra al suo favor s'inchina;

Giovani vaghi e donne innamorate

Amano averne e seni e tempie ornate.

Ma non sì tosto dal materno stelo

Rimossa viene, e dal suo ceppo verde,

Che quanto avea dagli uomini e dal cielo

Favor, grazia e bellezza, tutto perde.

La vergine che 'l fior, di che più zelo

Che de' begli occhi e della vita aver de',

Lascia altrui corre, il pregio ch'avea innanti

Perde nel cor di tutti gli altri amanti.

 

Una buona e vecchia signora, la cui memoria porto scolpita nel cuore, coltivava a preferenza questa specie di rose nel suo giardino, e sapendo la mia predilezione per quei vaghi e poetici fiori, ogni anno a maggio me ne donava. La stagione più opportuna per fare questa conserva è quando le rose sono in piena fioritura dai 15 di maggio ai 10 di giugno. Occorrono rose dette maggesi, che sono di colore roseo ed odorose. Sfogliatele e recidete ad ogni foglia la punta gialliccia che trovasi in fondo alla medesima gettandola via e, per far questa operazione con meno perdita di tempo, prendete con la sinistra tutto il ciuffo, ossia la corolla della rosa, e con la destra, armata di forbici, tagliatela giro giro poco più sopra della base del calice. Ecco le dosi:

 

Zucchero bianco, fine, grammi 600.

Foglie di rose al netto, grammi 200.

Acqua, decilitri 6.

Un mezzo limone.

Breton, un cucchiaino.

 

Ponete le rose in una catinella con grammi 200 del detto zucchero e il sugo del mezzo limone e con le mani strofinatele, tritatele più che potete per ridurle quasi una pasta. Sciogliete al fuoco il resto dello zucchero nell'acqua suddetta e gettatecele per farle bollire fino a che il siroppo sia condensato, il che si conosce se, prendendone una goccia fra le dita, comincia ad appiccicare; ma badate che non arrivi a fare il filo. Prima di ritirarle dal fuoco date loro il colore col breton, del quale potete fare anche a meno, se al bel colore non ci tenete. E il breton un liquido vegetale rosso, innocuo, così chiamato dal suo inventore, per colorire ogni sorta di dolci.

Codesto, che vi ho descritto, è il modo più semplice e da me preferito per fare la conserva di rose, ma le foglie rimangono durettine. Volendole più tenere bisognerebbe farle bollir prima nell'acqua indicata per cinque minuti, levarle, strizzarle e pestarle nel mortaio il più possibile coi 200 grammi dello zucchero e il sugo del limone, poi sciogliere nella stessa acqua il rimanente zucchero, gettarvi le rose pestate e pel resto regolarsi come si è detto.

Quando la conserva è diaccia ponetela nei vasetti per conservarla come tutte le altre consimili.

 

 

 

LIQUORI

 

 

 

746. ROSOLIO DI PORTOGALLO

 

Zucchero bianco finissimo, grammi 650.

Acqua, grammi 360.

Spirito di vino a gradi 36, grammi 250.

Zafferano, una presa.

Aranci, n. l.

 

Levate col temperino la buccia superficiale all'arancio e ponetela nello spirito collo zafferano, entro a un vaso coperto di carta perforata, lasciandovela per tre giorni. Versate in un altro vaso lo zucchero nell'acqua, agitandolo di quando in quando onde si sciolga bene e nel quarto giorno mescolate i due liquidi insieme e lasciateli in riposo per altri otto giorni; al termine di questi passate il rosolio per pannolino, filtratelo per carta o per cotone e imbottigliatelo.

 

 

747. ROSOLIO DI CEDRO

 

Zucchero bianco fine in polvere, grammi 800.

Acqua piovana oppure di fonte, litri l.

Spirito forte, decilitri 8.

Limoni di giardino alquanto verdognoli, n. 3.

 

Versate lo zucchero nell'acqua e agitatelo ogni giorno finché sia sciolto. Grattate in pari tempo la scorza dei limoni e tenetela infusa in due decilitri del detto spirito per otto giorni; per tre o quattro giorni rimescolatela spesso, e d'inverno serbatela in luogo riparato dal freddo. Dopo otto giorni passate l'infuso dei limoni da un pannolino bagnato, strizzatelo bene e l'estratto mescolatelo coi restanti sei decilitri di spirito e lasciatelo riposare per ventiquattr'ore. Il giorno appresso mescolate ogni cosa insieme, versate il liquido in un fiasco, che a quando a quando andrete scuotendo, e dopo quindici giorni passatelo per carta oppure più volte per cotone. Questo va messo in fondo all'imbuto e in mezzo ad esso fateci passare uno stecco di scopa a più rami nella parte superiore onde dia adito al liquido di passare.

 

 

748. ROSOLIO D’ANACI

 

Si fa nella stessa guisa del precedente. L'infuso invece di scorza di limone fatelo con grammi 50 d'anaci di Romagna, e dico di Romagna perché questi, per grato sapore e forte fragranza sono, senza esagerazione, i migliori del mondo; ma prima di servirvene gettateli nell'acqua per nettarli dalla terra che probabilmente contengono, essendovi a bella posta frammista per adulterar quella merce. Fu uno scellerato che io ho conosciuto, perché era dagli onesti segnato a dito, colui il quale trovò pel primo quella infame industria, saranno ormai sessant'anni. Coloro che seguono le sue traccie, e sono molti, si servono di una terra cretacea del colore stesso degli anaci, la mettono in forno a seccare, poi la vagliano per ridurla in granelli della grossezza medesima e la mescolano a quella merce nella proporzione del 10 e fino del 20 per cento.

Qui verrebbe opportuna una tiratina di orecchi a coloro che adulterano per un vile e malinteso guadagno, i prodotti del proprio paese, senza riflettere al male che fanno, il quale ridonda il più delle volte a danno di loro stessi. Non pensano allo scredito che recano alla merce, alla diffidenza che nasce e al pericolo di alienarsi i committenti. Ho sempre inteso dire che l'onestà è l'anima del commercio, e Beniamino Franklin diceva che se i bricconi conoscessero tutti i vantaggi derivanti dall'esser onesti sarebbero galantuomini per speculazione.

La mia lunga esperienza della vita mi ha dimostrato che l'onestà, nel commercio e nelle industrie, è la più gran virtù per far fortuna nel mondo.

Un soldato del primo impero mi diceva di aver letto sul barattolo di uno speziale a Mosca: Anaci di Forlì. Non so se fuori d'Italia sieno conosciuti con questo nome; ma i territori ove si coltiva questa pianta della famiglia delle ombrellifere, sono esclusivamente quelli di Meldola, di Bertinoro e di Faenza, verso Brisighella.

 

 

749. ROSOLIO TEDESCO

 

Non vi sgomenti la composizione strana di questo rosolio, che vi riuscirà facile alla prova, chiaro come l'acqua e di gusto gradevole.

 

Spirito di vino del migliore, grammi 500.

Zucchero bianco a velo, grammi 500.

Latte, mezzo litro.

Un limone di giardino.

Mezzo baccello di vainiglia.

 

Sminuzzate tutto intero il limone togliendone i semi e unendovi la buccia che avrete grattata in precedenza, dividete in piccoli pezzetti la vainiglia, mescolate poi tutto il resto insieme entro a un vaso di vetro e vedrete che subito il latte impazzisce. Agitate il vaso una volta al giorno e dopo otto giorni passatelo per pannolino e filtratelo per carta.

 

 

750. NOCINO

 

Il nocino è un liquore da farsi verso la metà di giugno, quando le noci non sono ancora giunte a maturazione. È grato di sapore ed esercita un'azione stomatica e tonica.

 

Noci (col mallo), n. 30.

Spirito, litri uno e mezzo.

Zucchero in polvere, grammi 750.

Cannella regina tritata, grammi 2.

Chiodi di garofano interi, 10 di numero.

Acqua, decilitri 4.

La corteccia di un limone di giardino a pezzetti.

 

Tagliate le noci in quattro spicchi e mettetele in infusione con tutti i suddetti ingredienti in una damigiana od un fiasco della capacità di quattro o cinque litri. Chiudetelo bene e tenetelo per quaranta giorni in luogo caldo scuotendo a quando a quando il vaso.

Colatelo da un pannolino e poi, per averlo ben chiaro, passatelo per cotone o per carta, ma qualche giorno prima assaggiatelo, perché se vi paresse troppo spiritoso potete aggiungervi un bicchier d'acqua.

 

 

751. ELISIR DI CHINA

 

Non tutte le ricette che io provo le espongo al pubblico: molte ne scarto perocché non mi sembrano meritevoli; ma questo elisir che mi ha soddisfatto molto, ve lo descrivo.

 

China peruviana contusa, grammi 50.

Corteccia secca di arancio amaro contusa, grammi 5.

Spirito di vino, grammi 700.

Acqua, grammi 700.

Zucchero bianco, grammi 700.

 

Mescolate dapprima grammi 250 del detto spirito con grammi 150 della detta acqua, e in questa miscela mettete in infusione la china e la corteccia d'arancio, tenendola in luogo tiepido una diecina di giorni, agitando il vaso almeno una volta al giorno. Poi passatela da un pannolino strizzando forte onde n'esca tutta la sostanza, e filtratela per carta. Fatto ciò sciogliete lo zucchero al fuoco nei rimanenti grammi 550 di acqua senza farlo bollire e passatelo dal setaccio, o meglio da un pannolino, per nettarlo da qualche impurità se vi fosse. Aggiungete i rimanenti grammi 450 di spirito, mescolate ogni cosa insieme e l'elisir sarà fatto. Prima di filtrarlo assaggiatelo e se vi paresse troppo forte aggiungete acqua.

 

 

752. PONCE DI ARANCIO

 

Rhum, litri 1 1/2.

Spirito, litri 1.

Acqua, litri 1.

Zucchero bianco fine, chilogrammi l.

Sugo di tre aranci.

 

La buccia grattata di un limone di giardino tenuta in infusione per tre giorni in un decilitro del detto spirito. Mettete al fuoco l'acqua con lo zucchero e fatelo bollire per cinque o sei minuti. Quando sarà diaccio uniteci il rhum, il sugo degli aranci e lo spirito, compreso quello dell'infusione passato per pannolino.

Filtratelo come gli altri liquori e imbottigliatelo. Si usa servirlo acceso in bicchierini.

 

 

 

GELATI

 

 

 

Leggevasi in un giornale italiano che l'arte del gelare appartiene eminentemente all'Italia, che l'origine dei gelati è antica e che i primi gelati a Parigi furono serviti a Caterina dei Medici nel 1533. Aggiungeva che il segreto restò al Louvre poiché i pasticcieri, cucinieri e ghiacciatori fiorentini della reggia, non diedero ad alcuno conoscenza della loro arte, di modo che i parigini attesero più di un secolo ancora per gustare il gelato.

Per quante ricerche io abbia fatto onde appurare tali notizie, non mi è riuscito di venirne a capo. Ciò che vi è di positivo su tale argomento è questo, e cioè: che l'uso delle bibite ghiacciate, con l'aiuto della neve e del ghiaccio in conserva, è di origine orientale e rimonta alla più remota antichità e che la moda dei gelati fu introdotta in Francia verso il 1660 da un tal Procopio Coltelli palermitano, il quale apri sotto il suo nome - Café Procope - una bottega a Parigi di faccia al teatro della Comédie française ed era quello il luogo di ritrovo di tutti i begli ingegni parigini. La rapida fortuna di questo caffè, ove ai gelati si cominciò a dar la forma di un uovo e di un ovaiuolo al bicchiere che li conteneva, spinse i venditori di limonate e bibite diverse a imitare il suo esempio, e fra essi va ricordato il Tortoni che colla voga dei suoi deliziosi gelati riuscì ad avviare un caffè di fama europea e ad arricchire.

Secondo Ateneo e Seneca attestano, gli antichi costruivano le ghiacciaie per conservare la neve e il ghiaccio, nel modo all'incirca che usiamo noi, cioè: scavando profondamente il terreno e coprendo la neve e il ghiaccio, dopo averli ben pigiati, con rami di quercia e di paglia; ma non conoscevano ancora la virtù del sale che congiunto al ghiaccio rinforza meravigliosamente la sua azione per ridurre in sorbetti ogni qualità di liquori.

Sarete quasi sicuri di dar nel gusto a tutti i vostri commensali se alla fine di un pranzo offrite loro dei sorbetti, oppure un pezzo gelato, specialmente nella stagione estiva. Il gelato, oltre ad appagare il gusto, avendo la proprietà di richiamare il calore allo stomaco, aiuta la digestione. Ora poi che, essendo venute in uso le sorbettiere americane a triplice movimento senza bisogno di spatola, si può gelare con meno impazzamento di prima e con maggiore sollecitudine, sarebbe peccato il non ricorrere spesso al voluttuoso piacere di questa grata bevanda.

Per risparmio di spesa si può recuperare il sale, facendo evaporare al fuoco l'acqua uscita dalla congelazione.

 

 

753. PEZZO IN GELO (BISCUIT)

 

Fate una crema con:

 

Acqua, grammi 140.

Zucchero, grammi 50.

Rossi d'uovo, n. 4.

Odore di vainiglia.

 

Mettetela al fuoco, rimestandola continuamente, e quando comincerà ad attaccarsi al mestolo, levatela e montatela colla frusta; se mettesse troppo tempo a montare, tenete la catinella sul ghiaccio, poi versateci a poco per volta due fogli di colla di pesce sciolti al fuoco in un gocciolo d'acqua. Montata che sia, unite alla medesima, adagino, grammi 150 di panna montata e ponete il composto in uno stampo fatto apposta pei pezzi in gelo od anche in una cazzaruola o vaso di rame tutto coperto, lasciandolo gelare per tre ore almeno, framezzo a un grosso strato di ghiaccio e sale. Questa dose potrà bastare per sette od otto persone e sarà un dolce molto gradito.

 

 

754. GELATO DI LIMONE

 

Zucchero bianco fine, grammi 300.

Acqua, mezzo litro.

Limoni, n. 3.

 

Potendo, è meglio servirsi di limoni di giardino che hanno gusto più grato e maggiore fragranza di quelli forestieri, i quali sanno spesso di ribollito.

Fate bollire lo zucchero nell'acqua, con qualche pezzetto di scorza di limone, per 10 minuti a cazzaruola scoperta. Quando questo siroppo sarà diaccio, spremetegli dentro i limoni, uno alla volta, assaggiando il composto per regolarvi coll'agro; passatelo e versatelo nella sorbettiera.

Questa dose potrà bastare per sei persone.

 

 

755. GELATO DI FRAGOLE

 

Fragole ben mature, grammi 300.

Zucchero bianco fine, grammi 300

Acqua, mezzo litro.

Un grosso limone di giardino.

Un arancio.

 

Fate bollire lo zucchero nell'acqua per 10 minuti a cazzaruola scoperta. Passate dallo staccio le fragole e il sugo dell'arancio e del limone, aggiungete il siroppo dopo aver passato anche questo, mescolate ogni cosa e versate il composto nella sorbettiera.

Questa dose potrà bastare per otto persone.

 

 

756. GELATO DI LAMPONE

 

Il lampone essendo un frutto che, ad eccezione del suo aroma tutto speciale, è quasi identico alla fragola, per gelarlo regolatevi nella stessa guisa ed escludete l'arancio.

 

 

757. GELATO DI PESCHE

 

Pesche burrone ben mature, del peso, compreso il nocciolo, di grammi 400.

Zucchero, grammi 250.

Acqua, mezzo litro.

Un limone di giardino.

Tre anime tolte dai noccioli delle medesime.

 

Queste pestatele fra lo zucchero e mettetele a bollire nell'acqua per 10 minuti. Passate la polpa delle pesche, strizzateci il limone e, mescolato ogni cosa, tornate a passare il tutto da uno staccio ben fitto.

Potrà bastare per sei persone.

 

 

758. GELATO DI ALBICOCCHE

 

Albicocche saporose e ben mature, pesate col nocciolo, grammi 300.

Zucchero bianco fine, grammi 200.

Acqua, mezzo litro.

Un limone di giardino.

 

Fate bollire lo zucchero nell'acqua per 10 minuti, uniteci, quando è diaccio, la polpa delle albicocche passata dallo staccio e il sugo del limone, Tornate a passare il composto avanti di metterlo nella sorbettiera.

Questa è una dose abbondante per quattro persone.

 

 

759. GELATO DI CREMA

 

Servitevi della ricetta n. 685, e cioè fate una crema con

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 200.

Rossi d'uovo, n. 8.

Odore di vainiglia.

 

Sentirete un gelato squisito, mantecato e ben sodo, se saprete manipolarlo.

Questa dose potrà bastare per dieci persone.

Invece dell'odore di vainiglia potete dare alla crema quello de' coriandoli o del caffè bruciato o della mandorla tostata. Pei coriandoli, vedi Latte alla portoghese, n. 693; pel caffè fatene bollire a parte nel latte diversi chicchi contusi, per la mandorla tostata fate un poco di Croccante come quello del n. 617, alquanto più cotto, con grammi 100 di mandorle e grammi 80 di zucchero; pestatelo fine, fatelo bollire a parte in un poco di latte, passatelo ed unitelo alla crema.

 

 

760. GELATO DI AMARETTI

 

Latte, un litro.

Zucchero, grammi 200.

Amaretti, grammi 100.

Rossi d'uovo, n. 6.

Odore di zucchero vanigliato.

 

Pestate finissimi nel mortaio gli amaretti e dopo poneteli in una cazzaruola unendoci lo zucchero, i rossi e l'odore; mescolate e versateci il latte a poco per volta. Mettete la cazzaruola al fuoco per condensare il composto come fareste per la crema, indi versatelo nella sorbettiera per gelarlo.

Sentirete un gelato squisito che può bastare, a buona misura, per otto persone. La metà dose può servire per quattro ed anche per cinque persone.

 

 

761. GELATO DI CIOCCOLATA

 

Latte, un litro.

Cioccolata fine, grammi 200.

Zucchero, grammi 100.

 

Grattate la cioccolata e mettetela al fuoco collo zucchero e con quattro decilitri del detto latte in una cazzaruola ove stia ristretta. Fatela bollire per qualche minuto, frullandola sempre onde si affini. Ritiratela dal fuoco, aggiungete il resto del latte e versate il composto nella sorbettiera quando sarà ghiaccio.

Anche questa dose potrà bastare per dieci persone. Se volete questo gelato più sostanzioso portate la dose dello zucchero a 120 grammi ed uniteci due rossi d'uovo quando ritirate la cioccolata dal fuoco e non è più a bollore. Mescolate, e rimettetela sul fornello per qualche minuto e poi, come si è detto, aggiungete il resto del latte.